28.12.15

Andarsene quatti quatti


È ciò che mi accingo a fare. 
Una settimana intera in montagna, a contemplare l'erba gialla e le pratoline che, incoscienti, mettono la testa fuori dai prati, sigillo vivente della follia dei nostri tempi.
Ci sono passato oggi per accendere il riscaldamento. C'era un cielo azzurro caramella e un dieci gradi o giù di lì. Dai 1300 metri si vedeva una nube brunastra che avvolgeva il cielo sopra Torino. «E io ero a respirare quella roba...». Le montagne, brune con poche venature di ghiaccio, delimitavano il nostro orizzonte, divenuto invisibile anche in un cielo perfettamente sereno.  
Sono ritornato giù di umore peggiore di quello con il quale ero partito. La terra pallida, spaccata, l'erba pallida o verde scura, ombreggiata di galaverna, flebile e senza vita. No, non sarà un vero allontanarsi dalla vita di ogni giorno, ma un modo per ricordarmi costantemente la nostra abissale e idiota superficialità. 
È finito da pochi giorni il COP21, che ha partorito un lunghissimo documento che non obbliga nessuno a far nulla di serio, o perlomeno non a farlo velocemente, proprio ciò che servirebbe adesso. I produttori di carbone, i produttori di petrolio, i produttori di automobili e più in generale i produttori di CO2 hanno in loro diritti, quindi. Niente.
Probabile che entro metà gennaio piova o addirittura nevichi. La terra secca avrà bisogno di una pioggia calma, non troppo violenta e la neve dovrà scendere lentamente e rimanere a lungo sulle montagne, per evitare di creare valanghe spettacolari e assassine. 
Voi vi aspettate che il clima sarà tanto educato? 
Ne riparleremo tra un paio di mesi. 
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In montagna cercherò di lavorare al racconto mancato per ALIA. Non parlo del racconto - fortunatamente terminato - destinato al prossimo ALIA ma piuttosto al primo racconto, divenuto un romanzo breve, poi un romanzo non troppo breve poi... Vabbé, cercherò di lavorarci su, anche per un possibile utilizzo per la serie di ALIA che uscirà la prossima primavera. E non sarà facile, lo so.
E già pensare alla prossima primavera mi dà un leggero brivido. 
Ma di che cosa preoccuparmi? 
Posso sempre fuggire in montagna. 

«Sei paranoico, ecco la verità. Poi non hai mai tollerato il caldo».
Vero. Sono paranoico con una certa tendenza alla depressione. E non sopporto tutte le temperature che superano i trenta gradi. 
Divento una combinazione tra il Mostro della laguna nera e M, il mostro di Düsseldorf. Buon per voi che i blog non sono interattivi e soprattutto non hanno una rappresentazione virtuale. Un Peter Lorre con una capigliatura di alghe che scende dalla bombetta e pieno di squame verdastre non è una visione adatta a tutti. 
... 


Ovviamente sarò praticamente irraggiungibile. Anche il telefono mi ha piantato in asso, probabilmente fregato dalla pila giunta a fine corsa, e chi mi cercherà dovrà passare attraverso mia moglie. Alla nuova pila - o al nuovo telefono - penserò al mio ritorno. 
Tenterò di controllare la posta con il tablet, ma non ci spero troppo. Quanto a FB penso che rimarrò fuori dai giochi, cosa che non posso dire mi dispiaccia davvero. Ovviamente anche LN-LibriNuovi resterà sguarnito, come la pagina di CS_libri. Sopravviverete? Sì, certo, lo so, inutile fare del sarcasmo. Fatto sta che fino al 5 gennaio non leggerete altro che provenga dal mio fienile. 
Intanto tutti i miei migliori auguri di un nuovo anno almeno decente. O, magari, di un anno stupendo, che segni un'inversione di tendenza nel clima e nella convivenza. 
Non ci spero, ma è bene ripeterlo. 
Un grande abbraccio e a presto.

