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4.6.19

Il Mare Obliquo 13

 
Il Re Artamiro teme che la situazione gli stia sfuggendo di mano e ricorre al consiglio del Conte-Mago Teardraet. Poco dopo nelle isole dei Syerdwin il Seliest Horr Vamaiun, il Conte Gast e il Conte-Mago Teardraet si trovano per un importante incontro. Ma Maldanea riesce comunque a farsi notare.

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Kolowi, il gran cerusico, si avvicina di corsa e poggia un piccolo specchio sotto il naso del Mago. Dopo pochi istanti solleva la testa voltandosi verso Artamiro. – È vivo, sua Volontà, ma debolissimo.

Il re annuisce gravemente e lancia un'occhiata imperscrutabile agli Erbani che circondano la sua portantina. – Fatelo ricoverare nella mia tenda, Kolowi. Adesso andiamo.

Mentre percorrono la discesa Ant'Kisìel gli rivolge la parola in più riprese ma Artamiro non gli risponde. Kwister se ne è andato chissà dove, i Syerdwin mandati all'accampamento di Bartsodesch non vi sono mai giunti, Tiatikenn, uno dei maghi più potenti del mondo è ridotto ad un povero vecchio che biascica parole senza senso, non pochi guerrieri hanno abbandonato il suo esercito ed i rinforzi promessi da Nyby Ornoll e da Horr Vamaiun non sono ancora nemmeno a metà strada, sempre che siano effettivamente partiti. Non è accaduto nulla di irreparabile, ma Artamiro non è così sciocco da non capire che la situazione gli sta sfuggendo di mano.

Per il resto del tragitto non apre più bocca, anche se il suo Siniscalco si adopera per rassicurarlo. «Ant'Kisìel, tu vorresti il mio trono, lo so, come tutti gli sciocchi ambiziosi che ti hanno preceduto.» Riflette Artamiro. «Ma sei troppo amorale per essere anche intelligente. Tu credi che sia sufficiente la crudeltà, la forza per dominare il mondo, ma esse sono solo una manifestazione del dominio, non la sua essenza. La sua essenza è pensare come un bimbo capriccioso o come un uomo virtuoso, quando è necessario. Pensare come una comare sospettosa o come una vergine trepida, come un vecchio astioso o come un giovane impulsivo… Io sono tutte queste cose e anche molte altre, Ant'Kisìel, e perderò il mio trono solo se un altro saprà essere come me, meglio di me.»

– Non voglio essere disturbato da nessuno. – Abbaia Re Artamiro appena giunto alla sua tenda regale. Si cambia, fa un breve bagno e subito dopo si infila nel suo laboratorio, lasciando Dubro ed altri tre Silvestri a guardia della porta.

Nel laboratorio arde una lampada donatagli da un mago delle isole Oltre-Il-Tramonto, la cui luce si colora e brilla seguendo l'andamento dell'umore e della disposizione d'animo delle persone che illumina. In quel momento manda una luce verde fredda ed irregolare che illividisce le superfici colpite dalla sua luce e rende più oscure le ombre. Artamiro osserva a lungo la lampada, cercando di allontanare la rabbia ed il livore che indeboliscono la sua luce. Lentamente, quasi con rimpianto il colore vira debolmente verso l'azzurro gelido del controllo interiore mentre l'irradiazione si fa più regolare.

Artamiro guarda soddisfatto il risultato dei suoi sforzi e marcia verso il fondo del locale, a un tavolino di opale dove riposa un grande specchio dai bordi arrotondati, coperto da un drappo di seta rossa.

Con cautela il Re solleva il drappo, scoprendo una superficie senza colore, come un frammento di ombra incastonata nella cornice di vecchio legno dorato.

Il re la fissa per un istante con un brivido e distoglie lo sguardo. Ogni volta che affonda gli occhi in quello strano specchio deve farsi forza per resistere alla tentazione di immergere una mano in quell'oscurità o di appoggiarvi il volto per guardare oltre la liscia superficie che la luce non riesce ad illuminare.

