27.11.18

Calibano XVI: Naufragio statistico medio


– Che cavolo ci stiamo facendo qui? – È un po’ monotono, Edoardo, ma nessuno ha voglia di farglielo notare. Solo Conan, definitivo simulacro di una sex-symbol dell’ hard sadomaso, è troppo gentile per far finta di niente:

– Stiamo aspettando.

E.guarda fuori dall’oblò. La nave è posata sul fondo di un cratere e la vista non è minimamente cambiata dal momento dell’atterraggio: fango scuro, rocce che chiudono a cerchio la visuale e pioggia grigiastra che cade sottile dal cielo limaccioso.

Fissa il fango che inghiotte silenziosamente le gocce e si sente come in certi pomeriggi dell’adolescenza, mentre a casa di qualcun’altro c’era una festa dove i suoi amici ballavano, accarezzavano e palpeggiavano ragazze un po’ bevute. Veniva a saperlo il giorno dopo, in genere, e si sentiva da cani. Qualche volta gli venivano le orecchie rosse per l’umiliazione, ma affettava un’indifferenza quasi indolente: “Tanto non ci venivo”.

Un frastuono ricco, sontuoso, fatto di singoli clangori metallici prolungati interrompe le sue malinconiche meditazioni, all’istante seguito da una raffica di imprecazioni schiettamente terrestri, anzi italo- padane.

– Che succede? – Chiede, già vagamente conscio.

Voce di Mirella: – Succede che ai ficcanaso vengono tagliati i pendagli.

Silenzio.

Giusto il tempo di ricaricare e la cuginetta riapre il fuoco all’indirizzo di Pelagio, materializzatosi silenziosamente nella zona del disastro per un primo rilievo dei danni. Il tartoide è colpevole di aver sistemato alcuni oggetti sotto altri di diametro maggiore favorendo un crollo all’apertura di un indefinito sportello.

E. senza muoversi dalla sua trincea si augura che l’incidente induca Mirella ad abbandonare i suoi propositi culinari salutisti, permettendo a Pelagio di dedicarsi ai suoi saporitissimi soffritti ed ai suoi lussuriosi dolciumi.

– Cucina Pelagio? – Azzarda quando mezz’ora dopo, Mirella compare in Sala Comando.

– Certo! Così potrai intossicarti un altro po’, riempirti di grassi saturi e colesterolo, intasarti le arterie e crepare dieci anni prima.

E. fa le spallucce ed indica l’esterno, come a dire “perchè preoccuparci del remoto futuro se non siamo sicuri nemmeno del nostro domani?”

Mirella fraintende e si avvicina all’oblò – Gesuuuuuù..... –

Ne sono già successe abbastanza perché E. si alzi a controllare se il Salvatore è davvero venuto a trovarli. Tecnicamente è quindi impreparato alla visione agghiacciante che lo attende al di là del vetro. Un attimo di pazienza… Ecco: adesso ha visto e può cominciare ad urlare. Prima come un tifoso che ha visto negare un rigore chiaro come il sole, poi basso e rauco per non farsi sentire. 
 

Più lucida Mirella chiede a Conan. – Cos’é quello?

La creatura è di color tenebra e ha lunghissime zampe a strisce grigio cancrena e nero fogna che sorreggono un corpo delle dimensioni di una nuvola di temporale, preceduto da un cranio dotato di quattro mandibole armate di un numero improbabile di denti di una sostanza simile a cristallo opaco.

– È un Frugafango. Una forma di vita comune su questo pianeta. Si nutre delle cimici di roccia che estrae spezzando la pietra con i denti.

Mirella si passa un dito sulla fronte, considerando con disagio il frugafango alle prese con un masso grande quanto un’edicola da stazione. Anche Conan guarda ma rimane roboticamente impassibile.

Solo E. continua ad agitarsi come un elettrone rimbalzando contro le pareti.

– Conan, quante possibilità ci sono che quel coso scambi la nave per una roccia e la frantumi? – Chiede Mirella.

– In prima approssimazione direi 10 alla nona contro una. – Totalizza il robot.

E. si obbliga a guardare il frugafango che ha finito di frantumare il masso ed ora cerca le cimici di roccia con la stessa metodica pignoleria di un invitato che al pranzo di natale abbia distrutto una noce.

– Ma Pelagio non c’é? – Chiede Mirella. – Ah, eccolo, Cosa consiglia di fare?

– Ehhh…

– Eh?

Il tartoide non risponde, estrae da un cassetto un’ampia tuta viola e la indossa. Quindi sfila una lunga tavola di legno lucido attraversata da ghirigori blu e ispirato comincia a leggerla, salmodiando con voce nasale.

Fuori il frugafango sta prendendo a calci i resti della roccia distrutta e lancia occhiate cupide verso la nave.

– Pelagio, ma le sembra…

Il pilota allarga le braccia. – I motori sono disattivati perchè io e Conan stavamo facendo una piccola revisione. La Società ha venduto i lanciaraggi di dotazione in un momento di scarsa liquidità. La più vicina stazione di Polizia Galattica si trova a quattro ore a Propulsione Gaalighe 9. – China un po’ la testa per guardarla negli occhi. – Non ho con me le sessantaquattro mistiche candele, ma credo che i miei antenati vorranno ugualmente accogliermi sotto il Grande Eterno Guscio Infinito.

Il frugafango si é rimesso in marcia e adesso i passeggeri della nave possono facilmente vedere le bave verdastre e corrosive che colano dalle mascelle del mostro, gli occhi piccoli del colore della polvere, i peli ispidi del muso enorme ed i movimenti compiaciuti dell’esofago.

– AIUTOooo! – Grida inutilmente E.

Il frugafango dà un botta alla superficie della nave traendone un cupo rimbombo.

– AAAAAIIIUUUUTOOOOO! – Ripete con più convinzione ma poca speranza.

Il frugafango assaggia la nave con le sue mostruose mascelle, la ammacca un pochino, la fa risuonare per un po’ in punti diversi. Sembra perplesso o forse giocoso.

