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Kolowi,
il gran cerusico, si avvicina di corsa e poggia un piccolo specchio
sotto il naso del Mago. Dopo pochi istanti solleva la testa
voltandosi verso Artamiro. – È vivo, sua Volontà, ma debolissimo.
Il
re annuisce gravemente e lancia un'occhiata imperscrutabile agli
Erbani che circondano la sua portantina. – Fatelo ricoverare nella
mia tenda, Kolowi. Adesso andiamo.
Mentre
percorrono la discesa Ant'Kisìel gli rivolge la parola in più
riprese ma Artamiro non gli risponde. Kwister se ne è andato chissà
dove, i Syerdwin mandati all'accampamento di Bartsodesch non vi sono
mai giunti, Tiatikenn, uno dei maghi più potenti del mondo è
ridotto ad un povero vecchio che biascica parole senza senso, non
pochi guerrieri hanno abbandonato il suo esercito ed i rinforzi
promessi da Nyby Ornoll e da Horr Vamaiun non sono ancora nemmeno a
metà strada, sempre che siano effettivamente partiti. Non è
accaduto nulla di irreparabile, ma Artamiro non è così sciocco da
non capire che la situazione gli sta sfuggendo di mano.
Per
il resto del tragitto non apre più bocca, anche se il suo Siniscalco
si adopera per rassicurarlo. «Ant'Kisìel, tu vorresti il mio trono,
lo so, come tutti gli sciocchi ambiziosi che ti hanno preceduto.»
Riflette Artamiro. «Ma sei troppo amorale per essere anche
intelligente. Tu credi che sia sufficiente la crudeltà, la forza per
dominare il mondo, ma esse sono solo una manifestazione del dominio,
non la sua essenza. La sua essenza è pensare come un bimbo
capriccioso o come un uomo virtuoso, quando è necessario. Pensare
come una comare sospettosa o come una vergine trepida, come un
vecchio astioso o come un giovane impulsivo… Io sono tutte queste
cose e anche molte altre, Ant'Kisìel, e perderò il mio trono solo
se un altro saprà essere come me, meglio di me.»
–
Non voglio essere disturbato da nessuno. – Abbaia Re Artamiro
appena giunto alla sua tenda regale. Si cambia, fa un breve bagno e
subito dopo si infila nel suo laboratorio, lasciando Dubro ed altri
tre Silvestri a guardia della porta.
Nel
laboratorio arde una lampada donatagli da un mago delle isole
Oltre-Il-Tramonto, la cui luce si colora e brilla seguendo
l'andamento dell'umore e della disposizione d'animo delle persone che
illumina. In quel momento manda una luce verde fredda ed irregolare
che illividisce le superfici colpite dalla sua luce e rende più
oscure le ombre. Artamiro osserva a lungo la lampada, cercando di
allontanare la rabbia ed il livore che indeboliscono la sua luce.
Lentamente, quasi con rimpianto il colore vira debolmente verso
l'azzurro gelido del controllo interiore mentre l'irradiazione si fa
più regolare.
Artamiro
guarda soddisfatto il risultato dei suoi sforzi e marcia verso il
fondo del locale, a un tavolino di opale dove riposa un grande
specchio dai bordi arrotondati, coperto da un drappo di seta rossa.
Con
cautela il Re solleva il drappo, scoprendo una superficie senza
colore, come un frammento di ombra incastonata nella cornice di
vecchio legno dorato.
Il
re la fissa per un istante con un brivido e distoglie lo sguardo.
Ogni volta che affonda gli occhi in quello strano specchio deve farsi
forza per resistere alla tentazione di immergere una mano in
quell'oscurità o di appoggiarvi il volto per guardare oltre la
liscia superficie che la luce non riesce ad illuminare.
