28.2.12

Un altro giro di vite


Da domani, 29 febbraio, metteremo in vendita ciò che rimane in magazzino al 50% di sconto.
Un altro giro di vite, appunto. L'ultimo.
In questo caso probabilmente i libri riusciranno a spuntarla sulle fotocopie. Gli autori meno noti guadagneranno un angolo nella libreria di qualcuno. I manuali d'uso troveranno un possibile praticante, i libri di poesia... No, purtroppo i libri di poesia non interessano neppure in una libreria che mette tutto in offerta. Gli autori già noti riescono a trovare un acquirente ma gli autori sconosciuti tali resteranno. 
Abbiamo in casa una cinquantina malcontata di libercoli e libretti che gli autori ci hanno nel tempo spedito. Li abbiamo messi in vendita a 1 euro cadauno. Ma nemmeno così riescono a trovare un compratore. 
È la poesia? Sono i lettori ignoranti e bestie? È la stagione? È la congiuntura astrale? 
Ognuno può avanzare la propria ipotesi. 
Esattamente come ognuno può improvvisarsi poeta.
Ho letto stamattina una delle poesie, scelta a caso da un libro preso a casa. Un vuoto reboante di dichiarazioni insulse e perentorie («Ah se tu... Allor io...») concluse da un interrogativo retorico («Chissà?»). 
E un dubbio mi assale. 
Se il problema della vendibilità dei libri di poesia non fossero i libri ma chi la frequenta? Chi risponde al richiamo dell'Arte senza che l'Arte si sia sognata di parlare?
Fatalmente anche in questo momento ritorno libraio. Ma prima ancora lettore, poco disponibile a lasciarmi suggestionare da quattro parole mal scelte e mal disposte. 
In ogni caso come libraio sono a fine corsa. 
Da fine marzo continuerò a esprimere i miei pareri senza più avere una libreria alle spalle. 
Ma non credo che intimamente riuscirò a cambiare.



26.2.12

L'uomo nella portantina scura



Io ho fatto il servizio civile. Ai miei tempi, infatti, esisteva ancora il servizio militare obbligatorio e l'unico modo serio per evitarlo era fare il servizio civile. 
Lavorai per qualche tempo in un comune della provincia bresciana, facendo - inevitabilmente - il bibliotecario, poi, in risposta ai miei appelli fui trasferito a Torino, a lavorare per l'ARCI. Mentre la mia esperienza in provincia fu, tutto sommato, positiva, anche per aver avuto la possibilità di conoscere un altro obiettore, gay convinto e persona assolutamente favolosa, la mia esperienza presso l'ARCI fu piuttosto pietosa. Sostanzialmente ignorato dai maggiorenti locali mi trovai a fare il tappabuchi. Tra le altre piccole cose che mi capitò di fare fu un'edizione della festa della birra. Esperienza tutto sommato insignificante, se non fosse stato per... 
...
Non conoscevo Snakefinger e lo incontrai in quell'occasione, ascoltandolo mentre mescevo birra per coetanei abbastanza scazzati. 
Ne fui sorpreso e incantato e mi fiondai a comprare l'LP il giorno dopo. Questo bizzarro e geniale englishman naturalizzato californiano morì negli anni successivi, di infarto. Greener Postures, l'album dal quale prendo il suo «uomo sulla portantina scura» è stato il secondo dei tre pubblicati in tutta la sua vita. 
Il pezzo è uno ska, ma arrangiato imprevedibilmente, e il video, girato in maniera più o meno amatoriale, è un ulteriore piccolo, delizioso pezzo di bravura. 


24.2.12

Partita IVA


Con oggi sono titolare di una partita IVA. 
Cosa da poco, tutto sommato, ma utile nel momento in cui si renda necessario fatturare a qualcuno i miei possibili - o fantomatici - lavori. 
Tutto sommato sono quietamente soddisfatto, un po' come da bambino quando mia zia mi regalò un libretto di risparmio. Non sapevo di preciso cos'era e a che cosa serviva ma tutti erano concordi nel dire che era  bene e quindi, anche se avrei preferito di gran lunga una scatola - possibilmente grande - di Lego, mi sentii quietamente soddisfatto. 
Il codice di categoria attribuitomi è 74.90.99, corrispondente a consulente aziendale, ovvero, secondo il certificato di attribuzione: «altre attività professionali NCA». Ho fatto notare che mi occupavo di editoria ma il gentile impiegato ha scacciato con un gesto risoluto le mie gentili rimostranze, dichiarando: «Con 'chisto ci fa'cchillo cavvuole». 
E chi sono io per stare a discutere con un impiegato dell'Agenzia Entrate di Torino? Nella domanda ho inserito un «Consulente editoriale» che è stato accolto con un burbero cenno affermativo e poi via, verso nuove fantastiche avventure. 
Lo dico in queste pagine tanto per avvisare il popolo lontano di questa novità. E anche per quel po' di stupore che accompagna sempre un cambiamento. 
Adesso sono un soggetto fiscalmente attivo e qualunque cosa comprerò dovrò chiedermi se farmela fatturare o meno. 
AmmiSgnùr, come dicono da queste parti.



