30.3.15

Alla ricerca di antipatizzanti


Questo blog ha undici anni. 
Nato nel 2004 è stato sul punto di morire più di una volta. Non raramente è stato abbandonato. È stato testimone più o meno volontario di alcuni dei momenti più importanti della mia vita tra i quali il mio incredibile lavoro - detto col senno dei poi - la mia passione per l'editoria, l'antologia uscita a mio nome, l'avventura degli ultimi anni della CS e la sua chiusura, la paternità non abbastanza responsabile, l'ictus del 2008 con gli strascichi che mi porto ancora dietro - una mano malfunzionante, la difficoltà di battere su una tastiera, i nomi che sfuggono ostinatamente alla mia memoria - il sogno realizzato di ALIA, LN-LibriNuovi, la rivista che non vuole morire, i commenti sui libri letti e sui libri non letti, i nuovi inizi, più o meno uno ogni anno  / anno e mezzo con promesse che non ho mantenuto... Un lungo blog che non ha mai sfondato, che per pura anzianità ha raggranellato grandi numeri senza mai diventare il portavoce di alcunché. 
«Beh, ti dispiace?»
No, non proprio. Non sono il tipo da avere un successo duraturo. 
A scrivere fregnacce si rischia di diventare fin troppo popolari e, d'altro canto, non me la sento di tenere un blog più o meno monotematico, sul tipo «Il libribrondolo» o «Il salivatore di libri». Ogni tanto parlo di libri ma con lo spleen inevitabile di chi ne sa troppo per cascare dal pero ad ogni capolavoro annunciato. Ogni tanto parlo di politica (In questo blog si parla di politica) temo con eccessiva passione e scarso interesse altrui, qualche volta della mia attività di scrivente con interesse ancora minore raccolto nel pubblico - d'altro canto so benissimo che la narrativa presentata in un blog è incongrua come un quadro d'arte moderna nel corridoio di una scuola -, di librai, editori e ispettori editoriali (altro genere in via di scomparsa come i primi e i secondi), di un mondo che, come nel ricco e felice universo perduto dei conduttori di carrozze e landò, conserva un certo fascino malinconico ma ha un interesse molto limitato nella vita quotidiana.
Oggi avevo in mente...
«No, niente promesse. Ne hai già fatte troppe e ti va bene che non ti legge nessuno, altrimenti ti avrebbero già fatto notare che sei truffatore contabubbole e farlocco»
No, nessuna promessa. 
Tutto sommato mi piace questo blog di scarso successo. E non penso che tenterò di farne qualcosa di diverso da uno sfogatoio, vittima e complice del mio istinto del momento. 
Penso che continuerò a parlare di politica e a pentirmene entro mezz'ora dall'uscita del post. A parlare di libri quando me ne viene il ghiribizzo - e il materiale non mi manca, povero me -, a commentare ciò che appare sui blog altrui, perlomeno di coloro che appaiono sul mio blogroll, a fare né più né meno ciò che mi viene in mente di fare.


Oggi, tanto per dire, volevo parlare di Francesco Piccolo, lo scrittore che ha detto che Landini è un reazionario. Volevo far notare che bisogna essere spaventosamente provinciali per giudicare affrettatamente e con un certo disprezzo chi tenta di lavorare per creare una nuova sinistra in Italia, per quanto piccola, povera e risibile; che non ho particolari simpatie per Landini - troppo a lungo in televisione, temo, per riuscire a elaborare qualcosa di davvero nuovo - ma sopporto ancora meno quelli che sono nati incendiari e che moriranno inevitabilmente e rissosamente pompieri; volevo dire che...
«Basta così. La tua dose di antipatizzanti per oggi te la sei già fatta.»
Ma mi chiedo: perché un uomo qualunque può sparare una cazzata nella veste di vecchio saggio e tutti i giornali si affrettano a dargli spazio, come se Piccolo fosse segretario di qualcosa?
«Del partito dei disillusi incattiviti. O dei romani con santi in paradiso»
Infatti. 
Ma comunque non lo farò. Oggi non parlerò di Francesco Piccolo e della sua ridicola presa di posizione.
Che poi, leggendo qualcosa qui e là, non riesco a dargli completamente torto, perlomeno nel suo lamentare il vantato gusto virginale della sinistra d'antan. Solo credo non dovremmo pensarci su ben benino prima di ficcare nello stesso cesto i piagnistei della sinistra perduta e i vagiti di una sinistra in arrivo. Che Landini non la rappresenti è possibile, che la rappresenti Renzi è semplicemente ridicolo.
No, starò zitto. 
Così si fa.   

