La vendita dei libri di varia, siamo arrivati qui, no?
La «varia» è, per chi si occupa professionalmente di libri, l'insieme dei libri che vengono proposti e acquistati senza una motivazione «esterna», cioé libri non scolastici né universitari, scelti dal cliente - divenuto «lettore» - al semplice scopo di rilassarsi, distrarsi, informarsi o migliorare la propria conoscenza in una determinata materia o tecnologia. La «varia» e la sua gestione è, in poche parole, ciò che distingue una libreria da una «cartolibreria con servizio di scolastica» o da un «supermercato con tutti i titoli scontati».
La gestione della varia è ardua e complessa, tanto più ardua e complessa tenendo conto delle condizioni di assoluto sfavore con il quale si viene trattati dai distributori.
Lo so, l'ho già spiegato un qualche centinaio di volte, ma ritornarci sopra può schiarire meglio le idee ai tanti che mi hanno chiesto: «ma perché chiude, la CS?».
Lo sconto offerto dai distributori alle librerie normali, ovvero con un fatturato tra i 200.000 e i 300.000 euro/anno, è nominalmente del 30%. Un libro da 10 euro lo pagate, 60 gg. dopo, 7 euro. Anzi, per la verità lo pagate 7,30 euro. In genere c'è un 3% di «porto e imballo» per ogni consegna. Sia che vi portino i libri in sede sia - e questo è tragicamente comico - se ve li andate a ritirare presso il distributore.
Dopo i primi sessanta giorni il prezzo del libro resterà a carico della libreria, aumentando il proprio costo di 2-3 punti percentuali all'anno per semplice effetto dell'inflazione. Ovviamente, però, nessuno si tiene il libro in casa per un intero anno, a meno che non esista una motivazione culturale nell'avere il libro sempre disponibile. Normalmente Romeo and Juliet o 1984 o Alice nel paese delle meraviglie o Les fleurs du mal sono in genere immediatamente disponibili presso una qualsiasi libreria, come lo sono - sia pure per motivi parzialmente diversi - l'ultimo romanzo di Camilleri, La casa degli spiriti di Isabel Allende, L'alchimista di Paulo Coelho o Il nome della rosa di Umberto Eco. Questo genere di operazione viene, in genere, compensata dall'aumento del prezzo di listino di 20-30 eurocent all'anno che permettono, perlomeno, di neutralizzare gli effetti dell'inflazione.
Una volta fissato un «magazzino minimo», ovvero quell'insieme di libri che non devono mai mancare per più di pochi giorni in libreria, si tratta di lavorare con gli altri, ovvero con i tanti libri da 7,30 euro che vi arrivano e che dovete vendere.
La percentuale dei titoli venduti in almeno una copia presso la vostra libreria non supera quasi mai il 60-70%. In sostanza ogni 10 titoli da voi acquistati 3 o 4 resteranno invenduti. Nessuno se li filerà.
Opperbacco.
E non è affatto detto che siano libri orrendi.
Quando li avete acquistati avevate pensato che a qualcuno sarebbero interessati...
Dopo i famosi 60 gg. si dovranno rendere. Anche perché le librerie dopo un po' esplodono. Tenete conto che per la CS i titoli nuovi, le «novità», erano 5-6.000 all'anno, ovvero mediamente 15-18.000 libri. Per una libreria medio-grande possono comodamente arrivare a 30-40.000.
Quindi rendete il libro.
Aggiungete un ulteriore 3% - sul prezzo netto, questa volta - per fare arrivare il libro al magazzino del distributore, in genere in giganteschi silos in qualche lontana provincia, e 60 - 90 gg. per ricevere il vostra accredito. In sostanza il libro da 10 euro di copertina vi è costato:
7,30 + 0,2 = 7,50 [sconto 25%]
e siete nuovamente proprietari del vostro denaro soltanto a 150 gg.
...
Ma vendere i libri a prezzo di copertina non è possibile.
Non si fa.
Soprattutto per noi, ex-CS, nati come cooperativa e come tale ben determinata a vendere i libri scontati ai nostri soci.
Lo sconto massimo previsto dalla legge attualmente in vigore è del 15%.
Il nostro libro da 10 euro lo vendete a 8,50 euro e lo pagate 7,30.
Il vostro margine lordo è di 1,20 euro/libro.
Sporco, dal momento che il prezzo delle rese pesa sul vostro 1 euro e 20 eurocent.
Sui libri venduti.
Che recuperate su un 40-45% scarso dei titoli. Già, perché il 60-70% riguardava i titoli venduti in almeno una copia, ma qui stiamo parlando di tutti i titoli e tutti i libri.