Il
Negromante dal quale ha ricevuto quello strano specchio non ha fatto
in tempo a dirgli nulla su quell'ombra: un suo capitano l'ha ucciso
prima che il Lupo-Drago potesse parlare. Tiatikenn, al quale l'ha
mostrato, ha cercato di spaventarlo parlando dell'Ombra che forma
tutte le cose, del nulla ubbidiente alla nostra volontà ed al nostro
sguardo che crea oggetti e creature laddove non esiste nulla. «Quello
specchio riflette la vera realtà del mondo, Sua Volontà: pura
illusione costruita su un'ombra eterna e senza mutamento alla quale
noi tutti dovremo tornare.»
«Ti
piacerebbe questo specchio Tiatikenn?» Gli aveva chiesto in
quell'occasione.
«Sì,
Volontà, ma ho timore di ciò che potrebbe mostrarmi.» Era stata la
risposta del Mago, una frase strana per Tiatikenn, la cui presunzione
e rapacità erano note in tutto l'ampio arco del mondo.
Artamiro
scuote la testa con forza. I suoi pensieri hanno fatto impallidire il
colore della lampada magica la cui luce si è fatta fioca e violacea.
Il
Re ha sempre utilizzato quello specchio solo per comunicare con
Teardraet dei Syerdwin, che ne possiede un'altro, senza provare a
chiamare o ad evocare null'altro in esso, anche se spesso ha avuto
l'impressione di vedere disegnati nella sua ombra volti e oggetti
noti, richiamati dal suo sguardo.
–
Teardraet. – Chiama a bassa voce Re Artamiro, cercando di resistere
alla sensazione di disagio che gli danno la vista e le parole del
Syerdwin. Lo chiama ancora due volte e finalmente la superficie dello
specchio comincia ad illuminarsi, mostrando una stanza foderata di
azzurro e grigio, ammobiliata con grandi mobili scuri.
–
Artamiro, come posso servirti? – Il viso del Conte-Mago dei
Syerdwin compare all'improvviso nella cornice dello specchio,
facendolo sobbalzare.
–
Teardraet, ti ho chiamato per chiedere ancora una volta il tuo lucido
consiglio.
–
Sì, Seliest. Il mio consiglio non merita tali apprezzamenti, ma se
le mie povere parole servono a rassenerarti…
Artamiro
annuisce con un cenno secco del capo. Ogni parola, ogni frase di
Teardraet hanno molti significati e ancor più sottili scopi.
Artamiro sa o almeno sospetta che il Conte-Mago syerdwin non tema né
rispetti nessuno. Egli è inconcepibilmente vecchio, più di tutte le
creature che popolano il Mondo e nessuno, nemmeno lui, il sovrano più
potente di Dancemarare, riescono a fissarlo negli occhi, intimoriti
da quanto vi leggono.
–
Tu sai, vero Teardraet?
Il
syerdwin sorride lentamente. – Ho qualche notizia della disgrazia
che ha colpito Tiatikenn. Egli non deve misurarsi con una Grande
Anima, ti prego di riferirglielo. Canddermyn è antica quanto le
montagne ed altrettanto potente… Non si può combattere contro la
sostanza del Mondo, quella della quale tutti noi siamo fatti… Non
sempre.
Artamiro
annuisce senza rendersene conto. Teardraet ha un voce bassa e
carezzevole, la voce di un padre amorevole o di un insegnante saggio
e comprensivo e Artamiro sa per esperienza che a quella voce così
pacata, così forte ed insieme comprensiva è impossibile resistere.
–
Cosa pensi, Teardraet?
Il
syerdwin ha un sorriso più ampio. – Vorrei saperlo anch'io,
Artamiro. Cosa pensai e cosa penserò. Ma la trama dei pensieri è
così fragile e di tutti i pensieri pensati, così belli nella loro
delicata, aerea sostanza non ci rimangono altro che rozzi frammenti,
rigidi ed inadeguati… Sassi da scagliare contro il cielo. Kwister è
lontano, Re Artamiro, e tu farai male se lo cercherai… attendi il
tuo tempo senza temerlo… Non ce ne sarà un secondo né un terzo.
