Si tratta di una domanda retorica, evidentemente.
Mentre, infatti, approvavo senza riserve il suo quintessenziale pentalogo sulla gestione di un blog, mi chiedevo anche quanto siano tuttora in salute i blogger (in italiano blogologi? Blogologisti? Blogologanti?) tenendo conto dell'esistenza e dell'ottima salute di social networks come Facebook, LinkedIn,Twitter e del prossimo Google+.
La vera domanda temo avrebbe dovuto essere: A che cosa serve a me Facebook? E il fatale prevalere dei social networks, con la loro interminabile serie di chiacchiere, immagini, battute e battutine, risate, scherzi e sciocchezze, non rischia di rendere i blog e i blogger - inutili e pallosi musoni capaci di scrivere addirittura per un paio di pagine - un relitto del passato?
Come molti miei contemporanei (coevi, direbbe mia figlia) ho una striminzita pagina su facebook con una cinquantina di amici - abbastanza genuini, credo - e utilizzo facebook per scambiare messaggi con moglie e figlia, perorare qualche causa nazionale o internazionale e pubblicizzare (pateticamente) i miei post su fronte e retro. Molto raramente intervengo in qualche discussione e in qualche occasione utilizzo facebook per ritrovare qualche cliente - in genere librerie o editori - che, brutalmente parlando, mi devono dei soldi.
Ho pubblicato qualche fotografia, ma poi ho smesso essendomi dimenticato il modo per pubblicarle - e non volendo essere dileggiato dalla mia crudele figlia - e se devo scrivere qualcosa sotto il famoso: «A cosa stai pensando» mi rendo conto di essere molto più avanti nel Tao di quanto credessi, infatti non mi viene in mente assolutamente nulla. Condivido poco e male, commento raramente, non pubblico youtube e non propongo link. Sono, da qualunque punto di vista, un essere inutile.
E non faccio di meglio con LinkedIn, dove ho la costante sensazione - non chiedetemi perché - di essere finito inaspettatamente in coda ad attendere Un Grosso Personaggio e di poter, nel frattempo, limitarmi soltanto a lanciare occhiate incerte agli altri accodati.
Mia moglie, burbera insegnante di matematica, se la cava indiscutibilmente meglio di me. Interviene, commenta, propone link, dimostrando che si può fare un uso personale e persino spiritoso di Facebook.
Ciò che mi colpisce di FB e di altri social networks, tuttavia, è la brevità degli interventi. La carenza di interventi organizzati, la frettolosità dei contributi. Ovvio, si potrà dire, FB è nato per gli studenti che hanno più tempo a disposizione per i loro interventi. Che possono passare decine di minuti a controllare le eventuali risposte, a commentare, discutere, litigare. Un blog, da questo punto di vista, è un piccolo monumento all'ego eccessivo, una sonata in Me maggiore.
Eppure non riesco a fare a meno di scrivere sul blog - e di intervenire in quelli degli amici - e pur provando simpatia e ammirazione per quelli come Danilo Arona, che sanno usare a menadito lo strumento FB, rimango affezionato ai testi pubblicati sul blog.
Lo so, su FB è persino possibile - ed è avvenuto - convocare un moto di piazza o sostenere un candidato sindaco. FB è veloce, versatile, potente come un corteo e rapido come uno scippo.
Il mio blog è una storia personale, un modo per definirmi e, inevitabilmente, per presentarmi. Un ricapitolare le mie scelte, i miei motivi, i miei desideri. Credo che sia possibile farlo anche con FB, ma non riesco a ricostruire il paesaggio, troppo frammentato per essere riconoscibile.
Dev'essere un problema di età.
In tutti i casi, appena finito di scrivere questo intervento corro su FB per pubblicizzarlo.
Devono esserci ben tre o quattro persone che correranno a leggerlo.
...
La prossima volta riprendo Once upon a Time, giuro.