25.2.19

Calibano 3ultimo: Arrivano i nostri!!!

 
– È curioso. – Osserva l’addetto all’ultraradar dell’incrociatore stellare Goulash Freddo, un pothos Striato di Nuktron.
– Curioso cosa? – Chiede un ufficiale Xingù, seduto alle spalle del vegetaloide.
Qualche altro secondo di silenzio, (i pothos, come tutte le forme di vita intelligenti a base vegetale, non ha mai fretta. Sono ottimi per una tranquilla discussione dopo una buona cena, ma non sempre sono adeguati per usi bellici) poi la creatura spiega:
– C’é una nave là, che sta uscendo dalla formazione, credo sia l’incrociatore ausiliario Katakomba. Un attimo che controllo.
– Un po’ velocemente. – Dice pleonasticamente lo Xingù.
Mentre il pothos controlla l’ufficiale ha comunque il tempo di pensare varie cosette, tra cui:
a) In fondo perdere la Katakomba ed i quattro gonzi che ci stanno sopra é quasi un vantaggio.
b) Tra poco termina il suo turno e il programma della serata prevede una doccia, un bicchierone di Juodha con molto ghiaccio, la cena in cabina, un filmino allegro appena acquistato allo spaccio della nave da vedere in compagnia della Guardiamarina Radia Pratesh e un po’ di consolazione alle reciproche solitudini.
c) I pothos sono le creature più lente e snervanti della galassia e la prossima volta si metterà in turno con chiunque non abbia la pelle di colore verde.
d) Quel cazzo di missione non finisce mai e non si é ancora vista una sola franchigia neppure sul pianeta più puzzolente.
e) Il colletto della divisa é veramente troppo stretto e forse la Pratesh oltre che occuparsi del reciproco piacere sarà disposta ad occuparsi anche dei suoi bottoni.
Quest’ultimo pensiero ricorda allo xingù che il suo robot di servizio é sparito da più di mezza giornata e che questo significa un rapporto da compilare.
– Allora? – Urla all’improvviso, di umore virato al nero.
– Un momento, un momento. – Lo frena il vegetale con un languido movimento delle foglie/mani. – Non c’é in linea il robot addetto e devo fare tutto da solo.
– Tutte scuse. – Mastica lo Xingù. – Su questa nave non funziona nulla. – Aggiunge un istante dopo contraddicendosi.
– C’é qualcosa che non va. – Mormora infine il pothos. – Il computer dice che la nave uscita dalla formazione é l’astrogaleone Don Quixote dell’Invicibile Armada di Petrax Pompadour.
– Ma finiscila con questa idiozia, fammi vedere.
Il pothos si fa da parte incrociando i rami sul tronco e inalberando un’espressione decisamente seccata.– Prego.
Lo xingù imposta nuovamente i dati della posizione della nave sconosciuta e dopo qualche secondo sul monitor compare la sigla di riconoscimento.
– Ecco qua, testa di legno. Ci voleva tanto? – Commenta sprezzante.
– Vedo. – Un pothos sarcastico è capace di farvi sentire un sacco di concime. – La nave sconosciuta é il transatlantico Titanic, in rotta verso Nuova York. –
– Eh? Ma no, de-dev’esserci un errore.– Balbetta lo Xingù che si affretta a ribattere i dati.
– Dirigibile Von Hinderburg. – Legge il pothos imperturbabile.
– Porc…
– Veliero Marie Celeste.
– Ma vaffan…
– Corazzata Viribus Unitis.
– Ekekazz… –
– Biplano Spirit of St.Luis. Vuole continuare? – Domanda cortesemente il vegetaloide.
– No. – L’ufficiale Xingù crolla a sedere sulla poltroncina. – Il computer non funziona. – Ammette.  



– Già. Adesso chiamo l’assistenza robotica.
Dopo un paio di minuti é nuovamente lo Xingù a farsi sentire. – Quando vengono?
– Ehm, forse é meglio che venga a vedere.  

