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–
Attenzione, Kirzil, lì c'è una grossa pietra!
Il
Gu'Hijirr si china di scatto a guardare nel momento in cui il suo
piede tocca la roccia e finisce a capofitto nella sabbia. Si rialza
bestemmiando il nome dei suoi numerosi dei. – Grazie per
l'avvertimento. – Commenta amaro.
Usif-Lizhi
ride anche senza averne voglia.
–
Scusami, ero soprappensiero. Ti sei fatto male?
–
Direi di no. Ma voi, mio Signore, siete un po' troppo spesso
soprappensiero, come dite voi. Può essere pericoloso, alle volte.
Anche per gli altri.
–
Suvvia, Kirzil Pennarossa, chi vuoi che assalga un Notturno e per
giunta di notte?
Il
Gu'Hijirr si volta a guardare l'oscuro intrico della foresta che
stanno costeggiando e fa un cenno con il capo. – Là dentro,
signore, nella Foresta di Cera, vivono creature che non temono
nemmeno i Notturni. Avete mai udito parlare dei Vreden?
Usif-Lizhi
si stringe nelle spalle. – No. Ma questa strada me l'hai indicata
tu perché era la più breve per raggiungere Verdevima e lì trovare
un altro imbarco.
–
È vero. Ma io Signore non credevo che la sceglieste, né tantomeno
che partissimo subito, in piena notte.
–
Vedi…
–
Altolà, lo so, sono stato io ad offrirmi di accompagnarvi, quindi
non posso lamentarmi. Ma non mi stavo lamentando, era solo per
chiacchierare un po' e dimenticarmi della paura.
–
Non devi sentirti troppo vincolato dalla tua parola, Kirzil, la
generosità è sempre un po' impulsiva. E io non credo di essere
troppo saggio, né credo che sia saggia la mia condotta. Ma chi sono
allora questi Vreden?
Il
Gu'Hijirr si guarda intorno e comincia a parlare bisbigliando: –
Essi non hanno occhi ma vedono, non hanno orecchie ma ascoltano, non
hanno bocca ma mangiano. Essi sono come i pupazzi snodabili dei
pittori, ma il loro corpo non è di legno, nossignore. Il loro corpo
è fatto di una manciata di capelli ed unghie, cementati dal fango e
dalla salsedine. Hanno un solo desiderio: la vita vera ed il sangue,
che ne è la sostanza. Inseguono i vivi, silenziosi come nuvole e non
appena questi dormono li assalgono per divorarli. So di persone che
li hanno incontrati e si sono svegliate un secondo prima di essere
assalite, scorgendo i loro volti vuoti ed orribili.
Usif-Lizhi
stringe le labbra. – E vivono nella foresta di Cera?
–
Così ho udito dire.
–
Ci sono altre creature orribili di quel genere nella foresta?
–
Certo. Si dice che in essa vivano le Bàtorj, enormi ragni dal volto
di donna, che attirano il viaggiatore con il loro pianto struggente,
al quale nessuna creatura con un po' di cuore riesce a resistere. E
poi vi sono i Necklas, dai denti di metallo, i Vei, le cui risate
provocano la pazzia, gli Scultori del Vetro…
–
Ecco, parlami di quelli.
Kirzil
si volta a fissare il Notturno. – Io sono qui a spaventarmi da solo
e sapete che cosa penso?
–
No.
–
Penso che voi mi facciate raccontare queste cose tanto per passare il
tempo. Voi non avete paura di nulla, vero?
–
Non è esatto. Io ho paura di tantissime cose. Rimanere solo, per
esempio, o non riuscire più ad immaginare nulla, se non ciò che mi
è già accaduto. Perdere la memoria, non trarre nessun insegnamento
da un'esperienza, divenire cieco a ciò che provano le altre
creature, fare del male a qualcuno senza accorgermene, odiare senza
tentare di capire. Queste sono solo alcune delle cose che mi fanno
paura.
–
Voi parlate bene, signore, ma le vostre sono le paure di un nobile.
Le mie sono le paure di un poveretto, che crede a queste cose e le
racconta per non domandarsi cosa ne sarà di lui da vecchio o come
metterà insieme il pranzo con la cena.