22.2.12

I libri che non vedrò...


... cominciano a essere tanti, forse troppi.
Eppure non riesco a provare un vera sofferenza. Anzi, è con un certo piacere che cancello senza aprirle le e-mail da grossisti e fornitori che presentano e annunciano le novità. 
In fondo sono tanti anni - più di trenta - che mi preoccupo di che cosa esce, che cerco di prevenire le mosse del nemico, che diffido del titolo «per il grande pubblico», che mi sfilo dalla «massiccia presenza in libreria», che dubito della «grande presenza su tutti i mezzi di comunicazione», che avanzo dubbi nemmeno troppo larvati sul «romanzo di grande qualità».
Perché l'ho fatto? Perché diavolo ho tenuto un atteggiamento così poco collaborativo? 
Sia chiaro, nemmeno gli ispettori editoriali - ovvero i rappresentanti - hanno mai mostrato entusiasmo e ancora meno convinzione nel sostenere le campagne escogitate dalla società di promozione o dall'editore. Ma cercavano di abbozzare e di sostenere in qualche modo il proprio budget per l'anno in corso, cercando di convincermi ad acquistare la 10/11 o la 12/13 o la 20/22, ovvero 10 copie + 1 omaggio eccetera. 
Le loro proposte erano normalmente accolte da reazioni che andavano dal «No», chiaro e netto a mediazioni di vario genere, tipo: «Va bene la 10/11, ma a 150 gg (pagamento a 150 giorni fine mese)» o tipo: «6/7 e basta discussioni», sempre ammesso che il libro risultasse almeno vagamente vendibile, per lo meno ai miei clienti. 
Ma mi chiedevo perché mai ero così poco collaborativo, condotta che - in ultima analisi - non pare avermi premiato più che tanto. 
Difficile dirlo. Probabilmente qualche incrostazione della mia gioventù da extraparlamentare, unita ai dubbi immancabili verso tutto ciò che è eccessivamente sostenuto. Esattamente il contrario, me ne accorgo ora, di ciò che è normale di questi tempi, dove solo ciò che è elogiato e pubblicizzato, in un parola strapompato, ha qualche speranza di essere notato e acquistato. 
Le librerie - parlandone in generale, come categoria commerciale di vendita - sono  i soggetti meno adatti a questo genere di promozione. Quelle dove è possibile si annidino individui rissosi, brontoloni, maligni, bastian contrario e sicuramente ostili alla campagne promozionali.
Adesso si è risolto il problema bypassando le librerie, di fatto gradualmente tagliate fuori dal core business, sia per difficoltà nei rifornimenti, sia per oggettivo svantaggio nelle condizioni di acquisto - sconto del 30-35% contro il 40-45% delle librerie di catena. 
Ma di tutto ciò, improvvisamente, mi accorgo che non me ne importa più quasi nulla. Sono più o meno trent'anni che mi oppongo all'organizzazione del mercato editoriale librario e altrettanti che mi batto per una diversa struttura del mercato. Ho sempre pensato che la diffusione sul territorio delle librerie - e delle biblioteche, detto per inciso - dovesse far parte del progetto di chiunque si proponesse di governare il paese. Che esistesse un modo per far crescere la percentuale dei lettori in Italia e questo modo si incarnasse, tra l'altro, nella diffusione delle librerie, soprattutto nelle periferie e in provincia. 
Adesso Amazon consegna i libri ovunque. 
Anche rapidamente, detto per inciso. 
Può darsi che questo finisca per unire l'Italia - montagna, provincia profonda, sud dimenticato - molto più di quanto avrebbe fatto il mio sogno di librerie ovunque. 
È possibile, forse. 
Ma nulla vale, a mio modestissimo parere, la scelta personale dei propri libri. «Entrare in libreria per vedere che cos'è uscito, scartabellare, guardare, farsi tentare», come diceva una mia cliente. 
Ma il mercato è profondamente mutato. E ancora di più muterà. Probabilmente ci abitueremo a selezionare le nostre letture sfogliando qualche pagina di un libro in vendita on-line. 
Potrebbe essere non male, tutto sommato. Anche se...
O leggere un libro o parti di esso in forma temporanea. 
O appoggiarsi a qualche e-book club sul modello di quello che presento in queste pagine
O abituarsi - o riabituarsi - a scaricare classici da leggere gratuitamente. 
Ancora due o tre anni fa non l'avrei creduto, ma è accaduto. 
Sta accadendo. 
...
Le novità librarie in fondo non sono così importanti. 
Non è facile per me ammetterlo. Ma adesso sto tornando a essere un singolo lettore, non un pre-lettore per conto di molti. 
Probabilmente un esercizio che mi mancherà, ma sto cercando di smettere.  


