28.6.19

Il Mare Obliquo 18

Maldanea è un'ottimo successore per la Casa Wessiun ma Teardraet è un ottimo giocatore di scacchi. E chi gioca a scacchi conosce il valore di una mossa di cavallo.
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– Ma ne siete certo? Voglio dire non si tratterà di Oresmea? – Il Padre-Adulto Gast Wessiun mormora a denti stretti: – Se penso che un tempo c'era la frusta per chiunque contraddicesse un capofamiglia…
Dama Pascalina si morde le labbra. – Scusatemi, non volevo mancarvi di rispetto. In tanti anni…
– Dama Pascalina volete dirmi una buona volta dov'è finita Maldanea? I colloqui cominceranno tra pochi minuti e quel maledettissimo serpente di un Moeld chissà perché pretende la presenza ad essi della vostra beniamina. Allora?
La dama di compagnia ingoia a vuoto. – …Sul tetto.
– Eh?
– Nella Torre del Simileun.
– E cosa mai può fare là?
– Discorre con una civetta di nome Difiduanna.
Il Conte Gast inclina la testa e sbatte due volte le ciglia. – Gran Dio delle Acque Eterne, se venisse ora il cambiamento potrei dire "Ho proprio visto tutto". E come è possibile farla discendere da lì?
Dama Pascalina fa una piccola riverenza. – Se desiderate vado a chiamarla.
Il Conte Gast, corrucciato, prima fa un cenno di assenso poi scuote la testa con improvvisa decisione. – No! Andrò io. Attendetemi qui.
Il Conte Gast percorre gli scalini stretti e sbrecciati che conducono all'ultimo piano della torre, rigati dalla pioggia che scende rabbiosa da un cielo del colore del ferro, acceso a tratti dalla luce accecante dei fulmini. Deve procedere lentamente per non scivolare e così ha il tempo per guardare sotto di sé il grande bosco che si stende verso il Piccolo Mare di Vernuil, accarezzato dai soffi del vento, il prato di un incredibile verde steso davanti alle mura e il colore scuro e rassicurante della Rocca dei Wessiun, costruita dal secondo Conte Eghan e che da allora domina le valli, le coste e le morbide colline del Nuinn.
Quasi senza rendersene conto il Padre-Adulto rallenta ancora colpito dallo spettacolo di silenziosa bellezza di quel luogo e per un breve, bizzarro attimo si sente nuovamente un Syerdwin giovane e libero, con una vita ricca e interessante perta davanti a sé, pronta a qualunque possibilità. Si ferma a riprendere fiato su un gradino più largo. Ora il suo tempo è quasi completamente consumato e se la sua non è stata una vita particolarmente avventurosa non è stata neppure noiosa o poco onorevole.
Più di duecento nipoti hanno accresciuto la stirpe dei Wessiun e tra di loro non pochi sono degni di succedergli. Maldanea è tra essi. I tempi che stanno venendo sono tempi crudeli e assurdi, Gast lo sa. Il mondo sta cambiando troppo velocemente per creature come lui, nate e cresciute quando il grande Orlo del Mondo era ancora amico delle creature che lo popolavano e si adornava della varietà delle forme e dei colori, della diversità dei popoli e del calmo procedere delle loro esistenze.
Adesso i grandi sovrani degli Uomini combattono senza fine una guerra che obbliga tutti loro a cambiare, a trasformarsi per diventare quello che non sono e che non potranno mai essere. È questo è esattamente ciò che sa di non poter spiegare al loro stupido sovrano ed a Teardraet, così simile agli Uomini da aver rifiutato il Cambiamento, nemmeno se il loro incontro dovesse durare anni.
– Padre-Adulto non state lì, vi bagnerete. – La voce di Maldanea lo fa sussultare come un ragazzino sorpreso a fare qualcosa di illecito e la sensazione è talmente bizzarra per lui che il Conte Gast non riesce a trattenere una risata.
– Non vi riparate? – Insiste Maldanea. – Non vorrete mica ammalarvi?
– No, dama Maldanea. Venite, presto, la vostra presenza è stata sollecitata al tavolo delle trattative.
– Io? – Riesce solo a dire la giovane Syerdwin. 

 
– Sì, proprio voi. E magari anche la vostra amica Difiduanna che il Conte-Mago Teardraet sostiene comunque di avere già veduto nella sala dell'Incontro.
La piccola civetta, appollaiata sulla spalla di Maldanea, fa un profondo cenno di assenso sentendo il proprio nome pronunciato correttamente e indirizza al conte Gast un piccolo inchino.
– Ma, Padre-Adulto…
– Suvvia, mi avete già obbligato a venire fin qui per scovarvi. Non fatemi aspettare ancora e venite.
– Ma devo andarmi a cambiare.
– Andate bene così, Maldanea, ve lo assicuro. Horr Vamaiun ha passato la mattinata ad asfissiarmi con domande sul vostro conto e in quanto a Teardraet è stato lui a richiedere la vostra presenza alle trattative. Venite. – Termina imperioso il Conte.
Maldanea annuisce e riprende la discesa seguendo il Padre-adulto che procede alla maggiore velocità compatibile con la proprio incolumità.
Una volta giunti nei corridoi degli appartamenti dei giovani il Conte Gast la investe con una raffica di raccomandazione senza minimamente rallentare.