–
Molte cose ci rendono simili, Kirzil, molte di più di quelle che ci
rendono differenti. Qual'è il motivo vero per il quale hai voluto
venire con me, dimmelo sinceramente.
Il
Gu'Hijirr scuota le testa come per scacciare una mosca e sbuffa. –
Siete curioso eh? Io ve lo dico, ma non dovete offendervi. Il fatto è
che mi sembrate una creatura così ingenua, così indifesa in questo
mondo così poco nobile. E trovo singolare che a darmi questa
sensazione sia una creatura che mi fa un po' paura e che le nostre
femmine chiamano in causa per spaventare i bimbi quando fanno i
capricci. E così volevo capire, seguendovi, quale delle mie
sensazioni è quella giusta, sempre che ce ne sia una giusta.
–
E finora cosa hai deciso?
–
Nulla. Ovvero tutte e due le cose continuano a sembrarmi vere e forse
sarà così fino a quando le nostre strade non si divideranno. Ma voi
perché fate questo viaggio, così difficile per uno della vostra
razza?
–
Dovete sapere…
–
Come "dovete"? Io sono uno solo. – Lo interrompe il
Gu'Hijirr.
–
Anch'io sono uno solo. – Ribatte Usif-Lizhi. – Ma voi continuate
a parlarmi come se fossimo in tanti.
Kirzil
lo guarda per un'istante senza capire, poi fa una smorfia. – Ho
capito, sape…sai. Ma non mi sembra una cosa ben fatta. Non… sei
mica uno di noi. Cioé… No non volevo dire… Insomma, lasciamo
stare. E comunque non hai risposto alla mia domanda.
Il
Notturno guarda la luna appena sorta, fasciata di bruma, che
risplende come argento vecchio sul tappeto vegetale della foresta di
Cera. – Siamo rimasti in pochi, Kirzil, nella mia razza. Pochi e
stanchi. Ormai viviamo tutti nei nostri castelli di pietra sui
ghiacciai ed è come se quel freddo e quell'immobilità fossero
entrati in noi. Non nascono più piccoli della nostra gente, io sono
uno degli ultimi ad essere stato concepito da due Notturni, e dopo la
mia nascita in tutta la vasta curva del mondo non ne sono nati altri.
–
Ma non c'è un rimedio a questo?
Usif-Lizhi
si stringe nelle spalle. – Il Mago Denfrya ha scritto che il nostro
sangue è ormai divenuto freddo e arido come sabbia e che da nessuno
della nostra razza potrà più nascere un figlio, né da un notturno
e da una creatura d'una altra razza. Siamo destinati a scomparire
tutti.
–
È terribile.
–
Certo lo è per noi, ma non so quanto ne saranno addolorati gli altri
popoli. Noi figli della luce della luna non siamo molto amati, anche
se alcuni, come te, sono almeno curiosi di noi.
–
Ehm, ma questo viaggio?
La
luce degli occhi di Usif-Lizhi impallidisce ed il notturno si volge
verso il mare perché Kirzil non lo veda mentre parla. – Devo
rivolgermi ad un… Mago più potente di Denfrya, allo spirito più
potente di tutti.
–
Sono stato inopportuno, vero Usif-Lizhi? Non ti disturbare a negarlo.
Non ti chiederò altro, così non sarai costretto a…
–
Ti prego, Kirzil. Forse una di queste notti chiederò il tuo
consiglio, forse a tutte le creature dovrei chiedere consiglio… –
Il volto del Notturno, illuminato dalla luce della luna sembra una
maschera d'argento, fissata per sempre ad esprimere smarrimento e
dubbio.
Il
Gu'hijirr ne sopporta la visione per qualche istante prima di
abbassare gli occhi e fare alcuni gesti nervosi con le mani.
–
Sarò pronto ad udirti, in quel caso, Usif-Lizhi, come un amico. Ma
ora ti prego, allunga il passo: anche se sono solo leggende vorrei
superare velocemente la Foresta di Cera.
