30.6.07

Antologicamente

Questa non è la copertina di un libro.
Soltanto una fotografia presa dal balcone di casa mia in una sera di vento e lo zeppelin d'ombra che passa nel cielo una nuvola scolpita e levigata dal vento.
Avrebbe dovuto essere la fotografia in copertina per l'antologia che ho pubblicato, ma siccome una mia buona amica (Cettina Calabrò, fotografa e scrittrice) mi ha procurato nove, anzi dieci, eccellenti fotografie ho messo da parte l'idea di utilizzare la mia nuvola per la copertina.
Ci sto girando intorno, lo so, ma poco o tanto mi imbarazza parlare dell'antologia.
Si intitola In controtempo. Costa 14 euro ed è formata da 8 racconti per 172 pagine, una prefazione, nove fotografie, ringraziamenti, exergo, indice, finito di stampare e ISBN di tredici cifre. Tutto regolare, insomma.
Questa è la copertina:

Il libro è piuttosto piccolo, 12 x 19 cm e fa parte di una collana che abbiamo chiamato, io e Cettina, N & D. La N sta per Nobile, la D per Disperata. Nobile e Disperata come l0 può essere l'idea di pubblicare narrativa essendo editori piccolissimi.
Già, perché io sono, oltre che l'autore, anche l'editore di questo capolavoro.
Un particolare che mi ha evitato sfiancanti discussioni ma mi ha creato anche una sottile e inquietante sensazione di sdoppiamento di personalità.
La tiratura (bassa) l'ha decisa l'editore, mentre il numero di copie omaggio da inviare ad altri autori e a possibili recensori l'ha proposto l'autore, anche se l'editore ha tagliato il numero un paio di volte. «Ma perché mandi il libro anche a questo qui? Tanto figurati se ti si fila. Toglilo, toglilo. Costa già farla, bisogna venderla, non regalarla».
Sospetto che dietro la scelta dell'immagine di copertina ci sia ancora una volta l'editore: «Cerchiamo di fare una cosa coerente, non un pasticcio». E io a dargli ragione.
L'editore vorrebbe anche fare delle presentazioni e l'editore ha ragione. Bisogna pur venderla, questa antologia. Ma io non mi sento troppo bene nei panni dell'autore al quale si porgono garbatamente domande che lo obbligano a parlare di se stesso. Non perché non sia narcisista, per carità. Lo sono nella media, credo, o forse un po' di più. Il problema è che è che ho paura che il mio Narciso personale mi prenda la mano annoiando a morte amici e parenti che verranno obbligati dall'editore a essere presenti. E che tutti se ne vadano pensando: «ecco, una pubblica una cosuccia e diventa subito un trombone».
Zodiacalmente sono del leone e «leone» fa rima con «trombone».
Libera nos a malo.
Comunque sono contento.
Avevo questi racconti nel cassetto da un decennio e mi ero abituato a vederli lì. Poi, per un impulso del momento li ho dati a uno scrittore - uno vero -, Alessandro Defilippi. «Leggili. Se mi dici che meritano giuro che li pubblico».
E lui mi ha detto: «Meritano», mettendoci anche un po' di entusiasmo.
Mi ha convinto di una cosa della quale non chiedevo altro che di essere convinto.
Ma sono belli, questi racconti?
Beh, a me piacciono abbastanza. Sono strani, questo è certo. Non mi è capitato spesso di leggere qualcosa del genere, e sì che leggo parecchio.
Originali, comunque, non vuol dire geniali...
Fantastici, ma senza mostri né astronavi, né serial killer vomitati dall'inferno. Piccole cose, in realtà. Un albergo sul mare, una televisione che non si spegne mai, un cabinato abitato da una strana ragazza, un giardino trascurato, un rubinetto guasto... cose molto prosaiche che però possono rivelarso altrettanti passaggi per lo strato più profondo della realtà.
Tutto qui.
Comunque sia, se qualcuno desidera leggere uno o anche tutti i racconti mi lasci un post sul blog con il suo indirizzo e-mail. Gli manderò gratis l'antologia (anche se, per semplici motivi di ingombro, senza le fotografie), tutta o in parte.
Io e l'editore siamo d'accordo sulla libera circolazione dei materiali.
Ultima cosa, qui sotto:












L'unica immagine che non sono riuscito a utilizzare per l'antologia.
Un semplice pezzo di muro. Guardandolo bene, però, ci si accorge che è un pezzo di muro con una storia.
Ecco, i miei racconti sono così.
Le storie vengono fuori dai particolari osservati due volte.