Partirò
da un fenomeno apparentemente consueto che voi tutti avrete già
avuto modo di constatare. Qualunque organizzazione, partito,
associazione nati per uno scopo ben preciso e con intenti altamente
morali, soprattutto se fondati da individui appartenenti alla fascia
più colta e civile della società, si evolve seguendo una curva
rappresentabile con un diagramma.
Banale,
direte: molti fenomeni, dalla cottura di un uovo sodo
all’evaporazione di un buco nero percorrono tappe disegnabili con
un diagramma.
Ma
l’aspetto interessante della questione è il tipo di curva che
questo genere di enti percorre.
In
genere abbiamo una prima fase oscura, di incremento lentissimo, nella
quale pochissimi individui formano il centro attivo del nuovo ente,
sono tra loro in contatto quotidiano e la loro attività costituisce
una minuscola perturbazione, un grumo instabile, al quale anche una
banale discussione sul colore di una tappezzeria o sul modo di
cuocere una Peeneriana Imperlata può essere fatale.
In
questo gruppo A è l’ideologo, B l’organizzatore, C il fedele
braccio destro di A, D il vivace polemista, E l’individuo dalla
fede incrollabile ed F l’oscuro funzionario che spegne la luce e
vuota il portacenere al termine della vibrante riunione. Sono
ovviamente postulabili individui G, H, I, ad libitum, ma il gruppo a
sei che ho descritto è l’Unità Collettiva Fondamentale Minima,
che designeremo come Ucofom 1.
Le
possibilità di sviluppo di Ucofom 1 sono determinate dalle
condizioni ambientali e culturali e sono legate allo spirito del
tempo. Un comitato di teorici della distruzione dell’automobile
avrà una fortuna limitata in una società basata sulla necessità di
spostamenti frequenti, mentre un’associazione dedita al pestaggio
di immigrati poveri e male in arnese avrà un certo successo in una
società in latente crisi economica.
Ammettiamo
che Ucofom 1 si proponga di attuare una profonda palingenesi sociale,
portando al potere gli sfruttati e derelitti, creando una società
senza classi né legami di necessità, in cui ciascun uomo sia libero
non solo di esprimersi e di pensare, ma anche di lavorare
liberamente. Si tratta, come ognuno vede, di un esempio palesemente
assurdo, concepito appositamente perché nessuno si senta in qualche
modo coinvolto.
Ucofom
1 nasce in un periodo di profonde trasformazioni e le sue idee hanno
un certo successo. Questo provoca la proliferazione delle Ucofom, che
per comodità chiameremo cellule. Chiaramente per i possessori dei
capitali e dei mezzi di produzione, che chiameremo “Padroni”,
queste cellule costituiscono una sorta di cancro, che l’organismo
sociale non può tollerare.
Ed
ecco quindi nascere una reazione dei padroni e dei loro servi, che
nella nostra finzione chiameremo “Stato”, contro queste cellule.
Cosa accade nelle cellule, vi chiederete? Ebbene, la necessità di
difendersi le obbliga a darsi una struttura rigida interna ed
esterna. Nascono specializzazioni di vario genere, appaiono G,
l’individuo frustrato ed irascibile che entra nella struttura di
autodifesa, H, l’individuo sostanzialmente idiota e vanesio ma
ansioso di imporsi, I, il mediatore, colui che vede le possibilità
di accordo e punta inconsciamente ad un impiego nello “Stato”, J,
il cinico affamato di potere e così via. All’interno della nuova
struttura si creano dinamiche profonde, dove gli A, gli H, gli I, i D
si schierano differentemente, si alleano, litigano, si fanno la forca
a vicenda, fornicano tra loro, si riuniscono in locali arredati con
vecchi tavoli e panche di legno per cantare canzoni di lotta bevendo
un pessimo vino dopo grandi manifestazioni di massa, si accusano di
tradimento o di atteggiamenti poco consoni alla severa bellezza della
loro causa, fanno scene melodrammatiche o escono dall’ente in modo
teatrale.
A
questo punto l’andamento diviene funzione del comportamento dei
“Padroni” e dello “Stato”. Infatti in caso di lotta molto
dura (situazione 1) si fanno fatalmente strada nell’ente i G cioé
i violenti, i J (cinici), e secondariamente gli H, cioé i
carrieristi, gli F (i grigi funzionari) ed i C (incauti fedeli
incrollabili). Nel caso di una risposta morbida da parte degli
avversari (situazione 2), si fanno strada gli I (i mediatori) i D (i
vivaci polemisti) i B (gli organizzatori) e nuovamente gli F, cioé i
grigi.