– Parlate solo se sarete interrogata. Lo stesso vale per la vostra amica. Non vi preoccupate se udirete urla, minacce o insulti, Vamaiun detesta Teardraet e ne è cordialmente ricambiato. Alla riunione è presente anche il Primo Consigliere del Re, Elid Kaidiun, una specie di murena di terra, altrettanto freddo e velenoso, i miei due alfieri e tuoi cugini, Odden e Daff, il capo delle guardie di Casa Wessiun, Toro Kalnedhiun e il Ministro di Teardraet, Aue Bediun. Domande?
– Sì. Perché il Moeld desidera la mia presenza?
– Non lo so. – Ammette semplicemente il Conte Gast Wessiun. – Adesso lo vedremo.
Al loro ingresso i presenti nella sala si alzano in segno di rispetto verso il padrone di casa ed il conte li invita a sedersi con un gesto rapido e nervoso.
– Grazie. Scusatemi per il ritardo che spero non vorrete ritenere intenzionale. – Un lieve mormorio lascia capire che no, non lo ritengono intenzionale.
– Con il vostro permesso…– Un Syerdwin magro come un'acciuga, altissimo e dagli occhi grandi persino per uno della sua razza, vestito di un abito di velluto verde acido, si è alzato in piedi.
– Prego, Liest Kaidiun. – Risponde il Padre-Adulto.
Maldanea, dopo la maligna definizione udita dal Conte Gast, solitamente molto cauto, lo guarda con attenzione giungendo in breve a tre conclusioni: il Liest Kaidiun è un individuo molto brutto, evidentemente fanatico e del tutto privo di senso dell'umorismo.
– Hai visto che bel tipo? Sembra un luccio vestito da monaco. – Gli sussurra in un'orecchio Difiduanna. Maldanea osserva la mandibola molto prognata del Ministro reale ed il suo sguardo fisso e risentito, come se fosse stato contraddetto ancor prima di aprire bocca e non può trattenere una risata soffocata che le attira un'occhiataccia da parte dell'interessato e del Conte Gast.
– Come stavo dicendo… – Riprende il Liest Kaidiun.
– Abbiamo capito, primo Consigliere. – Ad interromperlo questa volta è stato il Conte-Mago Teardraet. – Il nostro sovrano sarebbe ben contento che al suo fianco marciassero anche i Wessiun, un po' perché di me non si fida e un po' perché teme che gli altri Liest se la possano prendere a male. Dico bene?
– No! – Replica stizzito il Primo Consigliere, volgendo il suo sguardo allarmante verso il Moeld. – Come sempre, Conte Teardraet, vi sforzate di essere inutilmente provocatorio.
– E voi inutilmente pomposo, caro Liest Kaidiun. Né io né il conte Gast abbiamo molto tempo da perdere per vedervi guadagnare la real pagnotta a forza di chiacchiere. Se non vi dispiace giungere al punto…
Teardraet indossa un'abito di un grigio chiarissimo, scelto a bella posta, si direbbe, per mettere in evidenza il colore innaturale della sua carnagione, simile a quella di un tipo di Uomini che vivono oltre il Mare-Giardino. Quando il suo sguardo incontra quello di Maldanea il Conte-Mago si inchina profondamente con un sorriso indecifrabile dipinto sul viso, un sorriso che vuole richiamare alla mente di lei il loro incontro. La giovane Syerdwin risponde con una leggera riverenza molto formale e quindi si volge verso Horr Vamaiun al quale rivolge un saluto dello stesso genere, guadagnandosi un impercettibile segno di approvazione dal Conte Gast Wessiun.


Nel frattempo Kaidiun ha terminato il suo discorso ostentando un tono violentemente sarcastico, ripetendo praticamente parola per parola ciò che aveva riassunto Teardraet, ed è tornato a sedersi.
– Ebbene Maestà, mi duole ammettere che la mia posizione non è minimamente cambiata da ieri. – Il Conte Gast Wessiun non si alza in piedi, conformemente ai suoi privilegi di rappresentante della Casa. – E temo che essa possa in qualche modo cambiare. In nome dei Wessiun non posso partecipare ad una guerra nella quale non esiste minaccia ai beni ed alle terre di alcun Syerdwin. Comprendo le ragioni, che il Liest Kaidiun ha avuto la bontà di illustrare, per giustificare l'intervento del nostro Re…
– Io non ho giustificato nulla! – Lo interrompe Kaidiun. – Il Seliest non ha certo bisogno di giustificazioni e…
– Voi sì, liest. O forse è usuale presso i Kaidiun interrompere un Padre-Adulto nella propria Casa?
La voce profonda di Toro Kalnediun, capo delle Guardie di Casa Wessiun ha spezzato la voce del Consigliere come un tuono fa tacere il suono pedante di una sega e Maldanea, che quando portava ancora il nome di Debah aveva una gran paura di Toro, un Syerdwin di struttura fisica poco comune, gli indirizza uno smagliante sorriso.