Questo mondo è ai suoi ultimi sospiri ed io con lui… Riposa, ora.
Ciò che temi può accadere se lo temerai davvero.
Artamiro
annuisce senza capire e guarda alle spalle di Teardraet, la stanza
illuminata da una luce grigia di pioggia.
–
Io sto creando nuove alleanze, Re Artamiro. Mi sto spendendo per
vedere il mondo che ci seguirà. Ti devo salutare, ora.
–
Sì, arrivederci Teardraet.
–
Arrivederci Seliest.
Con
un movimento esitante Artamiro copre lo specchio. Non ha chiesto
nulla ma Teardraet sapeva ed ha risposto anche a ciò che lui non
avrebbe mai voluto chiedere. Le sue frasi erano come sempre piene di
enigmi strani e bizzarri, come se il Syerdwin potesse vedere un mondo
non ancora creato.
Con
un sospiro il Re va verso la porta difesa dai suoi fidi Erbani e la
apre con cautela. Strani sogni lo accompagneranno quella notte, che
soli potranno spiegare le parole di Teardraet.
–
Era la carrozza del Re, vero, quella? Del Seliest Horr Vamaiun?
–
Sì, certo. Ora Maldanea se vorrete…
–
Aspetta Pascalina, aspetta. Il Padre-Adulto sarà impegnato per un
bel po' con i doveri dell'ospitalità e non penserà certo a me o ai
miei cugini… To', guarda. Ma è proprio il Seliest, si riconosce
anche da qui: magro, sottile e nervoso. Guarda come cammina, sembra
una locusta o un manichino. Cosa…
–
Dama Maldanea, ma non avete rispetto per nulla? Vi prego, ritiratevi,
potrebbero vedervi.
La
giovane Syerdwin si volta senza abbandonare la sua postazione alla
finestra dell'abbaino. Pascalina, la sua dama di compagnia, è in
piedi, aggrappata allo schienale di una vecchia sedia, esibendo un
espressione per metà corrucciata e per l'altra metà spaventata.
–
Scendete di lì, vi prego. – Continua l'anziana dama, passando dai
modi formali all'atteggiamento accorato. – Questi atteggiamenti non
sono degni di una dama Syerdwin.
–
Hai ragione Pascalina. – Maldanea fa un ampio cenno di assenso. –
Ancora un secondo e scendo.
Il
cortile del castello nel frattempo si sta riempiendo di soldati ed
ufficiali nei colori azzurro- grigio della Famiglia Wessiun e nel
viola-sabbia-nero dei Vamaiun.
–
Vedessi che carini sono, Pascalina, con tutti quei colori che si
mischiano e si confondono… Ecco, sta arrivando il Conte Gast, ho
visto Edlemet e Ghìoden, i suoi alfieri. E adesso stanno arrivando i
soldati umani di Teardraet, neri e grigi. Tra poco dovrebbe arrivare
anche T rovesciata. Horr Vamaiun li aspetta in piedi e c'è uno dei
suoi consiglieri che gli sta parlando in un'orecchio. Il Seliest
annuisce, ma sembra anche più nervoso del solito.
–
Maldanea… – Invoca Pascalina.
–
Vuoi salire qui anche tu? Ti faccio un po' di posto?
–
Su quel trespolo? Ma vi sembra dignitoso?
Pascalina
si sforza di assumere un tono di fredda disapprovazione senza
peraltro riuscirci. – Sei tu che devi scendere.
–
Ancora un attimo. Solo un attimo che arriva il Padre-Adulto.
Preceduto
dal suono di corni e flauti di Pan il Conte Gast Wessiun esce dalla
Porta d'Acqua del palazzo, recando nelle mani una conchiglia ed un
ramo di corallo rosso, secondo la tradizione. Un istante dopo, dalla
Porta del Tramonto, esce Teardraet, con a fianco il suo Primo
consigliere. Il Seliest Horr Vamaiun si muove lentamente per
incontrarli nello spazio compreso tra le due porte. Maldanea
dall'alta finestra guarda affascinata la scena senza parlare e senza
avvertire i piccoli strattoni all'abito di Dama Pascalina.