– Forse… – Mormora Pelagio.

Il mostro va avanti per un po’ con i suoi assaggi, dà un certo numero di calci alle pareti ed infine si allontana portando con sé l’antenna per la trasmissione nello spazio Gaalighe e l’antenna per l’Olo-TV, brontolando come un terremoto.

Nella sala passano almeno cinque minuti prima che qualcuno si azzardi a parlare.

La prima a farlo é ovviamente Mirella: – Come é possibile....

Pelagio si sfila la tuta violetta ed annuisce: – Era un cucciolo.






– Una volta questo pianeta era molto diverso. – Pelagio serve una pietanza molto simile per sapore, colore e consistenza ad una parmigiana di melanzane, ma chissà perché nota nel suo settore galattico come “Elderaia Phornix”.

E. a bocca piena si limita ad un vago cenno di stupore, mentre Mirella lo guarda con curiosità:

– Come diverso, non c’erano quei cosi?

Pelagio si serve a sua volta e consegna la teglia a Conan, che riprogrammato in forma biologica, necessita di un nutrimento più congruo di dodici secondi attaccato ad una duecentoventi.

– No, quelli non c’entrano, li hanno messi qui da poco: sono una specie protetta, in pericolo di estinzione.

E. tossisce e trangugia un boccone spropositato di Elderaia Phornix. – Ma è popio nececciario cialvalli?

Mirella lo reprime:

– Una specie vivente è un patrimonio...

– Va bene, va bene, lo so. Scusa tanto. Prego, Pelagio.

– Dicevo che il pianeta era molto diverso, un tempo. È stato costruito dalla Sogni Standard, sulla base di una ricerca di mercato commissionata alla Festina Lente di Algol, allora la più grande agenzia di sondaggi della galassia. Il pianeta doveva essere una sorta di modello: la realizzazione del sogno standard statistico del galattico medio. Doveva, cioè, raggruppare tutti i beni desiderabili per una schiacciante maggioranza della popolazione.

Mirella rabbrividisce. – Che idea allucinante.

Pelagio conferma. – ‘Bastanza. Sono venuto qui un paio d’anni dopo la sua inaugurazione. Allora avevo un altro lavoro. – Punta un dito in direzione dell’oblò. – Qui sorgeva una delle Sale Dello Spettacolo Divertente, lì a fianco il Padiglione Dello Sfoggio di Ricchezza, oltre quella collina i Centri Commerciali dello Shopping Perpetuo. Proseguendo verso il mare si incontravano i Centri Della Salute-Bellezza, gli Stabilimenti Balneari, le Discoteche Sempre Aperte, i Parchi Dei Piccoli Peccati ed i Residence Dei Grandi Peccati. Era tutto previsto, tutto organizzato in un modo impeccabile. Nessuno rimaneva solo. Divertimento, benessere, piccole e grandi trasgressioni: tutto era a disposizione di chiunque avesse abbastanza denaro da permettersi un soggiorno o la residenza sul pianeta.

– Però è carina come idea. – Commenta E., ma uno sguardo della cugina gli fa desiderare di nascondersi sotto un piatto rovesciato.

– Lo scusi sa, Pelagio. – Con lui Mirella è addirittura tenera. 

 

– Beh. Il fatto è che all’inizio tutto andava bene e tutti erano contenti, poi un po’ per volta sono venuti fuori i problemi. Piccoli, all’inizio: qualcuno che non voleva uscire una sera per un leggero mal di testa o un’indisposizione, o anche solo perché aveva voglia di restare solo. E la Sogni Standard interveniva, convinta che chiunque non tenesse un atteggiamento previsto nelle griglie della Festina Lente non si rendesse ben conto di qual era il suo bene. Gli interventi prevedevano la pacifica invasione della casa da parte di comitive festaiole armate di spumanti di marca o di dolci firmati, l’uso di tentazioni erotiche di grande effetto, l’invio di incaricati dotati di sorriso amichevole, pacata allegria, due bicchieri ed un amaro, fino alla larvata minaccia di trattamento medico nei casi più gravi. Questi provvedimenti avevano però efficacia limitata e così la Sogni Standard è stata costretta ad adottarne di più radicali, come il trasporto coatto dell’elemento asocievole al più vicino Luogo Di Ritrovo. Il campanello d’allarme è stato l’episodio di Jaka K’chtorr, un Mirano che aveva massacrato a bottigliate un gruppo di festaioli colpevoli di avergli impedito di terminare un sonetto sulla malinconia del silenzio.

A questo primo incidente ne sono seguiti decine d’altri che hanno rapidamente fatto degenerare la situazione. La Sogni Standard, dopo alcuni incontri con la direzione della Festina Lente ha finito per assoldare qualche migliaio di assaltatori Kerrabbia come scorta ai festaioli in missione. La situazione ha raggiunto un punto di rottura quando in una sola notte sono stati cosparsi di amaro e bruciati vivi quarantasette individui pacati e amichevoli, mentre a convincere un nutrito gruppo di asocievoli asserragliati in un Padiglione Dello Sfoggio Di Ricchezza è stato inviato un battaglione blindato di Kerrabbia che ne ha trucidato centoventidue.



Da quel momento la Sogni Standard ha perduto il controllo della situazione, e – varato un regolamento per i Cortesi Ospiti che prevedeva la fucilazione alla schiena per chi rifiutava un cocktail o si chiudeva in bagno a fumarsi una sigaretta in beata solitudine – ha ingaggiato una divisione corazzata di Kerrabbia per riportare la felicità sul pianeta. In tre anni di guerra civile, gli asocievoli che non avevano abbandonato il pianeta clandestinamente erano stati massacrati senza pietà. Nel Giorno Della Grande Festa Di Chi Sa Vivere, comunque, un attentato al Consiglio d’Amministrazione della Sogni Standard – olive al curaro nel Martini – provocò il fallimento della società e la svendita del pianeta, acquistato da un’associazione ecologista per una sciocchezza. Ma la guerra ha mutato il clima rendendolo com’è adesso: freddo, bagnato e fangoso, un paradiso solo per i Frugafango. Dopo questa esperienza il governo Galattico ha vietato sondaggi e ricerche di mercato, determinando la chiusura definitiva della Festina Lente e di un’altra dozzina di società del tipo.

