Fare gli editori non è per nulla facile, soprattutto volendo produrre libri di «varia».
I librai sono una categoria di terrificanti zucconi.
Anche se esiste qualcosa di molto peggiore di loro: i buyer delle librerie di catena.
Se i primi si preoccupano in primo luogo della possibile vendibilità dei titoli acquistati, ma conservando un minimo di pudore e coltivando qualche resistenza allo svacco pure e semplice della libreria arredata con 200 copie di Wilbur Smith e 1 copia di Iperborea, i buyer - soggetti semianonimi e semplici quadri aziendali - si preoccupano esclusivamente della vendibilità. Un buon buyer può semplicemente eliminare la presenza di un piccolo editore per millanta motivi, primo tra i quali la «stima» di un'insufficiente velocità di rotazione nelle vendite.
Questa è, ovviamente, la prima cosa da sapere se volete fare gli editori. Nelle Feltrinelli, per dire, sarà quasi impossibile entrare. Sempre se siete normali aziende e non multinazionali.
La seconda cosa che è bene sapere - e chiedo scusa per il tecnicismo (apparente) - è che nell'editoria esiste un elemento paragonabile per rilevanza all'indice di rotazione delle scorte, il Punto di pareggio o Break even point [BEP], ovvero il momento nel quale avete pagato tutte le spese e cominciate a guadagnare.
Quando si comincia a progettare la vita di un libro il maledetto BEP è una delle campanelle che cominciano a suonare senza più smettere. Tipico, infatti, che l'editore - questa improbabile figura semiprofessionale - partecipi alle riunioni di redazione con aria svagata e espressione assente, la mente incastrata sul calcolo del BEP.
...
CS fu un editore praticamente da subito, anzi nacque prima come editore e solo in seguito diventò una libreria.
Nei primi anni di vita produsse una dozzina, o forse di più, appunti e dispense di argomenti vari (Igiene, Farmacologia, Chemioterapia, Anatomia Umana, Botanica generale, Odontostomatologia ecc.) e un paio di libri, uno scritto dal prof. Bert, un Dizionario di metodologia medica, e un saggio sull'incidente di Seveso, tanto brutto nell'apparenza che buono nella sostanza.
L'attività editoriale ha sempre fatto parte del DNA della CS, tanto che quando, nel 1997, si pensò di fare del bollettino di recensioni per i soci una rivista vera e propria nessuno si alzò in piedi a dire: «E il BEP?». Non che mancassero le discussioni, naturalmente, ma furono discussioni su un piano pratico: «come faremo a distribuire la rivista?», «chi sarà il direttore responsabile della rivista?» o, ancora, «Come si chiamerà la rivista?».
La rivista venne battezzata «LN-LibriNuovi»[1], il direttore responsabile fu - e lo rimase fino alla fine del 2011 - Victoria Franzinetti, e Silvia Treves ed io ne fummo i coordinatori. La distribuzione, infine, fatto un giro a sentire i costi richiesti, fu autogestita. «Autogestita» non significa «arrangiata un po' come si può» ma condotta faticosamente a colpi di pacchi, note di consegna, telefonate, solleciti, richieste di pagamenti e di rese di invenduti. Alcuni rappresentanti ci dettero una mano, Roberto Ferrara, attuale rappresentante di Laterza per il Piemonte, Mimmo Parvopassu, de Il Mulino e Maurizio Fraternali di Promozione PDE e la rivista patì col vento in poppa.
All'inizio.
E lo rimase per qualche anno, aumentando il numero degli abbonati e acquistando un certo nome, perlomeno tra gli addetti ai lavori. Ma cominciarono a evidenziarsi alcuni problemi, ognuno a suo modo complicato. Le librerie, per cominciare, che non vendevano la rivista. O la vendevano molto meno di quanto era nelle loro possibilità. Non la sostenevano, in sostanza, ovvero non la proponevano ai propri clienti. Disinteresse? Scarsa vendibilità per una «copia» dell'Indice ma priva di NOMI rilevanti? Veste grafica insufficiente o dilettantesca? Qualche gelosie professionale? Tutto è possibile. E se è pur vero che «a pensare male si fa peccato, ma ci s'azzecca», non si tratta comunque di un'ipotesi che in questo contesto serva a qualcosa. Alla fine, viste le difficoltà di vendita - oltre a quello di farsi pagare il poco che si era venduto - abbiamo finito col tagliare il numero di librerie servite, limitandoci alle poche librerie che vendevano e soprattutto sostenevano la rivista. Abbiamo, però, provveduto a cercare di migliorare la veste, sia interna che esterna, della rivista, finalmente consci dell'importanza non soltanto formale della veste tipografica.
Altro problema – che era insieme una fortuna e una complicazione – furono i collaboratori della rivista. Collaboratori (gratuiti) che furono ben presto qualche decina ma che creavano qualche problema. Infatti non pochi tra loro, giustamente, erano anche autori e bene o male collaboravano nel tentativo di emergere nel mondo editoriale. Il grosso problema era che la rivista, sia per la distribuzione limitata, sia per essere edita da un pugno di carneadi, sia, infine, per i pareri non troppo diplomatici ai quali lasciava spazio, non era troppo popolare tra gli italici editori. A questo c'è poi da aggiungere il piccolo particolare che i due coordinatori – due asini, a dirla tutta – recalcitravano all'idea di collaborare con editori, autori, riviste o editor che non gli fossero graditi. E questo atteggiamento, nel mondo editoriale, risultava intollerabile.
Quindi soprattutto nei primi anni abbiamo avuto un certo tourbillon tra i collaboratori. In parte dovuto anche alla fatica indiscutibile di scrivere con cadenza trimestrale un articolo perlomeno dignitoso dopo aver letto almeno tre o quattro libri.