Il Negromante dal quale ha ricevuto quello strano specchio non ha fatto in tempo a dirgli nulla su quell'ombra: un suo capitano l'ha ucciso prima che il Lupo-Drago potesse parlare. Tiatikenn, al quale l'ha mostrato, ha cercato di spaventarlo parlando dell'Ombra che forma tutte le cose, del nulla ubbidiente alla nostra volontà ed al nostro sguardo che crea oggetti e creature laddove non esiste nulla. «Quello specchio riflette la vera realtà del mondo, Sua Volontà: pura illusione costruita su un'ombra eterna e senza mutamento alla quale noi tutti dovremo tornare.»

«Ti piacerebbe questo specchio Tiatikenn?» Gli aveva chiesto in quell'occasione.

«Sì, Volontà, ma ho timore di ciò che potrebbe mostrarmi.» Era stata la risposta del Mago, una frase strana per Tiatikenn, la cui presunzione e rapacità erano note in tutto l'ampio arco del mondo.

Artamiro scuote la testa con forza. I suoi pensieri hanno fatto impallidire il colore della lampada magica la cui luce si è fatta fioca e violacea.

Il Re ha sempre utilizzato quello specchio solo per comunicare con Teardraet dei Syerdwin, che ne possiede un'altro, senza provare a chiamare o ad evocare null'altro in esso, anche se spesso ha avuto l'impressione di vedere disegnati nella sua ombra volti e oggetti noti, richiamati dal suo sguardo.

– Teardraet. – Chiama a bassa voce Re Artamiro, cercando di resistere alla sensazione di disagio che gli danno la vista e le parole del Syerdwin. Lo chiama ancora due volte e finalmente la superficie dello specchio comincia ad illuminarsi, mostrando una stanza foderata di azzurro e grigio, ammobiliata con grandi mobili scuri.

– Artamiro, come posso servirti? – Il viso del Conte-Mago dei Syerdwin compare all'improvviso nella cornice dello specchio, facendolo sobbalzare.

– Teardraet, ti ho chiamato per chiedere ancora una volta il tuo lucido consiglio.

– Sì, Seliest. Il mio consiglio non merita tali apprezzamenti, ma se le mie povere parole servono a rassenerarti…

Artamiro annuisce con un cenno secco del capo. Ogni parola, ogni frase di Teardraet hanno molti significati e ancor più sottili scopi. Artamiro sa o almeno sospetta che il Conte-Mago syerdwin non tema né rispetti nessuno. Egli è inconcepibilmente vecchio, più di tutte le creature che popolano il Mondo e nessuno, nemmeno lui, il sovrano più potente di Dancemarare, riescono a fissarlo negli occhi, intimoriti da quanto vi leggono.

– Tu sai, vero Teardraet?

Il syerdwin sorride lentamente. – Ho qualche notizia della disgrazia che ha colpito Tiatikenn. Egli non deve misurarsi con una Grande Anima, ti prego di riferirglielo. Canddermyn è antica quanto le montagne ed altrettanto potente… Non si può combattere contro la sostanza del Mondo, quella della quale tutti noi siamo fatti… Non sempre.

Artamiro annuisce senza rendersene conto. Teardraet ha un voce bassa e carezzevole, la voce di un padre amorevole o di un insegnante saggio e comprensivo e Artamiro sa per esperienza che a quella voce così pacata, così forte ed insieme comprensiva è impossibile resistere.

– Cosa pensi, Teardraet? 