       

26.3.15

Verso la fine



Sono quasi alla fine. 
220.000 caratteri, quindici capitoli e la fine ormai vicina. 
«Già. Un altro romanzo da aggiungere agli inediti».
Vero. Ma poi un giorno...
«Cosa?»
Niente, nulla. Qualcuno ha parlato? Ma comunque, e con questo? 
Non scrivo per vivere - altrimenti eviterei la sf come il fuoco - né per essere considerato e riverito. Ho una certa, impresentabile età, e candidarsi a essere un «giovane autore» è demenziale ancor prima che risibile, persino in tempi nei quali un quarantenne con le frezze grige può essere presentato come un giovanotto. 
Scrivo perché mi diverte, come si sarà capito, e non mi sembra più strano o riprovevole che giocare a D&D o fare solitari. Che l'esito del mio lavoro sia accettabile me l'hanno già detto in diverse occasioni quindi, a che scopo preoccuparsi? 
Aggiungo che il romanzo (breve) uscira per CS_libri, contrariamente a quanto ho affermato tempo fa proprio in questo blog. 
«E perché mai?».
Semplice. CS_libri esiste in pratica per pubblicare ALIA più eventuali altri grull..., pardon, altri volenterosi decisi a farsi ignorare pubblicando con una casa editrice invisibile. Mi è venuto in mente che ho sacrificato parte della mia liquidazione - già virtuale, in pratica, ma questo è un altro discorso - per acquisire il marchio, anzi il brand - come insegna l'abbiccì del management - di CS_libri e quindi, perché rinunciare a questa possibilità? In fondo lo so solo io e altre duemila persone malcontate che CS_libri sono sempre io e perché mai non dovrei fare come Calasso?
«Eh, perché non dovrei fare Calasso? Perché proprio io no? Eh? Eh?»
Smettila di fare lo spiritoso. Non lo ripeto più.
«Meno male».
ALLORA. Questo è il punto uno. 
Il punto due è che il libro apparirà sul sito di LN-LibriNuovi come .epub a un prezzo ragionevolmente ridicolo e sul sito di Amazon.it in formato .mobi a un prezzo altrettanto ragionevolmente ridicolo. 
Piccolo particolare: probabilmente su Amazon o su LuLu uscirà lo stesso libro in versione gratuita. No, non è per favorire quelli che non vogliono spendere in libri ma unicamente perché mi interessa che il libro "circoli", anche e soprattutto tra i giovani. Se poi i gggiovani non gradiranno, disertando anche la versione del libro gratuita, ne prenderò atto e lo lascerò gratis lo stesso sperando nella telematica della terza età.
Quando avverrà tutto ciò?
Mmmmhhh, direi per la fine di maggio / metà giugno.
Dopo di chè si parte con il racconto per ALIA.
E via, verso nuove fantastiche avvent...
«Eh? Cosa? »
No, niente.  



24.3.15

Varie ed impreviste

Ministro Poletti

Ci sono delle volte che uno si alza male. 
Di malavoglia. 
Di pessimo umore.
Che accompagna la moglie, anch'ella di cattivo umore, all'autobus senza nemmeno aver preso un caffé, «ho la nausea, non ne ho voglia». 
Sono giorni che nascono male e che uno si augura possano continuare un po' meglio. 
Ma non è detto. 
Sul giornale c'é un certo Matteo Renzi - onnipresente come le blatte e le mosche, ma decisamente meno interessante da un punto di vista evolutivo - che afferma: «Chi non decide è nemico della democrazia!». 
Bella, mi piace. 
Mi ricorda, non so perché, una frase di un altro presidente del consiglio, anzi del Gran Consiglio, che suonava più o meno così: «Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano.» 
Più o meno come «Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi» o «Nessuno ha potuto fermarci, nessuno ci fermerà». Dev'essere la radice latina della lingua italiana a renderla così adatta alle frasi rotonde, altisonanti e assolutamente vuote. 
Leggo di un ministro, un certo Poletti, che afferma: «Troppi tre mesi di vacanze!». 
Giusto, giudabbacco!


C'è un'altra frase che mi viene in mente, a tale proposito: «Il fascista disdegna la vita comoda». Sicuramente il fascista della frase avrebbe apprezzato la maschia e virile presa di posizione del signor Poletti. «Basta con questi giovani a far nulla per le vie, mandiamoli all'opificio a farsi uomini.» 
Che finché son giovani va bene: lavorano tanto, chiedono poco e non si ammalano. 
Difficile riuscire a dire qualcosa di altrettanto idiota con sole venti lettere, messer Poletti. Che ognuno possa decidere di passare come preferisce le vacanze - compreso massacrarsi di lavoro - è appena ovvio, ma io con il felice ozio estivo ho costruito la mia cultura, le mie storie d'amore e la mia visione del mondo. Non ho praticamente mai dovuto sottopormi a quella barbarie nota come «compiti per le vacanze» - cambiavo spesso città e quindi scuola - e per me tre mesi era il minimo sindacale per poter vivere degnamente.
Trovo fenomenale la capacità di questo governo e del furbastro che lo dirige di intavolare una discussione su qualunque idiozia, più o meno - mi spiace dirlo - come i governi berlusconiani che l'hanno preceduto. 
«Creiamo la settimana corta: aboliamo il lunedì!»
«Per risolvere la grave crisi del Calcio eliminiamo le figurine calciatori e chiudiamo la Panini Modena»
«Capovolgiamo tutte le carte geografiche e i mappamondi! Un modo sicuro per risolvere la questione meridionale!»
E altre geniali idiozie, puro Poletti's Style
«Ma Renzi sta facendo qualcosa per l'Italia, proprio adesso, mentri tu gufi davanti a un computer.»
Vero.
Una legge sulla corruzione ferma in parlamento. 
Una riforma della legge elettorale incompleta e pericolosa. Un capolavoro come il (Blow) Job's Act
Mi accontento di rileggere Gobetti: 
«Il mussolinismo è [...] un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza.»
Che non è poi strano che Gobetti l'abbiano accoppato.