 



19.2.12

Centesima finestra


Non posso sinceramente affermare di avere una conoscenza decente o comunque accettabile dei gruppi e degli artisti degli ultimi anni. Diciamo che conosco poco e male ciò che è accaduto sui palchi, negli studi - e negli stadi - dalla fine degli anni '80. 
Mi è comunque sporadicamente accaduto di essere aggiornato da qualche video o da qualche programma radiofonico non troppo corrivo, programmi e video, purtroppo, in genere trasmessi in orari poco confacenti al mio personale ritmo circadiano...
...
Ho conosciuto i Massive Attack, gruppo/collettivo musicale inglese nato nel 1987 e che ha pubblicato il primo CD nel 1991, grazie al video che trovate qui sotto, girato in occasione dell'uscita dell'album 100th Window, del 2003. 
Un video considerevole per l'atmosfera cupamente fantascientifica e per il racconto di una rapida, allucinante mutazione. Tanto più allucinante per me, che ho una vera fobia verso le farfalle notturne.  
Consiglio di ascoltare il brano musicale armati di un buon paio di cuffie. Il lavoro musicale di sfondo è veramente notevole. 

15.2.12

... E adesso?


La domanda che ho sentito di più, anche una decina di volte al giorno, è stata questa: «... E adesso, cosa farai?»
Una domanda alla quale, nella mia veste di quasi ex-libraio, non è facile rispondere. La mia prima replica, infatti, è «riposerò». 
Un riposo che prevede, innanzitutto, il fare a meno di libri che siano più recenti di una ventina d'anni. Ho, infatti, diversi libri non letti nella mia libreria. E una robusta, invincibile, nausea verso ciò che è uscito negli ultimi anni. Una nausea - in parte psicosomatica ma in parte dovuta alla qualità della produzione sfornata dai «nostri» editori - che passerà, ovviamente, ma che per il momento è ancora troppo forte. 
In secondo luogo intendo scomparire per un po'. 
Nascondermi in montagna per qualche tempo. 
Non troppo a lungo, in fondo «tengo famiglia», ma ho bisogno di riflettere sugli ultimi anni della mia vita. 
Che non è una pretesa troppo assurda. Questi anni, vissuti reggendo l'anima coi denti, mi hanno esaurito, grattugiato, consumato. Sono pieno di dolori, malesseri, sintomi improbabili e contorti di un fallimento prima personale che professionale. Passerà anche questa ridicola situazione, ne sono convinto, ma per il momento la situazione è questa. 
A pensarci, poi, ne concludo che anche la mia povera famiglia ha diritto ad avermi di nuovo, più o meno normale. Non preoccupato, aggressivo, musone, (temporaneamente) sollevato o stabilmente pre-suicidiario. 
Mi rendo conto, comunque. che questo è semplice colore locale, semplice vicenda personale che interessa poco. 
Ma, per esempio, la mia disgraziata scrittura ha bisogno di tempo, me ne rendo conto. Non è molto importante ciò che uno scrittore semi-sconosciuto ha intenzione di fare, ma è una sorta di debito che ho nei miei confronti. Sto lavorando dal 2008 a un solo, sfigatissimo romanzo di sf del quale sono riuscito a scrivere, nei periodi «sì» un paio di pagine alla settimana giungendo a un totale di 160 pagine, già sapendo che il finale è ancora ben lontano... Sarebbe bene perlomeno finirlo, giusto? 
E poi pubblicare in formato e-book una parte di ciò che ho scritto. E magari provare a trovare una versione definitiva per i romanzi interminati. 
Sicuramente aprirò una partita IVA, anche perché so già che a maggio Carocci mi aspetta per lo stand alla Fiera del Libro. Come so che altri libri da pubblicare - almeno due - mi aspettano. Uno è un libro di memorie di un mio caro amico, ex-docente di Fisica, il secondo è ALIA Opera, un «sogno fatto in fondo al pozzo», che ho promesso a me stesso di pubblicare, comunque vada. 
E ho la CS_libri, con una serie di titoli tuttora disponibili. 
Difficile sopravvivere con i libri editi da noi, lo so, ma questo non è un buon motivo per smettere. 
Poi ci sono le letture per conto del progetto Alga, un tentativo meritorio di individuare nuovi scrittori. 
Esiste anche la possibilità - molto vaga al momento - di fare di nuovo il libraio cambiando casacca, ma questa è per il momento del tutto virtuale. Senza contare che non so se ho davvero voglia di ricominciare a consigliare lettori, fare spunte, valutazioni di vendibilità ecc. ecc. 
Poi...
Beh, credo di aver già messo troppa carne al fuoco. 
Il riposo che mi concederò forse non sarà troppo lungo, né troppo definitivo. 
Ma io sono un tipo inquieto, ormai temo si sia capito. 