Il
Notturno si scuote, lo guarda, esitante, e ride sommessamente. –
Non ho le parole per elogiare le tue attenzioni, Kirzil Pennarossa.
Non mi hai detto, comunque, chi sono gli Scultori del Vetro.
Il
Gu'Hijirr fa un gesto di scongiuro tipico della sua razza toccandosi
rapidamente la fronte e le spalle. – Sono i peggiori, peggiori dei
Vreden, della Bàtorj, dei Vei e di tutti gli altri.
–
Affascinante e quali sono le peculiarità di costoro? E cosa sono,
uomini, gu'Hijirr, Syerdwin o che altro?
–
Usif-lizhi, io sto parlando seriamente. – Puntualizza Kirzil.–
Comunque essi danno la caccia a tutte le creature che entrano nella
foresta, e magari anche a qualcuna fuori. – Il Gu'Hijirr lancia
un'occhiata inquieta al tratto di spiaggia che li separa dal limitare
della foresta e riprende. – Non so quale sia la loro natura, ma c'è
chi dice che nascono spontaneamente dalla sabbia rovente ed il loro
volto sia come vetro consumato dal vento. Comunque, una volta
catturata una creatura viva essi la imprigionano in un guscio di
vetro che poi scolpiscono a loro piacere, facendo in modo che la loro
vittima non giunga mai a morirne. C'è chi dice che al centro della
Foresta di Cera vi siano i loro capolavori e che altri siano
custoditi dal Conte-Mago Teardraet dei Syerdwin o dal Mago Tiatikenn…
Uomini e altre creature, ancor vive, scolpite in forma di albero o di
uccello, condannate a rimanere eternamente in quella forma. Se
qualcuno tenta di liberarle dal loro involucro di vetro esse muoiono,
perchè non vi è più separazione tra la loro carne ed il cristallo
che le imprigiona e gli scultori traggono piacere nel vedere i visi
delle loro vittime, per sempre immobili nel terrore…
–
Madre Luna, e poi tu dici di avere paura dei Notturni, quando la tua
mente riesce a convivere con tali incubi. Sei decisamente curioso,
Kirzil Pennarossa, io credo che faticherò a trovare sonno dopo la
tua narrazione, mentre tu dormirai come un bimbo, ne sono certo.
–
Certe storie ci vivono dentro senza fare danno se non le ricordiamo.
Ma d'altro canto c'è chi dice che questa storia è solo una diceria
messa in giro ai Maghi come Tiatikenn, per stornare l'attenzione dai
loro esperimenti sulla conservazione eterna della vita.
Usif-Lizhi
lo guarda con ammirazione. – È solo un espediente, un trucco, il
tuo, vero? Dico quello di fingerti un semplice marinaio ignorante,
mentre mi sembri molto ben informato su ciò che avviene nel mondo.
Kirzil
si stringe nelle spalle, modesto. – Giro molti porti ed ho buone
orecchie per udire. Il mio segreto è solo questo, Usif-Lizhi. Ora
che c'è la guerra molte bocche restano cucite, ma ben pochi sanno
tacere in compagnia, dopo una buona bevuta, probabilmente nemmeno
Artamiro o Bartsodesh ne sarebbero capaci, proprio come le loro spie.
Non che io preferisca troppo l'uno all'altro. Il nostro re, Nyby
Ornoll ha scelto la causa di Artamiro, perché lo teme, credo, come
me e tutti noi, ma il Principe Tidli il Testardo di Grabelitz, si
batte dalla parte di Re Bartsodesh, cosicché noi Gu'Hijirr saremo
alla fine vincitori in ogni caso e saranno solo Nyby o Tidli a
rimetterci la zucca.
–
Io temo di essere molto meno informato di te di ciò che accade nel
mondo diurno, Kirzil, ma tra i Notturni non è considerato di buon
gusto occuparsi di ciò che avviene alla luce del sole. D'altro canto
nessuno avanza pretese sulle nostre rocce, sui nostri ghiacci e sui
nostri castelli, così non abbiamo motivo per preoccuparci per ciò
che fanno la altre razze.