Nel silenzio seguito al racconto del pilota si ode solo il rumore di mascelle di Conan che, nelle nuove vesti biologiche, non ha ancora imparato a masticare a bocca chiusa.

– E lei Pelagio, cosa ha fatto? – Chiede Mirella.

Il tartoide sorride leggermente e non risponde subito.

– Io… Beh, io ho guidato il commando di asocievoli che ha avvelenato gli amministratori della Sogni Standard. Ma non ci si deve vantare di una cosa simile.

23.11.18

Calibano XV: fotoamatore


Irruo Skannagon, vice-supremo ammiraglio della flotta Kerrabbia spinge da parte il libro (TORTURE E UMILIAZIONI NELLA GALASSIA anno 121° – sottotitolo: torture e torturatori – con olofoto staccabili e conservabili – Edizioni Sinistro Presagio) e ruggisce: – KOOOOsa C’È?
– Avvistata piccola astronave modello “Falena” nel quadrante GJ45.89. Non militare, con contrassegno di compagnia privata. – Il Kerrabbia, con la mente tuttora arroventata dalle foto e dal testo, esita un istante prima di ordinare la distruzione della piccola nave. Guarda il libro, aperto sull’immagine in bianco e nero di Vala Halla, la Pornoregina del Dolore, inguainata in una guepiere di pelle nera e ricoperta da qualche chilo di catene e sorride felice. – Fermate la nave e portatemi qui i passeggeri. – Gorgoglia.
Irruo è un buon diavolo, perverso quanto può esserlo un bambino che solleva la gonna a una bambola, ma si è fissato nel tentativo di pubblicare le sue foto sull’annuario.
Finora i suoi articoli e olofoto sono stati regolarmente respinti con lettere cortesi ma distaccate nelle quali comparivano giudizi come “pedestri”, “grotteschi”, “non adatti al nostro pubblico”, “scarsamente fantasiosi”, e che regolarmente terminavano con: “ringraziandola per l’attenzione, la invitiamo a cessare l’invio di materiale non richiesto.”.
Ma Irruo non è il tipo da smontarsi e sta cercando qualcosa di più adatto delle istantanee di altri kerrabbia malmenati personalmente.
Non si deve credere che il comportamento del Vice-Ammiraglio sia consueto presso i Kerrabbia, solitamente tanto brutali quanto modesti e riservati nelle proprie vicende private.
No, è il Viceammiraglio ad essere un po’ strano.
Gli aspetti peculiari del suo carattere scaturiscono da un episodio della sua prima infanzia avvenuta a bordo di un incrociatore stellare, il celeberrimo Atrox, colpito e gravemente danneggiato dal fuoco di ben tre corazzate spaziali Utraniane.
L’aver trascorso alcuni mesi della sua vita in un minuscolo settore della nave dove esisteva ancora aria respirabile, in compagnia di una dozzina di cadaveri vaganti per mancanza di gravità e di un monitor guasto che continuava a ritrasmettere le ultime scene della battaglia, aveva alterato per sempre la sua percezione della realtà suscitando in lui una rudimentale vocazione artistica ed un’irrazionale ansia di notorietà.
Tratto in salvo da una silurante Irruo Skannagon era stato accolto come un eroe, ma quei momenti avevano reso spasmodico il suo desiderio di essere noto, apprezzato e persino amato, sogno decisamente inconsueto per uno della sua razza.
Se la sua carriera militare era stata fulminea ed il suo prestigio non aveva conosciuto eclissi, l’irragionevole esibizionismo, la curiosità per ciò che avveniva nel resto della Galassia, la dichiarata passione per il sadismo – da lui considerata la prova di un sentire comune che affratellava i Kerrabbia con gli altri popoli – l’avevano reso un individuo bizzarro e solitario per i suoi casti e brutali simili, tanto che la sua carriera si era inceppata al rango di Viceammiraglio. 

 
Intanto la corazzata spaziale, dopo una breve comunicazione con l’Ammiraglio Qvatten, esce dalla formazione e punta sulla piccola astronave di Pelagio, attivando il proprio campo di polarità Tayllerand.
Il campo di polarità Tayllerand é una delle novità tecnologiche assolute delle quali dispone la flotta Kerrabbia, un’invenzione rivoluzionaria che merita un breve accenno.
Per quanto riguarda la sorte di Pelagio, E., Mirella e Conan, dal momento che detesto la suspence e normalmente ho l’abitudine di saltare le pagine più pericolose per i protagonisti per vedere come se la cavano, riporterò qui le ultime righe del capitolo, in modo che possiate leggervi in santa pace la spiegazione dell’effetto Tayllerand senza farvi venire un attacco di nervi:
 
…Pelagio si china sulla plancia ed annuisce: – Tra tre secondi inserirò la superpropulsione Gaalighe. – Mirella ancora incredula aggrotta la fronte: – Ma COSA volevano da noi?
– Punirmi finalmente. – Sospira Conan estasiato, riprogrammato nell’imago sintetica di Vala Halla in reggiseno di cuoio a balconcino e slippino con borchie.
– Pervertirci. – Mormora E., ancora vestito con una tuta aderente che lo rende molto simile all’Uomo Ragno, mentre la spinta della propulsione ultraluce deforma lo spazio oltre la grande vetrata trasformandolo in un paesaggio di Braque. 
...
 