 

Il syerdwin ha un sorriso più ampio. – Vorrei saperlo anch'io, Artamiro. Cosa pensai e cosa penserò. Ma la trama dei pensieri è così fragile e di tutti i pensieri pensati, così belli nella loro delicata, aerea sostanza non ci rimangono altro che rozzi frammenti, rigidi ed inadeguati… Sassi da scagliare contro il cielo. Kwister è lontano, Re Artamiro, e tu farai male se lo cercherai… attendi il tuo tempo senza temerlo… Non ce ne sarà un secondo né un terzo. Questo mondo è ai suoi ultimi sospiri ed io con lui… Riposa, ora. Ciò che temi può accadere se lo temerai davvero.

Artamiro annuisce senza capire e guarda alle spalle di Teardraet, la stanza illuminata da una luce grigia di pioggia.

– Io sto creando nuove alleanze, Re Artamiro. Mi sto spendendo per vedere il mondo che ci seguirà. Ti devo salutare, ora.

– Sì, arrivederci Teardraet.

– Arrivederci Seliest.

Con un movimento esitante Artamiro copre lo specchio. Non ha chiesto nulla ma Teardraet sapeva ed ha risposto anche a ciò che lui non avrebbe mai voluto chiedere. Le sue frasi erano come sempre piene di enigmi strani e bizzarri, come se il Syerdwin potesse vedere un mondo non ancora creato.

Con un sospiro il Re va verso la porta difesa dai suoi fidi Erbani e la apre con cautela. Strani sogni lo accompagneranno quella notte, che soli potranno spiegare le parole di Teardraet.





– Era la carrozza del Re, vero, quella? Del Seliest Horr Vamaiun?

– Sì, certo. Ora Maldanea se vorrete…

– Aspetta Pascalina, aspetta. Il Padre-Adulto sarà impegnato per un bel po' con i doveri dell'ospitalità e non penserà certo a me o ai miei cugini… To', guarda. Ma è proprio il Seliest, si riconosce anche da qui: magro, sottile e nervoso. Guarda come cammina, sembra una locusta o un manichino. Cosa…

– Dama Maldanea, ma non avete rispetto per nulla? Vi prego, ritiratevi, potrebbero vedervi.

La giovane Syerdwin si volta senza abbandonare la sua postazione alla finestra dell'abbaino. Pascalina, la sua dama di compagnia, è in piedi, aggrappata allo schienale di una vecchia sedia, esibendo un espressione per metà corrucciata e per l'altra metà spaventata.

– Scendete di lì, vi prego. – Continua l'anziana dama, passando dai modi formali all'atteggiamento accorato. – Questi atteggiamenti non sono degni di una dama Syerdwin.

– Hai ragione Pascalina. – Maldanea fa un ampio cenno di assenso. – Ancora un secondo e scendo.

Il cortile del castello nel frattempo si sta riempiendo di soldati ed ufficiali nei colori azzurro- grigio della Famiglia Wessiun e nel viola-sabbia-nero dei Vamaiun.

– Vedessi che carini sono, Pascalina, con tutti quei colori che si mischiano e si confondono… Ecco, sta arrivando il Conte Gast, ho visto Edlemet e Ghìoden, i suoi alfieri. E adesso stanno arrivando i soldati umani di Teardraet, neri e grigi. Tra poco dovrebbe arrivare anche T rovesciata. Horr Vamaiun li aspetta in piedi e c'è uno dei suoi consiglieri che gli sta parlando in un'orecchio. Il Seliest annuisce, ma sembra anche più nervoso del solito.

– Maldanea… – Invoca Pascalina.

– Vuoi salire qui anche tu? Ti faccio un po' di posto?

– Su quel trespolo? Ma vi sembra dignitoso?

Pascalina si sforza di assumere un tono di fredda disapprovazione senza peraltro riuscirci. – Sei tu che devi scendere.

– Ancora un attimo. Solo un attimo che arriva il Padre-Adulto.