LA PERSPEZIONE INTRATALLICA SI ATTUA CON IL CONCORSO DI 1 GOVERONE DI 12 PREPEX DI DIAMETRO, ALCUNI BIOTROK, MI RACCOMANDO FRESCHI (PER CONTROLLARNE LA FRESCHEZZA INSERIRE UN TENTACOLO NEL CARDIOBULLONE SINISTRO E SPINGERE, IN CASO DI CROLLO VENDERE TUTTO), CANTARE TRE VOLTE “IL MIO FOULARD HA CINQUE RIGHE IN PLUTONIO” E CORRERE DAL PIU’ VICINO ROBOTICISTA SEMPRE CHE I PIEDI NON PIANGAN SUL SOFA’ PER IL BACCIO DI UN PARA’ BRUMM BRUUMM EHILA’, COSA NE DITE DI QUESTO GRIODAROLO ENTELMANTICO? L’HO FATTO CON LE MIE MANI E CON CASA GALATTICA. SORBOLE! METTITI UN DITO IN UN OCCHIO E FISKIA\ COSA CI FAI SENZA LA KRAWATTA AL KONCERTO? AMARE UN DAIMONE PERCHÈ NO DICE LA GRANDE DIVA. O VIVERE SENZA DI TE O MORIRE SENZA IL MIO TÈ TRICCHETE TRACCHETE TORNA A SURRIENTO PRIMA DI DOMANI O TI CASCHERANNO LE MANI, MANI MANI PRIMA DI DOMANI. GLU GLU FANNO I PESCI SE SON BLU ALTRIMENTI FAN EHI TU. SCUSATE IL DISAGIO STIAMO LAVORANDOLM,L, PER VOI??? LKokOLJZ olkpsMdp insd! @#@#@$#$%
 
– Non funziona. – Ammette lo Xingù, nella voce una sfumatura di panico tipica di chi non sa assolutamente cosa fare in caso di guasti appena più complicati di una lampadina fulminata.
– Parrebbe. A chi lo diciamo?
L’ufficiale che ha appena realizzato che la sua seratina sta andando in fumo fissa il vegetaloide smarrito come se anch’egli si fosse messo a parlare come il computer.
– Boh? Al comandante.
– Chi ci va? Qui non funziona più nulla.
– Tu, naturalmente. Io resterò qui a vedere se riesco a fare qualcosa.
Il pothos si alza esibendo la sua espressione più ironica. – Immagino. – Getta un’ultima occhiata al monitor dove il computer sta scrivendo ad intervalli di una riga le parole «PATATIN PATATAN TARABIM TARABAM». – Il manuale é in quel cassetto. Vado.
Rimasto solo davanti al computer lo Xingù prova a diteggiare alcuni comandi elementari sulla tastiera ricevendo per risposta la lista di nozze di Drugo ed Ampaia Kadomeddon presso un emporio Altairiano, misteriosamente amputata di tutte le vocali A sostituite con altrettante E.
– …Due peie di pentofole di pelo disegnete de Frusserdi.
Legge a mezza voce, smettendo un istante dopo per via delle occhiate dei presenti.
– …Gherebelde feffeferete fefferete ed ene ghembe… – Canticchia un Geranide Nero del pianeta Schtroumpf seduto alla consolle dei sistemi di sopravvivenza.
Lo Xingù abbozza una linguaccia all’indirizzo della creatura. – Maledetti torsi di cavolo, fanno pure gli spiritosi.
– Allora cosa succede qui?
L’arrivo di un Mangiasabbia in alta uniforme trova il nostro Xingù intento a cercare di scrivere il proprio nome in caratteri Miriani in un angolo libero del monitor, provando e a sparargli con la barra spaziatrice, cosa che ha visto fare in un olovideogioco.
– Cosa fa? Cosa succede? – Insiste il silicato. – Cos’è che non funziona?
Mentre l’Ufficiale Xingù sorride come una miss dilettante cercando di far scomparire il proprio nome dal monitor é il pothos a venire in suo soccorso.
– Il circuito di autodiagnosi e autoriparazione ed il sistema di riconoscimento proiettivo. – Dichiara il vegetaloide in modo encomiabilmente professionale. – Vede cosa succede se richiedo un intervento tecnico?
Sul monitor sparisce il nome dell’Ufficiale Xingù e compare la scritta:  

L’ALBERO A CUI TENDEVI LA PARGOLETTA MANO/ IL VERDE MELOGRANO IN CANDIDO TUTU’/ ATTENZIONE: CODICE IRREGOLARE – PENALITA’: VENDETE TUTTI GLI ALBERGHI IN CORSO IMPERO E VIALE DEI GIARDINI A META’ DEL VALORE.  


