Per
l'ennesima volta Klog il Boldhovin si china a raccogliere la lunga
penna azzurra che sporge dall'elmo, ottenuto da un grosso imbuto
rovesciato, sottrattagli dalle basse fronde di un albero.
–
Bel guerriero.– Si lascia sfuggire Matushka.
–
Non ho chiesto un'elmo, io. Sono stati gli uccelli e la Gwellyniuin
ad insistere. Tantomeno ho chiesto un pennacchio.
La
piccola volpe, trasformata temporaneamente dalla magia di Sibiell in
una giovane donna dai capelli rosso tiziano trattenuti in una lunga
coda, ridacchia coprendosi la bocca con la mano e indica la lunga
piuma. – Ti conviene mettertela in tasca, Klog e tirarla fuori solo
alla vista del nemico. Potrebbero ridere tanto da non riuscire più a
combattere.
–
I syerdwin non hanno molto senso dell'umorismo.– Puntualizza
Plinio, nelle vesti di un uomo barbuto, precocemente incanutito. –
Ma chissà, alla vista del tuo elmo…
–
Avete finito di burlarvi di me? E poi parlate piano che i syerdwin
possono udirci. – Replica stizzito Klog. Dire che il boldhovin si è
pentito della sua incauta generosità è ingiusto, ma il fatto è che
solo adesso gli sono venute in mente una mezza dozzina di soluzioni
al problema dei Syerdwin che non contemplano la soluzione militare,
oltre ad un centinaio di osservazioni e considerazioni da opporre
alla necessità di combattere.
"Ma
perché mai i Syerdwin dovrebbero danneggiare il bosco? Insomma,
manteniamo i nervi a posto." Immagina di dire con espressione
virilmente accigliata mentre la madre-sorella Sibiell lo guarda con
ammirazione e gli uccelli di legno assentono con improvvisa
convinzione, grati che la sua saggia determinazione li abbia
preservati dall'errore. "E poi essi sono penetrati già da
qualche giorno epperò non hanno ancora…" Immagina di
continuare il Boldhovin, ma qualcosa inceppa la sua fantasia ad occhi
aperti. La selva di Canddermyn è sì grande, ma camminando per due
giorni è possibile attraversarla. Perchè mai i Syerdwin sono ancora
lì?
–
Matushka? – Chiama a bassa voce.
–
Sì?
–
Riflettendo mi è venuta in mente una cosa.
–
Succede.
–
Ma no, parlo seriamente. Come mai i Syerdwin sono ancora qui, quando
ci vogliono due o al massimo tre giorni per attraversare la selva?
La
piccola volpe ride mostrando i dentini candidi. – Davvero non lo
sai? Alle volte gli uccelli di legno dimenticano di dirlo ai
visitatori, sai sono così presi dalla loro musica. Qui nella Selva
non corre il Tempo dei Viventi ma il tempo degli Immoti, il Tempo
delle Grandi Piante.
Il
Boldhovin sbatte due o tre volte le ciglia. – E cioé?
–
Il tempo scorre diversamente, qui, caro Klog. – Interviene Plinio.
– È più lento per chi ha fretta, mentre non è diverso dal tempo
dei Viventi per chi ama questo luogo e non ha fretta di andarsene. E
così i viaggiatori frettolosi possono impiegarci anche diversi mesi
per uscire di qui, mentre un viandante dal cuore sensibile non ne è
troppo ritardato.
–
Ma…
–
La Selva in un certo senso è viva ed è un'unica grande creatura che
pensa pensieri lunghi come intere stagioni. – Gli occhi verdi della
piccola volpe hanno lunghe ciglia quasi invisibili e qualcosa in essi
ricorda a Klog lo sguardo della sua sorella-madre Fata Armelinda.
Inconsciamente il boldhovin annuisce con aria seria e compunta, come
faceva da bambino quando la Fata decideva di insegnarli qualcosa.
–
Canddermyn avverte chi l'attraversa senza amarla e muove la terra
sotto i suoi piedi, la fa scorrere come un lungo tappeto tirato nel
senso opposto ai passi del viaggiatore, questo perché egli abbia il
tempo di conoscerla.
