24.12.18

Calibano Vigesimo Secondo: L’Armata delle Tenebre.


Satan osserva Fangoso III dal grande oblò dell’ammiraglia della sua piccola flotta, la Ninetta.
Pensa che il pianeta é una latrina, la sua ammiraglia un bidone, Ahriman, il suo vice, un cicisbeo con la puzza sotto il naso e tutte le astronavi della sua compagnia un’accozzaglia di cimeli da rottamazione.
Lontano dai suoi fiori, impegnato nel disperato tentativo di salvare un investimento abortito sul nascere ma che Iblis continua a mettere nella voce attivi del bilancio della società, per farsi prestare soldi dalle banche galattiche, il Daimone sperimenta un tipo di infelicità che in altri momenti avrebbe giudicato una “ridicola esagerazione da scrittore fallito.”
– Nessun segnale dalla superficie del pianeta – gli comunica per interfono Neurite, con il consueto tono entusiasta da primo della classe.
– Crepa. – Sibila Satan.
– Come ha detto capo? – Cinguetta il rampollo di Ahriman.
– Sicuro? – Si obbliga a dire il Daimone.
– Più che sicuro. Nessuna traccia della nave di Pelagio e nessuna trasmissione dal pianeta.
– Riprova.
– Ma…
– Riprova, testa di legno.
– Sì capo, subito. – Neurite chiude il collegamento e contempla il simulatore vuoto e il comunicatore silenzioso.
Si chiede se interpellare nuovamente Satan, poi, saggiamente, afferra il microfono per il collegamento in Spazio 1 nel modo in cui l’ha visto fare da Tubis Ra, il suo cantante preferito, e canta «Se il tuo cuore mi guardaaasseeee…»
– Nessuna comunicazione, Ammiraglio.– Annuncia con voce stentorea Luxiferus, vestito da primo ufficiale dell’Invicibile Armata di Petrax Pompadour, l’unico abito gli sia sembrato adeguato alla circostanza tra quelli in vendita presso il rigattiere Lidmo, suo abituale fornitore.
– Ti hanno già detto che sembri la controfigura di un gallinaccio? – Satan decisamente non fa nessuno sforzo per nascondere il malumore.
– Perchè la controf…? Beh, se ci fosse bisogno di parlamentare con i Kerrabbia, questa divisa potrebbe incutere loro un certo… diciamo rispetto. 

 
Il daimone considera i calzoni di raso azzurro cielo molto scampanati, il mantello color ciliegia, le spalline alte quattro dita, gli alamari dorati e la feluca a due piani, simile ad una fruttiera rococò e sospira dolorosamente.
– Luxiferus, lo sai cosa ne farebbero di te e della tua divisa i Kerrabbia?
L’interpellato, un B.E.M., cioè un grosso grillo ritto sulle zampe posteriori, è un tipo simpatico, sportivo, giocoso e apparentemente sempre distratto. È stupito quando Satan lo maltratta, ma mai che se la prenda.
Interrogativo, inclina la testa adorna di mandibole, antenne e occhi sfaccettati. – Cosa?
– Quello che faranno delle nostre navi e di tutti noi: un modesto grumo di immondizia eternamente vagante intorno a questo pianeta dimenticato!
Luxiferus annuisce debolmente, schiocca le mandibole e si mette a pensare.
Satan scruta il socio, ne immagina l’attività intellettuale e rabbrividisce. Torna al grigio paranoia di Fangoso III inquadrato dalla vetrata di plancia e si chiede se non sia il caso di unirsi ai Lugubri Trappisti di Penitenza Impotente, che in rispetto della loro Regola cercano la compagnia di creature noiose, squallide o idiote (nell’ipotesi migliore tutte e tre le cose insieme), frequentando assiduamente concerti di artisti d’avanguardia, feste danzanti organizzate dalle forze armate e Karaoke sotto il campanile.
Non è così depresso, comunque, da non accorgersi che l’unica porta della sala si trova esattamente alle spalle di Luxiferus. Non sono possibili fughe onorevoli, in sostanza, e non resta che disporsi serenamente ad ascoltare la più che probabile scemenza che sortirà da un momento all’altro dalla bocca mandibolosa del socio.
Silenzio. Respiro. Silenzio.
– Satan?
– Eh?
– Non potremmo vendere i diritti del pianeta…
– E a chi? Eh? Chi pensi che voglia comprare un pianeta che al massimo tra due settimane sarà visitato dai Kerrabbia?
– Il governo di Sirio. – Luxiferus nasconde la testa tra le zampe anteriori in attesa della reazione rozzamente materiale suscitata dalla maggior parte delle sue idee.
Passato qualche secondo fa capolino con un occhio dall’orlo del mantello e vede Satan che sorride strofinandosi il mento.
– Il governo di Sirio… Con quello che costano due settimane di mercenari Kerrabbia… A un buon prezzo…
– Cosa te ne pare, eh, Satan? – Si azzarda infine a chiedere il Pubbliche relazioni della società.
– Che può essere un’idea migliore della tua divisa.
– PELAGIO IN LINEA. – Nella voce di Neurite c’è una sfumatura di autocompiacimento che desta in Satan il desiderio di vederlo ingoiato da un buco nero subito e non entro i prossimi cinque minuti come d’abitudine. – E poi ho una grandissima notizia…