– Dicevo… – Il conte Gast ignora le interruzioni e riprende. – …Che comprendo le ragioni per giustificare l'intervento del nostro Re, ma non vedo come queste ragioni possano spingere i Wessiun a correre in soccorso di un Re degli Uomini dei quali molti, Uomini, Syerdwin o Gu'Hijirr dicono molto male. So benissimo che all'atto dell'elezione… Vi prego, Liest Kaidiun. So benissimo che mi sono impegnato a difendere il nostro popolo ed il nostro Re ma qui non dobbiamo difendere nessuno, mi pare, se non qualcuno che ha preso decisioni delle quali non ha reso conto al Liesstion.
– Tradimento! – Kaidiun interrompe per la seconda volta il conte Gast. – Il Liesstion si riunisce solo per eleggere un nuovo Seliest, non per decidere. È questa una prerogativa reale, conte Gast Wessiun, e sarà bene che lo ricordiate se non vorrete essere trattato alla stregua del Liest Fald di Ghyliun.
Odden e Daff, i due Alfieri del conte Gast si alzano in piedi di scatto. – Traditore sarai tu, Liest Kaidiun, che per smodata brama di potere hai trascinato il nostro popolo in una guerra assurda. – Lo rimbecca Odden.
– E ricordati che il Liest Fald ed i Ghyliun sono benvenuti in questa casa, come e forse più di te. – Rincara Daff con una mano sull'elsa della spada.
– Vedete, maestà? – Il primo Consigliere di re Vamaiun sorride. – Vedete come questi giovani squali ardono dal desiderio di combattere con le Porte d'Oriente contro il loro legittimo sovrano ed il suo alleato? Non avevo forse ragioni quando, giorni fa, vi ho esortato a non credere alle rassicurazione del conte Gast? Egli è scaltro tanto quanto i suoi familiari sono ingenui e sinceri. Cosa dobbiamo ancora aspettare…
– Un momento, Liest Kaidiun, solo un momento. – Maldanea si è alzata in piedi senza neppure sapere cosa dire, spinta dalla rabbia e dall'incredulità. – Chi vi ha detto e quando che noi Wessiun siamo pronti a batterci con re Bartsodesh?
– Suvvia, dama, non cercate di fare l'ingenua… – Liest Kaidiun la guarda con sufficienza, come si guarda una bambina che abbia l'ardire di contraddire un aio.
– Dama Lie Maldanea di Rocca Wessiun, per Voi, Liest Kaidiun. – Ribatte Maldanea. – In quanto alle vostre ridicole accuse torno a chiedervi, quando e chi ha detto che noi intendiamo batterci per re Bartsodesh? Tu, Toro? Odden? O forse tu Daff? No, nessuno di voi? O siete stato forse Voi, Conte Padre-Adulto? – Gast Wessiun, scuro in volto, scuote la testa. – Nessuno. Allora forse si è trattato della mia dama di compagnia, Dama Pascalina… O no, che sciocca, sei stata forse tu, Difiduanna? – La piccola civetta scuote il capo con decisione mentre qualcuno dei presenti sorride. – No?, nemmeno tu? E allora come è possibile? Forse voi lo sapete, maestà, forse sapete come mai il vostro primo consigliere ode cose che nessuno ha detto.
– Credo si sia trattato di un piccolo equivoco. – Si schernisce Horr Vamaiun. – Dama Lie Maldanea siate paziente, Liest Kaidiun è talvolta impetuoso e la sua fedeltà lo porta fuori dai limiti. 
 
– Il suo atteggiamento l'avrebbe potuto portare anche sotto un palmo di terra, Maestà. – La voce piana e bassa di Aue Bediun, ministro di Teardraet si ode per la prima volta quella mattina. – Io consiglierei il Liest Kaidiun di prendere un bagno ben freddo prima di provocare nuovamente tanta giusta indignazione, anche se noto che l'incidente ci ha permesso di capire che a Wessiun non mancano né gli argomenti né lo spirito.
Maldanea incontra lo sguardo divertito del Consigliere del Conte-Mago e fa una leggera riverenza.
– Grazie Liest Bediun. È bello vedere che almeno in Baran e Verhida non si è perso il ricordo delle buone maniere. – Conclude Maldanea e torna a sedersi.
– Ebbene a questo punto sarà forse bene riassumere un poco la situazione. – È la voce di Teardraet ad interrompere il silenzio carico di tensione che è seguito alle parole di Maldanea. – Essa ci vede su posizioni ben diverse. Come ho già detto ieri da parte mia esiste la volontà di fornire al Re duemila lance e quattro navi, sebbene comandate da ufficiali di mia scelta, mentre ancora adesso Wessiun ha esposto con molto vigore i motivi che lo inducono a non dare né un soldo né un soldato per questa guerra. – Nel dir questo il Conte Mago indica con la mano Maldanea ed i suoi cugini Odden e Daff, schieratisi in piedi accanto a lei. – Troppo buoni motivi per ignorarli. A questo punto già immagino la domanda di Liest Kaidiun: "E cosa mai vorrà in cambio quel maledetto Moeld, per combattere per Artamiro?", dico bene?
Kaidiun, torvo, non si muove.