12.2.12

Tempo di neve


La musica svolge una funzione abbastanza fondamentale nella mia personale scrittura. Ma questo penso sia piuttosto comune. 
Ricordo tutt'ora un grosso personaggio molto letterario che suggeriva a gran voce al nostro Caroculicchia di ascoltare non ricordo più quali composizioni per quartetto. 
Ecco, il semplice dichiarare a gran voce che cosa si ascolta - non parliamo poi di consigliarlo -, così mostrando quanto si è raffinatamente esclusivi, mi disturba profondamente. 
Io non penso che ciò che si ascolta scrivendo abbia un particolare rilievo, se non, forse, nel ritmo, nella cadenza, nel succedersi dei fatti. 
Scrivendo ho bisogno di una musica particolare e, come il buon Murakami che consumò la cassetta di Sgt. Pepper lonely hearts ecc. scrivendo Norwegian Wood, tendo ad ascoltare più o meno lo stesso disco per tutta la durata della scrittura di un romanzo.
Ho sostanzialmente eraso fino all'inudibilità la cassetta dei Marillion Clutching at straws e ho riempito di graffi il CD di David Bowie Outside.
...
Un'altro dei miei compagni di scrittura è Kate Bush, più o meno dal 1980. Ho la sua discografia più o meno completa, compreso un CD piuttosto imbarazzante dal titolo Red Shoes
Condivido con il David Gilmour la convinzione che Kate Bush sia un genio e un'interprete eccezionale, anche se debbo ammettere che i suoi video mi hanno spesso creato qualche leggera sofferenza estetica. 
Quello di oggi è un brano tratto dal suo ultimo CD, 50 words for snow
Il brano è curiosamente lungo - 6 minuti e passa - ed è accompagnato da un video davvero notevole [1].  



[1] Purtroppo un litigio sul copyright mi ha impedito di tenere per un tempo decente il video on line. In sostituzione trasmettiamo - come si diceva una volta - un brano scelto dal suo album precedente, Aerial.



10.2.12

Elmer...


«Come, con ciò che ti succede ti preoccupi di pubblicare un racconto? 
Non soltanto ciò che accada a te - che sarebbe già sufficiente, per carità - ma anche tutto ciò che sta accadendo: le condizioni metereologiche, le condizioni sociali, quelle economiche, quelle esistenziali e psicologiche...»
Beh, e io cosa posso farci?
Sgolarmi da questo blog per ottenere l'accordo - prevedibile - di quattro amici? 
Volantinare per la strada? Affiggere manifesti in libreria - finché esiste? Improvvisarmi hacker senza competenze né cognizioni? 
No, meglio parlar d'altro. Anche perché l'unica altra cosa che so fare è scrivere. 
«Scrivere... mah, mah, mah...»
Ma vai a...
...
Questo racconto è apparso a suo tempo su LN-LibriNuovi, numero 3 dell'estate 1997. In coda al fascicolo, com'era antica tradizione della rivista. Non è un racconto serio, sia chiaro, ma un semplice gioco nato dagli esercizi sui tempi verbali nati nel seminario (autogestito) di scrittura creativa che si teneva nei locali della libreria. 
Più che una celebrazione del sottoscritto ha la funzione di ricordare altri momenti ed altri tempi. Momenti felici, non è vero Roberto? 
Buona lettura a tutti. 
...