– Passami Pelagio.
– E la grandissima notizia?
– Fottitela e buon divertimento. – Esplode il Daimone. – Passami Pelagio subito!
– Vabbè. – Mugola Neurite ed un attimo dopo dall’interfono si esce la voce pacata del tartoide, questa volta meno pacata di altre.
– Salve Boss.
– Pelagio! È un vero piacere sentire la voce di una persona intelligente.
– Grazie, ma…
– Qualcosa non va?
– Insomma… la cucina dell’astronave é andata distrutta, ho perso l’antenna per la comunicazione nello spazio Gaalighe, sulla nave ho tre terrestri – due umanoidi ed un felino – che passano il tempo a litigare tra loro o a fare domande cretine, il robot di bordo dà i numeri ed infine…
– Infine…
– …Un idiota che imita la voce di Tubis Ra mi ha tenuto occupata la linea con la vostra nave finora…
Ormai avrete capito che Satan è individuo sincero, di cuore e sanguigno. Tipi come lui in un’occazione del genere inarcano le sopracciglia, prendono un’aria amara, stancamente delusa e infine – duole dirlo – si abbandonano al turpiloquio.Trascriverlo puntualmente non mi sembra edificante quindi, per puro dovere di completezza, mi limiterò ad informarvi che il Daimone sta attualmente augurando al rampollo di Ahriman di essere oggetto di pesanti approcci sessuali da parte di Kerrabbia ammalati di morbi orribili e contagiosissimi, al cospetto di un vasto pubblico plaudente ed ansioso di unirsi a loro.
Il lungo sfogo di Satan, prima di giungere al termine é interrotto dall’ingresso (… Gnik-krik-gnik-krik…) dell’ultimo componente del Consiglio di Amministrazione. Come sempre immerso nel suo camicione candido di tre misure più grandi del necessario e cigolante come una vecchia serratura, Iblis solleva un braccio con un lamento prolungato.
– Cosa c’é? – Chiede Satan, di un bel colore colpo apoplettico. – Ci mancavi solo tu, vecchio rottame per completare il quadro. – Il Daimone lascia che il suo sguardo incontri la divisa da operetta di Luxiferus ed il paludamento da eremita marittimo di Iblis, senza dimenticare l’espressione felicemente beota di Neurite che per sua fortuna non é presente. – Se vi vedo uno alla volta posso anche illudermi di non presiedere una società formata da idioti assoluti, ma se ci siete tutti…
– È una notizia important… AAAgh! GRgghh, Ghhhgh, AAAAgh!
Il sintetico riesce a sopravvivere all’attacco di tosse, si massaggia il petto con espressione di meditabondo allarme e riprende. – Era una breve di TeleEone: i Kerrabbia di Sirio si sono fermat… AAARgh, Rgh, Rgh!
– Fermat… – Ripetono all’unisono Luxiferus e Satan.
– Sciopero. Il governo di Sirio ha sospeso i pagamenti.