È
una cosa forse crudele. – Continua il gatto – Ma Canddermyn è
una strana creatura, viva dall'alba del mondo, che non conosce la
morte pur conoscendo la sofferenza.
Klog
si toglie l'elmo per grattarsi in testa e guarda in alto l'intrico
delle fronde. Sapere che Canddermyn non è un casuale incontro di
enormi alberi, ma una sola grande creatura, è un pensiero che lo
spaventa e insieme lo affascina. Aveva udito parlare dalle fate dei
Grandi Spiriti Immoti, ma saggiamente non aveva mai chiesto loro
nulla, nella convinzione che spesso l'ignoranza sia l'unica garanzia
dalle inutili preoccupazioni.
…E quindi più i Syerdwin si affrettano meno velocemente procedono.
Di conseguenza resteranno qui molto a lungo. – Conclude Klog.
Anche per anni. E nel frattempo possono fare molto male a Canddermyn
ed a noi tutti. E siccome sono creature delle acque impazziranno ben
presto, qui chiuse. – Plinio lo guarda serio. – Purtroppo l'unico
modo per risolvere la situazione è portarli fuori di qui senza più
far toccare loro il terreno. Una cosa non facile, come immagini.
–
Immagino.
Nella
mezz'ora seguente i tre camminano senza più parlarsi, come se aver
esposto la situazione avesse reso il loro compito più difficile.
Matushka ha anche rinunciato a prenderlo in giro per il suo elmo né
d'altro canto Klog ha voglia di scherzare sulla sua lunga piuma
azzurra che, cionondimeno, continua ostinatamente ad impigliarsi
ovunque.
–
Piano. Sono proprio qui davanti a noi. – Dice improvvisamente a
bassa voce il gatto. La volpe annuisce. – Nella radura oltre quegli
alberi.
Klog
aguzza l'udito ma i suoi sensi non sono all'altezza di quelli dei due
predatori. Procedono con grande cautela, a rapide e silenziose corse,
Plinio e Matushka e in punta di piedi il Boldhovin, che deve
arrancare per star loro dietro.
–
Eccoli. – La voce di Plinio è diventata un sibilo roco appena
udibile.
–
Ma dove sono? – Chiede Klog.
–
Ma proprio lì, davanti a te… Ah, già, sono protetti
dall'Invisibile. – Il gatto fruga nel piccolo tascapane che porta
alla cintura e ne estrae una minuscola boccetta di vetro color
arancio.– Tieni, solo due gocce per occhio, se non vuoi vedere il
Termine Ultimo di ogni creatura.
Klog
guarda con sospetto la piccola ampolla, impaurito dall'ultima,
misteriosa frase del gatto. Dopo una lunga esitazione rovescia il
capo all'indietro e versa le due gocce prescritte negli occhi. Quando
li riapre ha la sensazione che il sole sia improvvisamente
tramontato, lasciando al suo posto una luminosità fredda e nitida
che trasforma ogni ombra in una forma solida ed impenetrabile. Il
Boldhovin chiude più volte gli occhi e li riapre, sicuro che
ritornerà a vedere la luce alla quale è abituato ma inutilmente.
–
Ma cos'è Questo? – Chiede infine dimenticandosi di bisbigliare.
–
Piano! – Lo zittiscono Plinio e Matushka. – Ma io voglio sapere…
– Insiste Klog.
–
I tuoi occhi sono nel Mondo-tra-un-Istante, il mondo dell'Invisibile.
Non c'è ancora il sole nel Mondo-tra-un-Istante, solo il suo
preannuncio, come all'alba. – Spiega Matushka.
–
E se io avessi messo tre o quattro o anche venti gocce? – Chiede
Klog, che anche se spaventato è curioso come tutti quelli della sua
razza.
–
Quanto è lungo un istante, Klog? – Replica spazientita la volpe. –
Più gocce metti, più lungo diventa quell'istante. Nessuno ha mai
osato andare oltre le cinque gocce e chi l'ha fatto ha visto un mondo
scuro senza sole, popolato di spettri che lo attraversano senza pace.
Cosa c'è Oltre? La fine di ogni cosa probabilmente, la morte della
Morte, forse.