– Il Primo Ministro non dice, per il momento. Forse i Wessiun dovrebbero abbandonare la propria sala per non turbare oltre il Liest Kaidiun, ma credo che questo sarebbe troppo anche per l'ospite più compito. – Alcuni mormorii divertiti attraversano l'uditorio alleggerendo per una attimo la tensione. – Allora sarò io a fare le mie richieste. Io non chiedo denaro, né particolare considerazione. Non chiedo neppure di poter rientrare nel Liesstion, cosa che pure sarebbe nel mio diritto, non chiedo il perdono del Sovrano per la mia scelta e neppure la simpatia del popolo di coloro che Cambiano. No, nulla di tutto ciò. – Il riferimento alla sua peculiarità fisica provoca un brivido ben distinto nei presenti, che erano quasi riusciti a dimenticare l'empietà di Teardraet ed ora tutti lo ascoltano, immobili e tesi, con la stessa concentrazione con la quale si guarda la danza di uno scorpione o il movimento di un ragno velenoso. – Io voglio un pegno da parte di voi tutti, voi che cambiate e ne andate orgogliosi, voi che rinunciate ai vostri pensieri, alla vostra vita, ai vostri sogni per potervi confondere nei vostri discendenti.
– Conte Teardraet siete disgustoso. – Sbotta Kaidiun, ma nessuno lo ode.
– Questo pegno lo dovranno pagare i Wessiun, sempre che siano disponibili a farlo, per conto di tutti i Syerdwin. È un pegno dolce per me e spero lo sia altrettanto per lei. Conte Liest Gast di Rocca Wessiun io vi chiedo di dividere la mia acqua con Dama Lie Maldanea
L'esclamazione di stupore più forte non proviene dal gruppo dei presenti ma da una voce che si materializza da dietro una tenda. Toro Kalnediun è il primo a reagire e a lanciarsi con la spada sguainata verso la tenda. – Vieni fuori di lì, chiunque tu sia.
– Pascalina! – Esclamano all'unisono Maldanea ed il Padre-Adulto Conte Gast, alla vista dell'anziana dama che scivola fuori dalla tenda con le mani alzate.
Kalnediun guarda con espressione incerta il Conte Gast che ha nascosto il viso tra le mani.
– Buongiorno, dama Pascalina. – La saluta Teardraet. – Vi prego rimanete con noi. Il vostro parere in queste genere di questioni è prezioso.
La povere dama, confusa, fa un cenno di assenso e corre vicino a Maldanea che l'accoglie con un abbraccio.
– Non posso darvi subito una risposta. – La voce del Conte Gast suona stranamente alterata. – Spero che ve ne rendiate conto.
Teardraet fa un lieve cenno di assenso.
– Credo che la richiesta del Conte-Mago sia perfettamente giustificata. – Kaidiun ha evidentemente ritrovato fiato e coraggio. – E trova il parere favorevole del Re. – Horr Vamaiun, scuro in volto, approva.
– Tre giorni sono un tempo sufficiente? – Chiede Bediun, il consigliere di Teardraet.
– Sì, certo. – Risponde il Conte Gast, senza avere il coraggio di guardare in faccia Maldanea.


22.6.19

Il Mare Obliquo 17

Il misterioso viaggio del Duca Kwister in compagnia del suo servo Harvaiun continua, con qualche piccola sorpresa e qualche misteriosa insidia.
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I vetri di Verdevima, circondata dalle nove montagne coperte di foreste, brillano debolmente alla luce del tramonto. Dalla cima del passo Kwister di Lö allarga le narici per riconoscere l'odore della città, un misto di vecchio cuoio, arancio, lavanda e olio per legno. La città si culla nella quiete dell'ora magica e infinita che segna il saluto del sole ed i suoi abitanti indugiano ancora sulle porte e nei cortili, scambiandosi parole leggere e divertite, dolci ricordi, promesse d'amore. Dalla sua posizione il lupo drago ha la sensazione di poter toccare solo allungando la mano le quattro massiccie torri a terrazze, dove i Djomak, i Protettori, e gli Erbani coltivano l'erba lucciola e l'Odmie, le piante palustri dal lungo stelo amate dai Gu'Hijirr, l'erbamare dei Syerdwin, le lame d'argento care ai Notturni e le piccole margherite ed i girasoli prediletti dagli Uomini. Con un senso di pace nel cuore il Duca lascia che il suo sguardo accarezzi i mille colori delle terrazze, dove i cristalli delle serre e le alte finestre rendono più lento e struggente il tramonto.
Intorno alla città, già immerse nell'ombra del sonno stanno le sue nove montagne: Fosh, Monte dei Salici, Mallina, Kanushimi, Innuori, Monte Effige, Irroka, Thereide e Nebbiosa.
– Bella eh? – Kwister non sembra chiedere il parere del suo servitore, divenuto ormai un compagno, ma anticiparlo. – A voi pesci freddi non piacciono boschi e piante, ma persino tu troverai incantevole questa città.
– Mi piacciono i suoi cristalli, i loro riflessi. Come se sorgesse sottacqua. E così anche le sue piante mi ricordano i lenti movimenti delle alghe. Le avete mai viste, duca Kwister, le praterie sottomarine? Ce ne sono di splendide sulla riva della mia isola, Wentur e lì vivono le mie madri vere.
– No, non le ho mai viste. Mi suonano strane le tue parole, Harvaiun, perché lasciano credere che persino tu nel tuo petto gelido ospiti un cuore ed un po' di amore per la bellezza. E come sai che in quei luoghi vivono i tuoi veri genitori?