Elmer, i tempi mancanti e la fine dell'Universo

- Io oggi uscirò e poi rientrerò dalla finestra!
Sua moglie, Rita, non sollevò neppure la testa dal libro. - SEI uscito poco fa e adesso SEI rientrato dalla finestra. Fai sempre confusione, Elmer.
Elmer si infilò tutte e due le mani in tasca e sporse in avanti il mento. Non sembrava un tipo aggressivo, nonostante tutto, solo un filino esasperato. - Ma non ho detto che non uscirò mai più e non rientrerò mai più dalla finestra, mi pare. Se l'ho già fatto ciò non significa che non lo farò più. Non è vero?
- Beh, allora dovresti dirlo che vuoi farne un'abitudine. Niente di male.
- NON voglio che sia un'abitudine. O forse tra un po' lo vorrò ma...
- Tra un po' cosa significa?
- Bah, qualche minuto, o forse un'ora, o magari tra cinque anni.
- Tra cinque anni... In un futuro remoto. Curioso, non esiste il futuro remoto, mentre il passato remoto...
- Quello sì. Esiste. Io uscii e rientrai dalla finestra.
- ... uscii dalla finestra ecc.
Elmer non rispose. Anzi, non risponde. La finestra si specchiava negli occhiali di Rita, di forma rettangolare se considerata nella sua sede abituale, il muro, e allungata e curva negli occhiali della moglie.
- Il futuro remoto potrebbe essere una cosa tipo: io vorrozzi, o io vorrongo o io vorrorrò. - Elmer prendette una sedia, (la sedia si lasciò prendere), si sedette e si sedò. (temporaneamente).
- Vorrorrò va bene. - Rita si guardò le dita come per controllare se ci fossero ancora tutte. Nella mano destra sì, piegate ma tutte. La sinistra non si seppe, probabilmente mai. (Ma la Sinistra non si sa né sa, probabilmente, mai).
- E allora provo. - Disse Elmer. - Io vorrorrò che diventi un'abitudine rientrare e riuscire dalla finestra, conciossiacosachè abbia abitato al piano rialzato in due camere cucinotta abitabile riscaldamento autonomo, vista sulla collina - quando non c'è nebbia - affarone disponibile subito chiamare al 0337/211290.
- Ma sei sicuro che lo vorrorrai? Non si può mai sapere cosa si possa volere o desiderare in un remoto futuro. Forse sarebbe più prudente...
Elmer sorrise saputo. - Ci vorrebbe un condizionale futuro, un CONDIZIONURO. Bello eh?
- Già, adesso coniugamelo. Almeno provaci, dai. Giuro che poi mi metto la giarrettiera e lascio che tu mi spii da sopra l'armadio.
- Non si dovrebbero dire queste cose quando ci sono i lettori.
- Ma poi i lettori li mando via.
- Se è così. Ci proverò. - Elmer guardò verso il soffitto. - Poi quando lei si mette... insomma poi, è veeeeero che ve andaaaaateeee?
- Ti si sono allungate le vocali, Elmer.
- Me le ha prestate una bambina, era per provarle. Effettivamente sono un po' lunghe. Non mi stanno bene?
- Nemmeno un po'. Me lo fai il condizionuro, allora?
- Io vorroratti? Io vorrorrozzi? Io vorrorroi?
- Io vorrorroi è perfetto. Ti piace di più la giarrettiera azzurra o quella nera?
- Nero, sempre nero, attizza il desidéro.