Klog
sente un brivido gelido sollevargli il pelo della nuca. – Ma allora
quei syerdwin, protetti dall'Invisibile, viaggiano all'interno di
questo mondo…
–
Molto esatto. E questo non renderà certo migliore il loro soggiorno
a Canddermyn. – Conclude Plinio. – Adesso vuoi fare un po' di
silenzio?
Il
Boldhovin annuisce e si decide a guardare nella direzione dove il
gatto gli ha indicato.
Siedono
nello spiazzo erboso, ben al centro di esso come assediati. Klog li
conta in silenzio ed ha la sensazione che i suoi compagni stiano
facendo la stessa cosa.
–
Dodici. Ci sono tutti.– Avverte Matushka mentre Klog e Plinio
annuiscono.
–
Si sono fermati da poco. – Osserva il Boldhovin notando che nessuno
dei syerdwin ha ancora tolto gli stivali.
–
O stanno per andarsene… No, non ci sono tracce di un pasto.
–
È meglio avvicinarsi, Plinio, per sentire quello che dicono.– La
volpe li guarda con una strana espressione per una attimo e pronuncia
una parola. Un attimo dopo dal mucchio di abiti scivolati a terra fa
capolino la familiare figura di Matushka che appena uscita si siede e
si mordicchia nervosamente il pelo del dorso. – Odio queste
trasformazioni improvvise, ma se mi avvicino così è meglio.
Klog
si volta di scatto verso il gatto che sorride a bocca chiusa. – Non
ho intenzione di imitare la mia sorellina, non ti preoccupare.
Mentre
aspettano che la volpe torni dalla sua spedizione gatto e boldhovin
si sdraiano a terra osservando la scarsa animazione che regna nel
campo dei loro avversari. Qualcuna delle creature marine ha tratto
dalla propria borsa un po' di cibo, probabilmente pesce affumicato e
qualcuno sta bevendo, ma almeno dalla loro posizione non sembra che
nessuno abbia gran voglia di danneggiare gli alberi o di abbandonarsi
a gesti inconsulti.
I
dodici Syerdwin portano giustacuori con i colori del loro re, Horr
Vamaiun, violetto, sabbia e nero ed hanno armi, scudi ed elmi
colorati di bianco e nero, come è nelle tradizioni dei Syerdwin.
–
Sembrano molto stanchi. – Bisbiglia a Plinio che fa un lento cenno
di assenso.
Dopo
pochi minuti Matushka ritorna dalla sua spedizione, con il pelo
arruffato e le orecchie basse.
–
Allora? – Le chiede Plinio.
–
Puzzano terribilmente di pesce. Penso che a te piacerebbero. –
Commenta la piccola volpe e pronuncia la formula che le restituisce
sembianze umane. Naturalmente ritornando umana si trova a quattro
zampe, come un bimbo apprendista bipede, cosa che sembra infastidirla
ancor di più dell'odore dei Syerdwin.
–
Cos'hanno detto? – Le chiede Klog.
–
Devo rivestirmi, stupido Boldhovin, non lo vedi? Dove sono quegli
stupidi pezzi di stoffa?
Plinio
le porge il fagotto degli abiti con un gesto pieno di cautela e la
ragazza-volpe si veste di fretta, con gesti nervosi, maledicendo
lacci e fodere. Quando finalmente il volto di Matushka fuoriesce
dalla camicia, ella esibisce un'espressione così intensamente
contrariato da bloccare ogni curiosità in Plinio e Klog, che si
dispongono ad attendere pazientemente che la volpe abbia terminato di
abbigliarsi.
–
Ho finito, maledizione. Che il gran Dio Gherso stramaledica gli
abiti, gli idioti che li hanno inventati, i cretini che li cuciono ed
i babbei che li indossano. Beh, cosa avete da guardarmi in quel modo?
–
Se sarà necessario, la prossima volta… – Comincia Plinio.
–
Puoi giurarci, fratello. – La volpe si guarda la giubba, dove
l'ultimo bottone in basso oscilla ibero, mentre il primo occhiello in
alto è desolatamente vuoto come l'occhio di un cieco.
Matushka
guarda il cielo senza aggiungere nulla e comincia a sbottonarsi con
pericolosa calma.
–
Ehm… – Tossicchia Plinio.