–
Mi duole dirtelo, ma almeno TU dovrai preoccupartene, visto che non
vi è angolo del mondo dove la guerra non sia giunta. La strada per
Dancemarare, dove sei diretto, attraversa i campi di battaglia dove
si scontrano gli eserciti di tutti le genti.
–
Lo sapevo, Kirzil. Ragion per cui ti chiedo di continuare a
raccontare ciò che sai senza timore di annoiarmi.
–
Povero me, temo che sarò io stesso il primo ad annoiarmi. Ma
comunque preferisco parlare delle scelleratezze certe piuttosto che
di quelle possibili. Allora, devi sapere che la guerra è cominciata…
Usif-Lizhi
cammina lentamente, scalzo sulla sabbia fredda, e l' attenzione con
la quale ascolta il gu'Hijirr non gli impedisce di provare piacere da
quel contatto che nessuno della sua razza provava più da tempo. Il
mondo visto da quella spiaggia gli sembra un posto bellissimo, ricco
come un sogno inesauribile ed altrettanto sorprendente. Per qualche
momento il Notturno dimentica il motivo per il quale si trova lì,
cosa lo attende al termine del suo viaggio e gli abbracci di Adwina.
Come un cucciolo senza problemi per il futuro ascolta Kirzil
Pennarossa, sorride per la sua irriverente e saggia ironia e danza
leggermente sulla sabbia fredda ascoltando il rumore del mare, forte
ma non minaccioso.
Il
tuono rumoreggia ad nordest, sopra le schiene antiche dell'Annadille.
Ancora più ad nordest, oltre lo Smüll e Thesiger dai mille Specchi,
oltre il Grande Circo formato dai Monti Nuovi, oltre Muni Kathani ed
il Primo Ghiaccio sorge Therrelise dell'Erica, l'ultima città dei
Lupi-Drago.
La
luna sui tetti della sua città disegna ombre pallide che
scoloriscono piano fino alla lenta comparsa del sole, un astro
lontano, freddo, che sembra solo un lontano parente di quello che
illumina il sud del mondo. Ancora più a nord il sole scompare per
interi mesi e passano giorni e giorni prima che la sua luce svanisca
del tutto, lasciando un ricordo di un colore tiepido, appoggiato
sull'orizzonte nero.
Ma
a sostituirlo sorgono le aurore boreali, i Sogni degli Dei, come li
chiama la sua gente, che si riunisce fuori dalle case per guardarle
in silenzio, come si guarda un innocuo fantasma o i colori stesi
sulla tela da un folle. Quel mondo del Sud è così povero e così
ricco insieme, la gente non si rende neppure conto della sua fortuna
e come un bimbo viziato vuole sempre qualcosa di più, un'emozione di
un attimo alla quale segue inesorabile un altro desiderio. E così
divorano ogni cosa senza nemmeno esserne coscienti e pur ricchissimi
piangono sempre miseria.
–
Buongiorno Duca Kwister! – Il saluto della sentinella al suo
passaggio suona enfatico, come se l'uomo credesse davvero al
significato augurale di quel saluto.
Chissà
se quel soldato ama come lui quei minuti che precedono l'alba o,
infreddolito, lo stramaledice borbottando tra sé contro i comandanti
troppo mattinieri? La pioggia non tarderà e Kwister guarda il cielo
con affetto: gli uomini, quelle stupide scimmie, non la amano e
bestemmiano e si affannano per non bagnarsi, anche se solo gli dei
sanno quanto farebbe loro bene un bel bagno.
Al
nord l'aria sa di neve, di vento, di grandi distanze e grandi
solitudini. Lì, in quel campo eretto da settimane ad aspettare di
combattere un nemico accorto ed abile, tutto marcisce rapidamente e
sa di sudore, di paura, di rabbia, sa di uomini stanchi, ubriachi,
pieni di rancore e di malattie della pelle e solo quelle passeggiate
in solitudine riescono, sia pure per poco, a liberargli la mente da
quegli odori così sgradevoli.
Una
pattuglia di Swyerdwin con i colori del loro re, Horr Vamaiun,
attraversano la sua strada ed il loro ufficiale, un Syerdwin dalla
carnagione particolarmente spettrale, lo saluta con un secco cenno
della testa. Il Lupo-Drago ricambia il gesto e chiede: – Qualcosa
da segnalare, Wys?