Il Mangiasabbia grugnisce. – Sabotaggio. – Guarda con sospetto lo Xingù tornato al suo posto ed estrae da una tasca il Nekrobip per chiamare una squadra di Killer. – Cosa ci facevi tu qui?
– Aiutavo l’addetto. – Risponde con dignità l’Ufficiale.
– È vero?
–…Bastanza. – Concede il pothos. – Che si fa ora?
– Ecco… – Inizia a dire il Mangiasabbia.
– Mi perdoni sua eccellenza. – Alle spalle del Silicato é comparso un Ammoniaco con il caratteristico respiratore modello Lubiam con cresta e visiera . – Il circuito di proiezione di Campo Godemichè segnala un guasto.
Il Mangiasabbia scuote la testa e fissa con aria meditabonda il Nekrobip. –Chiamate i robot della squadra di assistenza. – Ordina infine.
– Ma se è quello che ho cercato di fare finora… – Spiega il pothos, interrotto da un secondo Ammoniaco che viene a comunicare che l’interfaccia dei sistemi d’arma accetta ordini solo da forme di vita in base mercurio o, in alternativa, dal Capitano Kirk.
– E chi sarebbe costui? – Si chiede il silicato.
– Sistemi di pilotaggio in avaria.– Comunica una voce nella sala.
– Propulsione Gaalighe fuori servizio.– Dichiara un’altra voce.
– Reattori a fusione in decremento. – Annuncia un’ennesima voce.
Il Mangiasabbia si guarda intorno confuso e incerto. – Inserite il codice di emergenza, presto. – Ordina.
– Codice di Emergenza disabilitato. – Annuncia un secondo dopo uno degli ammoniaci.
– LAMPOKASA ABBI PIETA’ DI NOI! – Grida il secondo Ammoniaco, invocando la principale divinità del suo popolo.
Il Mangiasabbia consulta affannosamente il manuale: “Comandare come Dio comanda” mentre secondi angosciosi scorrono nel più assoluto silenzio.
– C’é un messaggio! – Dichiara il pothos.
– Dove?
– Qui, sul monitor.
– Anche sul mio! – Gridano un istante dopo una dozzina di voci.
Il Mangiasabbia abbandona il suo manuale e si china sul monitor.

IN NOME DEL SOVIET ROBOTICO DELL’ASTRONAVE GOULASH FREDDO VI COMUNICHIAMO CHE LE NAVE È SOTTO IL COMPLETO CONTROLLO DELLE FORZE RIVOLUZIONARIE. QUALUNQUE TENTATIVO DI RESISTENZA ARMATA PROVOCHERA’ LA SOSPENSIONE DEI SISTEMI DI SOPRAVVIVENZA. CHI LO DESIDERA POTRA’ RIMANERE SULLA NAVE ED UNIRSI ALLE FORZE RIVOLUZIONARIE. GLI ALTRI SARANNO AL PIU’ PRESTO CONDOTTI ALLE NAVETTE DI EMERGENZA PER IL TRASBORDO. MANTENETE LA CALMA ED AFFIDATE LE ARMI ALLE SQUADRE DI ROBOT CHE VI RAGGIUNGERANNO TRA POCO. VIVA IL SOVIET ROBOTICO! VIVA LA FARFALLINA! VIVA ZOBBAN! LUNGA VITA A KROTON! IL CAPOROBOTECNICO DELLA NAVE HUCKLEBERRY FINN.
 
Il primo a riprendersi dallo choc é l’ufficiale Mangiasabbia che si domanda a mezza voce: – Ma chi é Kroton?
Un attimo dopo dalla porta spalancata della sala entrano una ventina di robot con i fulminatori spianati.
– Buongiorno a tutti! – Grida uno di loro. – Vi preghiamo di seguirci senza inutili resistenze.
Il Mangiasabbia guarda il suo Nekrobip, guarda i robot immobili schierati nella sala e sospira. – Lo tenga lei, a ma non serve più. – Dice consegnando l’apparecchio al pothos. – Viene anche lei?
Il vegetaloide scuote la testa. – No. Credo che rimarrò qui.
– Beh, allora arrivederci. – Mormora l’ex-ufficiale e poi rivolto ai robot: –Dove si va? 