20.3.15

Grexit?


Quando qualcuno ha finito i soldi che si fa? 
Beh, se ne possono prestare ancora, a un interesse "onesto" – si fa per dire, dal momento che le banche tedesche stanno prestando a interessi negativi - e pretendere che però i prestiti vengano regolarmente pagati. 
A qualsiasi costo.
Anche a costo di lasciare pensionati e dipendenti statali senza stipendio.
Oppure si può negare il ricorso ad ulteriori prestiti per il semplice motivo che non ci si fida del debitore. 
O, infine, si può ricattare il debitore contando sulla sua situazione difficile, obbligandolo ad accettare prestiti per tenere in piedi la baracca e nel contempo obbligandolo a onorare tutti i debiti contratti nel tempo. 
Ma che cosa è diventata l'UE?
No, calma. Un momento. 
I governi greci hanno mentito all'UE, dichiarando di avere una situazione economica migliore della realtà. Dichiarando di avere un 3% di deficit PIL/Debito pubblico quando la realtà era quella di un 15%. Tutti i governi greci hanno costantemente mentito sulla situazione interna del paese e sulla situazione dei conti. Tutti i governi greci si sono rivelati impotenti – o sono stati silenziosamente complici – nell'operare su un'evasione fiscale, peggiore persino di quella italiana. Negli ultimi mesi, ovvero da quando è iniziata la campagna elettorale, i greci hanno cessato di pagare le tasse, scegliendo più o meno consapevolmente, la salvezza personale a quella di uno stato sempre più indebitato. 
In questo momento la BCE ha sospeso tutti i prestiti nei confronti della Grecia. Entro un paio di mesi il governo greco dovrà restituire qualche miliardo di euro, ma già a fine mese dovrà versare stipendi e pensioni per tre miliardi di euro. 
E il governo greco non ce la fa.
Il che può significare: 1) la Troika, ribattezzata «Brussels Group» per non offendere i greci, accetta finalmente il piano di rientro proposto dal governo greco e apre i cordoni della borsa, contribuendo, però, a indebitare ulteriormente un paese oberato di debiti. 2) Non accetta il piano di rientro, obbligando Atene a uscire dal sistema dell'Euro. E creando una situazione incontrollabile in Grecia.
Tutto ciò dovrò accadere entro una decina di giorni.
A questo punto, secondo il sottoscritto – che non conta un accidente ma che comunque riflette – l'unica soluzione che potrebbe salvare capra e cavoli sarebbe quella di rimandare al 2050 o già di lì la restituzione dei prestiti, rinegoziandone gli interessi e portandoli a zero (0,00), chiedendo al governo greco un piano interno che preveda, tra l'altro, una caccia reale all'evasione fiscale[*], nonostante le resistenze della destra di governo. 
Su elementi come questi si può misurare il valore di Syriza al governo. 
E il valore di un'UE che si decida ad accettare una perdita reale del proprio sistema bancario.
Fuori, oltre, c'è soltanto Alba Dorata.
Ovviamente sono pessimista, ma spero che all'ultimo momento prevalga la ragione.
Più o meno come qualunque osservatore il 27 luglio del 1914. 


[*] Nonostante gli appelli inviati dalla Confederazione Elvetica il governo greco non ha ancora firmato un accordo per lo scambio di informazioni bancarie.
 Tsipras, se ci sei batti un colpo...

18.3.15

Quando Bibi è contento il mondo farebbe bene a preoccuparsi



Le elezioni in Israele hanno visto la vittoria di Benjamin Netanyahu, che ha ottenuto un aumento dei propri seggi mentre il partito Laburista ha soltanto confermato i propri 24 seggi. Completamente smentiti sia i sondaggi usciti nelle ultime settimane prima del voto, che gli exit-poll che parlavano di un sostanziale equilibrio. Buona parte del risultato del voto è stato probabilmente dovuto alla massiccia partecipazione al voto degli elettori, il 72% degli aventi diritto. I partiti di estrema destra, «Il focolare ebraico», lo SHAS e il partito di  e  Avigdor Lieberman perdono complessivamente una dozzina di seggi ma perde anche Meretz - estrema sinistra - mentre guadagnano voti e seggi i quattro partiti arabi consorziatisi in una lista unica. Buono il risultato del Kuluna, partito centrista, che ha ottenuta una decina di seggi e si è detto pronto a governare con Bibi.
Il risultato sarà inevitabilmente quello di un governo di destra che - programmaticamente - non tratterà per dare una patria ai palestinesi, che sarà pronto a utilizzare l'esercito in ogni occasione e che darà via libera ai coloni nei territori contesi. 
Questo è stato il programma del buon Bibi e non si vede motivo per il quale non debba metterlo in atto.