In questo striminzito margine lordo devono entrare:
- L'affitto del locale, il riscaldamento, l'arredamento
- Le spese del personale, i contributi, il TFR
- Le tasse, i balzelli, le imposte, i tributi
- Le spese bancarie e, nel nostro caso, gli interessi passivi sui prestiti e sul fido bancario.
È un equilibrio maledettamente difficile e basta letteralmente un soffio per comprometterlo.
Un aumento dell'affitto.
Un aumento delle tasse.
Una variazione delle spese bancarie.
Una diminuzione degli incassi per una situazione di crisi generalizzata...
Potete ridurre lo sconto. Ma questo allontanerà una parte della clientela.
Potete ridurre i titoli acquistati. Ma anche questo alla lunga allontanerà una parte della clientela.
Potete mutare l'orientamento del magazzino, scegliendo titoli di maggior vendibilità.
Peggio che andar di notte.
Ecco, avete già capito.
...
Lo sconto, uguale per tutti, era il grimaldello delle cooperative librarie. E un modo per il cliente di diventare lettore a tutti gli effetti. L'ho fatto, l'ho visto.
Ma lo sconto generalizzato sotto forma di campagne - a ripetizione - condotte dai maggiori editori che possono imporre prezzi eccessivi sulle novità librarie, accettandone una riduzione soltanto apparente è stata - e sarà - la fine delle piccole librerie. Delle librerie di prossimità. Lo stesso discorso vale per lo sconto concesso dalla librerie on line. Per lo sconto delle librerie di catena, con un margine lordo ben superiore al 40%. Per lo sconto dei supermercati su un'insieme ridotto di titoli.
Le librerie indipendenti hanno - ahimè troppo flebilmente - protestato per la campagne con lo sconto del 30% (20% a carico dell'editore e 10% a carico della libreria) affermando che questo imponeva un prezzo di copertina troppo elevato, protestato per lo sconto troppo elevato permesso dalla legge, protestato per la differenza nel regime degli sconti concessi dai distributori... protestato fino a perdere il fiato e la voglia di farlo.
Sinceramente credo che non esista più uno spazio ragionevole per le piccole librerie di varia. A meno di non lavorare da soli, in un locale di proprietà, vivendo del denaro accumulato altrove, in un'altra attività.
Questo non è stato il mio caso.
...
Una delle possibili vie d'uscita dalla situazione ci è parsa, a un certo punto della vita della CS, il diventare editori. Sapevamo che fare gli editori era un sistema accellerato per finire in miseria, ma ci abbiamo provato ugualmente.
Ma di questo parlerò nella prossima puntata.
4 commenti:
Ovvero come l' imteresse di pochi grossi gruppi distrusse la vita della cultura e delle librerie in Italia.
@Nick: per farla breve è stato ed è assolutamente così. Chi crede che il liberalismo sia l'unica via al futuro può accomodarsi, ma attenzione, soltanto posti in piedi.
I dettagli che hai illustrato sono illuminanti per chi non li conosce e, tendenzialmente, non è interessato a chiedersi quali sono i meccanismi retrostanti la vendita di libri. La sensazione è che le pressioni a cui è sottoposta una piccola libreria come era la CS, derivino da un problema strutturale e da come tutta la filiera, dal manoscritto alle mani del lettore, sia fondata un po' troppo sul debito. Ma è solo una sensazione, di economia ne so poco.
@Salomon Xeno: sacrosanto, l'intera filiera vive esclusivamente di debiti. Debiti della libreria nei confronti del distributore/editore e, reciprocamente, del piccolo editore nei confronti del distributore. Anche senza voler entrare troppo profondamente nei meccanismi interni del settore - ovvero sulla frequenze sovrapponibilità del distributore con l'editore - è del tutto evidente che una novità può esistere soltanto perchè un librario scommette sulla sua vendibilità e, contemporaneamente, un editore scommette sulla sua possibile esistenza. Tutto ciò fa parte della normale esistenza del libro e anche del normale lavoro di produzione. Ciò con cui abbiamo a che fare è, in realtà, l'esistenza di un libro studiato appositamente per compiacere i gusti più banali del pubblico, nato da un grosso editore, distribuito da uno dei due grandi distributori italiani e ceduto al 30% al piccolo libraio e al 45% al supermercato, alla libreria di catena e alla libreria on line. Per questo genere di libri - una parte importante o presentata come tale - le piccole librerie sono inutili, anzi probabilmente dannose. Il piccolo libraio talvolta (anche se non sempre) pensa con la sua testa e ha i propri gusti. L'intero settore ha vissuto finora dell'indebitamento da parte delle librerie. Nell'immediato futuro il problema sarà quello di accorpare l'intero settore - dal manoscritto alla vendita del volume finito - in poche mani.
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