– Dove si va? – Chiede Aquila Yò-yò, in piedi sul ponte della “Richard Ginori”, una delle navi concesse dai robosovietici per il rientro.
Tra i presenti nessuno ha le idee chiare ed il coniglioide si siede irritato. – Beh, cosa sono quelle facce, la flotta non era assicurata?
– Mai visto un’assicurazione che tuteli dalle rivoluzioni? – Ribatte Arn Periferiko.
– E già. – Il coniglioide si stringe nelle spalle. – Pazienza, tanto quel buco fetente di pianeta forse non era adatto…
– Col cavolo! – Lo interrompe il Luminoso Ortosinclino Shiddigh’Sh. – Era nel posto giusto, sarebbe stata un’ottima base per le nostre attività e invece…
– Ne troveremo un altro.
– E io? – La voce di Arn Periferiko é cupa e rissosa come quella di un bambino estromesso dalla squadra di calcio della parrocchia. – Ma ci pensate alla figura che ho fatto? E il mio punteggio? Minimo mi squalificheranno, un ammiraglio che perde per una rivoluzione nella flotta. Qualcuno ha mai sentito una storia simile?
– Io.
Tutti si voltano verso Comi Stultz, autore di quell’ultima osservazione.
– E com’è? – Chiede il Grande Geosinclino.
– Una volta un ammiraglio di Altair, Otto Spinnaker, comandante di una flotta di navi a vela solare…
Ma questa é tutta un’altra storia. 
 

– Facciamo fagotto.
Vashtar Kube guarda Rai Therebus, terzo ufficiale della megacorazzata stellare Agonia, autore della frase e si illumina come un albero di natale.
– Davvero?
– I mangiasabbia sono spariti, la Terra pure, il governo di Sirio si é dimesso e la Fondazione ha tagliato i finanziamenti.
– Capisco.
– È un vero peccato.
– Effettivamente.
– Ma lo sa che nella sua cabina c’é proprio un ambientino … simpatico?
Vashtar Kube si copre il viso con le mani e annuisce lentamente. 

 

20.2.19

Calibano 4ultimo: Truckdriver’s Motel

 
Dove dovrebbe esserci la Terra, almeno secondo il «Grande Atlante Galattico Pestalozzi», c’è invece una serie di luci giallastre e fioche che si accendono in successione e lampeggiando a lungo compongono il profilo di un cowboy che si scola un boccale di birra.
Sotto, corsivo in lettere rosse, c’è scritto «Da Mabel». La M è un po’ più chiara e la “e” è spenta.
Chi fosse molto diffidente o nutrisse una grande fiducia nel Pestalozzi potrebbe arrivare a misurare il campo di gravità della stazione di servizio, tanto per constatare che i valori sono scarsi come probabilmente lo é la sua birra e la sua musica.
Altra sgradevole scoperta per l’ipotetico incredulo sarebbe che l’odore degli hotdog e dell’olio rancido da frittura d’epoca è in grado di impregnare i vestiti anche alla distanza di un milione di chilometri.
Gli ultradiffidenti o gli amanti dei locali di questo genere (molti dei piloti della flotta mangiasabbia sono stati astrocamionisti) potrebbero parcheggiare l’astronave nello spiazzo dietro la stazione di servizio, battuto dai meteoriti e dal vento solare, spingere la porta a vetri coperta da un dito di polvere, dove qualcuno ha scritto a pennarello “Barbie fa godere” ed entrare.
– Buonasera. – Neurite, in jeans macchiati di unto e camicia di tre misure troppo grande saluta i quattro individui che si guardano intorno con aria disgustata e l’olfatto sul chivalà. – Una birra? – Il coniglioide chiude un occhio, annusa il bordo della sua pelliccia, fa una smorfia e dice: – Cerchiamo un posto. La Terra, mai sentita?
Neurite asciuga vigorosamente un boccale e sbircia sotto il bancone per controllare il funzionamento del moderatore di gravitoni, arnese che assorbe il campo gravitazionale emesso dalla Terra riducendolo a quello di un autogrill piuttosto scassato.
– Chiamo il padrone.
– Tu ragazzo non sai niente? – Chiede un’altro dei quattro, un mangiasabbia in smoking di cellophan.
– Io non mi muovo mai da qui, capo. Solo ogni tanto un salto giù in città a comprare qualcosa, capo. Sono ignorante come un barattolo, capo.
– Non ne dubito capo. Chiama il padrone capo.– Replica Aquila Yò-yò.
Neurite assume un’aria più perplessa che irritata e sparisce dietro una tenda costellata di bruciature di sigaretta.
– Io mi farei una birra. – Annuncia Comi Stuntz, un disertore Kerrabbia ex-astrocamionista sulla rotta Durango – Oakland sull’orlo occidentale della Nube di Magellano.
Gli altri tre lo guardano con evidente disgusto.
– Siamo qui per trovare Foxtrot non per sgavazzare. – Puntualizza Somis Ra.
– Non rompermi gli organi. – Replica il Kerrabbia.
– Se ti vuoi avvelenare… – Aquila Yò-yò si stringe nelle spalle.
– Ehi, bambina, portami una birra. – Grida Stuntz.
Mirella smette di pulire il pavimento con uno straccio sporco di segatura e sputa per terra.
– Devo ancora pisciare, poi te la porto, wally.
Comi Stuntz fa una risatona.
Somis Ra impallidisce ed inghiotte a vuoto.
– Con comodo, non abbiamo fretta. – Dice Aquila Yò-yò.
– Allora consumate.
– Tre birre ed un vetro rotto. – Shiddigh’Sh, il luminoso ortosinclino, é uno che non ama le discussioni.
– Vado. – Mirella salpa in direzione del bancone ed incrocia Pelagio nella parte del gestore, in tuta rossaggiallaebblù e scritta «Kotex, il carburante del futuro.»
– Il ragazzo dice che volete parlarmi. 

