17.1.19

Calibano Vigesimo Terzo: Giochi di ruolo



Partirò da un fenomeno apparentemente consueto che voi tutti avrete già avuto modo di constatare. Qualunque organizzazione, partito, associazione nati per uno scopo ben preciso e con intenti altamente morali, soprattutto se fondati da individui appartenenti alla fascia più colta e civile della società, si evolve seguendo una curva rappresentabile con un diagramma.
Banale, direte: molti fenomeni, dalla cottura di un uovo sodo all’evaporazione di un buco nero percorrono tappe disegnabili con un diagramma.
Ma l’aspetto interessante della questione è il tipo di curva che questo genere di enti percorre.
In genere abbiamo una prima fase oscura, di incremento lentissimo, nella quale pochissimi individui formano il centro attivo del nuovo ente, sono tra loro in contatto quotidiano e la loro attività costituisce una minuscola perturbazione, un grumo instabile, al quale anche una banale discussione sul colore di una tappezzeria o sul modo di cuocere una Peeneriana Imperlata può essere fatale.
In questo gruppo A è l’ideologo, B l’organizzatore, C il fedele braccio destro di A, D il vivace polemista, E l’individuo dalla fede incrollabile ed F l’oscuro funzionario che spegne la luce e vuota il portacenere al termine della vibrante riunione. Sono ovviamente postulabili individui G, H, I, ad libitum, ma il gruppo a sei che ho descritto è l’Unità Collettiva Fondamentale Minima, che designeremo come Ucofom 1.
Le possibilità di sviluppo di Ucofom 1 sono determinate dalle condizioni ambientali e culturali e sono legate allo spirito del tempo. Un comitato di teorici della distruzione dell’automobile avrà una fortuna limitata in una società basata sulla necessità di spostamenti frequenti, mentre un’associazione dedita al pestaggio di immigrati poveri e male in arnese avrà un certo successo in una società in latente crisi economica.
Ammettiamo che Ucofom 1 si proponga di attuare una profonda palingenesi sociale, portando al potere gli sfruttati e derelitti, creando una società senza classi né legami di necessità, in cui ciascun uomo sia libero non solo di esprimersi e di pensare, ma anche di lavorare liberamente. Si tratta, come ognuno vede, di un esempio palesemente assurdo, concepito appositamente perché nessuno si senta in qualche modo coinvolto.
Ucofom 1 nasce in un periodo di profonde trasformazioni e le sue idee hanno un certo successo. Questo provoca la proliferazione delle Ucofom, che per comodità chiameremo cellule. Chiaramente per i possessori dei capitali e dei mezzi di produzione, che chiameremo “Padroni”, queste cellule costituiscono una sorta di cancro, che l’organismo sociale non può tollerare.
Ed ecco quindi nascere una reazione dei padroni e dei loro servi, che nella nostra finzione chiameremo “Stato”, contro queste cellule. Cosa accade nelle cellule, vi chiederete? Ebbene, la necessità di difendersi le obbliga a darsi una struttura rigida interna ed esterna. Nascono specializzazioni di vario genere, appaiono G, l’individuo frustrato ed irascibile che entra nella struttura di autodifesa, H, l’individuo sostanzialmente idiota e vanesio ma ansioso di imporsi, I, il mediatore, colui che vede le possibilità di accordo e punta inconsciamente ad un impiego nello “Stato”, J, il cinico affamato di potere e così via. All’interno della nuova struttura si creano dinamiche profonde, dove gli A, gli H, gli I, i D si schierano differentemente, si alleano, litigano, si fanno la forca a vicenda, fornicano tra loro, si riuniscono in locali arredati con vecchi tavoli e panche di legno per cantare canzoni di lotta bevendo un pessimo vino dopo grandi manifestazioni di massa, si accusano di tradimento o di atteggiamenti poco consoni alla severa bellezza della loro causa, fanno scene melodrammatiche o escono dall’ente in modo teatrale. 