Il
Syerdwin annuncia: – Wys Aila Mondhiun, Liest. Alcuni uomini si
sono azzuffati nell'attendamento del Liest Prawen Farnjiun e ci sono
feriti. Due disertori Gu'Hijirr hanno abbandonato i loro quartieri,
alcune volpi sono penetrate…
–
Grazie, basta così. Conosci Siah Teh, il vostro mago?
Il
Syerdwin corruga la fronte prima di rispondere, probabilmente
stupito. – Egli fa parte della mia famiglia, Liest Kwister di Lö.
È un mio cugino.– Kwister annuisce. Presso i Syerdwin cugino è un
grado di parentela molto diverso che presso gli uomini, i Lupi-Drago
o i Gu'Hijirr, designa infatti tutti i piccoli lasciati nell'arco di
un'anno sull'isola di una Famiglia, dagli Spettri delle Acque del
Crepuscolo perché i suoi membri vi provvedano. Conseguentemente i
doveri di lealtà e di fedeltà dei cugini Syerdwin sono meno solidi
che in altri popoli, o almeno così si racconta.
–
Io devo incontrare tuo cugino, Wys Mondhiun, dove lo posso trovare?
Il
Syerdwin lo guarda con una punta di apprensione. – Hai una regola
d'onore con lui, Liest?
Il
Lupo-Drago annuisce senza parlare.
–
In questo momento egli è in compagnia delle nostre femmine, Liest, e
temo che non sia pronto ad una regola d'onore. – Riprende il Wys. –
Se la tua cortesia volesse accettare una piccola dilazione…
Kwister
ringhia sottovoce ma in modo udibile per il suo interlocutore.
Probabilmente l'ufficiale ha detto la verità: il suo imbarazzo
sembra essere genuino, come pure l'apprensione per la sorte del
cugino.
–
Wys, ti affido un pegno del mio onore, ti prego di recarlo a Siah Teh
Mondhiun. Se egli non dovesse incontrarmi nel tempo stabilito sarà
oltre che spergiuro, ladro.
–
Certo Liest.
–
Questo collare di Therrelise è un oggetto di grande valore per la
mia gente e per me. Ti prego di recarlo con te con la massima
attenzione. Entro domani sera al tramonto deve essermi ritornato,
altrimenti…
–
…Altrimenti non vi sarà più ragione d'onore tra te e Siah Teh
Mondhiun ed egli potrà essere ucciso in qualunque momento da
chiunque. – Recita il Wys. – Vado immediatamente.
–
Aspetta ancora un po', Aila, termina il tuo turno. – Ride il
Lupo-Drago. – E poi lascialo divertire un po', potrebbe essere
l'ultima volta. Capito?
–
Sì, Liest.
–
Vai pure. Arrivederci.
–
Arrivederci Liest Kwister di Lö.
Allontanandosi
il Lupo-Drago deve resistere al desiderio di scoppiare in una risata
omerica. Per un po' il Wys si sarebbe tenuto il collare e suo cugino,
se pure fosse ritornato al suo laboratorio avrebbe ricevuto visioni
di arresti di ubriachi o di zuffe indecorose, fino a quando, cessato
il turno di guardia il povero Aila gli avrebbe portato il collare.
Avrebbe voluto esserci per vedere la faccia di Siah Teh, di Re
Artamiro e del suo siniscalco, Ant'Kisìel. Ma non c'è tempo per
quei divertimenti anche se meritevoli e il Duca nuovamente libero dei
suoi movimenti allunga il passo per tornare alla sua tenda.
–
Share Harvaiun è pronto il mio cavallo? – Ulula il Lupo-Drago
appena superata la soglia della sua tenda. Il servitore Syerdwin fa
capolino da dietro una tenda annuendo freneticamente. – Sì Liest,
prontiss…
–
Ti ho detto un sacco di volte di non chiamarmi con quel titolo da
nobile- pesce. E tu sei pronto? Ci attende un viaggio non breve.
–
Certo, mio signore.