Preceduto dal suono di corni e flauti di Pan il Conte Gast Wessiun esce dalla Porta d'Acqua del palazzo, recando nelle mani una conchiglia ed un ramo di corallo rosso, secondo la tradizione. Un istante dopo, dalla Porta del Tramonto, esce Teardraet, con a fianco il suo Primo consigliere. Il Seliest Horr Vamaiun si muove lentamente per incontrarli nello spazio compreso tra le due porte. Maldanea dall'alta finestra guarda affascinata la scena senza parlare e senza avvertire i piccoli strattoni all'abito di Dama Pascalina.

I tre gruppi si avvicinano lentamente, come i petali di un grande trifoglio dai molti colori. Maldanea contempla il Padre-adulto Gast Wessiun che si fa incontro dignitoso e potente al Seliest ed al Conte-Mago, affermando così l'eccellenza della famiglia ed i due ospiti, gravi e seri che procedono a capo scoperto verso di lui.

Il corallo e la conchiglia vengono offerti come d'uso e come d'uso rifiutati dagli ospiti. Il Conte Gast si inchina profondamente ed affida gli oggetti ad uno degli alfieri. I tre potenti personaggi si avviano insieme verso la porta dell'Alba, senza parlare e mentre stanno per salire i gradini di marmo rosato Teardraet solleva il capo e la vede.

Maldanea ha un attimo di esitazione, poi abbassa il capo in segno di saluto. Il Conte-Mago la scruta per un attimo, probabilmente incerto sulla sua identità e si inchina profondamente con un sorriso.

Il Seliest vede il gesto di Teardraet e alza il viso. In alto, dove il tetto di ardesia del castello digrada di colpo, alla finestra di un abbaino il Re dei Syerdwin vede una giovane affacciata, che saluta con un gesto cortese ma riservato della mano. Dal momento che il Conte-Mago ha voluto salutarla con tanta deferenza Horr Vamaiun ritiene che debba trattarsi di un personaggio di alto rango e quindi, anche in odio al Conte-Mago che teme ma detesta, il Seliest si produce in uno degli inchini più profondi e distinti che si siano mai visti oltre il filo delle acque, subito imitato dai suoi dignitari, dai membri della sua famiglia e dai soldati.

Quando il Conte Gast, stupito, alza anch'egli il capo per vedere chi mai possa aver tanto colpito i suoi ospiti, riconosce esterrefatto Dama Maldanea che lo saluta con un gesto ampio e maestoso, mentre due braccia, appartenenti ad un ignoto membro della famiglia la tirano per l'abito facendola oscillare.



– …Maldanea… – Sibila l'anziano Padre-Adulto dei Wessiun, mentre i suoi due alfieri, sforzandosi di non scoppiare a ridere, si inchinano profondamente a loro volta.

– Chi era quella giovane donna? – Chiede Re Horr quando il folto gruppo dei dignitari e dei comandanti ha varcato la Porta dell'Alba.

Il Conte Gast si schiarisce la gola un paio di volte e giocherella imbarazzato con il collare di rame che indica il suo rango. – Dama Maldanea di Wessiun. – Sussurra infine, esitante.

– Una fanciulla molto cortese, avvenente e ricca di simpatia. Devo assolutamente conoscerla, Conte Gast. Appena terminati i nostri conversari.

Il Padre-Adulto annuisce debolmente. – Certo, Seliest. Ne sarà molto onorata.

Mentre il corteggio si avvia alla Sala delle Colonne il conte Gast si chiede come avrà mai fatto Horr Vamaiun a giudicare così avvenente Maldanea, soprattutto da quella distanza. Lancia un paio di sguardi di incerto significato al Re, impegnato in una schermaglia con Teardraet sui modi di prevedere il tempo, alla quale, per la verità il Conte-Mago non sembra particolarmente interessato, cercando senza successo di stabilire se Horr Vamaiun ha intenti solo galanti o si propone di guadagnare il suo appoggio in qualche modo e chissà per quale scopo o disegno. E così interrogandosi e meditando il Conte Gast Wessiun dimentica di indignarsi con Maldanea.