 
A questo punto l’andamento diviene funzione del comportamento dei “Padroni” e dello “Stato”. Infatti in caso di lotta molto dura (situazione 1) si fanno fatalmente strada nell’ente i G cioé i violenti, i J (cinici), e secondariamente gli H, cioé i carrieristi, gli F (i grigi funzionari) ed i C (incauti fedeli incrollabili). Nel caso di una risposta morbida da parte degli avversari (situazione 2), si fanno strada gli I (i mediatori) i D (i vivaci polemisti) i B (gli organizzatori) e nuovamente gli F, cioé i grigi.
E qui sta la singolarità notevole: in qualunque situazione ipotizzabile gli F sono sempre presenti, ovvero essi costituiscono l’unica invariante della nostra equazione a più incognite. Se ora introduciamo la funzione It (tempo), ci rendiamo conto, che, dati in tempi diversi n situazioni, si ha un incremento degli F che porta l’ente ad essere popolato interamente di F in un tempo ti funzione lineare di n di U(cofom)i. Altrettanto interessante notare come, in base a queste equazioni, una volta superata un cifra pari a 106 aderenti, il fenomeno diventa pressoché istantaneo e tutti indistintamente i membri dell’ente divengono F, cioé – giova ripeterlo – grigi esecutori senza iniziativa né genio, solo attenti a preservare la struttura ed a vuotare i portacenere, anche dopo riunioni soporifere ed insignificanti o anche senza che si siano svolte riunioni. Inutile dire che siamo così giunti all’Omega dell’Ente in questione, ormai destinato ad una pura e semplice conservazione di se stesso.
Vi invito a verificare di persona le equazioni, basandovi su esempi di vostra conoscenza. Vi posso assicurare che il risultato è invariabilmente quello da me presentato.
In quanto agli A, gli ideologi, le equazioni prevedono la loro elisione già al secondo passaggio o la loro trasformazione in Ai con (i), del tutto ininfluenti per il risultato finale.
Vi ringrazio e vi attendo qui la prossima settimana. All’uscita vi sarà consegnato il testo della lezione, Grazie.
(da “Sociologia Matematica, alcune interpretazioni”, lezione tenuta da Faudo Thinbam presso l’Università di Proust’s Revenge, Sistema di Malevic, anno accademico 10E+11)

Café literaire

Vashtar Kube, emissario della Fondazione per la difesa della Panlingua a bordo della Megacorazzata “Agonia” chiude di scatto il bestseller “Il Complotto Galante” di Katodo Drinkwater II e lo scaglia attraverso la sua minuscola cabina centrando involontariamente l’interruttore del Simulatore di Ambienti.
Istantaneamente si trova in una piccola piazza ombreggiata da alti platani, seduto a un tavolino, mentre un campanile alle sue spalle batte lentamente un’ora del tardo pomeriggio.
L’emissario della Fondazione allunga una mano: la civettuola sedia di bambù sulla quale sta seduto continua ad essere il sedile grigio antracite della sua cabina, mentre il tavolino, ricoperto da una vivace tovaglia a scacchi azzurri e bianchi dove si disegnano le ombre arancio scuro delle foglie, è il solito severo asse con rotelle che usa come piano di lavoro.
L’unico oggetto immune (chissà perchè) al Simulatore di Ambienti é il volume di Drinkwater II, aperto a faccia in giù a un paio di metri da lui.
Vashtar gli fa una smorfia ma per prudenza non si alza a rifilargli una pedata.
– Katodo Drinkwater II sei un imbecille ed un pallone gonfiato! – Recensisce ad alta voce l’emissario della Fondazione.
L’avere come unico passatempo l’insulso romanzo, comprato di corsa allo spazioporto e peggiore persino della conversazione di un Kerrabbia, mantiene il suo umore in un climax di depressione ipercinetica. Vashtar Kube lascia cadere, lancia, tira anche quando vuole soltanto posare e appoggiare, si muove in maniera eccessiva, goffa, aggressiva ed è pieno di lividi e di cerotti sulle mani.