Katafrat Tayllerand, ambasciatore di Arcturus nel sistema di Mira, sfaccendato come tutti i suoi colleghi diplomatici di tutti i tempi e di tutte le razze, aveva due passioni.
La prima per i ricevimenti allestiti a spese del popolo di Arcturus e indicati nel bilancio della legazione come “spese di rappresentanza” con numeri di almeno sette cifre, la seconda per il tiro al bersaglio, sport nel quale, nonostante il grande impegno e l’uso di mezzi sempre più tecnologicamente avanzati, continuava ad essere una schiappa.
Ma si sa che la noia aguzza l’ingegno e Tayllerand non mancava nè dell’una nè dell’altro. Una mattina, dopo aver come d’abitudine mandato il tappo del dentifricio ad intasare lo scarico del lavabo, invece di chiamare l’idraulico di Mira il diplomatico aveva rinunciato a lavarsi i denti e si era seduto in veranda a riflettere.
Perchè tutti i suoi tentativi di colpire un dischetto di colore rosso in mezzo al bersaglio fallivano, mentre riusciva a centrare il buco del lavabo con il tappo del dentifricio anche al buio e da considerevole distanza? 

 
In un primo momento aveva pensato che la soluzione del problema stesse nel tappo ed aveva pensato di utilizzare fucili armati di tappi di dentifricio. Ma gli era sembrato davvero troppo banale. La soluzione dell’enigma era di livello superiore, aveva supposto, e doveva avere qualcosa a che fare con la casualità.
Dopo queste riflessioni era schizzato al poligono con il fucile in mano, aveva ignorato il bersaglio manipolando l’arma in modo casuale, strizzandola, soffiandoci dentro, canterellando ed infine sparando a casaccio cercando di mancare il bersaglio, creando nella servitù la convinzione che i troppi aperitivi avessero gravemente leso le sue facoltà intellettuali.
Naturalmente, per la prima volta nella sua vita aveva fatto un centro pieno e, cosa più importante, aveva scoperto il principio dell’Acausalità Attrattiva Quantistica, passato alla Storia come effetto Tayllerand.
La fama dovuta alla sua scoperta ha reso i suoi ricevimenti ancora più ambiti e frequentati, ma il conseguente lievitare delle spese di rappresentanza ha spinto il governo di Arcturus ad un controllo dei bilanci dell’ambasciata. Questo é il motivo per cui attualmente Katafrat Tayllerand sta cercando un’applicazione monetaria del suo effetto, nel tentativo di procurarsi molti galattodindi in modo acausale, finora con scarso successo. 
...
 
Adesso che siete meglio informati su una delle più importanti scoperte della scienza galattica, possiamo tornare a bordo della Peste Nera comandata da Irruo Skannagon.
Mirella e Pelagio si trovano in una grande stanza al centro della colossale corazzata kerrabbia, Conan ed E. sono stati trascinati via da alcuni nerboruti soldati kerrabbia mentre Rumpus é riuscito a far perdere le sue tracce.
Puffa cannibale e Tartoide contemplano la sala per interrogatori, un locale scuro illuminato dalla luce fumosa di poche torce, il soffitto basso dal quale penzolano catene, uncini, corde ed altri misteriosi arnesi dall’aria ostentatamente maligna.
A Mirella, anche se preoccupata, vengono in mente una discoteca vicino a Cattolica e una jeanseria del centro. Lancia un’occhiata dubbiosa a Pelagio, immobile al suo fianco. – Dev’essere per spaventarci.
Il tartoide scuote lentamente il capo. – Non credo.  
– Dove saranno…?
– Quei due poveretti? Li avranno sparati fuori con i tubi lanciasiluri per usarli come bersagli prima che tirino le cuoia nel vuoto. È uno degli sport preferiti dei Kerrabbia.
Pelagio sembra calmo, quasi stoico, come un uomo in attesa dell’estratto conto dopo aver perduto la carta di credito.
– Visto che ormai siamo spacciati posso farle una domanda? – chiede Mirella, che cerca di non prendere definitivamente sul tragico la situazione.
– Certo.
– Perchè mai c'è una stanza sull’astronave arredata come un’aula di scuola?
Pelagio chiude gli occhi e fa un gesto lento con la mano come ad indicare il lento flusso del tempo. – Molti anni fa… 

 
La porta si apre cigolando ed entra un Kerrabbia in divisa nera carica di decorazioni scintillanti, seguito da E., con una tuta nera aderentissima stile Spiderman e una frusta in mano e da una appariscente bionda inguainata in pelle nera, carica di catene e beatamente sorridente.
– Là – Intima il kerrabbia ai due, indicando una sorta di quadro svedese carico di manette come un albero della cuccagna.
– E., ma chi é quella? – Chiede Mirella al cugino che si sforza di assicurare a quel ridicolo arnese oscillante la vittima che ripete “sì, sì, fammi male” .
– E chi vuoi che sia? È Conan.
Mirella guarda le forme generose ostentate dal robot e sbarra gli occhi.
– Silenzio! – Urla Irruo che impugna l’olocamera come un bazooka. – Adesso pestalo, fallo nero di botte.
E., nonostante la frequentazione della rivista «Macrosesso», per quanto riguarda il capitolo perversioni è decisamente uno sprovveduto. Guarda la frusta che tiene in mano e inghiotte a vuoto.
– Allora?
– Mi scusi.
Irruo si volta con lentezza minacciosa verso Mirella.
– Non abbia fretta, poi toccherà a lei. – Ruggisce.
– Va bene. Ma io volevo chiederle se lei lavora per il cinema.
Il kerrabbia si immobilizza. – Come l’ha capito? – Gorgoglia improvvisamente addolcito.
Mirella si stringe nelle spalle: – La decisione, l’autorità che dimostrano certi artisti è inconfondibile. Non é merito mio averlo capito, é la professionalità che dimostra.
– Beh… Io…– Irruo Skannagon fa un gesto vago, modesto. – …Penso di essere un discreto dilettante, tutto qui.
Pelagio si scuote e annuisce. – Più che discreto, direi, ricordo una scena molto simile in Garfillea, nel suo celeberrimo Dolore e Peccato. In quell’occasione la vittima indossava un mantello di velluto nero con una piccola croce bianca, simbolo della redenzione ed un corpetto decorato con gigli neri in campo verde, che Jellead, il grande critico cinematografico aveva interpretato come riferimento al misticismo Xarrax. Il carnefice, «l’Elargitore del Dolore», come il grande sceneggiatore di Garfillea, Hsuunnkall, l’aveva denominato, era incoronato di un diadema argenteo e…
– Fatemi male, punitemi, sono colpevole, sono il più colpevole dei colpevoli! – La trasformazione esteriore non ha cambiato la voce di Conan, che è rimasta cupa e lamentosa.
Irruo lo fissa innervosito: una vittima consenziente é un’esperienza nuova e sconcertante per lui. – ALLORAAHH? – Urla ad E., che ha approfittato dell’interruzione e si é seduto su un ceppo macchiato di sangue.
Pelagio e Mirella si scambiano uno sguardo rassegnato. Il tentativo di distrarre il kerrabbia, anche se partito bene é naufragato molto rapidamente.
Il tartoide a bassa voce spiega: – Dopo ci butterranno nello spazio, fanno sempre così. 