Il syerdwin ride. – Non lo so. E anche se li incontrassi nella loro attuale forma non li saprei riconoscere. È un gioco, solo un gioco, che si fa da cuccioli, nuotando d'estate nelle acque dove nuotano gli spettri delle acque del crepuscolo. Ognuno di noi ne sceglie due e li elegge proprie vere madri. Non è facile riconoscerle, poi, ma il mantello nero del dorso non ha mai gli stessi limiti, il colore vira al blu intenso o al viola vicino alle pinne, ci sono cicatrici, segni di scontri remoti o recenti, modi personali di nuotare o di chiamarsi. Io non ho mai perso di vista le mie madri vere, almeno finché ho mantenuto il mio nome da giovane.
– E qual'era il tuo nome giovane, Harvaiun?
Il Syerdwin sorride debolmente. – Non è onorevole pronunciare il proprio nome giovane alla maturità, duca, ma voi non siete un syerdwin, quindi… Il mio nome giovane era Roffy. Una volta perduto quel nome anche il mio gioco dovette cessare. Gli adulti dicevano che troppo nuoto affretta il Cambiamento ed esso deve venire solo quando è il mare a chiamarci, non prima.
– Ma è vero?
– Non credo, ma ormai ricordo a stento quelle nuotate ed il mare è una grande presenza oscura che avverto solo nei sogni. Ma qualcosa in questa città ha risvegliato i miei stupidi ricordi e come un vecchio sull'orlo del Cambiamento sto qui a tediare chi mi accompagna con la mia nostalgia. 

 
– Noi lupi ne sappiamo così poco di voi syerdwin e probabilmente questo non è giusto. Tutti conosciamo poco gli altri popoli e finiamo per dimenticare che siamo nati tutti dallo stesso grembo inesauribile. Vedi, Share, che effetto fa la bellezza? In sua presenza nascono solo pensieri elevati, teneri ricordi, tenui malinconie e amicizia. Nessuno riesce a capire quanto sia terribile, quanto dolore porti vivere in luoghi infami ed oscuri, squallidi e freddi. La bellezza che vive in noi muore, allora, ed al suo posto vengono l'odio e l'ira.
Il syerdwin approva. – È vero, mio Signore, ma che dire allora di chi si circonda di begli oggetti e vive in case fastose e quando ha terminato i denari manda i propri emissari a reclamare fatica, sangue e dolore da coloro che vivono in quei luoghi? Come dovremo giudicare la rabbia senza speranza di quella gente, cresciuta senza bellezza, che alla prima occasione brucerà bei quadri, magnifiche stoffe, sontuose dimore, possibilmente con il nobile dentro?
Il duca sobbalza e per un attimo il labbro superiore si increspa a mostrare ira. Ma la sua rabbia dura solo un istante e si spezza in una risata. – Maledetto pesce, hai ragione. Il mio era un pensiero ispirato da uno stomaco ben satollo. Ma tutti, uomini, lupi o syerdwin, abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi, qualcuno che per le sue capacità, per la sua generosità, la sua saggezza meriti il suo posto di primo. Altrimenti vi é solo inganno, ruberia, miseria ed ignoranza.
– Bellissime parole, Duca. Mi chiedo quando finalmente manderete nel mondo dell'Ombra di Sangue il Grande Artamiro che di queste belle parole ha fatto il suo stendardo.
– Attendi con fiducia, Share, quel giorno verrà.– Appena pronunciate quelle parole Kwister ha un moto di disappunto. – Ma perché lo racconto a te, maledizione? Adesso lo andrai a raccontare alla prima pulzella con la quale ti rotolerai in un letto ed io sarò perduto.
– Non temete. – Il syerdwin è riuscito ad impallidire ancora, nonostante il colore già livido della sua carnagione e fa grandi cenni di diniego. – Terrò la lingua a posto, duca, sopra e sotto le acque.
Kwister con un rapido cenno indica la sua spada. – Meglio per te, in quel caso. Adesso è tempo di muoverci, Share, se vogliamo trovare qualcosa da mettere sotto i denti.
– E la fata Mahaderill?
Il lupo-drago sbuffa. – Riceve solo al mattino, sciocco, e non sarebbe degno di me importunarla ad un'ora tarda.
– Giusto. E anche Artamiro così ha una mezza giornata di più da camp…
– Non pronunciare più quel nome, Harvaiun. – Lo interrompe cupo il duca. – Fino a quando non te ne darò il permesso.



  Un uccello araldico di metallo, dipinto di un bel rosso carminio è appeso fuori dalla locanda insieme alla scritta vergata nei caratteri bassi e larghi del Ree, ormai quasi caduti in disuso, proclamando ai passanti che quella è la locanda "Della Gru-Pavone rossa" di Mastro Jeghell. Una lampada ad olio ingegnosamente accesa sotto l'insegna permette di scorgerla anche di notte, cosa che sicuramente deve ben favorire gli affari del bravo oste, come sicuramente depone a suo favore il profumo dei polli che un ragazzino mezzo addormentato gira su uno spiedo.
– Qui va benissimo. – Decide il Duca scendendo da cavallo e affidandolo alle cure di un servo Gu'Hijirr che si è affrettato ad accostarglisi.
– Qui fanno commercio non solo di carni cotte e ben cucinate. – Osserva a mezza voce Harvaiun.
