No, non parlo di profezie, semplicemente di parole.
Stiamo vivendo in un brutto momento.
Il risultato delle elezioni in Francia sono un preavviso, di quelli che non bisogna dimenticare.
Ormai anni fa mi capitò di leggere un romanzo di ucronia, dal titolo: 1938, La distruzione di Parigi, scritto da Paul Menard.
La vicenda è relativamente semplice da raccontare e ruota intorno a Charles Maurras, segretario del Ligue d'Action Française, partito di estrema destra, attivo in Francia negli anni '30 e direttore de L'action Française, giornale nazionalista e monarchico, germanofobo ma antisemita. Tra le altre cose che l'Action Français scrisse fu un appello per l'eliminazione fisica di Leon Blum, deputato e in seguito presidente del consiglio francese:
È in quanto ebreo che bisogna vedere, concepire, capire, combattere ed abbattere Blum.
La vicenda de La distruzione di Parigi nasce da una serie di disordini fomentati nel 1934 dall'estrema destra francese che sfociano in un colpo di stato che la porta al potere. La nuova Francia, guidata da Philippe Petain, antisemita ed ultranazionalista, adotta ben presto una politica espansionista e aggressiva in Europa e oltremare, tanto da giungere ben presto al confronto con l'Impero Britannico. Dopo aver provocato la deposizione di Adolf Hitler in seguito alla fallita occupazione della Renania, il 18 agosto del 1936 [*], si contrappone all'Italia di Mussolini e il risultato - inevitabile - è l'alleanza tra Churchill e Mussolini, che passano dal semplice scambio di lettere [**] all'alleanza contro il risorgente nazionalismo francese.
È solo una semplice di tempo, a quel punto. Un semplice incidente, non si sa se provocato dai francesi o dagli inglesi, provoca la guerra tra francesi e spagnoli da un lato e inglesi e italiani dall'altra.
La guerra è breve e sanguinosa e ha come protagonisti tra gli altri il generale Montgomery, il generale Charles De Gaulle [***] e il quadrumviro Italo Balbo, artefice della magistrale condotta italiana nella guerra in Africa e culmina, nel 1938, con il bombardamento di Parigi.
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Interessante come sia stato un autore d'oltralpe il più implacabile nemico della destra francese. Cosa che, probabilmente, non è affatto nuova. Basti pensare a Georges Simenon nella sua critica costante e impietosa dei petit bourgeis della provincia francese, condotta instancabilmente per decine di romanzi. Una parte non irrisoria dei francesi era (ed è) dapprima antibolscevica, poi anticomunista, in seguito antisocialista ed è profondamente reazionaria e sostanzialmente criptonazista. Robert Paxton nel suo «Vichy, il regime del disonore», dimostra che il nazionalismo francese ha finito per essere un fido alleato del nazismo, soprattutto per quanto riguarda l'antisemitismo.
La situazione attuale in Francia non ha - ancora - i connotati di un possibile svolta a destra, ma l'indignazione per l'attentato del 13 novembre ha suscitato una risposta burbanzosa e, come capita spesso, sottilmente ridicola. I francesi hanno ostentato aeroplani, navi da guerra e cannoni, dimenticando di bombardare ciò che i russi hanno di recente mostrato, ovvero le lunghe colonne di autobotti che trasportano il petrolio rubato dall'ISIS e venduto a mezzo mondo. Si è trattato di una semplice dimenticanza o un modo per non mettersi in urto con l'amico impresentabile, cioé la Turchia? Ognuno pensi un po' quello che vuole, ma resta il dato di fatto che la risposta francese ha avuto i toni e i modi convulsi di un nazionalismo persino un po' becero.