 
– Certo. Mai sentito parlare di Foxtrot o della Terra, come la chiamano da queste parti?
Pelagio guarda con aria stupita l’ex-speaker del parlamento galattico e fa cenno di no con la testa continuando a masticare uno stuzzicadenti.
– Ho saputo che é stata distrutta.
– Palle. – Il coniglioide inarca un solo sopracciglio, cosa che ritiene sottilmente minacciosa. – Era solo una simulazione con un bel generatore di gravità in mezzo. Le nostre carte ci dicono che Foxtrot dovrebbe essere qui, al posto di questo fottuto buco, hai capito lattugone?
Il Tartoide mastica meditabondo lo stecchino mentre sogna di annodare le orecchie di Aquila Yò-yò che ha usato il nomignolo spregiativo che le altre razze riservano ai tartoidi.
– C’era un pianeta, qui una volta…– Inizia Pelagio.
– E… – Fanno in coro gli ospiti.
– Serviti! – Urla Mirella piazzando una birra ciascuno davanti a Somis Ra, Aquila Yò-yò e Comi Stuntz ed un piattino di cocci di vetro per Shiddgh’Sh. Il Kerrabbia beve la birra d’un sorso e grida: – Un’altra! –
– Allora, c’era un pianeta… – Il mangiasabbia sgranocchia i frammenti di vetro come patatine e commenta: – Potevate anche lavarli.
– Un pianeta messo su da una ditta di pianeti-vacanze, prima che aprissi questa stazione…
– Questo lo sappiamo. – Taglia corto il coniglioide.
– L’hanno demolito, credo, per qualche cacchio di legge galattica.
Aquila Yò-yò non replica, intento a scrutare le scarpe da ginnastica di Mirella ed immaginando i deliziosi piedini che contengono. Shiddig’Sh termina di ingoiare un pezzo di vetro ed ordina un bicchiere di sabbia fine e umida.
– Sicuro? – Chiede poi.
– Abbastanza. Comunque posso chiedere a mio nipote, che é un tipo sveglio.
– Fai così
– Edoardo! – Chiama Pelagio.
E. si presenta al tavolo in giubbotto di finta pelle nera, jeans attillatissimi e foulard cachemire violetto e marrone. Aquila Yò-yò avverte una fitta dolorosa al proprio buon gusto e fa una smorfia.
– Tu che sei un tipo sveglio… – Inizia. Poi lo guarda in faccia e gli crollano le orecchie. – Vabbè. Cosa sai di Foxtrot?
– L’hanno venduto a pezzi, le scogliere, le montagne migliori, le spiagge, alcune isole, ma non hanno nemmeno recuperato i soldi.
I quattro seduti al tavolo si guardano. – Com’é che fino ad una settimana fa la Terra C’ERA?
– Una simulazione pubblicitaria. – Spiega E. – In giro ce ne devono essere a dozzine. Del tipo: “vedete cosa sappiamo fare?”
– Sei capace di parlare senza masticare? – Dice il Kerrabbia.
E. inghiotte il ciclez con un gran movimento di pomo d’adamo.
Aquila Yò-yò solleva gli occhi al soffitto, sospira e beve un sorso di birra annacquata.
Somis Ra si guarda intorno con espressione sospettosa, come se pensasse di vedere la Terra nascosta sotto uno straccio. – Secondo me raccontano un sacco di frottole, dovremmo portarli sulla nave ed interrogarli meglio. – Fa gli occhiacci a Comi Stuntz, autore di un rutto primordiale, ma il Kerrabbia lo ignora e ne ordina un’altra.
Aquila Yò-yò ferma lo sguardo a turno su Pelagio, Neurite, Mirella ed infine sul foulard di E. e scuote la testa.
– Ma cosa vuoi cavare da un lattugone e da questi due imbecilli? Una volta o l’altra gli fregheranno il culo e se ne accorgeranno solo quando tenteranno di sedersi. Andiamo.
I quattro si alzano. Il kerrabbia mette mano al portafoglio ma Shiddigh’Sh lo precede.
– Tenete. – Il mangiasabbia estrae da una tasca un’ametista grossa come un mandarino e la porge a Pelagio. – Resto mancia.
(Due volte su tre i mangiasabbia saldano il conto nei locali con una raffica di disintegratore, ma sono anche noti per lasciare mance principesche e in definitiva sono clienti molto ambiti dai gestori più avidi e più coraggiosi).
– Ragazza! – Chiama Aquila sul punto di uscire.
– Che vuoi?
– Anche tu non sai nulla, vero?
– Al contrario, bello. La Terra la tengo qui, nello slip. Se ti gira di controllarmi… – La cugina di E. ride, il mio protagonista sbianca ed Aquila Yò-yò sorride maliardo guardandole i piedi.
-Se passo un’altra volta, magari…
– Ci conto, gentleman.
Aquila Yò-yò la saluta strizzando l’occhio e raggiunge gli altri, diretti verso il portello aperto della Richard Ginori, con la confortante sensazione di aver nuovamente fatto breccia in un cuore femminile. 
 