 
In un’altra parte della corazzata Rumpus sceglie proprio quel momento per buttarsi a quattro zampe sui sensori di controllo del generatore a fusione creando un bel cortocircuito.
Nel buio calato all’improvviso nei corridoi della nave accadono varie cose. Tra le principali:
1) Rumpus si va a mettere in mezzo ai piedi di tutti i Kerrabbia che irrompono nella cabina di controllo del generatore, guidato dall’intuito e dalla perversità tipici della sua razza, facendo scoppiare una gigantesca rissa.
2) Mirella afferra una pesante torcia e la cala sulla testa di Irruo Skannagon, mancando per un soffio E. che al buio cerca la porta.
3) E. libera Conan da manette e catene, mentre il robot singhiozza deluso.
4) I quattro fuggono per i corridoi guidati da Rumpus che li ha raggiunti e risalgono sulla piccola astronave di proprietà di Satan.
5) Si allontanano a tutta velocità dalla Peste Nera, dove i Kerrabbia, convinti di aver subito un attacco in forze da parte di ignoti nemici, sono lodevolmente intenti a spararsi addosso con ogni mezzo.
È a questo punto che: “Pelagio si china sulla plancia ecc. ecc.”.
Siete arrivati alla fine del capitolo.

20.11.18

Calibano XIV: Ma è diventato di tutti i colori…

 
Ektell-vadd-ghG-unten-den-linden-P(h) abbassa la testa, gesto da non sottovalutare dal momento che la testa di un esponente della sua razza pesa quanto una botte di cognac, ed assume una bella tinta celeste, segno evidente che qualcuno nei dintorni l’ha insultato.
Ektell(ecc.) é un Frhllffen, cioé il membro di una delle razze più antiche, civili, formali e permalose della galassia. Il concetto di prossemica e di spazio vitale di un Frhllffen é tale che per offenderne uno é sufficiente stazionare per più di quindici secondi ad una distanza inferiore alle tre miglia standard unificate (pari a 5,334 km terrestri) dal loro corpo fisico.
I Frhllffen hanno inventato praticamente tutti i mezzi più diffusi di comunicazione a distanza, allo scopo di dialogare tra loro o con le altre razze senza doversi accollare la fatica e la pena di offrire aperitivi, salatini, paste, tè o torte fatte in case. Giustamente godono fama di essere la razza meno cortese della galassia – loro se ne vantano persino – si cibano abitualmente di grigiastre pappe di verdura e i gironi del loro inferno hanno nomi come Party-in-piedi, Cena-in-Pizzeria-tra-amici, Rinfresco-subito-dopo-la-fine-dell’orario, Un-salto-in-discoteca, Battesimo, Prima Comunione e Matrimonio.
A questo punto qualcuno avrà certamente pensato “e come fanno questi a riprodursi, se odiano fino a questo punto l’intimità?”
La risposta é molto semplice: i Frhllffen si riproducono a distanza. Le femmine infatti sono dotate di un organo sessuale dai caratteristici cerchi concentrici multicolori (fosforescenti per avventure notturne) che i maschi bersagliano con i propri dardi amorosi dalla distanza ultraintima di mezzo miglio. Ovviamente sia i maschi che le femmine sono dotati di grandissimi occhi e hanno evoluto crani di notevoli dimensioni per ospitarli.
Comunque, il nostro Ektell(ecc) nel breve tempo della spiegazione é passato dal celeste al viola, colore che rivela una profonda indignazione, non troppo lontana dalla rabbia omicida (sottili righe nere e blu).
Il Frhllffen incupisce ancora: la creatura che si avvicina, alta sì e no un metro, continua a marciare verso di lui incurante delle sue policromie esasperate.
Dopo aver trascorso alcuni secondi frementi di Blu-e-Nero senza risultati evidenti, se non un certo fiatone (Ektell non é più giovanissimo), il Frhlffen decide di avere a che fare con un Trrht, cioè un pazzo nella lingua locale ed assume il malva-bianco della disapprovazione temperata da una minima dose di compatimento. 