- Aspetta che me lo scrivo. No è perché... Ma dovranno lasciare aperto il foglio, altrimenti se lo piegano, si sta stretti (... «mi piace stare stretto a te»...) Sì, va bene, ma è buio e tu come la vedi la giarrettiera al buio?
- Si potrebbe tentare di diventare personaggi di un romanzo. Potremmo mettere un avviso: "Elmer e Rita ragazzi di trentasette e trentaquattro anni offronsi come protagonisti (... «è sufficiente personaggi» ...) Sì, va bene... Si offrono come personaggi o protagonisti per romanzo di formazione, avventura, sperimentale ecc. ecc. Tassativamente esclusi i romanzi autobiografici e sentimentali. Telefono solo ore pasti tzzz tzzz tzzz.
- Esclusi anche quelli pornografici.
- Beh, ma...
- Esclusi.
- E se...?
- Se l'autore lo chiede, va bene. Ma non di più di una volta ogni cinquanta pagine. E niente cose strane. E poi anche i romanzi si chiudono. Bisognerebbe diventare personaggi di un quadro o di un film. - Rita estrae l'orologio dal panciotto del gilet di Elmer. - Si è fatto tardi.
- Già, fuori c'è ancora luce, ma è solo perché non è cambiata la descrizione.
La luce nella stanza dolcemente declinava. Gli ultimi raggi di sole illuminavano tiepidi le scarpe lucidissime di Elmer.
« tiepidi, curioso, avrei giurato fosse inverno.» Pensò Elmer.
- Ti sei lucidato le scarpe, stamattina, bravo. Comunque adesso si è fatto davvero tardi. - Commentò Rita. - Si è fatto tardi e tu non hai ancora finito la tua frase.
- Aspetta. Dunque: Io vorrorroi che uscire e rientrare dalla finestra diventasse un'ab....
- Un'ab?
- Sarà giusto usare diventasse?
- E un Congiuntivo futuro?
- Un CONGIUNTURO? Potente, come dire...
- Diventossèro?
- Io vorrorroi che uscire e rientrare dalla finestra diventossèro un'abitudine carina e... Ma, un momento, io non voglio che diventi un'abitudine. Nemmeno tra cinque anni o tra sei mesi o tra vent'anni (...«trapassato futuro»... mormorò Rita) non me ne frega niente di farlo, io voglio salire sull'armadio e spiarti mentre...
- Basta, Elmer. E poi c'è un problema.
- Quale problema?
- Senti?
Nell'ingresso la pendola battè dodici rintocchi.
- E allora? - Elmer non capiva e continuava a sorridere. - E allora? É mezzanotte, anzi lo era, e questa notte... La cantava Fred Buscaglione.
- Tu non sei uscito e rientrato per la seconda volta dalla finestra, nonostante tu l'abbia detto. C'è una contraddizione insanabile, lo capisci?
- Cristo, è vero. E quindi?
- Eeeeeh...
- No!
- Temo che...
- Cazzoooooooooo!....
Il tempo di un sospiro e l'universo (il loro universo, per fortuna), con calma rassegnazione e una certa eleganza si piegò su stesso fino a scomparire con un delicato "Plop", come una bolla di sapone risucchiata nella cannuccia.
In quanto al lettore non piegò il foglio, ma Elmer non riuscì ugualmente a vedere Rita con la giarrettiera nera. Perlomeno non in questo racconto. Ed è un peccato perché Rita ha due (o forse tre o cinquantacinque, nessuno l'ha scritto) bellissime gambe.







