26.2.14

Tempo di gotico


Eccomi qui, come promesso, a presentare alcune antologie composte da testi scritti tra la fine del '700 e la prima metà del '900 che, in un modo o nell'altro, fanno tutti riferimento al "gotico", ovvero a quelle vicende curiose, incredibili ed agghiaccianti che si raccontavano un tempo intorno a un caminetto "in una notte buia e tempestosa". Tipico del gotico è il riferimento al fantasma - the ghost -, ad antiche case dove sono avvenuti eventi tragici e violenti, ad anime sofferenti che non possono lasciare il luogo dove hanno subito torti e hanno perduto la vita e che, non avendo pace, non possono abbandonare questo mondo. 
A una riflessione più attenta è quasi inevitabile paragonare la ghost-story al poliziesco classico, dove nel primo caso devono essere gli abitanti della casa a ricostruire l'andamento di un delitto avvenuto secoli prima mentre nel secondo sono i contemporanei a tentare di ricostruire una vicenda appena accaduta. La sostanziale differenza, tuttavia, può essere individuata nell'intervento di entità paranormali, superumane o decisamente infernali che rendono possibile la durata nel tempo del fenomeno, ed è questo aspetto del tutto "irrazionale" e profondamente romantico a costituire il baricentro del racconto gotico. 
Storicamente il romanzo gotico è una derivazione del pensiero romantico del XVIII secolo ed è caratterizzato dall'incontro tra elementi romantici e aspetti orrorifici. Tipico del racconto gotico è la parzialità della visione, ovvero la sostanziale inattendibilità del/dei testimone/i. I lettori sono chiamati a loro volta a "credere" a ciò che avviene ad un unico testimone senza nessuna reale verifica di quel che è realmente accaduto. Uno degli aspetti principali questo genere di letteratura fantastica è proprio la sua capacità di rimanere in equilibrio tra una realtà che potrebbe essere spiegata altrimenti e un fantastico che rimane dubbio e incerto quanto agghiacciante. 
Ultima precisazione, i testi che presento sono stati tradotti in italiano durante gli anni '80 (del XX secolo) e ovviamente non presentano autori successivi a tali date. Credo che si tratti di libri attualmente fuori commercio ma non escludo che si possano recuperare in forma di usato. 
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Il grande libro dei fantasmi, Tartaruga nera, a cura di Richard Dalby raccoglie venti racconti di altrettante autrici inglesi o americane. Tra le più note Elizabeth Taylor, Edith Warton, Fay Weldon, Angela Carter, Edith Nesbit. Racconti inevitabilmente di livello molto diverso ma con qualche punta di eccellenza per il racconto della Wharton, Gli occhi,   quello della Nesbit, L'automobile viola, per il racconto della Weldon, Frantumi. Decisamente gradevoli La signora in nero di Rosemary Timperly, Tre miglia più in sù di Elizabeth Jane Howard, I felici campi d'autunno di Elizabeth Bowen e Il pegno di Mary Sinclair. Di livello minore - o decisamente fuori dal tema proposto - i restanti racconti. Un'antologia che propone un gotico al femminile in ogni caso degno, raramente agghiacciante ma spesso affascinante. Un'ultima citazione per un racconto che punta molto di più sul tema psicologico che sul gotico propriamente detto, si tratta de La dama e l'unicorno, di Sara Maitland, scritto dall'autrice più giovane del gruppo. Una fiaba di tema erotico dal finale realmente sconvolgente. 
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Sempre di tema e composizione femminile l'antologia L'orrore al femminile a cura di Elinor Childe e John G. Pinamonte, Oscar Mondadori. Scopo dell'opera è quello di mostrare l'importanza delle autrici nella storia del fantastico e l'antologia è divisa in tre sezioni: Orrore antico, Gotico e Nero, Altri orrori. Nella prima compaiono autrici come Margherita di Navarra, Aphra Behn e Madame d'Aulnoys, le prime due con un frammento rispettivamente dall'Eptamerone e da Ooronoko, la terza con una leggenda di stile arcadico. Nel Gotico e Nero compaiono, tra le altre, Madame de Staël, Ann Radcliffe, Jane Austen, Mary Shelley, due delle sorelle Brontë, Matilde Serao e Grazia Deledda, con frammenti estrapolati dalle loro opere principali, dai loro epistolari o dai loro diari. Nella sezione Altri orrori  fanno (finalmente) capolino due racconti - L'uomo che studiava le lumache di Patricia Highsmith e L'albero di mele di Daphne Du Maurier che praticamente da soli valgono il prezzo (contenuto) dell'antologia. Difficile, in ogni caso, scacciare la sensazione di un testo assemblato per un pubblico femminile, praticamente digiuno di esperienze letterarie nel campo del fantastico nero e di scelte nei testi quantomeno discutibili. Diciamo che l'antologia ha la funzione di un invito alla lettura di testi come Frankenstein o Cime tempestose. Se per caso li avete già letti rimangono soltanto i due racconti citati e qualche altro frammento di feuilleton (ad es.: La morta viva di Carolina Invernizio) per passare un po' di tempo. 