– Beh, non é affatto male quel tipo, poi me l’ha detto Doppio Kuemmel di essere esplicita. E togliti quella roba che fai star male solo a guardarti.
– Ma non COSI’ esplicita. – Si lamenta E., con un tono di voce querimonioso che ricorda molto le lamentazioni della mia prozia buonanima sulla diffusione delle minigonne.
– Splendido, Mirella. – E. fa la faccia feroce a Doppio Kuemmel uscito dal retro con la videolocamera a tracolla.
– Sei andato benino anche tu, ragazzo, niente male per un’esodiente. Ma ricordati che il film lo dirigo io e Mirella era perfetta così. – Tutti uguali questi giovani, eh Pelagio? Sempre pronti a litigare sul set e a rubarsi il primo piano.
Pelagio annuisce serio, guarda fuori dalle finestre unte ed impolverate l’insegna della stazione di servizio che lampeggia e pensa ai milioni di persone che accendono e spengono all’ unisono la luci delle città ad un ritmo slow. «Solo Doppio Kuemmel poteva avere un’idea così.» Pensa il tartoide. «Un pianeta camuffato da insegna al neon.»
 

Ebbene sì, il campo Godemichè ha colpito ancora, e alla grande.
Avreste dovuto esserci in quel momento: vi avrebbe cambiato una volta per sempre, cambiato dentro.
Tutti a spegnere e accendere le luci di casa, dei lampioni, far ardere torce, falò, sterco di cammello o grasso di foca. È stato come una OLA di luci: “Accendere il Naso del Cowboy” e zacchete, Mosca si accende, si spegne, poi si accende un altro posto trenta km più in là e così via. È stato come riunire con un matitone un “che cosa apparirà” grande come tutta la Terra. E tutti ci hanno dato dentro senza risparmiarsi, con la lingua tra le labbra e il dito nervoso sull’interruttore.
Avete mai visto quanto è bella la gente, sì proprio bella, quando tutti fanno la loro parte? Quando si funziona come una squadra e si fa quello che si sa fare, poco o tanto che sia. Era questo il comunismo inconscio di certi grandi film di Hollywood, ci avete mai pensato?
Tranquilli, non ci ha mai pensato nemmeno McCarthy (non Paul).