Dopo che il 3 marzo Netanyahu ha parlato davanti al congresso statunitense a camere riunite, gli analisti politici israeliani [...] hanno fatto a gara per attaccarlo [...]. Nonostante ciò, presto gli Stati Uniti consegneranno a Israele un altro squadrone di aerei militari di ultima generazione che potranno essere usati per bombardare Gaza un'altra volta. 

Questo ha scritto su «Hal'aretz» Gideon Levy, giornalista politico. Se qualcuno vuole accusare un uomo che di cognome fa Levy di essere antisemita si accomodi, fatto si è che in poche righe Levy ha presentato la sostanziale, terribile ambiguità di un popolo incapace di scegliere una soluzione pacifica ai problemi attuali e futuri della comunità ebraica in Medio Oriente e che continua a puntare su una soluzione sostanzialmente militare, cercando di ignorare ciò che accade appena oltra la frontiera. Un paese dove il pensiero di destra coincide con un confuso nazionalismo religioso e con rabbiose pretese espansionistiche.
Si è scelto ancora una volta Bibi. 
Speriamo che il resto del mondo non se ne debba pentire.  



16.3.15

Vicino al traguardo




Lavorare su un blog non è mai facile.
Particolarmente per me, temo.
Il più delle volte mi ritrovo davanti alla tastiera con la mente vuota come uno stadio di lunedì mattina. 
Potrei scrivere il mio parere su ciò che avviene. 
Che temo sarebbe interessante come ascoltare il vicino di casa che si lamenta di qualcuno del condominio a fianco che lascia sempre l'immondizia fuori dai bidoni. O che non pulisce gli escrementi del proprio cane.
È un periodo che fatico a leggere i quotidiani. Li acquisto, certo, per un'abitudine che ho preso quando avevo sedici o diciassette anni. Ma non li leggo. In genere non vado oltre la prima pagina.
Potrei intervistare qualcuno, come fa il buon Nick con il suo ottimo blog, Nocturnia. 
Noooo, é troppo divertente leggere ciò che scrive Nick, senza faticare in proprio.
Potrei recensire libri, certo, peccato che lo faccia già per LN-LibriNuovi. Qui recensisco talvolta libri ma con una seria mancanza di serietà.
Potrei inserire fotografie. Ma lo posso fare con FB, che almeno qualcuno le guarda. E poi le fotografie hanno senso se raccontano un percorso intellettuale, altrimenti sono mortalmente noiose come una seratina a settembre con gli amici che in agosto sono stati a Sharm-el-Sheick e «Hanno fatto milioni di fotografie». Gulp. 
Sempre che non siate Lartigue. O Jodice. O Salgado. 
Ma non lo siete. 
E quindi è noia.[*]
L'unica cosa seria che ho voglia di fare in questo periodo è scrivere un sismogramma alla mia personale scrittura.
Probabile ve ne importi meno di nulla, ma non ho obiettivi da raggiungere con il mio blog. Lo uso come sfogatoio o come sgabuzzino dei pensieri. 
Giusto perché chiunque in casa quando attacco il discorso su ciò che sto scrivendo in questo periodo scopre improvvisamente di avere di molto meglio da fare. 
Non dite che non vi ho avvertito.

 ...
Ho superato i 200.000 caratteri e manca ormai poco all'epilogo. 
Non è una gran notizia, siamo d'accordo, ma ultimamente non ho molto altro in testa.
Mi succede sempre quando scrivo qualcosa di nuovo, nonostate i milioni di parole spese sulla macchina da scrivere (prima) e sul PC (dopo).
Lavoro sulle frasi ma prima ancora sui sostantivi, sui verbi, sugli aggettivi, persino sugli avverbi. Cerco di ottenere frasi veloci, quando è necessario, ma anche frasi più lunghe e meditative quando è il caso, di risvegliare il ricordo di ciò che non ho mai visto, ovvero riuscire a trasformare una semplice fantasia in un ricordo condivisibile
Il che, se fossi uno scrittore davvero attivo, potrebbe diventare uno dei caposaldi di una teoria dello scrivere meno banale di quelle che girano.
Quando si avvicina il termine di un romanzo tutto sembra assumere un'altra sostanza, i personaggi sembrano diventati davvero vivi, le loro parole riescono più sincere, più naturali, qualcosa che appartiene interamente a loro e che ha sempre meno del sottoscritto. E devo fare attenzione perché la tentazione di ritardare la conclusione diviene quasi insostenibile, il tentativo di descrivere quel mondo ancora per poche righe è forte. Ma cerco di resistere: avrò l'occasione di raccontarne ancora un frammento nella revisione, aggiungendo attimi e gesti. 
La prima stesura di un testo è per me una scheletro con poca carne addosso, dove la prima preoccupazione è che proceda, cresca, avanzi. I personaggi devono uscire dal proprio nome e cominciare a muoversi, agire, ricordare. Viene soltanto dopo un po' il momento dell'affetto e della curiosità, quando rileggendo - si deve rileggere molto il proprio testo, con attenzione, con pedanteria - si scoprono le possibilità che non scriverai, i ricordi che non inserirai, le occasioni che non coglierai. Un romanzo è la relazione di un fatto (non) avvenuto che deve essere narrata fino alla sua naturale conclusione, raccontando soltanto ciò che ad essa attiene. Il che è una frase, ma non è sempre la verità.