19.12.15

Le IA


Le IA, ovvero le (I)ntelligenze (A)artificiali, sono un tema tutt'altro che piccolo o trascurabile, non solo nella sf, ma anche per la realtà fattuale, dove hanno uno spazio crescente, anche se, per chi non è direttamente impegnato nella produzione di manufatti, sono ancora oggetti futuribili e sottilmente allarmanti. 
I robot, ovvero gli strumenti attivi delle IA, sono già presenti anche se non hanno le fattezze pseudoumane che la nostra fantasia attribuirebbe loro. Un'automobile viene in gran parte assemblata dalle IA e dalle loro braccia, programmate in un altro luogo rispetto al luogo della produzione. Volendo ragionare marxianamente, si potrebbe concludere che il furto di plusvalore non avviene più alla catena di montaggio ma avviene molto prima, quando, utilizzando un elaboratore, vengono gettate le basi per la costruzione di un'auto – o di qualunque altro manufatto – che i lavoratori sono chiamati a montare in altro luogo e in un altro momento, come nelle istruzioni di un colossale gioco di Lego.
Non ho idea di che cosa direbbe Karl Marx di un simile modello di produzione anche se non ho problemi a immaginare che un buon cervello come il suo saprebbe come valutare i tempi e i temi di un simile processo. Non esiste più lo sfruttamento? Non credo, semplicemente si è spezzata l'unità di produzione – ovvero la fabbrica –, distribuendo il lavoro su diversi luoghi e in diversi momenti. Ma questo significa anche che il grado di competenza richiesto a semplici «operai di catena» li rende molto diversi non solo dagli operai di catena degli anni '60 e '70 ma anche dagli operai di inizio XX secolo, in grado di costruire un camion dal primo bullone all'ultimo. E, da questo punto di vista, le gigantesche fabbriche degli scorsi decenni, con decine di migliaia di lavoratori, sono un passato che non si ripeterà più, perlomeno in Occidente. Ultima conseguenza, non molto piacevole, chi non ha una funzione precisamente determinata all'interno di un simile modello di produzione finirà per lavorare nel settore dei servizi, il che spesso significherà scegliere se essere un cameriere o un telefonatore seriale, tenendo conto della concorrenza degli stranieri che sono disposti a lavorare per cifre minori. Non sarà questione del tempo che si è disposti a passare sui libri ma del tipo di studi scelto. 
Sempre se si hanno soldi da spendere in una formazione sempre più costosa e meno disponibile per tutti


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«Sempre a buttarla in politica. Non dovevi parlare di IA?»
Vero, hai ragione, ma non potevo... Vabbè, adesso ne parlo.
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Le IA esistono, in sostanza, e sono ovunque.  Nei droni che spiano e, volendo, bombardano, come nei camion che trasportano il petrolio, come nelle macchine che trasformano il petrolio in benzina, come nei trattori che dissodano e lavorano la terra. Piccole intelligenze, il più delle volte, che segnalano un problema di carburante o indicano l'eccessiva pendenza del trattore o la temperatura troppo elevata in una forno e in qualche caso intervengono, consultando o meno l'addetto. Ma le IA sono anche i robot che stanno testando a Torino e a Genova, robot «da compagnia», che avranno compiti di assistenza e persino di compagnia per ammalati o anziani immobilizzati. Seguiranno poi i robot da utilizzare per i compiti di pulizia e gestione dell'ambiente di lavoro e di vita quotidiana. E poi? Beh, dopo la rivoluzione del Web assisteremo a un'altra rivoluzione che provocherà un vero terremoto nell'organizzazione del lavoro e nella vita sociale.
Non si tratta più di fantascienza, in sostanza, ma di realtà che avanza e che renderà molte figure sociali, divenute inutili, un nuovo problema per l'equilibrio sociale

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E di IA abbiamo parlato io e Silvia proprio l'altro ieri con Cooper Hugmented, riflettendo insieme sulla passione umana per gli oggetti intelligenti, una passione che fa sì che, per citare proprio il conduttore del Podcast, «gli esseri umani sognino di poter imitare Dio creando a loro volta creature intelligenti».
La fantascienza ha passato diverse fasi nella propria storia nella visione delle IA. Dal robot come semplice lavoratore – d'altro canto «Robot» viene da ceco «Robota», ovvero lavoratore –, al robot come allucinante imitazione in Metropolis, ai supercomputer de La civiltà dei Solari di Norman Spinrad o de Il sistema riproduttivo di John Sladek, al furto elettronico di sentimenti e di emozioni come in Synthajoy di David Compton, o alla realtà virtuale di Permutation City di Greg Egan. Ma anche, nel corso della sua storia, il Mike de La luna è una severa maestra, di Robert Heinlein, il supercomputer ciecamente attivo dei Nove miliardi di nomi di Dio di Arthur Clarke fino ai tamagotchi de Il ciclo di vita degli oggetti software di Ted Chiang, le navi senzienti di Iain M. Banks ne L'Altro Universo e le intelligenze ancillari di Anne Leckie in Ancillary Justice
È stata dura, ammettiamolo, tentare di riassumere decenni di fantastico fantascientifico in poco tempo e poco opere e sicuramente abbiamo trascurato qualcosa di fondamentale e irrinunciabile. Ma se non altro ci abbiamo provato. almeno questo lo si dovrà ammettere
Abbiamo parlato poco di Isaac Asimov, vero, molto vero, limitandoci a citare le 3+1 leggi della robotica, ma ci sembrava di essere quantomeno ovvii a rimandare a un autore comunque noto nel campo delle IA robotiche e abbiamo preferito accostare altri autori che non hanno costruito un mondo intorno ai robot ma che hanno scelto un approccio diverso al tema. 
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E che le IA siano in questo periodo al centro se non altro della mia attenzione posso rivelare un piccolo dato: il mio racconto per ALIA, Una nuova vita, ha al centro della vicenda una IA. Una IA "di serie", assolutamente normale, ma che dimostra in più occasioni un bizzazzo sense of humour.  Ma è possibile, mi sono chiesto in più occasioni, che una Intelligenza Artificiale sia in grado di interagire profondamente con un umano, essere ingenua ma decisa, in qualche occasione bietolona ma sempre curiosa, che mostri un gentile affetto per gli esseri che gli sono stati affidati? Ed è possibile affidarsi a tali intelligenze  
La Corrente, da questo punto di vista, è fondata su una massiccia cessione di autorità, di indipendenza, di iniziativa dell'umanità verso le IA. La Corrente non è il paese dei balocchi ma è soprattutto Equilibrio.  Gli umani possono giocare finché vogliono ma qualcuno è chiamato a rimettere in ordine quando i giochi sono finiti. È successo in tutti i testi che ho scritto, pubblicati o meno, ed è così anche questa volta. 