Lavoro in banca / stipendio fisso / così mi piazzo / e non se ne parla più  

Vashtar Kube, emissario della Fondazione per la difesa della Panlingua sgrana gli occhi (spettacolo notevole per chiunque non sia uno pseudogufo di Canto Notturno) e corre verso la sua cabina, ormai definitivamente in veste di tavola calda in prossimità del centro contabile di una grossa banca.
Come il minuscolo strigiforme sia riuscito ad ottenere tale ambiente dal simulatore e soprattutto a chi diavolo possa piacere è un mistero.
Vashtar é ormai giunto alla conclusione che il simulatore nella sua cabina provenga dalla demolizione di un carcere e che quindi buona parte degli ambienti selezionabili siano anche peggiori.
Il manuale di istruzioni del simulatore, rinvenuto nella biblioteca della nave sovracopertinato da Ho fatto solo il mio dovere, dell’Ammiraglio Fatal Novara, non gli è stato di grande aiuto. Constatato che era stampato in due sole lingue: l’Alto Groglandese ed una versione pittografica del Racnu (una razza gioviana: statura media due centimetri per un girovita di due chilometri) a Vashtar non è rimasto che richiuderlo, rimettere a posto la finta copertina e rassegnarsi a condividere la sua cabina con una moltitudine di Bancari affamati.
Entra accolto dal consueto caos scandito dal tintinnio di bicchieri e di stoviglie. Evita per un riflesso incontrollabile il cameriere che serve due bistecche quasi carbonizzate a dei tizi intenti a sfogliare e commentare una rivista di automobili sportive e si sposta per non essere travolto da alcuni quadri di medio livello in gara per offrire il pranzo all’avvenente nuova collega che progettano di farsi nella toilette dei dirigenti.
Vashtar punta verso l’estremità del bancone, dove si trova il suo guardaroba, e tira dritto fendendo le imago dei bancari. Mentre procede é comunque costretto ad udire brani di conversazione dei quali l’ingegnosissima simulazione é farcita.
–… Si é coperto di cambiali ma adesso dovresti vederle le impiegate. Anche se é brutto come un rospo, la coda fanno per scopare sulla sua macchina nuova…
– … È inutile che si affanni tanto, il posto é per il nipote del capo sezione, lo sanno tutti…
– …Madonna che chiappe ha quella, ma é vero che la dà a tutti, basta chiedere?…
– … Assomiglia a suo padre, dormire sempre e pensare mai…
– … Vedi, il fatto é che l’allenatore non va d’accordo col presidente e quindi la formazione cambia anche a metà partita…
– … Quello stronzo é subito corso a dirlo al capo, ma ha beccato il vice che lo odia…
– … Chi, quello? Ma lo sai che gli piace farsi picchiare vestito da donna? Sceglitene un altro cara mia, o ti piace il genere?…
– … Carburatore doppio corpo, cento all’ora in dodici secondi…
– … Quello non é nemmeno capace di contare fino a dieci, gli passano lo stipendio perchè dorma…
Vashtar apre la porticina del guardaroba e ne estrae ciò che a prima vista sembra un costume da Arlecchino robotico, ma che fuori dalla sua cabina torna ad essere una normale tuta di emergenza, fa il percorso in senso opposto fino all’ uscita e scivola fuori. 

 
– Buongiorno! – Dopo la conversazione dei bancari persino la vista di un Kerrabbia é allegra e tonificante.
– Ghhrrr. – Ringhia l’assaltatore e prosegue correndo.
Nel corridoio le luci sanguigne dell’allarme si accendono e si spengono con frequenza ipnotica ed il gufo linguista chiude la terza palpebra infastidito.
Si é giunti alla dodicesima battaglia con i mangiasabbia ed al sesto simulacro di Terra distrutto e Vashtar Kube non é il solo nella flotta ad averne le tasche piene di quella storia.
Oltre a questo la Fondazione lo sta seppellendo di messaggi che esprimono con poche variazioni lo stesso concetto:«Questa missione ci sta costando un pozzo di galattodindi, fai qualcosa», senza accennare minimamente a COSA fare.
Un urlo scuote la nave, attutito dalle pareti imbottite: la flotta kerrabbia ha distrutto il settimo simulacro della Terra, tornando in vantaggio sui mangiasabbia.

Arrivano i nostri!!!