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Diciannove storie che fanno paura è il sottotitolo di un'antologia pubblicata dal compianto marchio di Theoria e curata dall'altrettanto compianto Malcolm Skey: Fantasmi e no. Divisa in sei sezioni: I morti che tornano; L'occulto, l'occultismo, la magia; Vampiri e vampirismo; Presentimenti e sogni premonitori; Il doppio e L'umorismo, presenta autori come H.G.Wells, A. Bierce, A. Blackwood, W. de la Mare, M.R.James, A.C. Doyle, H.P. Lovecraft, R, Kipling ed H. James, il tutto in trecento pagine stampate con un corpo che a occhio di può riconoscere come Times 10 o al massimo 11. Ovviamente sarebbe inutile aggiungere che si tratta di un'antologia da possedere ad ogni costo, se non fosse che...
Sinceramente dei racconti pubblicati merita ricordare Lupo che corre di Algernoon Blackwood, Il sortilegio dei runi di Montague Rhodes James, Nell'ora del trapasso di Rudyard Kipling, Crewe di Walter de la Mare e L'allegro angoletto di Henry James. Quanto agli altri, nonostante cotanti nomi, si tratta di racconti di routine per autori che nelle loro vite ne hanno scritti centinaia, con la piccola burla (o truffa) di due paginette di H.P.Lovecraft dove l'autore racconta semplicemente la vicenda del Necronomicon (il libro) con i modi di un Borges ante litteram e che lascia il lettore stupefatto girando pagina e scoprendo che la storia è già bella che finita... Insomma, anche volendo essere particolarmente buoni diciamo che questa antologia può anche mancare nella vostra biblioteca, tanto più che dei cinque racconti caldeggiati ne avevo già letti quattro in altre antologie. 
E con quest'ultima antologia mi fermo. Ne ho altre quattro - credo - lette in questo periodo ma vorrei evitare di stancare i miei gentili lettori. La seconda parte di questo lungo articolo uscirà nel corso della prossima settimana.

22.2.14

In memoria di Francesco


Soltanto poche parole per ricordare il grande Francesco, cantante del Banco, morto ieri notte. Una voce unica, una presenza indimenticabile, una personalità musicale straordinaria. L'ho visto dal vivo soltanto una volta ma quanto basta per ricordarlo finché vivrò. Adesso di lui e del suo gruppo mi rimarranno soltanto le registrazioni, i video, i CD. Molto ma non abbastanza. Grazie di tutto, Francesco.