 
L’ospite non invitato, un robot addetto alla manutenzione di condotte a gravità zero, rulla silenziosamente sulla terra fredda di Ffrhtffttr, illuminata debolmente dal tiepido sole rossastro.
Il robot, di nome Conan, é in effetti un Trrht, uno «scollegato» nella lingua gergale dei robot operai. Motivo della follia é un episodio avvenuto pochi mesi prima. In quell’occasione, mentre ascoltava un attivista del sindacato semilegale delle macchine pensanti, il piccolo robot ha inavvertitamente invertito i campi di gravità della stazione spaziale dove lavorava, spedendo nel vuoto un congresso di giovani manager rampanti e riempendo la sala congressi di immondizia.
Inutilmente la stampa radicale aveva sottolineato l’essenziale analogia di contenuto della sala congressi prima e dopo l’inversione gravitazionale: Conan era stato comunque arrestato e processato.
Il processo – una semplice apparizione davanti ad un programmatore ad un terminale di “Principe del Foro IV” – era stato celebrato una decina di giorni galattici prima.
Il programmatore, con regolamentare casacca purpurea ed un cono di vetro incollato alla fronte, aveva diteggiato sul terminale del megacomputer le circostanze del reato ed aveva atteso i regolamentari 12 secondi per la risposta. (12 secondi erano stati giudicati da un’equipe di ciberpsicologi il tempo necessario per indurre nell’imputato una giusta dose di timore per la giustizia). Infine sul monitor era comparsa la sentenza e l’operatore, posato il cono di vetro, aveva indossato un paio di pantaloni di velluto a coste color vinaccia, simbolo della certezza del diritto, ed aveva dato lettura della sentenza.
“Visti gli articoli… Sentite le testimonianze… tenendo conto delle circostanze descritte, questa corte assolve l’imputato dal reato di parcheggio abusivo in zona riservata agli impiegati del governo galattico per non aver commesso il fatto.”
L’operatore, partito liscio sulla prima riga aveva gradualmente abbassato la voce per finire con un sussurro ed un colpo di tosse.
Conan, certo della sua colpa aveva mormorato: – Dove devo andare per la disattivazione?
Il programmatore non l’aveva neppure sentito. Aveva preso a pestare sulla tastiera come un assatanato aggiungendo riferimenti, codicilli, rimandi, bibliografia, casistica, riuscendo solo ad ottenere dal cervellone la frase “BACIAMI STUPIDO”.
Conan con un cigolio d’angoscia aveva ripetuto la domanda.
“Ma va’ a Frt ffttre” aveva mugolato tra i denti l’affannatissimo operatore. Conan aveva preso per un’indicazione il malaugurio e si era affrettato a prendere il primo cargo spaziale diretto a Ffrhtffttr alla ricerca dell’equipe di tecnici addetti alla disattivazione.
Naturalmente il lungo viaggio, l’ozio, la stanchezza, il rimorso, la depressione, hanno messo a soqquadro la programmazione di Conan che sta attraversando le pianure e le montagne del pianeta con addosso un paio di occhiali da sole e stringendo al petto un anatroccolo di peluche che, se stretto forte apre le ali ed il becco e modula un “QUA!” prolungato.
Conan si ferma ad un paio di metri da Ektell, distanza inimmaginabilmente sconveniente e dice: – Salve!
Ektell accentua il bianco-malva e non risponde.
Conan si toglie gli occhiali da sole. Una rapida analisi biochimico-clinica del suo interlocutore gli conferma di essere in presenza di una forma biotica senziente. Ripete quindi il suo saluto, accompagnandolo con il “QUA!” di Teodoro, il suo papero.
Nulla.
– Mi scusi, saprebbe indicarmi la più vicina squadra di disattivazione?
Silenzio.
– O il più vicino telefono?
Immobilità assoluta.
– Sa, é che sono stato condannato alla disattivazione su questo pianeta, ma nessuno mi ha spiegato dove devo andare e come devo fare. Poi l’ho vista qui, su questo bel monticello tutto solo e mi sono detto “quel signore certamente é informato”. Così mi sono permesso di disturbarla…
Ektell si volta un poco mostrando una parte del suo occhio sinistro e sibila: – Viahhh, sciò, scompari, fetido pezzo di metallooo!
Conan, ormai abituato ad essere trattato con rudezza, sorride beato e schiaccia l’anatroccolo.  

– Volentieri, signore, se avrà la gentilezza di indicarmi la direzione…
– Crepa!
– Per l’appunto…
– Che il tuo cadavere possa marcire per mille anni nella melma!
– Non appena mi sarà possibile trovare…
– Luridissimo fetente criminale!
– Sua signoria ha pienamente ragione, ma…
Ektell si gira completamente e fissa con gli occhi da presbite il piccolo robot. Ucciderlo personalmente é fuori discussione: un assassinio comporta un contatto fisico intollerabile. D’altro canto quell’accidenti di arnese dimostra una perseveranza in altre circostanze ammirevole e i Ffrhllffen stimano molto la perseveranza. Quindi, dopo qualche secondo di esitazione Ektell decide di ricorrere ad uno stratagemma per togliersi dai piedi quello scocciatore ed assunto il verde squillante delle risoluzioni definitive punta un dito verso l’orizzonte nuvoloso: – Là! – Dice indicando la direzione presumibile di una base galattica. – Là troverai ciò che cerchi.
Conan si accende di riflessi violetti e tende la mano metallica verso Ektell che la considera con pacato disgusto. Il piccolo robot rimane per alcuni secondi in quella posizione patetica per poi ritirare la mano in fretta. – Sua signoria ha ragione, ella non deve sporcarsi la mano con un criminale come me.
Ektell, arcistufo gli ha voltato le spalle.
– Mi merito la riprovazione delle persone oneste, la loro condanna. Ma sappia che io sono ben cosciente della gravità del mio reato ed é con cuore grato che mi accingo…
– Grrr…
– Addio, Sua Grazia, e si degni di accettare il mio umilissimo ringraziamento.
Conan torna ad infilarsi gli occhiali da sole nella scarsa luce del pianeta e riprende la sua marcia solitaria, felice per quell’incontro con una persona così ricca di umanità e, ancor più risoluto ad espiare, si dirige verso una sede ultrasecondaria della Satan-Baal-Zebub & C. 
 
Giuro, non ci serve niente.
Abbiamo già aspirapolveri, battitappeto, cosmetici, olio di oliva, Torri di Guardia, Lotte Comuniste e siamo già abbastanza svegli così.Grazie. 
 