– Come dici?
– Ve lo dirò una volta entrati, signore.
Il Lupo-drago lo guarda perplesso, apre il fermaglio del mantello ed entra risolutamente mentre il syerdwin rotola pesantemente giù dalla sella, si ferma un istante per massaggiarsi la schiena e si affretta a seguirlo.
Buonasera, buonasera mio Magnifico Signore, come posso accontentarvi? – L'individuo piccolo, scuro e dotato di formidabili baffi che lo ha apostrofato appena entrato dev'essere Mastro Jeghell. Kwister lo saluta con un cenno della mano ed attende. Il piccolo oste gli si fa incontro e giunge al cospetto del duca contemporaneamente all'arrivo alle sue spalle di Shade.
– Buonasera Signore, desiderate cenare, riposarvi, gradite compagnia della più sana e divertente? La mia modesta locanda è al vostro servizio.
– Appunto. – Commenta Harvaiun.
Mastro Jeghell lo guarda con sospetto. – Questo Syerdwin viaggia con voi?
– Ovvio. Per il momento desidero cenare e più tardi riposarmi. Indicatemi un tavolo.
– Là, signore, il posto vicino al caminetto. Vi è gradito o preferite quel tiepido angolo all'ombra del soppalco?
– Voglio un tavolo per tener d'occhio la porta, oste, nulla di più. Quello andrà benissimo.– E senza attendere risposta Kwister va a prendere posto in un tavolo vicino a quello di un gruppo di Syerdwin delle isole dell'Uncino, riconoscibili per i cappucci verde- azzurro.
– Mastro Jeghell, come sono i vostri prezzi? – Chiede Harvaiun.
L'oste lo guarda con fastidio. – Siete per caso voi a pagare?
– Fate come se fossi io a farlo. Sapete, il mio signore è persona tanto delicata da non insudiciarsi la bocca con tali sciocchezze. Allora?
– Cento solidi per la cena, la rigovernatura dei cavalli, una camera e due fanciu…
– Piano, piano, mastro Jeghell. Se non ve ne siete accorto il mio Signore è un lupo non un pollo e anche se l'esercizio della spennatura dev'essere molto praticato qui, credo dobbiate fare attenzione a chi vi capita per le mani. Un Lupo-Drago non è una delle creature più pazienti e ricche di umorismo del mondo.
– Queste vostre insinuazioni mi offendono, signore. Comunque, credo che se vi conterrete nel cibo e vi accontenterete di un pagliericcio…
Share scuote la testa lentamente. – No, no, no. Non ci siamo proprio, caro mastro Jeghell. Il mio signore non è abituato alla miseria. Quanto di meglio avete in cucina ed i letti di più morbido piumino con le coperte più calde andranno benissimo per noi. Il tutto per cinquanta solidi, che è sempre il doppio di quanto pretendono i vostri colleghi.
Il piccolo oste aggrotta le sopracciglia. – È poco, molto poco, ma chi è il Signore che accompagnate, così potente ed insieme così parsimonioso?
– Il barone Engelholm di Gräben, ma non ditelo a nessuno.
– Certo. Resta inteso che se vorrete godere di buona compagnia per la notte il prezzo dovrà essere corretto.
– Non contateci, mastro Jeghell. E ora svelto, a cucinare.
L'oste lo guarda con livore allontanandosi, benedetto dal sorriso beffardo del Syerdwin che, soddisfatto di sé, raggiunge il Duca.


– Finalmente, Harvaiun, cosa avevi tanto da discutere?
– Ecco, il fatto è che Mastro Jeghell non possiede tra le sue doti l'onestà e i suoi prezzi se non il suo locale hanno l'ardimento della Locanda Reale di Dancemarare.
– Ah, e tali sono restati anche dopo la vostra discussione?
– No. Ha convenuto con me che sua venalità poteva essere fraintesa ed ha dimezzato il prezzo richiesto. Tra l'altro sarà bene che sappiate che…. – Il Syerdwin abbassa bruscamente la voce. – …Il vostro nome è barone Enghelholm di Gräben ed il mio è Fadha Roghiun, nel caso ci siano orecchie troppo grandi nel locale.
Il duca ride. – Bel nome quello che avete scelto per me, Sh…Fadha, il nome di un sovrano mitico dei Lupi-Drago. Se c'è qualcuno qui che è della mia razza ne sarà perlomeno sorpreso.
– Ho dovuto improvvisare, Barone, e mi sono ricordato del titolo di un libro della vostra biblioteca.
– Non ti preoccupare, va benissimo e la cosa ha anche il pregio di divertirmi. Ma chi quegli uomini alle nostre spalle che parlano tanto forte?
Il syerdwin si volta. – Hurriti. Sono boscaioli o almeno tali mi paiono. – Lo sguardo di Harvaiun si incrocia con quello di uno degli uomini seduti al tavolo accanto al loro intento a portarsi alla bocca una coscia di pollo ben rosolata ed il Syerdwin si affretta a distogliere lo sguardo.
– Le mani del re sono molto lunghe e quella gente non mi piace, comunque. – Osserva a bassa voce Share. – Questo mi fa temere una notte da sveglio, signore.
– Bene. – Commenta Kwister senza smettere di sorridere. – Cosa ha creato in te questa convinzione?