Viene anche il momento della divisione in capitoli. 
È un elemento curioso, questo della divisione in capitoli, che molto considerano un elemento centrale della scrittura di un romanzo. Esiste anche qualcuno - e non posso nascondere la mia invidia - che riesce a predefinire una scaletta ordinata scrivendo: «Capitolo 1. Il protagonista viene licenziato; Capitolo 2. Il protagonista viene sfrattato e la sua ragazza lo lascia... e così fino al Capitolo 23: Il protagonista si suicida ovvero il protagonista scopre di essere stato preso in giro dall'autore e lo cerca per accopparlo.» 
Io aggiungo il numero dei capitoli soltanto dopo. Non ho bisogno di aggrapparmi alla struttura per capitoli per capire di essermi impiantato. O impallato. O bloccato senza speranza. Le mie storie divise in capitoli prima di essere finite sono irrimediabilmente bloccate. 
«Va bene, ma del romanzo non parli? Non ne racconti almeno un pezzetto?»
No.
Ho già spiegato di che cosa parla. 
Di più non dirò. Se racconto una cosa prima di averla finita poi non ho più voglia di terminarne la scrittura. 
Anche se ne racconto solo una parte, un episodio un personaggio. 
E ho molta considerazione per il buon Paolo Cavazza che riesce a raccontare un racconto anche prima di finirlo.
Chapeau
Arrivederci alla prossima. Quando avrò finito la prima stesura e potrò parlare d'altro. 
Forse.

 
[*] Ciononostante ho deciso di usare le mie foto per illustrare questo inutile post. Peggio di così... 


  

9.3.15

Quando si arriva al punto


Sono arrivato al punto. Che non è, come sanno tutti coloro che scrivono, il termine del racconto o del romanzo, breve o lungo, ma il punto nel quale dovete spiegare la radice fondamentale del contrasto e con esso la ragione per il quale il testo è nato. Il momento nel quale dovete chiarire il motivo per il quale il testo è stato scritto e perché vi urgeva la necessità di farlo.
Il che non è facile.
Si può rimandare alla fine, certo, lasciando però troppi fili a pendere nella vostra personale ragnatela, col rischio di non chiuderli tutti e che il finale risulti insufficiente e non sciolga tutti i motivi del testo. Con il lettore - oltre, naturalmente a voi stessi - che rimane dubbioso: «Non è male, però...»
È anche un problema di lunghezza, ovviamente. Mentre in un racconto, lungo al massimo 30.000 - 50.000 battute, la necessità di presentare il retroscena di ciò che accade (che in genere è unico) fa immediatamente parte del testo, in un romanzo - lungo o breve - la necessità di presentare il retroscena o i retroscena  diviene sempre più urgente e necessario con il proseguire del testo. 
L'ottimo Cortazàr - poi ripreso da Isabel Allende - distingueva il racconto presentandolo come una freccia puntata sul bersaglio, dove ogni parola ne rappresenta la direzione e il verso, mentre nel romanzo sono ammesse divagazioni, parentesi per riflettere, osservazioni apparentemente fuori luogo, purché a un certo punto si giunga a un redde rationem nel quale anche i passaggi apparentemente oziosi contribuiscano a costituire un insieme credibile. Chi legge sa bene che un buon romanzo[*],  ovvero un buon prodotto di artigianato, non lascia dietro di sé interrogativi non spiegati o risolti con soluzioni banali o che fanno appello a elementi che non appaiono nel testo. 

Un paio di anni fa mi capitò di recensire un libro, Una luce nella foresta di Paul Torday, romanzo che detestai profondamente: 

Con un finale che sbanda tristemente sul misticheggiante, dimenticando una delle regole d'oro del gotico: mai tirare in ballo entità superne appartenenti alla propria religione e men che mai inscenare "interventi divini" per sgrovigliare un horror che sta appassendo. Il passaggio dal fantastico al meraviglioso (sacro) continua a non funzionare, nonostante Torday faccia il possibile per tenere alta la tensione.  