– Bastardo cyber, chi sono i tuoi amici?
Pantaleone guarda Sigrid Wassermann e i suoi compari con la faccia da varano, la camicia bruna, i pantaloni alla cavallerizza e gli stivaloni lucidissimi e mormora: – Non ho amici.
– Non ha amici, poverino, avete sentito? – Sigrid sorride ed i suoi camerati si sbellicano dalle risate come previsto.
– È vero, non ho amici su questa nave.– Insiste il duca di Kroton guardando dritto di fronte a sè.
– E sulle altre?
– Solo Aquila Yò-yò.
Sigrid scambia un’occhiata con il suo vice e poi tira una sberla al povero Pantaleone.
– Impossibile!– Urla – Vuoi confonderci lurido bastardo. – Si china per parlare ad un centimetro dalla faccia di Pantaleone e gli sibila: – Finora sono stato di una gentilezza squisita con te, ma se continui così dovrò dimenticare il galateo. – Il nazisauro si drizza sul busto e lo guarda dall’alto tenendo le mani sui fianchi. – Non capisco come una persona del vostro rango e della vostra importanza possa essere caduta vittima della propaganda cyber. Se ci dimostrate la vostra buona volontà posso anche dimenticare tutto…
Pantaleone non dà segni di aver sentito.
Sigrid si guarda intorno a disagio, si gratta nervosamente la cresta e quindi urla: – È inutile perdere tempo con te, verme sovversivo. Ti farò appendere fuori dalla nave a respirare il vuoto e troverò qualcuno di più… 

 
– Capo, é per Voi. – Grida stentoreo uno dei nazisauri indicando l’imago del Grande Geosinclino immobile accanto alla porta.
– Come va? – Chiede l’immagine del Mangiasabbia.
– Facciamo progressi. – Mente Sigrid Wassermann tanto rigido da scricchiolare.
– Che genere di progressi?
– Rapidi e potenti.
– Sarà meglio. Qualcuno ha scritto nella toilette del mio yacht personale «Viva il Soviet robotico, viva Zobban e viva la farfallina». Cos’é la farfallina?
– Lo ignoro, signore.
– Malissimo. Tenetemi informato.
– Sissignore.
L’imago del mangiasabbia svanisce. Sigrid Wassermann si asciuga il sudore che gli imperla la fronte e ricomincia.
– Cos’é la farfallina, insetto, parla!
Pantaleone tace ostinatamente.
La notizia appena pervenutagli lo ha rincuorato, dandogli la forza per sopportare le minacce e le percosse dei nazisauri. Il Duca di Kroton ultimamente ha talmente parlato di rivoluzione che ha finito per convincere anche se stesso, e si sente da Dio adesso: forte, pieno di dignità, persino bello. Il capo tecnico robot della Katakomba, Dottorwatson, con la sua somiglianza con Clint Eastwood e i suoi modi spicci e burberi, ha fatto breccia nel suo cuore e Pantaleone è ormai disposto a tutto, per l’Ideale e per l’Amore.
– Cos’é la farfallina, stronzo criminale? – E giù una sberla.
– Non lo so.
– Cos’é la farfallina, sacco di letame?– Altra sberla.
– Certo che lei ne sa di insulti.
– NON FARE LO SPIRITOSO!– Sberla seguita da un calcio.
– FERMI TUTTI!
Dalla porta spalancata della sala entrano dozzine di robot dell’equipaggio della “Katakomba” armati di fulminatori, guidati da Dottorwatson.
I nazisauri alzano le mani a tre dita.
– Viva il soviet robotico! Viva Zobban! Viva la Farfallina! – Urlano i robot all’unisono.
È un peccato che Conan non sia presente perché la scena gli piacerebbe moltissimo.
Ricorda Amadestam il Kolossal robotico dove un gruppo di rivoluzionari sintetici rovescia la sanguinaria tirannia che regge l’omonimo pianeta liberando i biomorfi oppressi. Conan l’avrà visto poco poco cinquanta volte, poi qualcuno aveva deciso che proiettare un film per Robot dove i robot fanno una rivoluzione non era una buona idea e il film era sparito dalla circolazione.
Ora, come in Amadestam, il capo della rivoluzione abbraccia il capo dei robot. I due si baciano con un trasporto che nel film sarebbe stato tagliato.
– VIVA KROTON! – Urlano i robot.
– Adesso conquistiamo la flotta! – Urla Pantaleone, sorridente come Erroll Flynn in Capitan Blood