– Gli Hurriti hanno un giorno ogni sei dedicato al digiuno per favorire il perdono del dio dei Boschi che loro chiamano Amayan. Quel giorno è oggi.
– Un po' di empietà ai giorni nostri non è strana.
– È vero, ma ignorare la cosa nella nostra situazione sarebbe imperdonabile.
– Sono d'accordo con te. Adesso mangiamo.

Al termine di una cena abbondante ma non eccessiva, formata da un tacchino allo spiedo, trota ai capperi, uova al lardo, insalata fresca, formaggio e annaffiata da una buona birra il duca Kwister si alza in piedi e dichiara ad alta voce: – Mi è parso di udire che in questo locale, Fadha, c'è la possibilità di godere di buona compagnia per la notte, non è così?
Harvaiun, che ha passato tutto il tempo della cena a cercare di riconoscere l'accento dei quattro syerdwin seduti nel tavolo di fianco al suo, sobbalza e guarda il duca stupefatto. – Sì, certo.
– Bene, allora andiamo, che questa cena deliziosa ha risvegliato in me qualcosa..
Il syerdwin, confuso approva e si alza per correre dall'oste. – Abbiamo cambiato idea, Oste. Un po' di compagnia ci è gradita. – Gli annuncia.
– Questo modifica sostanzialmente il vostro conto, come vi aveva preannunciato.
Harvaiun, che sospetta che la decisione del duca abbia qualcosa a che fare con la bella compagnia degli Hurriti che hanno continuato a bere ed a mangiare in spregio ad Amayan, sorride serafico e annuisce. – Ma certo, Mastro Jeghell, e se resteremo soddisfatti ve ne daremo prova tangibile.
L'oste sorride a sua volta. – La vostra stanza è al primo piano, la seconda a destra al termine della scala. Avete preferenze per la compagnia?
– Due fate, mastro Jeghell. – Share ride vedendo l'espressione perplessa dell'oste. – Non ne avete a lavorare da voi? Alla locanda reale di Dancemarare ce ne sono sette, pensate. Dovreste attrezzarvi. Qui vicino non c'è una certa Mahaderill della quale si dicono cose egregie…
– Siete male informato, signore: Mahaderill è una fata anziana e vive predicendo il futuro ai ricchi come ai disgraziati. – Ribatte l'oste in modo brusco.
– Evidentemente hanno voluto prendersi gioco di me. Perdonatemi. 
– Di nulla. Appena vi sarete rinfrescati provvederò ad inviarvi Eyma e Celia, i più bei fiori del mio piccolo giardino.
– Bellissimi nomi, Mastro Jeghell, le attendiamo con impazienza. 

 
Con un piccolo inchino Harvaiun si allontana e raggiunge la scala. Salendo nota che i boscaioli hurriti sono scomparsi, probabilmente già nella loro camera. A metà della salita ad incontrarlo c'è il duca Kwister, avvolto nel mantello come un brigante da strada.
– Non era esattamente questo che intendevo per passare la notte da svegli, signore, ma se è così che desiderate… – Inizia a dire Shade.
– Fai silenzio, buffone e seguimi. – Cauto e silenzioso il duca arriva al primo piano, gira a sinistra ed apre un piccola porta.
– Entra. – Ordina con un soffio.
– Ma la nostra stanza è…
Il duca lo spinge nel buio e chiude la porta. La luce della luna che spiove da una piccola finestra li illumina debolmente rendendo ancora più minaccioso il sorriso del Duca Kwister.
– Lo so, stupido syerdwin. Ho udito quello che ti ha detto mastro Jeghell. Ho anche visto la sua reazione quando hai tirato in ballo Mahaderill.
– Credo che l'oste non c'entri, Signore.
– Infatti, era solo seccato per tutte le sciocchezze che gli hai detto. Fate in una locanda, ma chi l'ha mai sentita una stupidaggine simile?
– L'oste l'ha bevuta, comunque. E credo che da domani si metterà a cercarne una per poter alzare ancor più il suo prezzo, fino a quando non incontrerà un silvano che gli romperà la testa. Tra l'altro, avete presenti quei syerdwin che sedevano al nostro fianco?
– Certo.
– Bene, avevano i colori delle isole dell'Uncino ma parlavano con l'accento di Verhida.
– Verhida? Ma non è uno dei dominii di Teardraet, quello che voi chiamate il non-cambiato?
– Per l'appunto, duca Kwister, e credo che la loro presenza qui sia casuale quanto quella degli Hurriti.
– Bel posto ho scelto. – Commenta il duca.
– Tutte le migliori locande saranno piene di spie e di sicari pronti a farvi la pelle, è evidente. Non potevano aspettarvi ad uno dei passi perchè la milizia di Verdevima, che non è schierata con re Artamiro, li difende e quindi non potevano che agire così. Incidentalmente posso chiedervi perchè avete deciso di chiedere compagnia per poi nasconderci qui?
– Da qui si vede la porta della nostra camera, Share. Quando le ragazze vi saranno entrate e non ci avranno trovato correranno a dirlo all'oste che sicuramente farà il diavolo a quattro. Ai nostri amici allora non resterà che andarsene a cercarci per il resto della città. E ovviamente noi potremo dormire nella nostra camera.