Ciò che disapprovavo di Torday, in sostanza, era l'intervento di un elemento sovrannaturale (l'intervento divino) che non appariva in precedenza e che aveva la semplice funzione di "far quadrare i conti" al termine della vicenda. Un intervento divino, ovvero il più classico dei Deus ex machina, ha una possibile cittadinanza in un horror - basti pensare a L'Esorcista - purché appaia come elemento sistemico del quadro rappresentato. In sostanza mentre nella Bibbia Dio è personaggio del tutto degno di considerazione, nel finale del libro di Torday è un semplice cerottone introdotto all'ultimo minuto utile per salvare la baracca e burattini. 
Chiedo scusa a Dio e a Torday, oltre ai miei lettori, per il lungo interludio. 
Il mio problema è quello di evitare l'intervento di Dio o di qualche misteriosa organizzazione multisistemi dedita a scopi deprecabili o del supereroe di turno o, come nei massacri di babacci e bambole di mia figlia, dove appariva una creatura di Lego Duplo, annunciato dal famoso urlo: «'decio 'riva Zuzu che ammaccia tutti». E la spiegazione del retroscena - di uno dei retroscena - di ciò che è avvenuto non può che venire da un villain, ovvero da uno di coloro che appaiono come antagonisti dei principali attori della vicenda.
Ma qui non termina il mio impegno. 
Può essere un semplice dialogo, ad aver il compito di spiegare ciò che è accaduto e ciò che accadrà. 
O una lunga confessione (un "pippone", sostiene mia figlia). 
O un duello, come avveniva nei film di cappa e spada, nei western o nei noir, laddove spade o revolver sono sostituiti da un paio akkiappagonzytroni branditi dai due rivali. Giusto perché si capisca che si tratta di fantascienza. 
Mah. 

In ogni caso ho parlato prima di retroscena multipli, ognuno legato a un particolare progetto delle forzi operanti. Quindi questa scena - che grazie a Dio ho già iniziato - non può spiegare tutto, dal momento che anche l'antagonista non può essere al corrente di tutto ciò che si muove sotto il ghiaccio. 
Ho una vera passione a complicarmi le cose, come si vede. 
D'altro canto nessuno mi ha mai garantito che la realtà sia, in ultima analisi, semplice. 
La parte principale delle domande sono comunque affidate al mio buon Paulo Tan Low (beh, proprio buono non direi) e alla sua discussione con protagonista e deuteragonista, discussione che dovrà chiarire le idee ai lettori e spiegare perché è avvenuto tutto ciò che  avvenuto. 
Il che, tenendo conto che avevo l'intenzione di tentare di comprendere che cosa muovesse l'ISIS, non è esattamente facile. 
D'altro canto la fantascienza - come tutta la narrativa esistente - ha lo scopo di rappresentare e interpretare la realtà, di costruire specchi adatti a raffigurarla o immaginare altri mondi perché possano rappresentarne taluni aspetti non ancora sufficientemente evidenti, filtrarla perché si riveli comprensibile - o reciprocamente per perdersi nella sua infinita complessità -, restituirla poeticamente mutata ai lettori perché ad essi sia data la possibilità di capire il proprio ruolo nel mondo e comprendere la propria posizione di fronte a temi eterni come la morte e l'amore. 
...
Che poi non è tutto qui, nemmeno questa volta.
...
Ci rivediamo dopo questo passaggio. Che spero di risolvere degnamente. Sono a 185.000 caratteri, comunque, e il progetto enunciato in un altro post direi che resta verosimile.
Spero.  
     


[*] non necessariamente un capolavoro, per i quali valgono almeno in parte leggi diverse.     

6.3.15

Lavorando per il re di Prussia

Qui la testata di LN quando era ancora in fase di preparazione

Sicuramente sono in tanti a sapere che oltre al mio blog lavoro anche sul sito di LN-LibriNuovi. 
Sicuramente.
Quasi sicuramente.
Forse. 
Beh, sarà bene faccia qualcosa in proposito. 
...
Il sito di LN-LibriNuovi esiste da aprile 2013. Precedentemente esisteva come LN-out-of-print, attivo dalla fine del 2011. Il tutto fa tre anni e mezzo di vita. In questi anni su LN-LibriNuovi sono apparsi 819 articoli, tra i  quali 27 speciali, ovvero articoli suddivisi in più parti o monografie, 5 interviste ad autori, 75 recensioni a libri di sf, 8 a libri di Horror, 20 a libri di fantastico (Terranova) - col che si intuiscono i gusti molto fantascientifici dei curatori - 65 recensioni a saggi scientifici (Golem), 8 redazionali, 94 articoli dedicati alle letterature meno note e frequentate in Italia - giapponese, africana, slava, scandinava - (Aria) 246 recensioni di narrativa italiana e straniera (Magazzino), un certo numero di gialli e polizieschi (Grigio) e un numero imprecisato di recensioni a saggi di storia, psicologia, religione e altre soft sciences (Interzona). Oltra a una sezione dedicata ai libri a nostro parere illeggibili o quasi (Disapprovazioni)
Un discreto lavoro, credo.  
Non quanto sarebbe necessario per mettere su una biblioteca civica, probabilmente, ma sicuramente quanto basta per costruire una buona biblioteca privata.
I collaboratori di LN sono una dozzina - al netto degli pseudonimi - senza considerare i collaboratori della versione cartacea - ormai defunta - o gli estensori di un solo articolo
I passaggi sono all'incirca 1.500 / mese, una cifra bassa ma non ridicola e i lettori affezionati sono 162, anche qui una cifra ridotta ma non irrilevante.  
 