Post Scriptum: non essendo ignaro che questa è la sera di Natale inserisco questo poche frasi che non c'entrano per nulla con il romanzo. Abbiate pazienza. 
I migliori auguri di buon Natale e felice Anno Nuovo a tutti coloro che non si chiamano Matteo. Giusto per non sbagliare. A coloro  che si chiamano Matteo ma sono incolpevoli risponderò con una frase del grande stratega Carl Von Clausewitz: «Purtroppo è inevitabile che nel corso di una grande campagna militare muoiano anche dei Mattei. Ostinarsi a tenere un nome sbagliato è una palese dimostrazione di inettitudine»
Tanti auguri!

19.12.18

Calibano Vigesimo Primo: È partita l'antenna


E. oppresso da sinistri presagi staziona davanti allo schermo fuori sintonia della olo-TV dell’astronave, mentre gli altoparlanti in quadrifonia riproducono il suono di una colossale frittura.
Il benefico arnese teleolovisivo quando era ancora in buona salute permetteva la ricezione di un numero di canali che non avrebbe mai neppure concepito nei sogni più deliranti, ma ora, dopo il passaggio del cucciolo di frugafango, si è rivelato un preannuncio d’inferno. Ogni dieci minuti o anche meno E. va a visitarlo come si visita una mamma gravemente malata e indugia ad auscultarlo, soffrendo della sua confusione iconica e del suo autismo.
Bisogna capirlo: E. è cresciuto in simbiosi con la TV e il mondo teleamputato gli sembra più povero, meno colorato, in fondo in fondo un po’ meno vero.
– Maledetta bestiaccia… – Mugola all’indirizzo del cucciolone limaccioso involatosi con l’antenna e si agita un po’ nella vaga speranza di acchiappare qualche canale. Il sonoro vira dalla friggitoria formato Krupp al milione di minimartelli pneumatici manovrati da un milione di puffi, mentre lo schermo cessa di trasmettere una fittissima nevicata nella nebbia per riprodurre un elettroencefalogramma collettivo.
– Ma vaffan…– Gorgoglia compiendo un ampio gesto con il braccio. La sensosintonia del TV si esalta e spara ad altissimo volume una raffica di singulti e gargarismi.
– Non riceve. – Conan, divenuto silenziosissimo dopo la trasformazione, entra nella stanza facendo trasalire il videomane. La TV saluta il suo ingresso con una grandinata multicolore accompagnata dal suono prodotto da un miliardo di vecchietti scatarranti.
Lo sguardo di E. incontra la generosa scollatura del robot incorniciata da un reggiseno di pelle nera e da lunghi capelli color miele.
A dimenticarsi che si tratta di Conan c’è da andare fuori di cabina. Ma E. si sente strano con quel simulacro di Venere perversa che gira per la nave: un po’ intimidito e un po’ paterno. Ogni tanto sbircia nella scollatura, ma è un uomo all’antica e distoglie lo sguardo con un brivido.


– È giusto, non devo avere nessuno svago, nessun momento di distrazione per non dimenticare il mio imperdonabile peccato.
E. sospira: la voce tetra del robot ha il pregio di mettere istantaneamente a nanna qualsiasi impulso di natura carnale eventualmente germogliatogli in testa.
– Anche noi dobbiamo espiare?
– No, ma il rancore che mi dimostrerete sarà per me ulteriore fonte di sofferenza ed espiazione.
– Conan tu mi ricordi un mio compagno di scuola delle medie che tutte le volte che commetteva un atto impuro andava dal più grosso della classe, ne insultava la mamma e veniva regolarmente pestato così…
– Cos’é un atto impuro?
– Beh… – E. non riesce a nascondere l’imbarazzo: i robot sono innocenti, curiosi e assolutamente sprovveduti sui fatti della vita (biologica). Così, come un genitore alla prima lezione di educazione sessuale, decide di essere il più possibile vago: – È un modo per alleviare la solitudine, ma è troppo breve e comunque lascia più tristi di prima. – Esala ermetico.
Conan riflette per qualche secondo e poi sorride. – È una cosa frustrante, in sostanza, una forma di autopunizione.
– Ehm, non del tutto, ecco…
– Vado di corsa a commettere atti impuri, grazie, signore, per avermi dato un’altra possibilità di espiazione. – Il robot infila la porta animato da un pericoloso entusiasmo, evita per un soffio di investire Pelagio tallonato da Rumpus e scompare nelle profondità della nave.
E. si gratta una tempia, chiedendosi quale imprevedibile azione progetti l’intelletto deviato di Conan e saluta il pilota.
– Buongiorno.
Pelagio non risponde e contempla affascinato il megaschermo attraversato da una serie infinita di linee ondeggianti.
– Funziona? – Chiede.
– Non direi.
– Buffo, sembra il corso di autoipnosi di Tele Baffobianco di Galassia Nord. – Il Tartoide ascolta il fischio modulato emesso dalla olo-TV e scuote la testa.
– No. La seconda frequenza della colonna sonora é troppo alta, inadatta alla creazione di uno stato di ricettività subconscia.
E. annuisce incerto, colto dal dubbio sconfortante di essere l’unica creatura ancora in sé sulla nave. – Si hanno notizie delle altre navi?
– No, dopo la comunicazione dell’incontro sul pianeta non sono arrivate altri messaggi.
– Cosa pensa, Pelagio, che dovremo combattere con quei pazzi scatenati?
Il pilota tossisce educatamente pensando alla flotta spaziale della Satan & C. – Le navi delle quali dispone la società non sono, direi, adeguate a uno scontro armato.
– E allora, cosa faremo?
– Ritengo che i soci dell’azienda vorranno intervenire in qualche modo per preservare l’integrità di Foxtrot.
La TV continua a ronzare come un allegro moscone, Pelagio la guarda, si stringe nelle spalle ed esce.