 

19.2.14

Letti e riletti


Lo so che ho dedicato molto tempo e molte parole per deprecare lo stato attuale delle librerie, ma ciò non toglie che io sono e rimango un "forte" lettore e in questo periodo, ricco di giornate buie, lente e piovose, mi sono dedicato alla lettura, sia di libri a suo tempo acquistati che di libri che possedevo in biblioteca ma che non avevo ancora letto. 
L'insieme è notevole, sicuramente, con libri editi tra gli anni '70 e gli anni '10 del nuovo secolo, con una nettissima prevalenza di romanzi e racconti gotici, a soddisfare una mia vecchia passione. Non credo che con questo solo post riuscirò a terminare la lista di libri. Nel caso il brodo si allungasse troppo rimanderò i libri più antichi ad un ulteriore successivo intervento.
E parlando di romanzi gotici è imprescindibile per me iniziare con un romanzo di Leo Perutz, inimitabile autore austroungarico nato e cresciuto sotto il governo KK (Kaiserliche und Königliche). Perutz è un autore che viene spesso dimenticato, forse perché comunque fortemente personale o forse perché il fantastico di area tedesca viene spesso sottovalutato o dimenticato. 
Il romanzo è intitolato Il Maestro del Giudizio universale, editore immancabilmente Adelphi. L'ambientazione è Vienna nei primi anni del XX secolo, il protagonista e voce narrante è il barone von Yosch, militare in congedo follemente innamorato di Dina, sposa di un grande attore. Il semplice dato che sia il protagonista in persona a raccontare la vicenda crea da subito una condizione particolare, il lettore, infatti, possiede unicamente il punto di vista di Von Yosch, individuo instabile, consumato da un amore ormai vano per una donna che fu sua ma che a suo tempo perdette. L'inevitabile incidente avviene durante una cena a casa di Eugen Bischoff, il grande attore sposato con Dina. Egli viene ritrovato agonizzante colpito da due proiettili. Inevitabilmente viene sospettato von Yosch che ha avuto l'occasione e il movente per compiere il delitto, senonché... Il barone si ritiene innocente, in apparenza, e uno degli invitati sostiene in maniera argomentata la sua innocenza, ma von Yosch è perseguitato dal ricordo o dalla visione dell'assassinio da lui compiuto. 
Inevitabilmente il barone si sforza di venire a capo dell'accaduto e di ricostruire quanto accaduto all'attore. La vicenda si accresce gradualmente in una lenta spirale di follia, coinvolgendo un usuraio ebreo, una giovane farmacista e altri personaggi fino a giungere a un maestro pittore italiano del sedicesimo secolo la cui strana vicenda parrebbe risolvere l'enigma. Ma è una nota dell'autore in calce al romanzo a rimettere in discussione l'intero intreccio, lasciando il lettore, che aveva bene o male creduto nello scritto del barone, felicemente sorpreso e confuso.
Un romanzo che ho acquistato domenica e che ho terminato ieri sera. Egregiamente tradotto e condotto con tutta l'attenzione rigida e sognante di un ottimo autore è un libro che consiglio volentieri e che, essendo uscito nel 2012 non dovrebbe essere difficile rintracciare. 
Sempre da un originale scritto in tedesco, Lui è tornato (Er Ist Wieder Da) di Timur Vermes, 2013 Bompiani. Adolf Hitler si risveglia ai nostri giorni in un campo abbandonato a Berlino. È in divisa, sia pure intrisa di benzina, e sta passabilmente bene. Raggiunge un'edicola sperando di trovarvi la Völkische Beobachter ma rimane sorpreso e confuso dal genere di giornali che sono disponibili. L'edicolante, a sua volta sorpreso dalla somiglianza dell'uomo con l'Adolf Hitler di sessant'anni prima, lo considera un ottimo attore, tanto da metterlo in contatto con alcuni impresari televisivi. In breve tempo Hitler si trova a disporre di un breve spazio televisivo e poi di un intero programma che raggiunge presto una buona audience. L'aspetto peculiare della cosa è che Hitler non ha minimanente cambiato parere e i suoi discorsi, sia pure depurati per volontà della direzione dal suo antisemitismo, e il suo punto di vista, davvero curioso nella Germania odierna, collezionano simpatie tra ogni genere di cittadini. Un attentato compiuto da un'organizzazione di estrema destra lo rende ancora più popolare e tutti i partiti del Bundestag - CDU e SPD prima di tutti - gli offrono la propria tessera.