Respira a fondo e si guarda intorno cercando di individuare l’interruttore del Simulatore, del tutto irriconoscibile nella tiepida quiete serotina che lo circonda. Nisba. Ci riprova, fa fiasco e commenta la situazione con una frase inadatta alla lettura in famiglia.
– Posso? – Il kerrabbia che indica la sedia accanto alla sua, in un inverosimile abito da yachtman é Rai Therebus, guardiamarina della “Agonia”, l’unico a bordo che sembri apprezzare la sua compagnia.
– È carino qui. – Commenta il giovane ufficiale sedendosi. – Molto… Rilassante?
Vashtar sorride dandosi un’aria mondana ed annuisce. Il kerrabbia, caso più unico che raro nella sua razza, è uno che ci tiene a far conversazione e pone un’attenzione quasi ridicola alla scelta della parole.
– Le é caduto quel…Volume? – Si informa gentilmente.
– Non mi é caduto. L’ho lanciato.
Therebus lo guarda con stupore. – La lettura non é stata di… suo gradimento?
– No. – Vashtar é arcistufo della simulazione e vorrebbe che il kerrabbia gli indicasse dove si trova l’interruttore, ma l’ufficiale, comodamente seduto, ha occhi solo per l’ambiente.
– Due pinot grigi, molto freddi. – Ordina schiacciando un tasto del comunicatore portatile. – Nella cabina del gufo.– Abbozza un gesto di scusa. -È per farmi capire.
Vashtar approva silenziosamente e fissa un parchimetro sul bordo del marciapiede che potrebbe essere l’interruttore ma anche qualunque altra cosa.
– Notizie? – Chiede.
– Lo sciopero continua.Credo che i nostri legali si siano…appellati a Principe del Foro IV.
– Ah.
Il robot di servizio, che la simulazione ha trasformato in un ragazzino con giacca bianca dai bottoni dorati di tre misure troppo grande, serve il vino, incassa serissimo la piccola mancia allungatagli dal Kerrabbia e scompare.
– Credo sia questo il comportamento… appropriato. – Osserva Therebus e beve. – Mi chiedo chi programmi questo genere di ambienti. Nella mia cabina sembra impossibile ottenere qualcosa di diverso da una tempesta su una scogliera. Molto …romantico, credo, ma poco… rilassante.
Vashtar fa un cenno vago con la mano. -Talvolta effettivamente si hanno risultati sorprendenti. Per quando si prevede la sentenza?
– Tra qualche giorno.
I grandi occhi dell’emissario della Fondazione esprimono intenso disappunto.
– Ancora qualche giorno in nostra …compagnia, caro Vashtar. – Insiste senza ironia l’ufficiale che, nonostante i suoi numerosi pregi, condivide con i cospecifici la sensibilità di un tubo di stufa.
– Eh, già.
– Io ho letto quel… volume. – Therebus indica il maligno bestseller tuttora adagiato sulla pietra bruna della piazza. – Mi duole… contraddirla, ma l’ho trovato piacevole e …avvincente.
Vashtar allibisce all’idea di un kerrabbia lettore e beve un sorso di vino per darsi un tono.
– Non si può negare una certa capacità di… – L’emissario della Fondazione si inceppa. Una certa capacità di che? La trama é vieta, i personaggi banali, le descrizioni sciatte e l’intreccio grottesco. Solo a un kerrabbia poteva piacere quel polpettone assassino.
– Soprattutto la parte dove l’anziana nobildonna ritrova il figlio perduto, divenuto un principe del crimine, è… toccante. – Insiste Therebus.
Vashtar finisce il vino d’un fiato.
– Golumbart, il grande trafficante che piange sulle ginocchia della madre ritrovata. “Mamma, quante volte nei miei sogni inquieti ho riconosciuto il vostro volto severo e triste che mi chiamava…”– Il kerrabbia socchiude gli occhi commosso mentre cita a memoria. – “Figlio mio perduto, riposa il tuo cuore qui, accanto al mio…” So che anche l’ammiraglio Qvatten ne tiene una copia in cabina e la legge di nascosto.
– Eh, la letteratura é una grande consolazione. – Commenta Vashtar sentendosi un verme ipocrita.
– Proprio così. – Therebus lo guarda con rispetto. – Sinceramente devo ammettere che una volta terminata la missione mi mancherà la vostra conversazione, così intelligente ed… acuta. – Si alza. – Purtroppo mi é impossibile trattenermi oltre. A presto rivederci.
– Il sim…
– Prego?
– Nulla, nulla.
Rai Therebus si inchina leggermente ed abbandona la piazzetta.
L’emissario, rimasto solo, decide di tentare e si alza a schiacciare il tasto rosso del parchimetro.
Una dozzina di lune multicolori illuminano il cratere battuto dal vento. In cima alla catasta di rifiuti c’è un cartello con la scritta “Vietata la discarica”.
A due passi da lui la copertina argentea del libro di Drinkwater ammicca sorniona nella semioscurità.
L’emissario della Fondazione sospira e si siede su un sedile d’automobile sfondato. – Aiuto. – Dice sottovoce.