8.2.12

Provando a ragionare


In questi giorni, sia pure affannosamente, capita di avere qualche momento di pausa, di silenzio, nel quale può accadere di spendere qualche riflessione sulla situazione generale dell'editoria italiana.
Nulla di sistematico o di complessivo, soltanto qualche riflessione slegata e poco conseguente, nata dalla mia situazione. 
La CS chiude, come molte librerie che l'hanno preceduta e altre che la seguiranno. La CS è (era) una libreria universitaria di area scientifica, con una sezione abbastanza vasta dedicata alla letteratura - di genere e mainstream - e una presenza massiccia di saggistica scientifica, cioé libri di attualità, aggiornamento, divulgazione e filosofia della scienza.   
La CS è sempre stata sottocapitalizzata, nata com'è da normali ex-studenti di medicina che non hanno mai avuto i capitali per farne una grossa libreria. Si è proceduto così correndo dietro alle occasioni, alle speranze, ai sogni... e ai fornitori. Si è fatto abbondantemente ricorso ai prestiti bancari - anche adesso, mentre scrivo, ho ben presente che debbo tuttora chiudere un fido (ovvero un prestito) di qualche decina di migliaia di euro con una banca - facendo poi le corse per pagare gli interessi. Personalmente non ho fatto i soldi, anzi, è capitato più di una volta di lavorare senza stipendio o di correre a versare fondi personali per raddrizzare una situazione finanziariamente pericolosa, come coprire un assegno non coperto. Il bilancio (quasi) definitivo è catastrofico. Ma fortunatamente o sfortunatamente io non sono un bocconiano e non ragiono soltanto con il portafoglio.
Quindi, sulla cima di questi 37 anni di lavoro, posso affermare - ed affermo risolutamente - che finché è durata è stata grande
Il fatto che, come ha scritto Vera Schiavazzi su «La Repubblica» del 6.2.2012, noi abbiamo «gettato la spugna» è sostanzialmente vero. Arriva un punto nel quale non vedi prospettive credibili. 
Fossero esistite non mi sarei tirato indietro. 
Ma, a parte la lunga serie di motivi elencati nella lettera ai soci, qual è il vero problema, a che cosa si deve questa convinzione? Sono gli e-book? Sono le librerie di catena? Sono i fornitori? È Amazon? È la produzione editoriale contemporanea?
Un po' tutto, d'accordo. Ma dovessi scegliere un vero, grosso, motivo, non transitorio e svincolato dall'attualità, sceglierei l'e-book. 
Io sono un consumatore di e-book e ancora di più lo sarò nel futuro. Non solo, penso che i grandi editori contemporanei dovranno fare i conti con l'editoria telematica, con la disponibilità di libri ovunque, libri che si possono leggere su tablet, su telefoni, pc e su qualunque altro diavoleria elettronica vi salti in mente.  
Necessariamente libri più brevi, più elementari, più banali? No, non credo. Se i libri scompaiono non è così per i lettori. E molti lettori non si accontentano di un libro qualunque, di un metalibro, di un unterlibro. Il gesto di leggere è - curiosamente, o forse non troppo - un gesto in gran parte svincolato dal supporto di lettura. Mia figlia - un soggetto non casuale, me ne rendo conto, ma sicuramente ben inserita nel suo mondo di giovinastri - mi ha chiesto di scaricarle tra i primi libri per il suo tablet Il Castello di Franz Kafka, un libro che non mi pare una lettura così vuota e banale. Magari, ma questo è un altro discorso, si può discutere del gusto «nero e decadente» suo e di molti giovani contemporanei, ma si tratta, evidentemente, di un tipo di discussione che esorbita largamente la dialettica schermo/carta.
E se i lettori sono destinati a rimanere, indipendentemente dal supporto di lettura, così come i classici della letteratura - leggere Guerra e Pace o Madame Bovary o I sette pilastri della saggezza su e-book non è un'assurdità -, la vera domanda è chi non rimarrà?  
Le librerie, certo, scavalcate dalla vendita diretta dei libri da parte degli editori. Ma anche gli editori, soprattutto quelli che in periodo di crisi pensano di sopravvivere di thriller seriali, di confessioni morbose di protagonisti tv, di guide alla microfelicità familiare o di manuali per farsi da sè lo yoghurt alla camomilla, rischiano di essere assorbiti e svuotati dall'onda crescente della disponibilità di e-book gratuiti o semigratuiti. Si può pensare, seriamente, di sopravvivere contando esclusivamente sulla difficoltà di alcune classi della popolazione - sociali e di età - ad accostarsi a uno strumento telematico? 
Tra i motivi che ci hanno indotto a chiudere l'attività c'è stato, innegabilmente, la lenta ma definitiva scomparsa dei giovani lettori. I nostri migliori clienti avevano un'età che superava costantemente i trent'anni-trentacinque anni. Eravamo una libreria generazionalmente condannata. 
Ed è questo un elemento, ahimé, centrale in qualsiasi analisi sulla situazione editoriale.





5.2.12

Music for the masses...


... titolo di un album dei Depeche Mode.
Che però non è il gruppo scelto per questo giro. 
Dopo il teutonico rumore degli ottimi - a mio parere, ovviamente - Rammstein, andrò sul leggero, in attesa di un altro attacco  di heavy metal. O di jazz. O di musica barocca .
Ecco il dubbio e il desiderio di continuare con Lully o Pergolesi o Marais mi ha accompagnato più di una volta, situato in una parte del cervello non impegnata a scrivere ai fornitori o a spiegare ai clienti la nostra chiusura. Poi ho deciso di rimandare a un'altra occasione.
...
Brian Eno l'ho conosciuto nell'album For your Pleasure dei Roxy[1] Music - che possiedo tuttora in forma di vinile, con Amanda Lear in tenuta fetish - dove appariva in panni perfettamente e assolutamente femminili. Una delle tante facce del perfezionismo maniacale di un artista geniale. E, come tutti i geni, un po' snervante. Ho seguito la sua ambient music - musica per aeroporti, ecc. - poi le sue collaborazioni con David Byrne dei Talking Heads e con Robert Fripp dei King Crimson. Alcune cose le ho davvero apprezzate, altre mi hanno lasciato freddo, nonostante abbia sinceramente apprezzato l'impegno e il genio di Brian Eno. 
Questo piccolo e leggero brano mi ha affascinato fin dal primo incontro. In apparenza un piccolo motivo di pianoforte che si ripete con poche variazioni, ma sottolineato da una felicissima e sorprendente linea armonica. Un piccolo capolavoro. 