–
Sì, ho capito. Si sono detti ben poco ed a vederli da più vicino mi
sono sembrati molto spaventati. Io non conosco bene i Syerdwin, ma mi
sono sembrati stanchi e nervosi come gatt… Scusa. Insomma, poco
raccomandabili.
–
Ti è venuta qualche idea? – Si azzarda a chiederle Klog.
–
Credo di no. Bisognerebbe farli dormire molto e molto profondamente…
O farli rinunciare al loro compito, magari spaventandoli.
–
Sono già molto spaventati.– Osserva Plinio. – E poi farli
scappare non servirebbe a farli uscire dal bosco.
–
Eh, già.
–
Si potrebbe loro suonare una musica che… – Inizia Klog.
–
Nel Mondo-tra-un-Istante si possono solo udire le risonanze della
musica ed i suoi echi. D'altro canto non senti le nostre parole?
Il
Boldhovin annuisce silenziosamente. Le frasi pronunciate dai suoi
compagni arrivano al suo orecchio con un leggero ritardo, come se
essi fossero più lontani, e con un alone di risonanza, simile a
quello di un eco.
–
Non credo che nessun musicista riuscirebbe a comporre una musica da
udire nel Mondo-tra-un-Istante. – Conclude Matushka. – Allora
cosa facciamo?
–
Bella domanda. – Il gatto si siede per terra a gambe incrociate ed
estrae dal tascapane una pipa ed una borsa del tabacco. – Intanto
che pensiamo mi faccio una pipata.
I
syerdwin nel frattempo si sono sdraiati a terra e solo un paio di
loro rimangono in piedi per fare la guardia. Passano lunghi minuti di
silenzio, infine rotto da un'esclamazione di Klog che fa sobbalzare
suoi compagni.
–
Ci sono!
–
Piano, per carità.
–
Ho detto che ci sono. – Ripete a bassissima voce il Boldhovin.
–
Abbiamo capito. Vuoi spiegarti?
–
Hai detto che dovremmo spaventarli e farli fuggire, e se invece
facessimo il contrario?
–
Cosa intendi dire?
–
Noi vogliamo che in un modo o nell'altro essi abbandonino la foresta
e più essi si affrettano meno avanzano, giusto?
–
Giusto. Comincio a capire, boldhovin. – Sorride la piccola volpe.
–
Io invece, no.
–
Ma è semplice, noi vogliamo che i Syerdwin procedano lentamente,
quindi dobbiamo rubare loro i cavalli e gli stivali.
–
Bellisssima idea, Klog, ma… – Matushka si interrompe di colpo. –
I cavalli non è difficile, ma gli stivali… Eh, no, non un'altra
volta.
–
Temo che sia necessario. – Osserva Plinio serio.
–
E perchè non tu?
–
Non è una cosa da gatti.
–
Rubare, portandoli in bocca, dieci paia di stivali non è nemmeno una
cosa da volpe, se è per questo. Tantopiù se gli stivali puzzano di
pesce.
Il
gatto e la volpe si guardano corrugando le sopracciglia e con
l'occhio della fantasia Klog li vede agitare la coda o abbassare le
orecchie e ringhiare.
–
Non litigate. Pescheremo.
–
Come sarebbe?
–
Dovremo procurarci del filo e degli ami, poi dall'alto degli alberi…
–
Non sei mica scemo, sai Klog?
–
Grazie.
–
Ritiro tutti gli insulti che non ti sei meritato.
–
Grazie, Matushka.
–
Che non sono molti. – Commenta a mezza voce il gatto.
Il
boldhovin apre la bocca per ribattere ma intercetta lo sguardo
divertito di Plinio e sorride a sua volta.
–
Andiamo a pescare, coraggio fratelli. – Li incita Matushka. –
Lilliath il merlo-violino è già corso a procurarci il necessario e
nel frattempo dobbiamo arrampicarci sugli alberi. Se poi non riesci a
scendere, Plinio, saremo lieti di aiutarti.
–
E se tu non riesci a salire? – Ribatte il gatto.
–
Ti chiederò di sorreggermi. – Replica la volpe con un sorriso
malizioso.
–
Quand'è così andiamo.
Nessun commento:
Posta un commento