Un discreto romanzo, dove un Hitler sufficientemente verosimile rispetto al personaggio storico riesce a ridicolizzare la politica e particolarmente i grandi media tedeschi. Consiglio comunque di attendere l'edizione economica, 18,50 euro, infatti, sono un po' troppi per una satira, sia pure divertente.
Un vera delusione, viceversa, Una luce nella foresta di Paul Torday, Elliot ed. Diciamo che il libro, una horror story con per protagonista un burocrate piuttosto imbranato, fila via abbastanza bene fino alla comparsa nella vicenda del mostro della situazione. Una volta squadernata al lettore la sua particolare fissazione non è difficile immaginare come procederà la vicenda. Con un finale che sbanda tristemente sul misticheggiante, dimenticando una delle regole d'oro del gotico: mai tirare in ballo entità superne appartenenti alla propria religione e men che mai inscenare "interventi divini" per sgrovigliare un horror che sta appassendo. Il passaggio dal fantastico al meraviglioso (sacro) continua a non funzionare, nonostante Torday faccia il possibile per tenere alta la tensione. Dovessi dare un voto al libro me la caverei con un 5--. O con un "insufficiente nonostante l'impegno". Troppo poco per aver speso € 18,50, sia pure con lo sconto.
Altra delusione, particolarmente seccante dal momento che conoscevo l'autrice ed ero convinto meritasse leggere anche il suo ultimo libro, Le donne perdonano tutto tranne il silenzio, di Rosa Matteucci, Giunti editore. La vicenda è relativamente semplice da raccontare. Due donne, un'attrice in cerca di parte e una giornalista free lance, si rendono lentamente conto che i loro rispettivi amanti, un regista fallito e un produttore sfigato, sono troppo attaccati al loro borghesissimo menagé familiare per arrivare a distruggerlo pur di vivere con loro. Poco dopo metà del libro le due donne giungono (faticosamente) a solidarizzare e il lettore attende finalmente che la vicenda prenda il volo, mostrando a tutti di che cosa sono capaci due donne medie giunte alla decisione di vendicare i mille momenti d'amore vissuti in solitudine, nell'attesa di una telefonata, di un appuntamento, di un breve incontro. E invece no. Nulla di tutto ciò. Dopo un capitolo di raffinata predica condotta dal Cristo dimenticato sulla croce del film al quale lavorano regista e produttore, seguono un paio di capitoli stracchi, scritti come da contratto che chiudono il romanzo senza vincitori né vinti. 
«Non c'è un finale autentico per [questa] vicenda» avvisa l'editore nella seconda di copertina e si tratta, per una volta, di un'affermazione sincera e onesta. Ciò che rimane al lettore di una storia sgangherata e inconclusa è l'ottimo, raffinatissimo stile, carico di uno houmour dissacrante rabbioso e impaziente, ma sinceramento troppo poco per un romanzo che meriti leggere. 
Ultimo libro al quale dedicherò soltanto poche righe La battaglia di Canne di Massimo Bocchiola e Marco Sartori studioso di storia romana, edito da A. Mondadori editore, collana Oscar storia. Credo che abbiamo tutti un vago ricordo scolastico di questa battaglia, combattuta quando Annibale scese in Italia e sconfisse ripetutamente gli eserciti romani schierati per fermarlo. Canne fu una battaglia particolarmente sanguinosa che costò ai romani ben 8 legioni e più o meno 50.000 morti - contro gli 8.000 caduti cartaginesi - un numero terrificante vista l'età e le tecnologie utilizzate. Il saggio di Bocchiola e Sartori si vale del racconto nel libro III delle Storie di Polibio e dal libro XXII della Storia di Roma di Tito Livio, con frequenti confronti tra i due testi e allarga la propria visione alla situazione sociale, politica e istituzionale dei due imperi contrapposti. Un buon libro, in sostanza, scorrevole e ricco di interessanti osservazioni al prezzo ragionevole di € 10.00.
Bene, mi fermo qui viste le dimensioni raggiunte da questo post. Continuerò presto con le mie predilette storie di fantasmi.  
  