I dieci articoli più letti (finora) sono stati:  
1) Cortázar - Alcuni aspetti del racconto [604], 2) Gotico islandese, Mi ricordo di te di Yrsa Sigurdottir [315], 3) Eros in bicicletta di Elisabetta Chicco Vitzizzai [239], 4) Rosselana, la magnifica dell'Harem [211], 5) Disastri ridicoli di Daniil Charms [160]; 6) La notte della Svastica di Kathrin Burdekin [158]; 7) Sesso estremo e buona educazione [156]; 8) E se Napoleone?... Ucronia e controstoria [144]; 9) Blaise Cendrars e la mano mozza [142]; 10) L'anno scorso a Cartagena di Valerio Evangelisti [133].  Un insieme piuttosto curioso, dove appaiono un paio di autori - Charms e Burdekin - sostanzialmente dimenticati e altri autori di saggistica o di divulgazione storica, oltre che narratori non tra i più noti. Compare anche, non del tutto inaspettato, anche un (serissimo) articolo dedicato al sesso estremo nei rapporti BDSM, che, ovviamente, non ha avuto difficoltà a imporsi... Dobbiamo ammettere di non aver (finora) recensito né E.L.James con le sue 50 sfumature né Clive Cussler, né Oriana Fallaci, Umberto Eco o Andrea Vitali ma uno degli scopi di LN è quello di sostenere autori e letterature non abbastanza note.  
LN-LibriNuovi è nato nel 1987, qualcuno probabilmente lo ricorderà, e non ha nessuna intenzione di cessare di esistere. Il ritmo di uscita è all'incirca di un nuovo articolo ogni 2-3 gg., riproponendo recensioni a suo tempo uscite su LN cartaceo o recensioni nuove. Ovviamente non avendo più una libreria a disposizione - nel senso di esercizio commerciale - le recensioni, almeno per quanto mi riguarda, saranno dei libri che ho acquistato perché mi piacciono. O che spero che mi piacciano, seguendo i miei strani gusti. Ma non sono il solo a scrivere su LN e teoricamente non è escluso che possa apparire anche una recensione a 50 sfumature. Anche se, mi ripeto, la nostre preferenze vanno verso gli autori di letterature non europee, la letterature di genere fantastico e la saggistica scientifica.
LN non si fermerà, potete scommetterci. 
Ritenete di poter collaborare con LN? Di poter parlare di un libro che vi è piaciuto o che vi ha scontentato profondamente? Mandate la vostre recensione a LN, redazioneLN[at]fastwebnet.it e aprite un canale con noi.
Quando avete un momento fatevi un giro su LN, probabile vi venga voglia di leggere qualcosa...  


3.3.15

Sparare ai pesci in un barile


Mi ha dato non poco da pensare lo sfogo di Paolo Cavazza apparso qualche giorno fa sulla sua pagina di FB. In breve il testo affermava: 

[...] Anche le anticipazioni che ho pubblicato di un mio racconto in preparazione [...] non erano intese ad elemosinare dei "mi piace", ma a suscitare discussioni che in qualche caso si sono accese e sono diventate estremamente interessanti, come quella sui personaggi e sul loro rapporto con la storia e la trama [...] [Ma] certi giorni (e certe notti) trovo onestamente difficile ignorare diplomaticamente certe cose che trovo sulla mia pagina FB. Ma certo è un mio problema personale.

Un problema personale? Onestamente non lo credo. 
Sono seguiti commenti vari, tra i quali il mio: 

Sono presente su FB perché non posso farne a meno, ecco la semplice verità. È vero che a certe persone posso rimanere vicino soltanto così e un passaggio ogni tanto non fa male. Ma non ho molta simpatia per uno strumento come FB - non parliamo poi di tweet - e lo uso per rendere noto a chi vuole rimanere in contatto con me che altrove - sul mio blog, su Alia evolution o su LN - può avere mie nuove. Ma con FB non crei rapporti umani, al massimo mantieni quelli che hai e avevi.

Non troppo esaltante, me ne rendo conto. Molto meglio il commento di Consolata: 

Anch'io trovo difficile certe volte tapparmi la bocca e la tastiera di fronte a certi post. Però mi sforzo, proprio come nella vita in cui ho faticosamente imparato che non tutte le mie opinioni sono indispensabili né significative. Secondo me su fb la tattica che aiuta a non incazzarsi è l'indifferenza: le persone si rivelano tantissimo anche con una riga, si impara più o meno che cosa ci si può aspettare dall'una o dall'altra, se qualcuno proprio non lo reggi scegli di non vedere i suoi post, o fai scivolare l'occhio senza leggere e vai a quello dopo.

 O quello dell'ottima Chiara Negrini: 

Cavazza, fregatene e posta quello che credi. Il profilo è tuo, e sul proprio profilo ognuno ci mette quello che vuole. Ti va di metterci le anteprime dei tuoi racconti? Lo fai. E che cristo, non è possibile che la gente non abbia ancora imparato a farsi una pentolata di cazzi propri. Scusa il francese, ma ci vuole. [...] Sfancula senza pietà.