Lessico Familiare

Giunti a questo punto sarà bene chiarire che E. e Mirella, durante la permanenza su Fangoso III hanno appreso una serie di notizie sconvolgenti:
– La Terra é un pianeta artificiale, con una geologia e una paleontologia progettate dalla figlia di Ahriman, Ghia, come tesina per l’esame di ingegneria planetologica.
– Gli umani non sono originari della Terra, ma membri di una delle principali specie senzienti della Galassia, e originariamente destinati a fungere da personale di servizio di un pianeta /residence.
– La complicatissima legislazione galattica in merito alla costruzione e gestione di pianeti abitati e le difficoltà incontrate nell’ottenere l’abitabilità della loro creazione, hanno obbligato la Satan & soci ad introdurre altre due specie intelligenti, cioè mici e ratti, nella speranza di veder riconosciuti i propri diritti.
– La Terra non é comunque destinata a rimanere per molto nell’attuale situazione. I Kerrabbia inviati da Sirio intendono distruggerla, i Mangiasabbia farne una specie di Mecca del crimine e la Satan & Soci riconvertirla al progetto iniziale: un pianeta di vacanze per galattici straricchi.
E. attende a braccia incrociate la fine della mia spiegazione e poi fa, sarcastico:
– Posso riprendere a parlare, adesso?
– Come no.
– Grazie. Se avessi saputo…
– Beh, i primi cinquanta li hai avuti. Se adesso vuoi un altro cinquanta…
– E per farne cosa, Zio bello, per corrompere i Kerrabbia? A proposito, come va a finire questa cretinissima storia?
– Hhmm. – Io non ho ancora deciso nulla, così guardo la olo-TV impegnata a trasmettere una nevicata di parmigiano con relativo rumore di grattugia e dico casuale: – Non funziona, eh?
– Senti, raperonzolo, se non mi dici come pensi di tirarmi fuori da questa scodella di fango giuro che spiffero a tutti come mai sono stati tirati in ballo in questa fetenzia…
– Bravo, di’ a Mirella che si trova qui perchè me l’hai chiesto tu. – Lo guardo. – Magari la prende male, eh? E poi questo romanzo avrà un enorme, imprevisto successo. Conosco della gente che me lo pubblica senza nemmeno leggerlo.
– È meglio, se non lo leggono. Occhei, verme, ci sto, ma vedi di tirarmi fuori di qui in fretta, prima che al posto della barba mi crescano i funghi.
– Fidati. – Devo mentire, cercate di capirmi.


Appena il tempo di eclissarmi e un boato fa vibrare la nave come il charleston di una batteria.
– Per la Stella della Lentezza, la cucina! – Urla Pelagio passando a precipizio in corridoio ed E., tuttora rancido e incattivito, lo segue per inerzia con qualche attimo di ritardo.
– La tua pentola a conversione é guasta, Pelagio. – Mirella, ricoperta da un’indefinita pappa brunastra e con in mano un frammento di materia plastica, li attende al termine della corsa.
– La mia cucina… – L’astronauta della Satan fissa con stupefatto dolore il minuscolo ambiente puzzolente di unto-bruciaticcio, fumoso come una fonderia ed in buona parte intonacato di pappa di cereali e di verdure ormai inidentificabili.
– La compagnia ti passa materiale scadente, del tutto inadatto alla cucina macrobiotica.– Sentenzia Mirella. – Quest’arnese è esploso dopo due minuti di cottura.
Pelagio guarda qualcosa appiccicato al soffitto annerito, presumibilmente una parte viva e maligna del pranzo, almeno a giudicare dai sibili e dai borbottii che tuttora la animano. Si volta verso Mirella e NON le chiede come ha fatto a salvare la pelle in quell’inferno macrobiotico.
– Io vado a meditare. Se avete bisogno di me mi troverete nella Sala delle Lettere. Non dovessi tornare le mie volontà sono nella memoria di Mater, il computer di bordo. In ogni caso fate pulizia.
Dopodichè il tartoide fa dietrofront e scompare.
– Chissà perchè la chiama la “Sala delle Lettere”? – Mirella guarda il frammento di plastica che tiene in mano come se contenesse la risposta e poi si stringe nelle spalle. – Beh, che bibbo fai come un ebete? Comincia a pulire che io vado a fare una doccia.
E. con la faccia da Candid Camera la guarda allontanarsi, contempla la cucina, simile alla sua idea di un reattore nucleare fuso, e si chiede se non sia il caso di seguire l’esempio di Pelagio. 

 
– Pulisco io. – Conan si materializza alle sue spalle armato di un arnese truculento, una specie di doppio bazooka pesante, e comincia ad aspirare materiale organico dal pavimento. Poi si ferma e spegne il cannone aspiratutto. – Ho molto riflettuto sulle sue parole. Questo può essere definito un atto impuro? Questo far esplodere sporcando tutto?
E. tituba, improvvisamente conscio della basilare difficoltà di comunicazione tra esseri senzienti. – Da un certo punto di vista…
Conan annuisce compunto, estrae dalla scollatura un piccolo block notes, prende due appunti e lo ripone nel suo tiepido rifugio. – Grazie. – Un istante dopo riaccende il bazooka.

13.12.18

Calibano vigesimo: Gli dei nervosi


Visto dalla navetta per lo sbarco Etico Cupo non sembra un pianeta tanto diverso da altri: i soliti oceani, le solite nuvole, le terre verdi, giallastre o brune con i sottili filamenti argentei dei fiumi e le calotte glaciali installate con silenziosa dignità ai poli.
In realtà la caratteristica principale di Etico Cupo non é visibile da lì e nemmeno da una quota più bassa, dalla quale si vedrebbero al massimo le cupole nere delle Chiese dell’Ultima Possibilità, sovrastate dalla Spada dell’Intervento accesa di riflessi fiammeggianti.
Con filosofica pazienza Ahriman osserva le tre astronavi a forma di croce avvicinarsi nella simulazione olografica del computer di bordo e dà istruzioni per una rotta geostazionaria in modo da permettere agli Etici Cupi di perquisire la sua nave alla ricerca di libri di argomento non strettamente religioso, pornografia, musica, anticoncezionali, spinelli, biologi evoluzionisti, astrofisici, liberi pensatori o membri della Chiesa Del Faidaté.



Il fanatismo religioso, ben lungi dall’essere una caratteristica esclusivamente terrestre, ha una solida presenza tra i popoli della galassia.
A tale proposito sono da ricordare i Conservatori di Katapulta III, così chiamati per la loro convinzione di essere predestinati alla difesa dell’opera del loro dio. Questi è raffigurato come una sorta di Asso di Picche dotato di un unico occhio irato e piace praticamente solo a loro, ma non importa: i Conservatori scrivono comunque lettere indignate a chiunque – stelle trasformatisi in nove comprese – abbia preso qualche iniziativa senza ottenere la loro speciale dispensa.
Anche meritevoli di menzione sono i Candidi di Rotula IV, che convinti che l’innocenza dell’infanzia sia la condizione più amata dal loro Dio – un’ enorme Orsacchiotto vestito di una salopette rosa – si ostinano ad obbligare i pochi turisti che visitano Rotula a vestirsi da bebé ed a parlare come infanti di una pubblicità di merendine, pena la morte data per ingestione di una spilla da balia aperta.
Ma tra tutti i fanatici religiosi solo gli Etici Cupi sono stati segnalati su tutte le guide turistiche galattiche con la quadruplice croce dell’intolleranza assoluta.
Ostili al divertimento, al sesso, alla cultura, alla scienza, all’arte, agli alcoolici, al fumo, alle droghe, a tutto ciò, in breve, che rende il passaggio in questa valle di lacrime un po’ meno lugubre, gli Etici Cupi non si limitano a praticare i loro precetti nella loro vita privata e sociale, ma si adoperano ad imporli a chiunque capiti a tiro, assolutamente convinti di dover scegliere anche per gli altri e soprattutto timorosi di scoprire che il peccato è molto più interessante della loro vita da vegetali perennemente con la luna storta.
Il fatto che esista gente di questa risma anche sul nostro pianeta e particolarmente sul continente americano, non è il risultato di uno sbarco degli Etici Cupi nella Bible Belt, ma solamente della facilità con la quale idee così idiote possono germogliare nella testa di creature supposte intelligenti.


(Notabene: il quarto capoverso dell’Assoluto Parziale, il notissimo testo del grande filosofo Thinbam, recita: «Il pensiero è fatica, la cultura è fatica, il dubbio è fatica quasi insopportabile, ma di queste fatiche devi intessere la tua vita, o ranocchio, (Thinbam fa parte di una razza di anfibi, N.d.A.). Diffida del tuo primo pensiero, del primo impulso, della convinzione più salda. Attendi senza giudicare, sii occhio ed orecchio. Coloro che hanno paura della propria mente nuoteranno in uno stagno putrido in cerchi sempre uguali.»)
In seguito a questo scritto Thinbam è stato condannato a morte per rogo (in contumacia) dopo lunga tortura (in effigie) dalla Sacra Cattedra della Chiesa dell’Ultima Possibilità.
Nell’edizione successiva dell’Assoluto Parziale Thinbam ha posto una nota al quarto capoverso nella quale definisce gli Etici Cupi «Un numero eccessivo di ignoranti microcefali plagiati da un’accolita di fanatici moralmente corrotti e sessualmente sgradevoli».
Su Etico cupo si è reagito con l’esumazione (sempre in effigie) ed un nuovo rogo.