10.2.14

Ah, ma io non leggo


Flaubert sosteneva che gli era impossibile, da un punto di vista narrativo, riuscire a rendere personaggi insipienti, ignoranti, stupidi. Non riusciva a mettersi nei loro panni, a immaginarne le fissazioni, le fantasie, i sogni.
Questo accadeva a Flaubert e accade, nel mio piccolo, anche a me. Ormai da anni non mi capita quasi più di frequentare non-lettori. I miei amici e conoscenti rientrano massicciamente nella categoria dei forti lettori (dai 12 libri e più all'anno) ed è molto raro per me conoscere dei genuini non-lettori. Ma in realtà anche solo camminando per la strada, al mercato, in un supermarket incontro ogni momento un non-lettore. Una persona su tre, in sostanza, tenendo conto che abito in una grande città e non in un paesino da 2.000 abitanti, dove il rapporto sarebbe l'inverso, ovvero due non-lettori su tre incontri.
La realtà è quella che già conosciamo, nel corso del 2013 a leggere da un libro all'anno in sù è stato il 41% della popolazione italiana. A non leggere nulla il 59%. Il non-lettore tipo ha più di 75 anni (76% di non lettori), è maschio (il 63,4% non leggono), è del sud continentale (il 70% non legge), risiede in un paese con popolazione 2.000< (63,6). Ma, rimanendo nell'ambito delle statistiche, sarebbe anche possibile incontrare (una possibilità su cinque) un soggetto apparentemente insospettabile come un laureato (il 21,8% non ha letto nemmeno un libro nel corso del 2013). 
La percentuali dei lettori in Italia, comunque, non hanno mai raggiunto nemmeno lontamente il 50%. Anzi, dal picco faticosamente raggiunto del 46,8% nel 2010 siamo ritornati al 43%. La ragioni sono molte, ovviamente: la crisi economica e il costo medio delle novità librarie (16-17 euro) sono le più appariscenti, ma meno appariscenti ma altrettanto pesanti risultano essere la sostanziale mancanza di librerie nei piccoli e in molti medi centri – spesso prive di biblioteca o con una biblioteca nettamente sottodotata – il basso livello culturale della popolazione italiana, con una percentuale di laureati e diplomati pari mediamente alla metà (o anche meno) dei principali paesi dell'UE, la sostanziale mancanza di sostegno alla lettura da parte dei media, la carenza di iniziative in sostegno alla lettura da parte degli enti pubblici.
E l'esempio e il sostegno alla lettura non arriva certo dalla classe politica e imprenditoriale. Basterà ricordare il buon Tremonti (tra l'altro autore di un paio di libri) che sosteneva che «i libri non si mangiano»? E l'uomo di successo, secondo la vulgata contemporanea, non legge libri. Non si ferma mai, accumula denaro, donne, auto, cariche e pippa come un motore a reazione. 
Provate a immaginarne la conversazione.
I libri sono un genere per donne e per mezzi uomini un po' agé, più o meno come il sottoscritto. Infatti il maggior numero di forti lettori si raggiunge nella fascia di età compresa tra i 45 e 64 anni. Mentre tra i giovani maschi tra i 15 e i 17 anni la percentuale di lettori si ferma al 39% e nella fascia maschile di età tra i 25 e i 34 anni arriva faticosamente al 35%.
Ma i libri sono necessari? Sono fondamentali? Si può o no farne a meno?
Chiederlo a me è come chiedermi se potrei vivere altrettanto bene senza occhi e orecchie. Una semplice follia. Ma a quanto pare sono in molti a voler vivere senza vedere e senza ascoltare, più della metà della popolazione italiana. E con una percentuale anche più alta che non acquista quotidiani di nessun genere. Immaginare il futuro, comunque, non è un esercizio salutare. Per lo meno per un lettore. 
E con l'attuale distribuzione del PC e di internet in Italia nemmeno gli e-book riusciranno a risolvere il problema della lettura in Italia.