E la svolta a destra del governo francese che si sforza di far concorrenza a Marie Le Pen, dimentica che a votare è andato meno del 50% degli elettori. Si replica così anche in Francia ciò che è avvenuto e sta avvenendo anche in Italia: l'abbandono del voto da parte di molti elettori e in particolare di molti elettori di sinistra. Qualcuno ha dimenticato le percentuali di votanti in Emilia Romagna? Un 40% scarso... Holland e Renzi hanno in comune quel genere di cecità che si attribuisce agli stolti, cioé a coloro che non riescono a vedere anche se la risposta è evidente agli occhi di molti.
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Ma l'ucronia può essere una buona guida anche per immaginare una storia solo apparentemente diversa. Se in Germania la rivoluzione degli anni '20 fosse riuscita, se Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht fosse sopravvissuti? Non è una domanda così oziosa. Con una Germania sovietica piantata del cuore dell'Europa, Mussolini sarebbe durato a lungo e l'alleanza con Francia e Inghilterra sarebbe stata una conseguenza necessaria. Come si vivrebbe adesso, in un'Italia tuttora fascista, vincitrice della guerra contro il comunismo tedesco?
Nel 1994 ho abbozzato U.K.R., un romanzo di ucronia che ho parzialmente riscritto nel 1998 e terminato all'inizio del nuovo millennio.
Non si tratta di potere predittivo delle parole, ma l'Europa successiva alla guerra anticomunista ha caratteristiche non troppo diverse dall'Europa contemporanea, ovvero un luogo «assediato» dove si scontrano civiltà ed etnie diverse:
La questione ebraica è
tornata drammaticamente d'attualità nell'Europa di fine secolo. E
insieme a essa, in un nodo impossibile da districare, torna ad
agitare le coscienze il problema dell'immigrazione, un flusso
apparentemente interminabile che abbatte ogni frontiera, che annulla
identità e storie di popoli. Il nostro governo guidato dal Duce
Federico Molinari è chiamato a un cimento non facile. Il popolo
italiano vuole sia la pace a salutare la fine del secolo, ma fino a
quando potrà tollerare che innocenti membri di comunità operose
subiscano quotidianamente la violenza dettata da politiche
pretestuose e assassine? Non hanno mai cessato di allarmare gli
italiani e la Casa Reale le voci di campi di rieducazione per
cittadini «socialmente incompatibili» che il nuovo governo tedesco
pare abbia organizzato in alcune zone inaccessibili dei propri
territori. I fatti di Varsavia ci inducono a pensare che sia giunto
il momento di conoscere infine la verità. Siamo chiamati a
testimoniare la nostra più ferma opposizione alla manovre dei
governi della Linea Orientale, ispirate alle teorie deliranti dei
Nazionalpopolari di Dietmar Weininger.[****]
Un'Europa, per l'appunto, solo in apparenza diversa dall'attuale, dove i tedeschi sono (nuovamente) i villain della situazione in compagnia di polacchi, lituani, ucraini, ungheresi ecc. e il Duce (sic) chiamato a intervenire per tentare di salvare la pelle agli immigrati arabi e ai residenti israeliti.
Non posso negare di aver sentito un brivido rileggendo questa pagina di U.K.R., che proviene dalla prima stesura, quella del 1994.
Ma potremmo immaginare un'Europa dove la Francia è dominata da un governo di estrema destra, antisemita e nemico dell'Islam, e la Germania titubante ma schierata in difesa degli immigrati...
Se è vero che le parole scritte possono avere un potere predittivo, è soprattutto vero che la storia si ripete per tutti coloro che non la conoscono.
[*] Nella realtà l'occupazione della Renania fu all'epoca definita da inglesi e francesi la «semplice discesa dei tedeschi nel loro cortile».
[**] Il carteggio tra Mussolini e Churchill è, secondo Mimmo Franzinelli, un falso, mentre diverso è il parere di altri storici.
[***] Nel volume di Paul Menard il generale De Gaulle organizza lo sbarco attraverso una flotta di idrovolanti ad Hastings, sulle coste britanniche.
[****] pp. 151 di U.K.R., da pseudo-«La Stampa» del 22 febbraio 1976.