Venti di Guerra

– Come sarebbe a dire ricoverato? E per ordine di chi? – Aquila Yò-yò, seduto sul letto a geometria variabile, non accende l’imago limitandosi ad una comunicazione verbale.
Accanto a lui, tiepida di sonno e vestita solo di un paio di lucidissime polacchine di vitello, la verdalmata Tari-La tiene gli occhi ostinatamente chiusi bestemmiando a bassa voce e facendo smorfie all’indirizzo del teleseccatore.
– E cosa c’entra l’Ispettore Generale di Sanità di Sirio? La sentenza? Ma non doveva essere aggiustata? E chi é stato? Ah, per me basta che sia qualcun altro ad avvertire i Mangiasabbia… Non me ne frega un tappo del compleanno di tuo nipote, capito Pantaleone?
Il Duca di Kroton, all’altro capo della linea, sta compiendo notevoli sforzi di fantasia per scongiurare un incontro con il grande Ortosinclino di Aridomeriggio. Oltre al compleanno del nipote tira in ballo una sciatica incipiente, l’astronave dal meccanico, la mamma malata, una recente metereopatia, un’allergia psicosomatica ai composti del silicio, il giorno infausto secondo il calendario di Frate Indovino, l’oroscopo negativo per gli incontri di affari, l’abbigliamento adatto in tintoria ed un precedente appuntamento con il barbiere. Ciccia, il solo risultato è di far inferocire il suo interlocutore.
– Se vuoi che sia io ad avvisare i Mangiasabbia lo farò. Come no. Spiegherò anche che era compito tuo manipolare la sentenza.... Sì, certo. Poi come bara sarà sufficiente il tuo cilindro. Va bene. Certo che é un ricatto. A risentirci.
– Mmmhhh, hai finito con quell’ imbecille? – Borbotta Tari-La con il viso seminascosto dal cuscino.
– Spero di sì. – Il coniglioide riflette e per riflettere decide che la cosa migliore é tenere occupate le mani con alcune parti molto sensibili del corpo della verdalmata.
– No, dai scemo che mi fai il solletico…– Ridacchia Tari-La.
– Ci rimane solo l’opzione militare. – Meditabondeggia Aquila.

Il Processo

E ora, come si dice nei romanzi di cappa e spada, é venuto il momento di fare un passo indietro.
Appena qualche ora prima della conversazione tra Vashtar e Therebus, sul satellite giuridico “Vostronore lavatevi il collo” accadeva quanto segue:


L’avvocato dei Kerrabbia, uno Spontex dal metabolismo ad ammoniaca, titolare dello studio Ixx’ghl, Thrumbull ed Artabano, entra con respiratore ed unimemo legale nella sala del processo, al cospetto di Goddo, l’operatore, di un terminale di Principe del Foro IV e dell’avvocato Zambatten, rappresentante il governo di Sirio.
I due legali si salutano con un grave cenno del capo.
Goddo si china ad accendere il terminale, il regolamentare cono di vetro attaccato alla fronte come vuole la tradizione.
– Uellà, salve! – Urlacchia il computer appena acceso. – Dov’é la mia parrucca?– L’operatore ed i due avvocati si guardano interdetti.
– Quale parrucca? – Chiede Goddo.
– Vi trasmettiamo ora un breve programma di motivi di successo. – Cinguetta il megaelaboratore. – Thardo Pomellato ci canta “La notte ti cerco”. Buon ascolto a tutti.
L’operatore tossisce, tocca alcuni tasti del terminale, sorride incerto agli avvocati cipigliosi e si siede.
– Laa Noootte é iniziataa, io soolo cammiiino… – Canta in falsetto il computer accompagnato da un coro a bocca chiusa e un contrabbasso. I presenti si sorbiscono l’intera esecuzione del motivo, la pubblicità di un amaro, il segnale orario, (– Sono indietro. – Osserva l’avvocato Ixx’ghl. Gli altri due gli fanno gli occhiacci), l’oroscopo per i nati sotto il Cavolo e alcuni commenti sui fatti del giorno, finchè l’operatore esasperato non si mette ad urlare. – Principe ci sei?
– Perbacco, chi mi vuole?
– Operatore Goddo, causa n° 12890/45, Kerrabbia contro Governo di Sirio.
– Ti cadono i capelli, sai Goddo? Nella causa 4578/901, Erqu il Mite contro Associazione Trombettisti Mistici non dovevi farti il riporto dalle tempie.
L’operatore impallidisce e si tocca la testa.
– Ha un bella memoria, eh? – Osserva l’avvocato Zambatten.
Goddo lo guarda con malcelato astio ed il legale tossicchia imbarazzato. Il suo collega prende una sana boccata di ammoniaca e contempla gli affreschi del soffitto con l’espressione di chi é lì solo per caso e per pochi minuti.
– Principe del Foro IV, gli avvocati delle parti sono pronti al dibattimento.
– Li ascolto. Hai per caso un goccetto per tenermi sveglio?
L’operatore si copre la faccia con le mani. – Avvocato Zambatten, a lei. Per il Governo di Sirio.
Il megacomputer ascolta le arringhe dei due avvocati fischiettando in sordina e infine commenta: – Un bel bordello, eh, Goddo?
L’operatore posa il cono di vetro ed indossa i pantaloni di velluto vinaccia a coste. – In un certo senso. – Ammette prudentemente.
– Bene, adesso ci penso.
Dopo i regolamentari dodici secondi la sentenza appare sul monitor del terminale. – Ecco cosa ne pensa la Legge.– Sentenzia il megacomputer. Segue il rumore di uno sbadiglio. – Statemi bene ragazzi.
Dal momento che l’operatore Goddo, pallido come un neocadavere e con i pantaloni vinaccia ancora sbottonati non fiata, i due avvocati devono avvicinarsi al monitor per leggere la sentenza:

«In base agli articoli citati e viste le precedenti sentenze, questa Corte si dichiara non competente a giudicare, visti i regolamenti in uso in caso di controversia sull’uso di disinfestanti in aree urbane, suburbane o comunque densamente popolate. Si rimanda quindi per competenza all’Ispettorato Generale di Sanità Pubblica del Settore Galattico di pertinenza. Saluti e baci.»

Se qualcuno pensa che il megacomputer abbia bisogno di una regolatina al software ha ovviamente ragione. Il problema, tuttavia, é un altro. Principe del Foro IV è stato progettato, costruito e programmato dal grande infogiudice Kikero Gonfiocti III, scomparso qualche anno fa durante un’orgia Schwarzschild (il massimo dei massimi per i galattici ricchi e dissoluti: rovente ginnastica sessuale su un’astronave in orbita intorno a un buco nero).
Scomparso il padre putativo del megacomputer nessun altro è stato in grado di mettere le mani sui sottoprogrammi antimanipolazione inventati dall’infogiurista.
Ci hanno provato masnade di programmatori assoldati dalle grosse e medie società galattiche, che hanno pasticciato malamente nel sistema operativo del megacomputer per indurlo a sentenze addomesticate, ma Principe non ha smesso di funzionare per così poco. Sbiellato, anarchico, impertinente ma troppo costoso per essere disattivato, continua a sfornare sentenze incongrue e funziona sicuramente meglio di prima, visto che talvolta riesce ad incastrare imputati molto potenti e ricchi di influenti amicizie.




Koss Fsi, ispettore generale di Sanità Pubblica per il Settore Galattico Y90, in genere lascia che le pratiche vengano sbrigate dallo stuolo di androidi che popolano gli uffici dell’Ispettorato, trascorrendo gran parte del tempo in un grazioso chalet su Pianobar, suo pianeta natale e patria dei Soffioni Muscolati, dei quali é insigne membro.
Ma quel giorno Koss Fsi, reduce da un furioso litigio con i parenti, piuttosto che vedere ancora le loro facce pelose decide di andare a lavorare, iniziativa che normalmente provoca negli uffici dell’Ispettorato guasti per un paio di mesi.
Nelle mani di Koss Fsi passano sia la pratica riguardante il libretto sanitario di un certo Cilicio Benelli, immigrato proveniente da Foxtrot, che quella trasmessa per competenza dalla sezione legale sia, infine, i documenti relativi la comparsa di una rara malattia nel sistema di Plisskin.
L’ispettore, che ha ben chiari i provvedimenti del caso, viene fatalmente interrotto da una telefonata intersistema dei parenti, al termine della quale, spettinato, confuso ed inferocito decide che:
– Cilicio Benelli sia rinchiuso in una clinica per malattie infettive, in quanto probabile portatore sano.
– Le spese della disinfezione siano a carico di chi la ritiene necessaria, in questo caso del Governo di Sirio.
– La popolazione di Plisskin debba ricevere entro otto giorni galattici standard una seconda copia del proprio libretto sanitario.

(“Da conservare con cura ed esibire in caso di ricovero o dietro richiesta degli addetti al Servizio Sanitario” è scritto sul retro del libretto, puntualmente consegnato ad una popolazione di moribondi.)


Nessun commento: