31.5.11

Götterdammerung


Letteralmente significa «Caduta degli dei», dal ciclo di Sigfrido: l'anello dei nibelunghi. Traduzione tedesca di Ragnarökr, «L'ultimo giorno degli uomini e degli dei» della mitologia norrena.  
Categorie davvero un po' troppo grandiose per giudicare il percorso finale del nostro benamato demente. In fondo è più probabile che a tutti venga malignamente in mente soltanto «Sunset boulevard» o magari il bunker degli ultimi giorni di Hitler, con il demente che sbava, urla e minaccia mentre le granate dell'Armata Rossa martellano Berlino. Le persone più colte potranno ricordare Gibbon e la sua Decadenza e Caduta dell'Impero Romano o magari Il Tramonto dell'Occidente di Spengler, le meno colte potranno paragonare il Demente al perfido e incapace Bluto, nemico di Braccio di Ferro o a Pietro Gambadilegno. O a Cattivik. O a Filo Sganga. Tutti personaggi e situazioni che in questi ultimi tre anni mi sono venuti in mente più di una volta, passando, nel tentativo di inquadrarlo e comprenderlo, da Ragnarökr a Cattivik.
In realtà temo che il personaggio al quale il demente è - almeno per certi versi - più somigliante è quella del compianto Mario Carotenuto, insuperabile talento naturale nel portare in scena in decine e decine di film l'affarista intrallazzatore e disonesto, lubrico e guardone, capace di impersonare un talento inesistente e che sa come suggestionare gli altri, risvegliando in loro sentimenti rapaci che non sapevano, fino all'incontro con lui, esprimere. 


Un piccolo satana di pessimo gusto, capace di dividere e di umiliare, di sporcare e contaminare. Ma anche un diavolo rabbioso e intollerante, cupo, vendicativo ma a tratti stupidamente allegro e volgare come riescono a essere gli uomini di potere quando sono un po' bevuti. Un Satana borghese sul modello di quello di Andreev capace di creare il male ma incapace di accorgersi della malignità del mondo che lo circonda. 
Fissi sul demente - giustamente, dal momento che la sua semplice presenza e il suo agire erano intollerabili soprusi - non ci siamo accorti di cosa avveniva nel mondo. Ora che il ciclo del vecchio demente si avvicina al suo termine abbiamo la possibilità di cominciare a capire lo stato del mondo. 
E di preoccuparci.
Ma purtroppo liberarsi del demente ci costerà ancora fatica. E ancora di più ci costerà fatica liberarci dei suoi sicofanti, complici, epigoni e imitatori. 
Ci vorranno anni e anni. 
Ma adesso, perlomeno, possiamo alzare lo sguardo. 
E forse non moriremo berlusconiani. 




28.5.11

Da e per ALIA


Continua la pubblicazione delle brevi presentazioni ai racconti usciti sull'ultimo ALIA.
Si tratta, come mi è già capitato di scrivere, di ventidue racconti. E l'indice dei racconti è qui.
Un piccolo lavoro curato da Silvia Treves, uno dei curatori dell'antologia, che viene presentato sul sito ALIA Evolution e che ha il non piccolo pregio di presentare con un minimo di calma e di concentrazione tutti i racconti usciti, suggerendo curiosi paralleli e creando buffe assonanze. 
La sensazione, una sensazione da lettore oltre che da co-autore, è quella di una narrativa fantastica imprevista, curiosa e in gran parte estranea alle storiche distinzioni del genere fantastico - fantasy, fantascienza, horror. Non che manchino mostri, fantasmi e altre curiose creature, situazioni inquietanti o momenti di tempo dilatato e/o sognante, attimi di terrore o di «senso del meraviglioso», ma senza urgenza, senza avvertire la necessità di urlare al mondo: «Ecco qui il FANTASTICO che avete sempre DESIDERATO!!!».
Il prezzo, dal momento che tutto ha un prezzo, è che ALIA non è un'antologia molto nota. Anzi, possiamo tranquillamente - o forse non troppo tranquillamente - affermare che ALIA è poco conosciuta in Italia, pur essendo lodata e coccolata in Asia. 
Ci basta? Da un certo punto di vista, sì.  L'essenziale - o almeno uno delle essenzialità davvero importanti - è quella di riuscire a pubblicare qualcosa che abbia una durata. Qualcosa che possa essere ritrovata e letta anche tra venti, trenta o cinquant'anni. Da questo punto di vista ALIA è un buon prodotto, qualcosa che nonostante i suoi (fatali) difetti di cura e impaginazione merita la lettura. 
Per sincerarsene basta andare su ALIA Evolution... [1]


[1] un po' pedantemente - ma se non lo facessi mi sentirei in colpa - ripeto come fare a entrare in possesso di ALIA - prezzo euro 19,50:
- Scrivendo a coopstudi@inwind.it o a ordini@aliaracconti.info. Spedizione senza spese.
- Richiedendola a il Corriere della Fantascienza: Delos Store.
- Richiedendola a www.ibs.it o a www.deastore.com o alle altre librerie on line (escluse, e non per colpa nostra, BOL e Amazon). 




 

23.5.11

Co-scrivere

Collaborare nella scrittura è una pratica complessa, al limite un po' assurda. 
Se scrivere è esprimere in forma verbale ciò che si sente più profondamente, scavando e ricercando dentro se stessi, immaginare di farlo in maniera collettiva risulta fatalmente contraddittorio. 
Mi è capitato raramente di farlo, una volta scrivendo un racconto - dieci pagine striminzite ma tutto sommato leggibili - con altri due autori e una volta collaborando con il mio alter-ego, Silvia Treves, per un romanzo pubblicato proprio qui. Mi capitato altre volte nell'ambito del corso di scrittura autogestito del quale ho parlato in queste pagine, di scrivere con più persone su un tema predefinito. Esperienza utile e interessante - anche per scoprire che cosa usciva dalle altrui penne - ma che non ha molto a che vedere con la scrittura a più mani. 
Tutti abbiamo in mente qualche coppia di autori - Fruttero & Lucentini, Sjöwall & Wahlöö o Sveva Casati Modignani, pseudonimo di Bice Cairati e Nullo Cantaroni - ma una coppia è un insieme ragionevole e comprensibile. Si scrive, in genere, un capitolo a testa, si discute di dove deve andare la storia e via, a riempir risme. Se c'è un buon accordo - e patti chiari - il fatto di lavorare in coppia può rivelarsi estremamente positivo. Sarete obbligati a seguire pieghe della vicenda inattese o a dover «inventare» nuove forme di descrizione o di cronaca che, per conto vostro, non avreste mai visitato. È un po' come gettarsi sotto la doccia ancora in parte vestiti, con una temperatura dell'acqua che non è quella che avreste scelto. In più, una volta terminato il lavoro, è piuttosto probabile che il vostro socio commenti: «Non è male, però...» E dietro quel «però» si annidano infinite possibilità di ulteriori errori. Come di successo, certo, ma pagato duramente... 
Ma di provare a scrivere con una ventina di (semi-)sconosciuti, avendo come book una semplice, banale annotazione, non mi è ancora capitato. 
Non ho intenzione di spifferare al mondo - anche solo al piccolissimo mondo che legge queste mie - di chi e di che cosa si tratta, semplicemente approfitto di questo spazio per girare la domanda. Secondo voi è possibile scrivere collettivamente? È ragionevole? Può uscirne qualcosa di decente o inevitabilmente si dovrà remare sottocosta, evitando percorsi pericolosi e vicende poco sperimentate? Si dovrà limitare la propria inventiva - ammesso di averne, perlomeno io  - o il lavoro risulterà felicemente imprevisto, una piccola stella in un cielo oscuro? 
Personalmente inclino sempre al pessimismo. Temo, quindi, che la necessità di «tenere insieme» autori e stili (immagino) profondamenti differenti obblighi a volare bassi, ammucchiando e infilando stilemi ahimé un po' consumati. Temo di dovermi accodare a uno spunto poco originale e condotto in maniera prevedibile, e di dover scribacchiare qualcosina, giusto per non saltare il turno.
Ma, come dicevo, sono un inguaribile pessimista e mi capita abbastanza spesso di sbagliarmi.
Esperienze di scrittura collettiva sono in corso in tutto il web. Scrittura collettiva di saggi, articoli, pamphlet - certo - ma anche di brevi testi narrativi. 
Quindi non è detto. 
Non è affatto detto. 
In ogni caso ciò che mi pare grandioso è l'attesa per l'inizio del lavoro, la speranza, la curiosità. Leopardianamente, in un angolo della mia mente sono nel «sabato» della scrittura. 
In fondo la scrittura prima che arte - ovvero raffinato artigianato - è un esercizio piacevole che può avere come risultato anche soltanto una oretta di genuino divertimento per un eventuale lettore. 
Presto, comunque, ci ritornerò.

18.5.11

Fiera del libro. In prima persona plurale.


Sì, lo confesso, ho partecipato alla Fiera del Libro di Torino.
Ho personalmente contribuito al fragoroso e supponente caos librario che molti tra coloro che conosco detestano profondamente. 
Ho montato e smontato uno stand e durante i giorni della Fiera ho venduto, suggerito, sorvegliato millanta potenziali ladruncoli e disturbato uomini e donne mandati lì dalla casa editrice, istigato da altri uomini e donne desiderosi di un consiglio, un suggerimento, un'idea, un cenno di vita. 
A mia discolpa posso dire che sono stato - anzi sarò - pagato per il lavoro fatto e che l'editore al quale ho dedicato il mio lavoro tutto sommato mi piace. Motivo più o meno sufficiente per contravvenire - anche solo parzialmente - il mio post di un paio d'anni fa. In particolare, e non lo dico per cattiva coscienza, l'editore Carocci per il quale ho lavorato non è un buon esempio di Grande Editore Cannibale ma semmai, di quel genere di medio editore di cultura che chiunque abbia un po' di sale in zucca dovrebbe difendere.
Nell'insieme, comunque, è stata una discreta esperienza. Lo dico nel caso (improbabile) che qualcuno fosse incuriosito. Un'esperienza condivisa con Marco e Katiuscia per noi C.S. e con Antonietta, Claudia, Roberta a altri della Carocci.  
Fortunatamente avevo con me la mia (antica) macchina foto...


Quello alla cassa, inevitabilmente, sono io. 
Quelle sedute sulle mini-poltroncine offerte da Carocci sono - fraudolentemente - della casa editrice. 
In primo piano una (vera) lettrice.

Alla cassa ora l'eroica Katiuscia.

Sopra Marco, in tenuta sventatamente "leghista" come più o meno tutti gli hanno fatto notare. 


Qui Claudia, con t-shirt bianca, e l'ottima Antonietta, deliziosa creatura della quale mi sono fatalmente infatuato, tanto da farle promesse inopinate, tipo quella di ritornare alla prossima fiera...


Qui una veduta d'insieme di uno dei dodici o tredici scaffali a muro della Carocci. Per inciso quella che composto personalmente. Nella foto successiva parte della Biblioteca Medievale, collana della quale, infognato tra i titoli di infiermieristica, avevo finito per dimenticarmi. Con l'occasione mi sono rifatto del lungo digiuno.  



...


Qui sopra altre due dello staff Carocci, che hanno collaborato a rimettere i libri avanzati nelle scatole. Detto per inciso, ad arrivare sono stati nove bancali per un totale di più di centocinquanta scatole, tutti da disporre sugli scaffali. In ordine alfabetico di autore. 


Last but not least il piccolo Jacopo, figlio di Katiuscia, già evidentemente condannato a una vita da libraio...

Ah, no, un'ultima cosa che già so che farà inferocire i miei colleghi. 


Già, sconto 15%.
Come peraltro previsto dalla legge. E non abbiamo derogato neppure l'ultimo giorno, nonostante ci fossero editori che avevano affitto cartelli con «sconto 50%». 
A entrare in libreria non si paga, qui, invece, si pagava. Eccome...


6.5.11

Referendum a perdere





Ovviamente andrò a votare. 

Altrettanto ovviamente voterò 4 sì. 
Uno contro questa un'industria del nucleare che nasconde la gravità degli incidenti avvenuti, due contro la privatizzazione dell'acqua, uno dei beni che saranno al centro della speculazione mondiale nei prossimi anni, e uno, infine, perché credo fermamente sia bene impedire al Demente di fare altri danni in Italia. 
So bene che stanno tentando in tutti i modi - legali e illegali - di impedirci di andare a votare e che in tanti provano a convincerci che non è importante, né utile, né politicamente essenziale andare a votare in una bella domenica di giugno. 
Sono ahimé quasi sicuro che sia impossibile convincere venticinque milioni di italiani ad andare comunque a votare, ma credo sia il caso di provarci ugualmente. 
Bòn, fine della tirata. 
Senonché mentre pensavo queste quattro povere cose ho ricevuto un e-mail che riporto qui sotto. Mi hanno chiesto di farla circolare e lo faccio ben volentieri. 
Posterò questo intervento e interverrò anche su facebook. 
Temo non convincerà nessuno che non sia già convinto mamale non farà. 

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E' UN NS/ DOVERE MORALE E CIVILE........

MI RACCOMANDO: PASSATE PAROLA

  Date: 20 aprile 2011 11:23

      Ciao a tutti,
      confermo la necessità di questo passaparola, aggiungendo che si tratta di informazione per ri-affermare i diritti costituzionalmente garantiti . Il dramma è che sembra la maggior parte della popolazione non sia consapevole di quanto sta avvenendo.

      Quello che Vi porto è solo un piccolo esempio. Sono una ricercatrice, mi occupo di diritto ambientale e di risorse idriche. Ieri mattina dovevo intervenire ad un programma RADIO RAI (programmato ormai da due settimane) per parlare del referendum sulla privatizzazione dell'acqua e chiarirne meglio le implicazioni giuridiche.

      'E arrivata una circolare interna RAI alle 8 di ieri mattina che ha vietato con effetti immediati a qualunque programma della RAI di toccare l'argomento fino a giugno (12-13 giugno quando si terrà il referendum), quindi il programma è saltato e il mio intervento pure.

      Questo è un piccolo esempio delle modalità con cui "il servizio pubblico" viene messo a tacere e di come si boicotti pesantemente la possibilità dei cittadini di essere informati e di intervenire (secondo gli strumenti garantiti dalla Costituzione) nella gestione della res publica. Di fronte a questa ennesima manifestazione di un potere esecutivo assoluto che calpesta non solo quotidianamente le altre istituzioni, ma anche il popolo italiano di cui invece si fregia di esser voce ed espressione, occorre  riappropriarci della nostra voce prima di perderla definitivamente.

       Il referendum è evidentemente anche questo!

      Mariachiara Alberton


      RICORDATEVI CHE DOVETE PUBBLICIZZARLO VOI IL REFERENDUM... perchè
il Governo non farà passare gli spot ne' in Rai ne' a Mediaset.
      Sapete perché ? Perché nel caso in cui riuscissimo a raggiungere il quorum lo scenario sarebbe drammatico per i governanti ma stupendo per tutti i cittadini italiani:
      Vi ricordo che il referendum passa se viene raggiunto il quorum. E' necessario che vadano  a votare almeno 25 milioni di persone Il referendum non sarà  pubblicizzato in TV. I cittadini, non sapranno nemmeno che ci sarà un referendum da votare il 12 giugno. QUINDI : I cittadini, non andranno a votare il referendum.

      Vuoi che le cose non vadano a finire cosi ?
Copia-incolla e pubblicizza il referendum a parenti, amici, conoscenti e non conoscenti.
      Passaparola!

4.5.11

Una decadenza fantastica


Non è un momento particolarmente felice per il fantastico in Italia.

Opinione personale, anzi personalissima che sono, anzi, pronto a rivedere e ripensare se qualcuno vorrà avere la santa pazienza di mettere in evidenza (eventuali) controtendenze e/o novità emergenti.

Non è un momento felice per la triste scarsità della produzione italiana, impantanata in un fantasy pre- e post-adolescenziale, un horror il più delle volte tristemente dilettantesco o stancamente legato a personaggi abbondantemente sfruttati - sopra tutti il vampiro, e una fantascienza sostanzialmente scomparsa in quanto tale, con gli editori italiani che l'hanno cancellata dalla produzione libraria avendo stabilito che «per la sf non esiste mercato». Al di fuori di queste tre classicissime categorie c'è davvero poco e quel «poco» spesso è semplice prova autoriale isolata, incapace di creare scuola o suscitare un interesse che superi la ristretta cerchia dei lettori avvertiti.

Le traduzioni, al di là delle stanche ristampe fanucciane della produzione di P.K.Dick, sono di corposi romanzi rivolti a un pubblico giovanile o adolescenziale e con protagonisti in età puberale chiamati ad affontare sfide morali ed etiche di dimensioni più o meno caricaturali e molto spesso diretti discendenti - o epigoni - di personaggi e autori di successo planetario. Harry Potter di J.K. Rowlings, The dark matters di Philip Pullman, i fratelli Baudelaire di Lemony Snicket, Twilight di Stephanie Meyer, il Ciclo dell'eredità di Christopher Paolini - senza mai dimenticare Tolkien o C.S. Lewis - sono onniprenti e si possono facilmente riconoscere nei panni - improvvisati o professionali - di migliaia di personaggi che, fatalmente, ne ripercorrono temi e vicende sia pure ribattezzate con altri e diversi nomi.

Anche in letteratura, in sostanza, sembra ripetersi il meccanismo tipicamente cinematografico della replica fino allo sfinimento dei successi già celebrati, multimilionari e capaci di rendere all'eccesso ai produttori attraverso tutti gli infiniti passaggi cinema-DVD-TV-libro-videogame-gadget di una rete di vendita che - inevitabilmente - retroagisce sulla qualità e il livello della produzione. Successi che finiscono per determinare completamente l'offerta ai lettori, emarginando qualsiasi altra idea o soluzione narrativa. Inutile, in sostanza, lamentarsi della crisi della fantascienza, della decadenza dell'horror o della serialità del fantasy. La realtà è che se non (ri)scrivete HP o Tolkien, se non tentate di collocare la vostra (povera) creazione in una cornice già stranota al pubblico non troverete un possibile editore.

Da qui nasce, probabilmente, anche la profonda crisi della sf letteraria, che, sostanzialmente divorata dall'interno dal cinema, finisce col rivolgersi a un pubblico non più giovane che, temo, finirà per portarsi nella tomba il suo amore letterario...

Questo senza nemmeno voler entrare nel merito della gestione del superstite Urania e nelle sue scelte...

Al di fuori del megacircuito cine-letterario, forzatamente ripetitivo, rimangono i libri autoprodotti, i testi distribuiti gratuitamente o quasi attraverso la rete. Una ricchezza, siamo d'accordo, ma anche un problema non piccolo. Se l'autore è l'unico giudice del proprio lavoro e può pubblicarlo senza ulteriori revisioni e senza il confronto con pareri professionali quante probabilità esist0no che il suo libro sia sostanzialmente illeggibile per un lettore medio? Statisticamente direi che le probabilità sono all'incirca di 1 su 100... Come dire che dovrete smazzarvi un centinaio di testi autoprodotti per trovarne uno buono. Più o meno ciò che accade ai lettori per conto delle case editrici per trovare un testo che merita una rilettura, una valutazione professionale, un lavoro di editing.

Ma forse uno su cento è troppo crudele. Diciamo pure uno su cinquanta o uno su venticinque. Va meglio? Ma io, comunque, non vedo mani alzate di soggetti che si candidano a leggere ventiquattro ciofeche per 1(un) romanzo decente. Un cattivo romanzo, al di là del gusto vendicativo di distruggerlo - recensendolo nel proprio blog o tagliuzzandolo fisicamente - , è comunque una sofferenza, una forma di tortura autoinflitta che è ragionevole pensare che nessuno cerchi intenzionalmente.

Quindi è ragionevole pensare che debba esistere una struttura di mediazione, qualcosa che garantisca il lettore che ciò che leggerà - anche gratuitamente - è perlomeno corretto grammaticalmente, formalmente ed esteticamente. Questo - curioso a dirsi - sarebbe il compito degli editori, ovvero quelli che qualcuno a suo tempo e con generoso impeto futurista definì «semplici parassiti».

Ne esistono ancora?

Qualcuno esiste (ancora).

Ma prima ancora sarebbe bene che esistessero portali o siti che rendano possibili incontri e valutazioni da parte di lettori «di lungo corso». Qualcosa di (relativamente) nuovo che sicuramente esiste già ma che, almeno finora, rimane comunque all'interno di un circuito limitato e semiprofessionale.

Unico (e gigantesco) problema: il fatto che non girino - ahimé - soldi nel circuito del fantastico. Non sono un mercante assatanato, ma se tutti i pareri sono gratuiti e chi li esprime nella vita fa letteralmente tutt'altro, quante sono - sempre statisticamente - le probabilità che il parere ricevuto sia irrilevante, assurdo, o nato da invidia, incomprensione, malanimo, intolleranza, disinteresse o noia? Questa volta non proverò a fare ipotesi numeriche ma lascio a mi legge tanta fatica. Personalmente posso annoverare un lussuoso esempio di una stroncatura (annoiata e seccata, ma gratuita) di Maurizio Maggiani (nientepopodimenoche) a un mio racconto. A parte il mal di stomaco e la sensazione di aver annoiato Sua Autorialità non ho comunque imparato nulla. Nel senso che MM aveva letto frettolosamente - se pure aveva letto - e gli era sfuggito il quid del racconto. Cose che capitano a farsi leggere aggratis...

Tirando le somme non è facile proporre qualcosa di credibile. Stretti tra un gigamondo di ipersuccessi basati su una rete di distribuzione disumana (centri commerciali, catene librarie, librerie virtuali che vendono praticamente gli stessi libri) e produzioni marginali e/o emarginate, mal-sopravvivono piccoli e medi editori e librerie indipendenti, che, insieme alla Rete, sono le uniche strutture da dove è teoricamente possibile ripartire per una rinascita della letteratura e persino del fantastico. Nel (troppo) vasto mondo della rete si nascondono gli autori del futuro. Cerchiamo di trovarli, prima di perdere le speranze.

Questo post esce in contemporanea sul blog ALIA Evolution

P.S. Per completezza aggiungo che la mia intenzione iniziale era quella di presentare tre libri di fantasy e fantascienza appena usciti. Si tratta de L'Atlante di smeraldo di John Stephens, Sono il numero quattro di Pittacus Lore (pseudonimo di Jobie Hughes & James Frey) e Alterra - l'alleanza dei tre di Maxime Chattam. Tutti e tre, detto per inciso, primi volumi di una trilogia. Ho passato in loro compagnia ieri mattina e ho finito per gettare la spugna. Nulla di illeggibile o di intollerabile, soltanto un'evidenza sinistra e un po' allarmante di stile, spunto, idea, personaggi, ambientazione, sviluppo e (mancanza di) conclusione. Quanto basta per stendere un articolo come questo. Alla mia età non si ama perdere tempo.