10.12.15

L'ucronia e il potere predittivo delle parole


No, non parlo di profezie, semplicemente di parole. 
Stiamo vivendo in un brutto momento. 
Il risultato delle elezioni in Francia sono un preavviso, di quelli che non bisogna dimenticare.
Ormai anni fa mi capitò di leggere un romanzo di ucronia, dal titolo: 1938, La distruzione di Parigi, scritto da Paul Menard. 
La vicenda è relativamente semplice da raccontare e ruota intorno a Charles Maurras, segretario del Ligue d'Action Française, partito di estrema destra, attivo in Francia negli anni '30 e direttore de L'action Française, giornale nazionalista e monarchico, germanofobo ma antisemita. Tra le altre cose che l'Action Français scrisse fu un appello per l'eliminazione fisica di Leon Blum, deputato e in seguito presidente del consiglio francese

È in quanto ebreo che bisogna vedere, concepire, capire, combattere ed abbattere Blum.

La vicenda de La distruzione di Parigi nasce da una serie di disordini fomentati nel 1934 dall'estrema destra francese che sfociano in un colpo di stato che la porta al potere. La nuova Francia, guidata da Philippe Petain, antisemita ed ultranazionalista, adotta ben presto una politica espansionista e aggressiva in Europa e oltremare, tanto da giungere ben presto al confronto con l'Impero Britannico. Dopo aver provocato la deposizione di Adolf Hitler in seguito alla fallita occupazione della Renania, il 18 agosto del 1936 [*], si contrappone all'Italia di Mussolini e il risultato - inevitabile - è l'alleanza tra Churchill e Mussolini, che passano dal semplice scambio di lettere [**] all'alleanza contro il risorgente nazionalismo francese.  
È solo una semplice di tempo, a quel punto. Un semplice incidente, non si sa se provocato dai francesi o dagli inglesi, provoca la guerra tra francesi e spagnoli da un lato e inglesi e italiani dall'altra. 
La guerra è breve e sanguinosa e ha come protagonisti tra gli altri il generale Montgomery, il generale Charles De Gaulle [***] e il quadrumviro Italo Balbo, artefice della magistrale condotta italiana nella guerra in Africa e culmina, nel 1938, con il bombardamento di Parigi. 

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Interessante come sia stato un autore d'oltralpe il più implacabile nemico della destra francese. Cosa che, probabilmente, non è affatto nuova. Basti pensare a Georges Simenon nella sua critica costante e impietosa dei petit bourgeis della provincia francese, condotta instancabilmente per decine di romanzi. Una parte non irrisoria dei francesi era (ed è) dapprima antibolscevica, poi anticomunista, in seguito antisocialista ed è profondamente reazionaria e sostanzialmente criptonazista. Robert Paxton nel suo «Vichy, il regime del disonore», dimostra che il nazionalismo francese ha finito per essere un fido alleato del nazismo, soprattutto per quanto riguarda l'antisemitismo.
La situazione attuale in Francia non ha - ancora - i connotati di un possibile svolta a destra, ma l'indignazione per l'attentato del 13 novembre ha suscitato una risposta burbanzosa e, come capita spesso, sottilmente ridicola. I francesi hanno ostentato aeroplani, navi da guerra e cannoni, dimenticando di bombardare ciò che i russi hanno di recente mostrato, ovvero le lunghe colonne di autobotti che trasportano il petrolio rubato dall'ISIS e venduto a mezzo mondo. Si è trattato di una semplice dimenticanza o un modo per non mettersi in urto con l'amico impresentabile, cioé la Turchia? Ognuno pensi un po' quello che vuole, ma resta il dato di fatto che la risposta francese ha avuto i toni e i modi convulsi di un nazionalismo persino un po' becero. 