–
Allora andiamo.
Con
i bagagli ridotti al minimo per non dare nell'occhio, i due cavalieri
attraversano gli attendamenti dei nobili umani, dei Lobha Gu'Hijirr,
i focolari dei briganti, dei saccheggiatori, dei poveracci e degli
attori e giocolieri che accompagnano tutti gli eserciti da quando il
mondo esiste e giungono al primo bivio, ai piedi dell'Annadille.
–
Erano tutti appena svegli, signore, e credo che ben pochi si
ricorderanno di averci visto, una volta scolato un po' di vino per
colazione.
Il
duca, privo di insegne ed il viso seminascosto da un cappuccio
commenta. – Non so se sia meglio il vino o il tuo pesce secco,
Share Harvaiun. Comunque credo che tu abbia ragione.
–
Ma il pesce è buono, Lies… Signore. E poi è molto più nutriente.
Quale direzione dobbiamo prendere?
–
Una strada porta verso Thesiger e Therrelise, l'altra verso il mare,
quale credi che prenderemo?
–
Quella verso Thesiger.
– Ottimo.
Allora andremo verso il mare. – Ordina il Duca spronando il
cavallo.
–
Vero che non è troppo cattivo il mio pesce, Signore?
Seduto
all'ombra di un grande castagno Kwister fa una smorfia e trangugia il
boccone. – Quando non avrò altro… Adesso passami le gallette e
il lardo affumicato. – Il duca mastica per qualche minuto in
silenzio, beve un sorso d'acqua e si appoggia con la schiena al
grande tronco dell'albero. – Non ti ho ringraziato, Harvaiun, per
la notizia sul collare, e non ti ho nemmeno chiesto come hai fatto ad
averla.
–
Forse giudicherete poco onorevole il modo nel quale essa mi è
giunta, signore.
Kwister
fa un gesto con la mano. – Non ha importanza.
–
Dovete sapere che Siah Teh ha la sciocca abitudine di cercare di
impressionare le donne della mia razza con le quali si accompagna,
anche quando la loro compagnia non si deve ad un sentimento d'amore.
Egli ama spaventarle citando Teardraet il Non-Cambiato e dicendo di
essere stato al suo servizio. Probabilmente egli teme l'abbandono
dell'amore carnale e il breve mancamento che esso dà e pur subendo
la volontà del corpo, cerca di impedire alle sue improvvisate
compagne di sentirsi anche un poco padrone di lui. E così egli si
vanta, si vanta, racconta di sé cose spaventose, orribili ed empie,
racconta di essere lui il vero padrone dell'anima di Re Artamiro, di
quella del nostro Re, Horr Vamaiun, e di Nyby Ornoll, re dei
Gu'Hijirr. Ultimamente ha cominciato a raccontare anche di voi,
Signore, dicendo che il vostro pendaglio, cioé collare, gli dava
potere sulla vostra anima.
–
Ben strane cose mi racconti, Harvaiun. Che singolare piacere si può
trarre da un simile amore? L'amore tra i Lupi-Drago è forte e
delicato come il volo di un albatro. Silenzioso, si nutre di sguardi
e di silenzi, non delle ridicole capriole e del tronfio agitarsi come
galli sulla gallina degli uomini. Devo quindi credere che voi
Syerdwin siate più rozzi degli uomini stessi?
Share
scuote furiosamente il capo. – No, signore. Certo voi sapete che i
modi più nobili spesso, anche se non sempre, appartengono alle
persone di miglior lignaggio sparse nel vasto arco del Mondo, e che
quindi gli amori più raffinati non sono la regola per nessun popolo…
–
Se con questo vuoi dire che anche tra i Lupi-Drago vi sono individui
volgari, non posso negarlo. Ma non parlavo solo per i ricchi, i
nobili e gli artisti.