Il problema appare qui dividersi in diversi problemi di ordine essenziale: 

1) Un autore può pubblicare un proprio testo in formazione su FB senza rischiare di averne commenti poco gradevoli e anche, nella migliore delle ipotesi, assolutamente inutili? 
2) Un minimo di netiquette - termine attualmente poco usato, il che è a suo modo indicativo - non dovrebbe prevedere un educato silenzio di fronte a esperimenti letterari di dubbio valore? [*]
3) Kikkazzo autorizza quattro imbecilli a cianciare di cose delle quali non capiscono il più classico dei kz?[**]
4) Perché gli idioti sembrano aumentare a ogni giro dell'orologio? 

  
I punti 3 e 4 sono dovuti alla mia età, abbiate pazienza. Non ho ancora una panchina in casa per deprecare comodamente seduto e affiancato da tre o quattro piccioni cittadini ma mi sto organizzando. Non credo sinceramente che i cretini stiano aumentando ma soltanto che anche i cretini abbiano un accesso a internet e soprattutto un po' di spazio su fb dove poter colpire a man salva, più o meno come un tempo, da ragazzini, si facevano telefonate kazzute alle casalinghe notificando loro la prossima consegna di lavatrici o di televisioni e ridacchiando pensando alla loro delusione, beati e beoti. Esiste un'età nella quale si è fondamentalmente stupidi, età che ultimamente sembra essersi allungata, ma si tratta di un'inevitabile conseguenza della maggiore durata della vita. 
Aggiungo che personalmente, per abitudine di autore, non pubblico nemmeno sul blog accenni se non molto vaghi a ciò che sto scrivendo, essenzialmente perché ho il timore di "far uscire i personaggi dalla storia" non abbastanza corazzati contro l'incredulità del mondo e donando loro un'indipendenza che rischia di essere "esterna" al prosieguo della vicenda. Un mio testo scritto ha regole non scritte molto severe  che non riesco a ignorare. Con tutto ciò immagino che per altri le regole possano essere profondamente diverse e che il rapporto dei personaggi con la realtà fattuale possa essere importante. 
Per farla breve, non esistono due modi assolutamente identici di cucinare un uovo al tegamino. 
...
Sul punto 1 necessariamente mi scandalizzo. 
Scrivere vuol dire esporsi, dichiarare, candidarsi a rappresentare - brevemente, parzialmente - la percezione della realtà in un momento dato. Sono ammissibili le critiche, anche aspre, anche severe, persino ingiuste o gratuite (purché comunque fondate)[***] ma non i fischi e le pernacchie. E non è questione di essere "buoni dentro" ma semplicemente di evitare commenti fuori contesto, come fischiare un calciatore allo stadio perché incapace di danzare o di cantare. 
La netiquette sembra passata di moda e probabilmente su fb lo è, ma comporta il semplice civismo di ignorare quelli che si ritengono tentativi fallimentari di presentarsi come artisti
Questa è una regola che dovrebbe valere per tutti. Su fb siamo in molti a presentarci virtualmente in mutande e non è carino girare con una mazza da baseball da schiantare sulle pudenda di quelli che espongono i propri tentativi. Tanto più che in genere ciò che si riesce a esporre su fb sono al massimo venti righe, tanta buona volontà e una generosa dose di narcisismo. Ed è proprio il narcisismo - che non è più un vero difetto ma ormai una prerogativa comune a tutti o quasi - a essere colpito con maggior gusto dai moderni moralisti on line. «Sapeste com'è simpatico il mio dolcissimo Rorò», annuncia la lieta fanciullina o «Venite a vedere com'è potente il mio Toro Skatenato», scrive il giovin dabbene e l'anonimo moralista on line chiosa rabbioso: «Ci fai defecare dal disgusto, farlocco, te e le tue marionette da straccione». 
Siate sinceri, voi come ci restereste?
Tutto questo bel discorso (o bel pippone, come direbbe mia figlia) solo per dire che il buon Cavazza (e chiunque altro) ha tutto il diritto di sparare i suoi Rorò o i suoi Tori Skatenati - così come le sue Grushenka e i suoi Achab - senza dover chiedere il permesso a nessuno e che se qualcuno gode intensamente a colpirlo alle pudende sia un gentiluomo, lo schivi, lo cancelli e lo ignori. Gli unici commenti ai quali si dovrebbe rispondere sono scritti in buon italiano, privi di turpiloquio e senza modi da Rodomonte.[****]
Credo sia l'unico modo per sopravvivere alla dura legge del web. 



[*] Ovviamente non mi riferisco ai testi di Cavazza nè ad altri non citati ma mi limito ad affermare un principio generale. 

[**] E questa non è una novità: di qualunque cosa parliate salta sempre sù il classico imbecille a sparare un commento fuori luogo, fuori contesto, fuori logica. In questi casi essere danteschi: «perdona loro perché...» 

[***] Ovviamente in questo caso si parla un po' alla membro di segugio, dal momento che giudicare un testo in base a poche frasi è appannaggio di lettori attentissimi o raffinati editor. Si può sempre scrivere: «Hai scritto "scivolò sul bagnasciuga", io avrei scritto "scivolò sulla battigia" per evitare insieme l'assonanza e l'errore concettuale», ma temo che su fb non sia possibile entrare davvero nel merito. 

[****] Per colpire duro non è necessario il turpiloquio. Anzi...