E. sfiora il pannello romboidale lievemente illuminato, come gli ha insegnato a fare Mirella.
La luce si spegne.
– …azz…– Mugola e lo sfiora nuovamente.
Nel mezzo della stanza si materializza un robot in tuta blu con una grossa chiave inglese in mano.
– Assistenza tecnica Nixxon: ovunque con voi nel tempo e nello spazio. Qual é il vostro problema? Velocità, precisione e sicurezza sono una nostra abitudine!
E. che ha terminato già da parecchie ore le sue espressioni di stupore e di meraviglia si limita ad una smorfia e accarezza ancora il pannello. Naturalmente il meccanismo, qualunque sia, non funziona e il robot ripete daccapo la sua tirata in falsetto agitando la chiave inglese in modo minaccioso.
– Non ci serve nulla. – Spiega E., con il tono di voce di uno agganciato da una gentile vecchina ad una pesca di beneficenza.
Il robot scuote la testa lentamente e fa scintillare il distintivo della compagnia. – Cos’é questo rumore? – Fa con tono falsamente casuale.
E. allarmato si immobilizza ed ascolta: “Frrt, frrt, frrt, frrt.” Fruscia l’ultraelastico. “Shhhhhhhh…” Sibilano i condizionatori in funzione. “GIIInnnggggg.” Rotolinna (rotola+tintinna, meglio di tintòla, credo) uno dei giganteschi orecchini di metallo di Mirella in qualche angolo dell’astronave.
– Sono gli orecchini. Gli orecchini di Mirella, mia cugina.
Il robot infila il pollice nella bretella della tuta ed E. ha la sensazione che stia per dire :“Certo bello, vieni un attimo a spiegarlo al capitano in centrale.” Invece l’ologramma si limita ad inarcare un sopracciglio ed a ripetere con tono minaccioso: – Orecchini…
– Giuro, sono gli orecchini di Mirella. Il fatto é che sono molto grandi e che Mirella non vuole farsi bucare le orecchie e quindi li perde facilmente..
– …Facilmente, certo…
E. coperto di sudore arretra cercando di sfiorare ancora il pannello, ma l’intruso intuisce il suo gesto e fa un passo avanti. Il sopracciglio del robot é sempre inarcato, le sue labbra pallide, animate da un leggero tremito e tutto nel suo atteggiamento lascia intuire l’imminenza di qualcosa di molto spiacevole per il suo interlocutore. Certo, il robot è solamente la visualizzazione olografica del programma per l’assistenza tecnica della Nixxon, dalla quale Satan ha comprato l’astronave con un contratto che non prevede un fisso per gli interventi tecnici nella speranza di risparmiare, ma questo al momento sfugge alla comprensione di E. che si appiattisce contro il muro ed all’incertezza preferisce un sano panico. 

 
– AIUTO, qualcuno mi Aiiuutiiii! – Ulula, mentre il robot continua. (Voce cavernosa) – Ormai non c’è più niente da fare, capito bastardo? Ti decidi a parlare o devo dimenticarmi il regolamento? (Voce pacata, paziente) Dai Joe, il ragazzo qui ci vuole aiutare, non è vero? Il ragazzo si è sbagliato ma ci aiuterà, non è vero?.
– Ma non c’é nessuno qui? Aiutaaaatemi!
(V.C.) – Devo proprio spaccarti la faccia, eh? No Jim, è inutile perdere tempo, non vedi che questo bastardo è marcio fino al midollo? Perdiamo solo tempo, girati un momento e l’aggiusto io. (V.P & P.) Ma no, Joe, ti ricordi con Sanchez? Gli hai rotto l’osso del collo e poi il tenente ci ha messo di pattuglia per una settimana di seguito.
– Fuori dalle palle. – La voce metallica che interrompe lo show della NIXXON – VENDITA E NOLEGGIO ASTRONAVI D’OCCASIONE proviene dal robot di servizio dell’astronave, un ex- addetto alla manutenzione delle condotte a gravità zero alto si e no un metro ed assai poco antropomorfo, di nome Conan.
Lo spot vivente della Nixxon considera il nuovo arrivato con disgusto. Notoriamente i robot sono gli esseri meno suggestionabili della galassia e quindi la sua programmazione, curata da un gruppo di graduati in pensione della polizia di Altair, diventa del tutto inefficace.
– OK, piccolo, pagami il fisso per l’intervento e mi disattivo. – Il software della Nixxon é tenace come una supermignatta di Deneb.
– Il fisso fattelo pagare da tua nonna.– Conan quando non é depresso é un tipetto tosto ed E. lo guarda con rispetto. Finora quando gli aveva rivolto la parola l’unica risposta erano stati lunghi respiri ed oscuri accenni a giovani manager perduti per sempre nello spazio con per unica compagnia ventiquattrore metalliche e megarolex con agenda incorporata.
– Manderò la fattura ai tuoi capi. – Minaccia l’emissario della Nixxon subito prima di impallidire e scomparire salutato da una pernacchia misteriosamente prodotta in qualche angolo oscuro del corpo di Conan.
– Edoardo, cosa hai combinato? – La porta é scivolata di fianco per lasciar passare Mirella in tuta da jogging di proprietà di Pelagio e quindi rimboccata da tutte le parti e un orecchino in mano.
– Come cos’ho combinato? Non é po-possibile per una v-volta che sia qua-qualcun altro ad aver combinato a me?
La grammatica e la favella di E. sono state le prime ad averlo abbandonato in quei difficili frangenti e tardano ancora a tornare in servizio.
– Quegli accidenti di o-orecchini non puoi tenerteli senza f-farli rotolare dapp- pertutto, eh?
Mirella guarda E. poi guarda Conan, poi guarda di nuovo E., si produce in un sorriso originariamente brevettato da Jack the Ripper e commenta: – Ciò che hai tu che penzola non lo perdi di certo: ce l’hai nella zucca al posto del cervello.
E. medita un istante, apre la bocca alla ricerca di una risposta, che come d’abitudine non trova e si accontenta di aggrottare le sopracciglia, determinando l’istantanea discesa degli occhiali dalla sella del naso sudato fino al suo estremo limite.
– Se nessuno ha più bisogno di me andrei. – Modula Conan in tono sepolcrale.
E. si aggiusta gli occhiali e si china sul robot sorridendo. – Tutto a posto e mille grazie.
– Non mi ringrazi sua eccellenza, egli non sa nulla di me. – Conan alza il capo e fissa gli occhi da moscone in quelli di E., ancora nell’atteggiamento di un politicante che tenti di sollevare e baciare un bambino.
– Egli non sa del mio passato, dei miei crimini. – Continua il robot passando dal tono sepolcrale a quello ultraterreno. – Dei fantasmi che turbinano davanti alle mie pupille sintetiche a ricordarmi il mio imperdonabile peccato…


