
Prima metà di settembre, quando si preparano le rese.
Già, le rese.
Questo non è un intervento serio e meditato sulle rese. Nossignore. Semplicemente una riflessione risvegliata dal momento e, tutto sommato, intrinsecamente prevedibile. Prevedibile nel senso che tra un anno potrò riprenderla e ricollocarla esattamente qui.
Nel settore librario si inventa poco, purtroppo. E quello che si inventa... vabbé.
Le rese, dicevo.
Non so come facciano gli altri, ma per noi è relativamente facile. Si stampa un foglio di possibile resa partendo dal foglio del magazzino, si richiede l'autorizzazione a rendere al promotore e via, si comincia.
Sarebbe un compito apperentemente indolore. Si tratta di trovare i titoli richiesti, controllarne la quantità, inscatolarli, chiudere le scatole, apporre i sovrapacchi, chiamare il corriere e via, eccoci pronti a ricevere il prossimo giro.
Sarebbe un compito apparentemente, se non...
«Questo qui vuoi proprio renderlo?»
Tutto sta a vedere a chi affidare il compito di preparare le rese, certo. Ma non cambia mica molto, tutto sommato. In genere a fare le rese viene scelta la persona che ha curato meno di tutti la presentazione, ovvero chi nell'ambito della libreria ha fatto tutt'altro. È una specie di contrappasso o forse un modo per dare a qualche libro un'ultima possibilità.
Forse.
Quando si fa la scelta dei titoli da rendere si guardano (nell'ordine):
1 - la movimentazione del pezzo
2 - il numero di riordini
3 - la data di arrivo
Poi la decisione è, in un certo senso, presa da sola.
I titoli si guardano relativamente poco, anche per evitare conflitti di coscienza.
Fino a qualche anno fa esisteva la possibilità di "graziarne" qualcuno.
Da tre o quattro anni, viceversa, tale possibilità pare essere completamente svanita. I libri sembrano avere perduto il loro passato e, specularmente, il loro futuro. Ovviamente un libro può essere "salvato" senza problemi, ma le sue possibilità di essere richiesto non tendono a cadere gradualmente quanto a scomparire completamente. Spostato dal tavolo o dai piani a esposizione e trasferito sullo scaffale il libro - romanzo, saggio, pamphlet, saggetto - perde colore e forma e diventa sostanzialmente invisibile.
Forse è perché nessuno guarda più i libri a scaffale?
Interessante domanda questa, quasi istruttiva.
Mi ricordo ancora i tempi nei quali cercavo di leggere i nomi degli LP sugli album riposti sugli scaffali. E ricordo benissimo la sensazione di fatica che dava il frequente cambio del punto di inizio e di direzione della lettura. Il bello era che tale fatica era spesso inutile, ma cercare "nella confusione" era un modo serio e maturo di terminare il viaggio in un negozio di dischi.
Adesso cercare negli angoli poco frequentati è diventato assurdo. Sono in pochi a cercare a scaffale e nessuno cerca più nulla nel silenzio e nella confusione. Adesso i libri si trovano
subito o mai più.
Sui tavoli
o non si trovano mai più.
Parlo sul serio, fin troppo.
Il libro che vi ha incuriosito - interessato, incapricciato, mosso - resta a vs. disposizione per 90/120-giorni-90/120.
Dopo andrà in resa.
Se pubblicato da un piccolo editore andrà in resa anche prima. O verrà eclissato per far posto all'ultima Strazzullata.
Alle spalle premono 55-60mila novità annue in attesa di uscire, pronte ad aprirsi e a risplendere come in un documentario accelerato...
Ha qualcosa a che vedere tutto ciò con i libri?
A voi ogni giudizio.