I
tre gruppi si avvicinano lentamente, come i petali di un grande
trifoglio dai molti colori. Maldanea contempla il Padre-adulto Gast
Wessiun che si fa incontro dignitoso e potente al Seliest ed al
Conte-Mago, affermando così l'eccellenza della famiglia ed i due
ospiti, gravi e seri che procedono a capo scoperto verso di lui.
Il
corallo e la conchiglia vengono offerti come d'uso e come d'uso
rifiutati dagli ospiti. Il Conte Gast si inchina profondamente ed
affida gli oggetti ad uno degli alfieri. I tre potenti personaggi si
avviano insieme verso la porta dell'Alba, senza parlare e mentre
stanno per salire i gradini di marmo rosato Teardraet solleva il capo
e la vede.
Maldanea
ha un attimo di esitazione, poi abbassa il capo in segno di saluto.
Il Conte-Mago la scruta per un attimo, probabilmente incerto sulla
sua identità e si inchina profondamente con un sorriso.
Il
Seliest vede il gesto di Teardraet e alza il viso. In alto, dove il
tetto di ardesia del castello digrada di colpo, alla finestra di un
abbaino il Re dei Syerdwin vede una giovane affacciata, che saluta
con un gesto cortese ma riservato della mano. Dal momento che il
Conte-Mago ha voluto salutarla con tanta deferenza Horr Vamaiun
ritiene che debba trattarsi di un personaggio di alto rango e quindi,
anche in odio al Conte-Mago che teme ma detesta, il Seliest si
produce in uno degli inchini più profondi e distinti che si siano
mai visti oltre il filo delle acque, subito imitato dai suoi
dignitari, dai membri della sua famiglia e dai soldati.
Quando
il Conte Gast, stupito, alza anch'egli il capo per vedere chi mai
possa aver tanto colpito i suoi ospiti, riconosce esterrefatto Dama
Maldanea che lo saluta con un gesto ampio e maestoso, mentre due
braccia, appartenenti ad un ignoto membro della famiglia la tirano
per l'abito facendola oscillare.
–
…Maldanea… – Sibila l'anziano Padre-Adulto dei Wessiun, mentre
i suoi due alfieri, sforzandosi di non scoppiare a ridere, si
inchinano profondamente a loro volta.
–
Chi era quella giovane donna? – Chiede Re Horr quando il folto
gruppo dei dignitari e dei comandanti ha varcato la Porta dell'Alba.
Il
Conte Gast si schiarisce la gola un paio di volte e giocherella
imbarazzato con il collare di rame che indica il suo rango. – Dama
Maldanea di Wessiun. – Sussurra infine, esitante.
–
Una fanciulla molto cortese, avvenente e ricca di simpatia. Devo
assolutamente conoscerla, Conte Gast. Appena terminati i nostri
conversari.
Il
Padre-Adulto annuisce debolmente. – Certo, Seliest. Ne sarà molto
onorata.
Mentre
il corteggio si avvia alla Sala delle Colonne il conte Gast si chiede
come avrà mai fatto Horr Vamaiun a giudicare così avvenente
Maldanea, soprattutto da quella distanza. Lancia un paio di sguardi
di incerto significato al Re, impegnato in una schermaglia con
Teardraet sui modi di prevedere il tempo, alla quale, per la verità
il Conte-Mago non sembra particolarmente interessato, cercando senza
successo di stabilire se Horr Vamaiun ha intenti solo galanti o si
propone di guadagnare il suo appoggio in qualche modo e chissà per
quale scopo o disegno. E così interrogandosi e meditando il Conte
Gast Wessiun dimentica di indignarsi con Maldanea.