E. adesso ha la faccia di un politicante che abbia sollevato e baciato un nano sessantenne e fa un passo indietro balbettando.
– Ehm, sì… certo…non…
– Fuori dalle palle, Conan, e di corsa.– Mirella fa la faccia feroce ed il tono minaccioso ed il robot la guarda sollevato e si allontana sferragliando giulivo.
– Cos’hai da fare quella faccia? Conan é contento solo se lo maltrattano. – Mirella si tocca la fronte. – Credo che abbia qualche problema di programmazione.
– Anche il pilota se é per questo. Anche la nave ed i suoi maledetti gingilli ultratecnologici. Stavo cercando una finestra per dare un’occhiata allo spazio e mi minacciano con un chiave inglese, poi mi viene a salvare un robot matto e masochista, questo senza contare la sala arredata come un’aula di scuola elementare, il pilota vegetariano, i tuoi insulti, Rumpus che mi aspetta dietro tutti gli angoli per graffiarmi le caviglie e il fatto che probabilmente non rivedremo mai più la Terra…
Mirella si stringe nelle spalle. – E chi se ne fotte di non rivedere più la Terra? Tanto é un posto orribile, abitato da imbecilli.
– …persi per sempre nello…COSA? – E. sbarra gli occhi da miope, cosa che fa nuovamente scivolare gli occhiali e freme dall’indignazione. – Mirella, ma non pensi ai genitori, al vento che ci accarezza, ai mari, alla vista del sole velato dalla nebbia, ai boschi, all’erba, agli animali, ai libri che non leggeremo, alle partite che non potremo vedere, ai programmi che…
– Palle. – Mirella spinge indietro i capelli scivolati sulla fronte e controlla che l’unico orecchino che ancora indossa non si sia infilato nel colletto della tuta. – La terra é diventata un cesso. Gli animali crepano, i boschi ce li hanno bruciati, il sole spara ultravioletti come una lampada UVA starata, la nebbia puzza di zolfo, pubblicano solo libri di imbecilli e le partite sono truccate.
– Non é vero, le partite non sono truccate! – Insorge E., poi incontra lo sguardo di Mirella e la sua indignazione si raffredda di colpo.
– E il totonero?
– Beh, forse qualcuna, ma il mondo del calcio é fondamentalmente sano. E poi gli alberi si possono ripiantare, posso comprare l’acqua nel vetro e…
– Piantala , E.. Queste sono idiozie. Non é l’acqua minerale nel vetro il vero problema, semmai…– Mirella si interrompe, per un attimo sembra meno sicura, quasi malinconica. – …Ma cosa me ne importa di stare qui a farmi il sangue cattivo? La galassia è piena di vita, altri popoli, altre culture. – Sorride amara. – Si fotta la stupida, rissosa, puzzolente specie umana. Così sia.
E., che non ha mai conosciuto passioni di tale intensità, vorrebbe fare qualcosa per consolare la cugina. La cosa più adatta gli sembra una mezz’ora di coccole seguita da un paio d’ore di sesso tenero ma appassionato e decide di intraprendere al più presto questo bel programma cingendola per la vita, primo passo per trarla a sè e baciarla.
“Siamo i soli due esseri umani nello spazio di anni-luce.” Immagina di dirle. “Siamo i soli padroni della nostra vita e del nostro futuro, tutte le regole sono alle nostre spalle, bruciate come i ponti che abbiamo lasciato alle nostre spalle.” Si infervora, senza dimenticarsi di annotare che dovrebbe sostituire un sinonimo al secondo “spalle”. “Solo noi, come Adamo ed Eva, i primi e gli ultimi della nostra razza, pronti ad un futuro eterno di felicità…” 

 
Mentre avvicina il suo viso a quello di Mirella, snocciolando mentalmente la sua prosa da collezione Harmony, E. si sente magnificamente, come non gli era mai capitato in vita sua e ringrazia Pelagio, gli alieni e persino Rumpus per aver creato quel momento irripetibile di intimità con la cugina, inutilmente ricercato nelle sale cinematografiche e nella sua scomodissima piccola auto.
Quando “già le sue labbra sfioravano le labbra di lui ed un lungo brivido caldo li attraversava, presagio dell’immensa felicità che li avrebbe travolti come un lento vortice” proprio in quel momento lì, quando insomma E. sta quagliando qualcosa, il secondo orecchino di Mirella decide di raggiungere il pavimento, dove, Rumpus, sopraggiunto nel frattempo, passa dall’indignazione alla foga venatoria, vedendo il traditore allontanarsi rotolando.
– Il mio orecchino! Rumpus, che diavolo…!
Mirella si svincola dall’abbraccio e si butta all’inseguimento di gatto ed orecchino, spariti dietro un angolo.
E. , con la testa ancora ronzante delle mille stupende frasi che avrebbe pronunciato, ci mette qualche secondo a capire che la colpa era stata ancora una volta del gatto e fissa il vuoto davanti a sé.
– Maledetto gattaccio…– Mormora a bassa voce per prudenza. 

 

– Qui Pelagio. Rilevata flotta di astronavi da guerra nel quadrante FD12.56.4. Voialtri terrestri andate nelle navette di salvataggio che io vedo cosa posso fare. Comunque se le cose dovessero andare male ricordatevi di battere il codice “Milit.45” sulla vostra unità di memoria della navetta: é per l’assicurazione. Grazie.