Ahriman si specchia in una pozzanghera di una viuzza laterale di Espiazione Costante, la capitale del pianeta.
L’immagine che la pozzanghera imparzialmente gli rimanda è quella di un distinto sauroide dagli occhi verde smeraldo vestito di un saio grigiastro con una scritta sul petto che recita: “STRANIERO” e sotto in lettere più piccole “Arcipeccatore, incredulo, appena appena tollerato dalla Sacra Cattedra sempre che righi dritto”.
Ahriman guarda le lettere rovesciate nella pozzanghera e si chiede come farà a compiere la missione affidatagli dalla società, dal momento che finora anche una semplice richiesta di informazioni toponomastiche è stata accolta da sbatter di porte, preghiere, ostensione di crocifissi ed anatemi.
In subordine Ahriman si chiede se alla partenza gli saranno restituiti gli abiti che indossava, giudicati da Fratello Krissdahl, perquisitore della nave, un’empia arca di peccato, al pari dell’accendino, dell’orologio, del minicomputer (“Credi Forse Che Dio Non Sappia Contare, Eh?”) dell’olofoto della figlia Ghia in divisa da collegiale e del figlio Neurite neonato, nudo su una pelle di ragno-lucertola.
Il ricordo dello sguardo di Fratello Krissdahl alla vista del figlio infante in costume adamitico lo convince che perlomeno sarà molto difficile farsi restituire quella foto, se non anche quella della figlia.
A un centinaio di metri dietro di lui una trentina di bambini e ragazzi ha iniziato un lancio di pietre al suo indirizzo, al grido di “Morte all’Arcipeccatore”. Ahriman solleva l’orlo dell’abito e a grandi passi opta per un cambiamento d’aria non senza aver gridato ai suoi assalitori “Pensate al turismo!” facendoli se non altro esitare per qualche secondo.
Ahriman, privo del minicomputer che contiene l’indirizzo ed il modo di arrivare a Doppio Kuemmel, giovane regista nonchè il più grande esperto di effetti speciali del cinema galattico, infila prima un vicolo, poi un altro, attraversa una piazzetta, sempre inseguito da una torma di ragazzini urlanti, impreca contro la politica demografica di Etico Cupo, inciampa in una pila di giornali ad un angolo di strada con in prima pagina la frase: “Bruciati i peccatori colpevoli di fantasie impure” e si infila in un vicolo cieco.
Ahriman fissa il muro scrostato davanti a sé sul quale c’è una scritta stinta che incita alla masturbazione libera.
Alle sue spalle i mostriciattoli avanzano rumorosi, preceduti dalle pietre ed il sauroide si chiede se non sia il caso di abbandonare la Terra al suo destino. Per non pensare allo scoperto Ahriman si è comunque rimpiattato dietro una pila di bidoni che risuonano allegramente delle pietre lanciate dai piccoli cannibali.
– Psstt.
Il sauroide rotea gli occhi a destra e poi in basso. Da un tombino semiaperto un individuo incappucciato gli fa dei frenetici cenni con la mano indicando il buio sotto di lui.
Momentaneamente a corto di alternative, Ahriman si infila nel tombino e scompare alla luce del sole e agli occhi della torma di piccoli fanatici, dei quali alcuni, al primo linciaggio, resteranno delusi fino alle lacrime.
Giù per una serie oscura ed interminabile di corridoi debolmente illuminati dalla luce polverosa che spiove dalle inferriate dei marciapiedi, attraversando diramazioni delle fognature cittadine che dal puzzo sembrano perfettamente identiche alle omologhe di altre città galattiche.
La sua guida cammina veloce, con il piglio sicuro di chi conosce l’urbe ipogea. Procedono per una mezz’oretta poi il suo salvatore si ferma sotto una grata molto ampia ed abbassa il cappuccio. Ahriman impallidisce trovandosi di fronte la maschera metallica da cavaliere teutonico di un Fratello Correttore, i robot poliziotti della Sacra Cattedra.


– Calma – dice questi. – Devo condurti davanti al Fatale Severo Custode della Sacra Cattedra.
Ahriman ha la sensazione che qualcuno abbia approfittato della sosta per rubargli le ginocchia e sostituirle con equivalente quantità di gelatina. Vorrebbe rispondere che invitarlo alla calma davanti a quella prospettiva è come chiedere ad un invitato ad un barbecue di sedersi sulla griglia, ma scopre che i suoi organi per la fonazione hanno fatto la stessa fine delle ginocchia.
Il fratello correttore gli fa cenno di seguirlo e Ahriman, troppo stordito per discutere, si avvia con passo da bambino al primo giorno di scuola verso un ampio corridoio illuminato da alcuni neon coperti da griglie molto sporche.
Un breve tragitto e sbucano da un altro tombino ai piedi della Torre dell’Infinito Dolore, una costruzione che per l’aspetto e il contenuto scatenerebbe l’entusiasmo del Dottor Mengele.
Stranamente il robot supera la Torre e si dirige verso la sede della Cattedra. Sale la scalinata, attraversa grandi stanze e corridoi, si inerpica su per altre scale con Ahriman, depresso e instupidito dalla preoccupazione, sempre alle calcagna.
La sala, foderata di legno nero ed arredata con arazzi che raffigurano le Quattordici Grandi Rinunce del Vero Credente, ha un solo occupante che Ahriman riesce a vedere quando finalmente il fratello correttore si toglie di mezzo.
– Doppio Kuemmel! – La voce del sauroide è insolitamente stridula e strozzata.
Il Severo Custode, che somiglia come una goccia d’acqua a un Richard Harris giovane, sfoggia un paio di eleganti baffetti biondi e una lunga tonaca bianca e nera. E sorride.
– Ahriman, vecchio brigante, ho saputo che mi cercavi.
Il sauroide annuisce con un cenno secco del capo. – Sì, ma non avrei mai pensato che…
Richard Harris /Doppio Kuemmel sorride di nuovo con minore convinzione. – Ti riferisci al mio lavoro, immagino.
– …
– Il fatto è… Ma siediti. Ragazze, scusatemi.– Il Custode schiocca le dita. Si apre una porta laterale e appare una giovane umana dalle forme procaci, con indosso solo un paio di autoreggenti nere che spinge un carrello di liquori, seguita da una coetanea vestita di un velo da suora (e nient’altro) che porta un vassoio carico di tartine. – Serviti pure. Grazie, ragazze, potete andare.
– Ma… – Dice una delle due.
Il Fatale Severo Custode annuisce paziente, le dà una pacca distratta sulle rotondità posteriori e quindi accarezza il seno della sua compagna.