Il
Syerdwin approva con un gesto del capo. – Certo, mio Signore. Con
ciò, comunque, il comportamento di Siah Teh non è usuale, se non
forse tra gli individui più paurosi di noi, che devono essere
accompagnati per tutta la vita dalle ombre fatte di parole da loro
stessi create. Il fatto è che qualche giorno fa è giunta presso di
noi una delle mie giovani cugine, Vye Harvaiun, ricevuta presso il
Chiuso dei Sospiri. Ed è lì che ella ha incontrato Siah Teh,
ansioso di conoscere l'ultima arrivata. L'ha spaventata molto ed un
caso, solo un caso mi ha condotto ad incontrarla ed a udire le sue
parole…
–
Un caso, eh? – Ride il Lupo-Drago.
Il
Syerdwin fa una specie di smorfia. – Ho pagato inutilmente la Madre
del Chiuso, Signore. Anch'io ero curioso di incontrare l'ultima
arrivata e quella era Vye! Ciò che mi ha detto ve l'ho subito
riferito ed ecco tutto. Vi avevo avvertito che non c'era molto di
onorevole in tutto ciò.
–
Effettivamente. Ma non ti preoccupare, è stata un fortuna che il tuo
desiderio si accordasse così bene con i miei interessi. Sarà
meglio, ora, che ripartiamo, non voglio stare lontano dal campo più
di una settimana.
–
Io Signore vi ho detto tutto, ma vi seguo senza sapere nulla della
nostra destinazione e del nostro destino.– Si lamenta Share
alzandosi. – E non mi sembra una bella cosa.
Il
Duca lo guarda aggrottando la fronte. – Sei sempre più sfacciato,
Harvaiun. Ma forse è meglio che tu sappia dove vado e perché. Se mi
capitasse qualcosa, almeno tu potresti terminare il mio compito.
Il
Syerdwin inghiotte a vuoto. – Forse non è tanto importante che io
sappia, in fondo. Vi seguirò con la stessa, immutata fedeltà.
–
Silenzio. Sono diretto verso Verdevima, dalla Vecchia Fata
Mahaderill, un tempo astrologa della Marrak di Ruthen e Lö. Ella è
la sola persona che meriti la mia fiducia in questo mondo così
barbaro ed a lei devo fare una domanda. La domanda è…
–
Non esistono fate vecchie, Signore, esse non invecchiano mai. – Lo
interrompe il Syerdwin.
–
Qui non c'è la biblioteca, Harvaiun, ma qualcosa da tirarti lo posso
trovare ugualmente. – Ringhia il Duca. – Le fate vivono
moltissimi anni senza invecchiare e muoiono trasformandosi in nubi
dell'aurora, lo so, ma se trascorrono molta della loro vita con
creature della terra invecchiano. Il loro viso si fa rugoso, il loro
naso si incurva ad incontrare il mento, gli occhi si fanno piccoli e
maligni ed esse finiscono con odiare tutto quanto vi è di giovane e
vivo nel mondo. Il loro corpo si incurva, vestono abiti scuri e
troppo larghi per nascondere la loro decadenza ed usano la loro magia
per punire chi si fa beffe di loro e per fatture di vita di morte.
–
Che bello! – Esclama il Syerdwin. – E noi dobbiamo andare al
cospetto di una simile creatura?
–
Smettila stupido, Mahaderill non è mai stata una fata come le altre.
La sua saggezza è tale da preservarla da questa orrenda metamorfosi.
La domanda che dovrò o che dovrai porle è: «Da dove soffiano venti
tanto forti da scuotere Ruthen e Therrelise?» Ripetila.
Il
Syerdwin scuote la testa. – «Da dove soffiano i venti che scuotono
Ruthen e Therrelise?» Ma non basterebbe un mago del cielo per dirlo?
–
«Venti
tanto forti da scuotere
Ruthen e Therrelise», sciocco. Se non porrai la domanda in modo
giusto la risposta non avrà senso. Andiamo, avrai tempo per
impararla meglio. – Kwister sale a cavallo e fa segno a Share di
sbrigarsi. – Abbiamo perso troppo tempo, Harvaiun, scenderemo al
galoppo.
Il
Syerdwin, mediocre cavaliere come tutti i suoi simili, ha solo il
tempo di gemere e chiudere gli occhi, poi il suo cavallo con uno
scarto si accoda a quello del duca, lanciato sulla strada che scende
digradando lentamente.
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