 

3.2.14

Insultare le donne


Stalking, insulti, minacce, pesanti allusioni a sfondo sessuale, frasi da maniaco compiaciuto, battute grassocce e cretine... il tutto espresso con la perversa serietà dei decenni che insultano il compagno di scuola grassoccio o la compagna di scuola che ci vede poco. Questo sembra essere il panorama contemporaneo di Twitter, Facebook e anche di non pochi blog. Secondo la giornalista californiana Amanda Hess (anch'ella tuttora vittima di stalking): «non serve ignorarle, questo genere di molestie rivolte massicciamente contro le donne [...] hanno un effetto sulla libertà delle donne on line; le minacce di stupro, lo stalking, possono sopraffarci, ridurre il nostro accesso, assorbire il nostro tempo, impoverirci anche economicamente per il costo di denunce e processi.»
La serie di volgari minacce indirizzate al presidente della Camera Boldrini, stimolate da un provvido post del nostro caro Grillo, raccontano di un'Italia sordida e sessista in una maniera semplicemente terrificante, di un'arretratezza morale e civile che si fatica a credere. «Tutta colpa dei grillini», vien voglia di pensare, rimandando per l'ennesima volta la fatica di riflettere. No. Temo che la responsabilità non sia interamente di chi ha votato o sostiene il M5S. Certo, l'abitudine a insultare gli avversari maturata sul blog di Beppe Grillo è in tutto e per tutto degno dei camerati del 1922, quelli che cantavano: «Della barba di Turati/Ne faremo spazzolini/ Per pulirci gli scarpini/viva viva il duce / Benito Mussolini», ma i messaggi lasciati all'indirizzo della Boldrini sono direttamente e disgustosamente a sfondo sessuale, con uno sfondo di violenza tipico dello stupro, quello condotto su una donna per dimostrarle «Chi è che comanda qui». 
«La farei trombare dal capo di un villaggio Rom» o «La regalerei a un gruppo di immigrati negri» - due tra i messaggi lasciati prima che lo staff di Grillo facesse scomparire tutto - sono un ottimo esempio di coniugazione tra razzismo e sessismo, purissima schiuma sopraffina di un maschilismo vecchio, malvagio e idiota. Se a questo aggiungiamo anche il ridicolo falò del libro di Augias condotto da un P.P. (povero pirla) sostenitore del M5S, ne abbiamo un quadro non tanto facilmente dimenticabile. Gli insulti alla Boldrini - con la quale si può o meno essere d'accordo, ma questo è davvero un altro discorso - hanno il sapore degli insulti da stadio, della massa che annulla le personalità individuali per diventare una bestia oscena, forte della propria violenza anonima e nel contempo dolorosa e vigliacca. Si attaccano i neri come si attaccano le donne. Come gli ebrei, i rumeni, gli handicappati, i conigli e quant'altro vi venga in mente. Internet e i forum vengono man mano occupati militarmente da soggetti che con nome e cognome o nascosti dietro un nickname vivono un rapporto con il virtuale fatto di insulti, aggressioni, minacce e rabbia. Prima di tutto contro le donne (delle quali hanno dannatamente paura). Questo non significa affermare che non ci fossero grillini o grullini in mezzo alle minacce e agli insulti - una certa dose di idioti non si nega a nessuno - ma ciò che colpisce dolorosamente è la noiosissima e stolida fissazione dello stupro e dell'umiliazione. Fallimento del maschio? È proprio il minimo che viene da pensare, accomunando, inevitabilmente, gli insulti on line con le botte in diretta date a mogli, compagne e fidanzate. Vi manca qualcosa, fratelli? Avete paura che le donne vi sovrastino, vi mostrino di essere più intelligenti, più forti, più decise, più risolute? Vi sentite dei nessuno e come tali siete pronti a farla pagare a qualcuno, segnatamente quelli che ritenete i più deboli? 
Ed ecco che la violenza contro le donne diviene sintomo di una violenza crescente, di un'intolleranza carnivora e insaziabile che non si stanca di aggredire e di minacciare. In Grecia le crisi ha risvegliato il nazismo - Alba Dorata - qui in Italia la crisi sta creando un grado sempre più preoccupante di violenza accoppiata a un'ignoranza feroce. Non aggiungo altro, ma credo che faremo bene a fare attenzione: il fascismo prima che essere un movimento è un moto dell'animo. Si può diventare fascisti anche prima di cominciare ad esserlo.