– Sono la perpetue del mio predecessore. Queste abitudini gliele ha date lui. Non che io le trovi sgradevoli, intendiamoci, ma non è questo il mio modo di vedere il rapporto tra i sessi… Probabilmente loro pensano che sia omosessuale. Vabbé, niente di male in questo, ma c’è anche gente che mi guarda un po’ allarmata e giorno sì e giorno no mi arriva qualche giovinetto deciso a diventare il mio favorito. Buttare fuori le ragazze comunque mi dispiace: vivono e lavorano qui da molto prima di me… Ma serviti, dai.
Ahriman si versa un abbondante bicchiere del primo liquore che gli capita tiro e si siede su un divano.
– Sarai stupito, immagino, di trovarmi qui. Il fatto è che io speravo di liberare questo pianeta dalla tirannide della Sacra Cattedra.
– Infatti. Sapevo che le tue idee erano, diciamo, molto radicali. – Ahriman, con in corpo un bicchiere di liquore è più incline alla conversazione.
– E lo sono tuttora. – Doppio Kuemmel stringe le labbra e aggrotta la fronte. – È per combatterli meglio che sono entrato nella Sacra Cattedra. Poi, dal momento che dovevo rendermi conto della situazione, ho giocato al loro gioco per un po’ e sono stato promosso una prima volta. Dalla mia nuova posizione mi sono reso conto che salendo ancora di grado avrei potuto meglio colpirli e così, sia pure con dolore ho fatto la parte del boia e dell’assassino, del sicario e del giudice di un diritto criminale, la parte del confessore spergiuro e del predicatore che spinge al linciaggio… Fa schifo, lo so, ma vedi, sapevo che era per meglio combatterli, per minare l’organizzazione dall’interno, per svuotarla. – Beve. – Fatto sta che l’anno scorso ho fatto assassinare il precedente Custode e sono diventato il capo dell’organizzazione giudiziaria della Sacra Cattedra, il passo subito precedente al Supremo Decanato.
– Un risultato… notevole. – Ammette Ahriman.
– Già, notevole. Il fatto è che non c’è sostegno da parte del popolo. Io sono un Custode molto più feroce e sanguinario del mio predecessore, ma è tutto inutile: il popolo non ne vuole sapere di ribellarsi. Hanno solo paura, non cospirano, non lottano, non hanno solidarietà, passano il tempo a denunciarsi tra loro ed a linciare i turisti. Sono molto deluso.
– Ehm, succede.
– Eh sì, succede, purtroppo. Il fatto è che temo di non farcela. Anche se arrivassi al Supremo Decanato cosa potrei fare di ancora peggiore per spingere questa mandria di imbecilli alla rivoluzione? – Doppio Kuemmel solleva lo sguardo e fissa Ahriman. – Sono deluso, stanco. Alle volte mi chiedo se non sarebbe meglio mollare tutto e tornare al mio precedente lavoro, che non aveva nulla di rivoluzionario, è vero, ma almeno non mi obbligava a torturare nessuno. Tu che sei stato il mio produttore un sacco di volte, Ahriman, cosa ne dici?
Il sauroide annuisce con cautela: – Sono qui appunto per proporti un lavoretto…




Un anno dopo la fuga del Custode Kuemmel su Etico Cupo scoppiava una sanguinosa rivolta. Elemen Scharwadetter, nuovo Supremo Decano – in realtà un importante membro dell’intersistemi liberazionista – aveva vietato il linciaggio dei turisti, ordinando ai Fratelli Correttori di sparare sulla folla.
Mentre scrivo Etico Cupo, ora ribattezzato Playboy Fumato, è divenuto il pianeta “dove tutto è permesso”. Ma Elemen Scharwadetter è già disgustato dalla scarsa serietà del nuovo governo e ha deciso di partire per Plumbeo Granito, dove una casta ereditaria di feroci militari opprime il popolo.