E la svolta a destra del governo francese che si sforza di far concorrenza a Marie Le Pen, dimentica che a votare è andato meno del 50% degli elettori. Si replica così anche in Francia ciò che è avvenuto e sta avvenendo anche in Italia: l'abbandono del voto da parte di molti elettori e in particolare di molti elettori di sinistra. Qualcuno ha dimenticato le percentuali di votanti in Emilia Romagna? Un 40% scarso... Holland e Renzi hanno in comune quel genere di cecità che si attribuisce agli stolti, cioé a coloro che non riescono a vedere anche se la risposta è evidente agli occhi di molti.
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Ma l'ucronia può essere una buona guida anche per immaginare una storia solo apparentemente diversa. Se in Germania la rivoluzione degli anni '20 fosse riuscita, se Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht fosse sopravvissuti? Non è una domanda così oziosa. Con una Germania sovietica piantata del cuore dell'Europa, Mussolini sarebbe durato a lungo e l'alleanza con Francia e Inghilterra sarebbe stata una conseguenza necessaria. Come si vivrebbe adesso, in un'Italia tuttora fascista, vincitrice della guerra contro il comunismo tedesco? 
Nel 1994 ho abbozzato U.K.R., un romanzo di ucronia che ho parzialmente riscritto nel 1998 e terminato all'inizio del nuovo millennio.   
Non si tratta di potere predittivo delle parole, ma l'Europa successiva alla guerra anticomunista ha caratteristiche non troppo diverse dall'Europa contemporanea, ovvero un luogo «assediato» dove si scontrano civiltà ed etnie diverse: 


La questione ebraica è tornata drammaticamente d'attualità nell'Europa di fine secolo. E insieme a essa, in un nodo impossibile da districare, torna ad agitare le coscienze il problema dell'immigrazione, un flusso apparentemente interminabile che abbatte ogni frontiera, che annulla identità e storie di popoli. Il nostro governo guidato dal Duce Federico Molinari è chiamato a un cimento non facile. Il popolo italiano vuole sia la pace a salutare la fine del secolo, ma fino a quando potrà tollerare che innocenti membri di comunità operose subiscano quotidianamente la violenza dettata da politiche pretestuose e assassine? Non hanno mai cessato di allarmare gli italiani e la Casa Reale le voci di campi di rieducazione per cittadini «socialmente incompatibili» che il nuovo governo tedesco pare abbia organizzato in alcune zone inaccessibili dei propri territori. I fatti di Varsavia ci inducono a pensare che sia giunto il momento di conoscere infine la verità. Siamo chiamati a testimoniare la nostra più ferma opposizione alla manovre dei governi della Linea Orientale, ispirate alle teorie deliranti dei Nazionalpopolari di Dietmar Weininger.[****]


Un'Europa, per l'appunto,  solo in apparenza diversa dall'attuale, dove i tedeschi sono (nuovamente) i villain della situazione in compagnia di polacchi, lituani, ucraini, ungheresi ecc. e il Duce (sic) chiamato a intervenire per tentare di salvare la pelle agli immigrati arabi e ai residenti israeliti. 
Non posso negare di aver sentito un brivido rileggendo questa pagina di U.K.R., che proviene dalla prima stesura, quella del 1994.
Ma potremmo immaginare un'Europa dove la Francia è dominata da un governo di estrema destra, antisemita e nemico dell'Islam, e la Germania titubante ma schierata in difesa degli immigrati...  
Se è vero che le parole scritte possono avere un potere predittivo, è soprattutto vero che la storia si ripete per tutti coloro che non la conoscono. 


[*] Nella realtà l'occupazione della Renania fu all'epoca definita da inglesi e francesi la «semplice discesa dei tedeschi nel loro cortile».
[**] Il carteggio tra Mussolini e Churchill è, secondo Mimmo Franzinelli, un falso, mentre diverso è il parere di altri storici. 
[***] Nel volume di Paul Menard il generale De Gaulle organizza lo sbarco attraverso una flotta di idrovolanti ad Hastings, sulle coste britanniche.
[****] pp. 151 di U.K.R., da pseudo-«La Stampa» del 22 febbraio 1976.