[1] Roxy= Rock+Sexy

2.2.12

Dopo


 Adesso che ho dato la notizia, quella che serbavamo in fondo alla gola e in fondo all'anima da qualche mese a questa parte, mi resta soltanto da provare a spiegare che cosa si prova a vedere la propria libreria essere via via spogliata di titoli che devono essere resi per pareggiare i conti con i fornitori . 
Brutto karma? Beh, sì, abbastanza. 
Comunque una chiusura dà poco meno lavoro di un'apertura, lavoro che un magone insistente impedisce di fare serenamente. 
Poi ci sono i clienti, gli appassionati, i lettori, tutti coloro che avevano capito che non tutto funzionava come doveva, ma che fino all'ultimo si sono autoconvinti che la libreria sarebbe durata. 
E qui ne approfitto per un chiarimento che in molti mi hanno chiesto, via facebook, via e-mail o di persona.
La CS avrebbe potuto durare ancora per il 2012.
Ma a patto di un'ulteriore dissanguamento, con perdite a 5 cifre. L'avremmo potuta tenere aperta con i nostri (miseri) stipendi azzerati o quasi - come è stato per il 2011 - e facendo ricorso ai soldi di famiglia, ascendenti e discendenti compresi. 
Quindi no, mi dispiace davvero, ma non esiste. 
Meglio chiudere prima di ricorrere a uno strozzino o di darsi alla rapina ai pensionati fuori dagli uffici postali. 
...
Che cosa significa, davvero, chiudere una libreria? 
Complesso e lungo spiegarlo. Ma giusto ieri un docente di chimica, un discreto lettore che incontravo in genere nei giorni di orario continuato, mi ha illuminato e spero possa farlo anche per chi mi legge. 
Il soggetto non è un soggetto stupefacente o ultracolto. Il nostro leggeva volentieri libri di buon gusto - Paasilinna, McCall Smith, Malvaldi ecc. - ma nulla di eccessivamente complesso. Aveva bisogno di libri per rilassarsi, nulla di più. 
Ieri è venuto in libreria a portarmi le sue «condoglianze» e a chiedermi 3 o 4 libri da leggere. Dopo i convenevoli, i saluti, i rimpianti è venuta la parte davvero interessante: 
– Vede, il vero problema è che chiudendo voi i lettori in Italia saranno di meno. 
– Cioé?
– Io non ho tempo per acquistare i libri. Qualcosa nel week-end, qualche libro strapompato in TV, ma in realtà sono sempre venuto qui perché chiedevo a lei e lei mi pescava sempre qualcosa di leggibile. Tra un esperimento, una lezione, un'esercitazione venivo qui, mi rilassavo, facevo un giro e uscivo con un libro o due. Una volta che voi avrete chiuso qui nei dintorni non c'è più nulla. Solo librerie universitarie che vendono libri di organica o di analitica e nulla di più. Finché durarenno anche quelle. E nessuno che abbia tempo, voglia o la possibilità di consigliarmi qualcosa. Quindi leggerò di meno. Mi porterò una rivista o qualcosa del genere. O andrò a rompere le palle ai colleghi o agli studenti. La chiusura delle piccole librerie di prossimità è una sciagura per i lettori. Ci vuole del tempo per capirlo, ma è così. Siamo e saremo un paese sempre più ignorante. Comunque grazie e i migliori auguri.
...
Aveva completamente ragione? 
Non lo penso, anche per il bene della nostra comune patria. 
Credo che un lettore giovane possa procurarsi qualcosa da leggere per il suo kindle senza grossi problemi. 
Ma il vero problema è: «Chi avrà voglia di farlo, se i lettori sono sempre meno, meno influenti, meno presenti, meno rilevanti? E a chi chiederanno un consiglio onesto di lettura? Ad Amazon o a una delle librerie on line?».
Ma può darsi che sia solo un incubo personale, non datemi (troppo) retta. 
Ma è bene non buttare via queste considerazioni, come si sarebbe fatto con il testo di una distopia alla Orwell o alla Huxley.
Le «piccole librerie di prossimità» sono importanti. Come si vive in quartieri senza negozi, senza cinemi, senza teatri? E senza librerie? 
Beh, ci sono sempre i centri commerciali. 
I «Mall». 
Certo, come no.