Harvaiun accenna un applauso. – Adesso capisco perché voi siete duca ed io no. Un'idea così non mi sarebbe mai venuta.
– Già. L'importante è che nessuno venga a dormire in questa camera. adesso silenzio e guardiamo.
Da uno spioncino Kwister vede passare sul piano un'arciere in compagnia di un amico, un paio di mercanti piuttosto alticci, un syerdwin vestito degli abiti severi del Collegio delle Acque Lente, un Protettore, una coppia di mezza età formata da un Gu'Hijirr ed una donna ed infine i quattro syerdwin che stavano seduti vicino a loro, avvolti nei loro mantelli verde-azzurri. Uno di essi si appoggia in un incavo del muro compreso nel campo visivo del duca e apre il mantello per appoggiare una mano sul manico della spada, lasciando intravedere il disegno della sua livrea: una spirale nera su campo grigio. – Vieni qui, Share. – Lo chiama Kwister con un soffio. – Cosa rappresenta quel simbolo? – Chiede al syerdwin.
– Il mare obliquo. – Dice Harvaiun. – Ho visto quel simbolo solo una volta, quando ho combattuto per il conte Kelliun di Dudra e per poco non è stata l'ultima cosa che ho visto da vivo. Non so a chi appartenga, ma è il simbolo di un vecchio gioco che ho visto giocare da bambino: Iledon. Tutte le navi syerdwin posseggono le carte dell'Iledon. Servono a fare auspici ma anche per giocarsi la camicia. Il mare obliquo è una delle carte decisive. Per vincere o per perdere.


– Per vincere o perdere. Dev'essere un simbolo importante. – Commenta il Duca Kwister. – Il guaio è non sapere a chi appartiene. Aspettiamo.
Passano alcuni minuti poi ad apparire in cima alla scala sono due creature vestite di ampie gonne molto colorate: una syerdwin giovanissima, dal volto chiaro e delicato come alabastro e grandi occhi di colore grigio ed una lupa-drago dal passo flessuoso ed elastico, orgoglioso come quello di una regina e dagli occhi del colore delle nocciole mature.
– Eccole. – Annuncia Kwister.
– Mi faccia almeno vedere cosa mi sono perso, signor Duca. – Chiede Harvaiun appoggiando gli occhi allo spioncino.
Dopo qualche istante si ritrae scuotendo la testa. – Troppo giovane, duca Kwister, però tutto sommato mi sarei potuto accontentare.
– Non pensare a queste sciocchezze, Harvaiun. Le ragazze stanno per entrare.
– Beh, aspettiamo. Cosa ve ne è parso della vostra lupa?
– Semplicemente splendida.– Commenta il duca. Un attimo dopo si corregge. – O almeno tale l'avrei giudicata in altre circostanze.
– È proprio vero.
La porta della camera dove avrebbero dovuto riposare si riapre, lasciando uscire le due ragazze che confuse lanciano un'ultima occhiata intorno e si affrettano a scendere.
Un istante dopo Mastro Jeghell compare in cima alla scale armato di una lanterna ed accompagnato da un robusto Gu'Hijirr. – Maledetti! E mi hanno fatto impazzire con le loro richieste per questo! – Sta urlando il piccolo oste che spalanca la porta della stanza senza smettere di maledire tutte le divinità umane, syerdwin e di tutti i popoli del mondo.
Il Syerdwin acquattato nel corridoio di fronte al loro osservatorio comincia a lanciare occhiate perplesse nella direzione dalla quale provengono le urla dell'oste ed infine si stringe nel mantello e scivola davanti alla porta dalla quale provengono le urla di mastro Jeghell. Uno alla volta gli altri lo seguono e poco dopo è la volta dei falsi Hurriti di abbandonare la stanza nella quale si erano nascosti per scendere.
Mentre compiono questa manovra il Gu'Hijirr al servizio dell'oste li scorge e corre a chiedere ragione del loro comportamento. In breve sorge un'animata discussione al termine della quale i falsi boscaioli pagano il dovuto e si allontanano come ladri nella notte.
L'episodio ha se non altro il pregio di migliorare l'umore di Jeghell che brontolando tra sè chiude a chiave la stanza e ritorna al piano inferiore.
– Non c'è più nessuno. Possiamo uscire. – Comunica il duca Kwister. – E prenderci il nostro meritato riposo.
– E come faremo, signore. Ho ben visto l'oste che chiudeva a chiave la stanza.
Il duca esce, gli fa cenno di seguirlo, apre la porta della stanza a loro destinata e chiude la porta alle loro spalle. – Con questa. – Dice mostrandogli la chiave che ha appena terminato di utilizzare.
– Ma che prodigio è mai questo?
– È una chiave magica, Harvaiun, opera della fata Mahaderill quando era al servizio della mia Marrak. E ancora una volta mi serve meravigliosamente.
La stanza che l'oste aveva scelto per loro è scaldata da un bel camino ed i suoi letti sono morbidi e tiepidi come hanno chiesto.
– Molto confacente. – Osserva Share. – Ma domani ci faremo fare un po' di sconto. In fondo avevamo chiesto compagnia e siamo costretti a dormire soli.
– Hai ragione, Harvaiun. – Ride il Duca Kwister. – Il servizio è scadente e la compagnia anche peggiore.