Con alcuni redattori ci siamo lasciati con affetto, con altri con una dose (minima) di reciproca delusione, ma in fondo senza rancori durevoli.
Le richieste di collaborazione comunque non mancavano, sia gradite che ahimé rinunciabili. Uno dei compiti dei coordinatori era, tra l'altro, giudicare gli elaborati dei possibili collaboratori e rispondere gentilmente e fornire consigli e suggerimenti a chi mandava testi in lettura.
E ringraziare, spiegando però che non c'era trippa per gatti, a chi mandava i propri libri in visione chiedendo una recensione – una segnalazione, un commento, un visto-si-stampi – alle proprie sudate carte. [2] E rispondere con un bel «no, non scriviamo recensioni a richiesta, nemmeno pagando» in questo caso non era affatto facile.
Ultimo problema era la posizione della rivista nel mondo commerciale librario. LN-LibriNuovi era spudoratamente partigiano nel difendere i piccoli e medi editori, la qualità e l'onestà della produzione, una distribuzione non rapace e non assassina, le piccole librerie di zona, gli autori poco noti ma meritevoli di interesse e le letterature di genere. Mancava soltanto promuovere campagne favorevoli all'adozione da parte delle coppie omosessuali e la legalizzazione della maria per risultare indigesti a una quota importante del mondo editoriale che tendeva a liquidarci come dei «poveri dilettanti» e che vedeva rosso a sentire parlare di qualità editoriale o di distribuzione capillare e a sconti egualitari .
Ma lavorare controvento era un problema, un grosso problema.
Ne parleremo comunque nella prossima puntata, on line entro una decina di giorni.
[1] La rivista, nonostante la triste sorte della libreria, esiste ancora. La potete trovare cucinata in due diverse salse. QUI, dove ci sono più o meno un quattrocento recensioni e diverse altri interventi e contributi (ma che non viene più aggiornata da un bel po') e QUI, in forma di blog nato verso novembre 2011 e che viene aggiornato con scadenza (quasi) quotidiana.
[2] Quando abbiamo vuotato la libreria abbiamo dovuto eliminare più o meno uno scaffale di sei o sette piani di libri inviati o recapitati dagli autori. Alcuni li abbiamo lasciati a chi ci ha seguito nei locali, altri li abbiamo regalati, altri ancora li abbiamo conservati ma una buona parte li abbiamo «prestati» a Cartesio - recupero carta, non foss'altro perché non erano mai stati richiesti agli autori. Un gesto poco generoso ma inevitabile.
Quindi soprattutto nei primi anni abbiamo avuto un certo tourbillon tra i collaboratori. In parte dovuto anche alla fatica indiscutibile di scrivere con cadenza trimestrale un articolo perlomeno dignitoso dopo aver letto almeno tre o quattro libri.
Con alcuni redattori ci siamo lasciati con affetto, con altri con una dose (minima) di reciproca delusione, ma in fondo senza rancori durevoli.
Le richieste di collaborazione comunque non mancavano, sia gradite che ahimé rinunciabili. Uno dei compiti dei coordinatori era, tra l'altro, giudicare gli elaborati dei possibili collaboratori e rispondere gentilmente e fornire consigli e suggerimenti a chi mandava testi in lettura.
E ringraziare, spiegando però che non c'era trippa per gatti, a chi mandava i propri libri in visione chiedendo una recensione – una segnalazione, un commento, un visto-si-stampi – alle proprie sudate carte. [2] E rispondere con un bel «no, non scriviamo recensioni a richiesta, nemmeno pagando» in questo caso non era affatto facile.
Ultimo problema era la posizione della rivista nel mondo commerciale librario. LN-LibriNuovi era spudoratamente partigiano nel difendere i piccoli e medi editori, la qualità e l'onestà della produzione, una distribuzione non rapace e non assassina, le piccole librerie di zona, gli autori poco noti ma meritevoli di interesse e le letterature di genere. Mancava soltanto promuovere campagne favorevoli all'adozione da parte delle coppie omosessuali e la legalizzazione della maria per risultare indigesti a una quota importante del mondo editoriale che tendeva a liquidarci come dei «poveri dilettanti» e che vedeva rosso a sentire parlare di qualità editoriale o di distribuzione capillare e a sconti egualitari .
Ma lavorare controvento era un problema, un grosso problema.
Ne parleremo comunque nella prossima puntata, on line entro una decina di giorni.
[1] La rivista, nonostante la triste sorte della libreria, esiste ancora. La potete trovare cucinata in due diverse salse. QUI, dove ci sono più o meno un quattrocento recensioni e diverse altri interventi e contributi (ma che non viene più aggiornata da un bel po') e QUI, in forma di blog nato verso novembre 2011 e che viene aggiornato con scadenza (quasi) quotidiana.
[2] Quando abbiamo vuotato la libreria abbiamo dovuto eliminare più o meno uno scaffale di sei o sette piani di libri inviati o recapitati dagli autori. Alcuni li abbiamo lasciati a chi ci ha seguito nei locali, altri li abbiamo regalati, altri ancora li abbiamo conservati ma una buona parte li abbiamo «prestati» a Cartesio - recupero carta, non foss'altro perché non erano mai stati richiesti agli autori. Un gesto poco generoso ma inevitabile.
2 commenti:
Ciao Max. Volevo salutarti, ad inizio Agosto torno dalle ferie e ci risentiamo.
@Nick: grazie, ricambio di cuore i saluti. Mi mancherai, sia per i tuoi ottimi post sia per i tuoi cortesi e intelligenti interventi. Buone vacanze e un grosso abbraccio.
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