E
qui sta la singolarità notevole: in qualunque situazione
ipotizzabile gli F sono sempre presenti, ovvero essi costituiscono
l’unica invariante della nostra equazione a più incognite. Se ora
introduciamo la funzione It (tempo), ci rendiamo conto,
che, dati in tempi diversi n situazioni, si ha un incremento degli F
che porta l’ente ad essere popolato interamente di F in un tempo ti
funzione lineare di n di U(cofom)i. Altrettanto
interessante notare come, in base a queste equazioni, una volta
superata un cifra pari a 106 aderenti, il fenomeno diventa
pressoché istantaneo e tutti indistintamente i membri dell’ente
divengono F, cioé – giova ripeterlo – grigi esecutori senza
iniziativa né genio, solo attenti a preservare la struttura ed a
vuotare i portacenere, anche dopo riunioni soporifere ed
insignificanti o anche senza che si siano svolte riunioni. Inutile
dire che siamo così giunti all’Omega dell’Ente in questione,
ormai destinato ad una pura e semplice conservazione di se stesso.
Vi
invito a verificare di persona le equazioni, basandovi su esempi di
vostra conoscenza. Vi posso assicurare che il risultato è
invariabilmente quello da me presentato.
In
quanto agli A, gli ideologi, le equazioni prevedono la loro elisione
già al secondo passaggio o la loro trasformazione in Ai
con (i), del tutto ininfluenti per il risultato finale.
Vi
ringrazio e vi attendo qui la prossima settimana. All’uscita vi
sarà consegnato il testo della lezione, Grazie.
(da
“Sociologia Matematica, alcune interpretazioni”, lezione tenuta
da Faudo Thinbam presso l’Università di Proust’s Revenge,
Sistema di Malevic, anno accademico 10E+11)
Café
literaire
Vashtar
Kube, emissario della Fondazione per la difesa della Panlingua a
bordo della Megacorazzata “Agonia” chiude di scatto il bestseller
“Il Complotto Galante” di Katodo Drinkwater II e lo scaglia
attraverso la sua minuscola cabina centrando involontariamente
l’interruttore del Simulatore di Ambienti.
Istantaneamente
si trova in una piccola piazza ombreggiata da alti platani, seduto a
un tavolino, mentre un campanile alle sue spalle batte lentamente
un’ora del tardo pomeriggio.
L’emissario
della Fondazione allunga una mano: la civettuola sedia di bambù
sulla quale sta seduto continua ad essere il sedile grigio antracite
della sua cabina, mentre il tavolino, ricoperto da una vivace
tovaglia a scacchi azzurri e bianchi dove si disegnano le ombre
arancio scuro delle foglie, è il solito severo asse con rotelle che
usa come piano di lavoro.
L’unico
oggetto immune (chissà perchè) al Simulatore di Ambienti é il
volume di Drinkwater II, aperto a faccia in giù a un paio di metri
da lui.
Vashtar
gli fa una smorfia ma per prudenza non si alza a rifilargli una
pedata.
–
Katodo Drinkwater II sei un imbecille ed un pallone gonfiato! –
Recensisce ad alta voce l’emissario della Fondazione.
L’avere
come unico passatempo l’insulso romanzo, comprato di corsa allo
spazioporto e peggiore persino della conversazione di un Kerrabbia,
mantiene il suo umore in un climax di depressione ipercinetica.
Vashtar Kube lascia cadere, lancia, tira anche quando vuole soltanto
posare e appoggiare, si muove in maniera eccessiva, goffa, aggressiva
ed è pieno di lividi e di cerotti sulle mani.
Respira
a fondo e si guarda intorno cercando di individuare l’interruttore
del Simulatore, del tutto irriconoscibile nella tiepida quiete
serotina che lo circonda. Nisba. Ci riprova, fa fiasco e commenta la
situazione con una frase inadatta alla lettura in famiglia.
–
Posso? – Il kerrabbia che indica la sedia accanto alla sua, in un
inverosimile abito da yachtman é Rai Therebus, guardiamarina della
“Agonia”, l’unico a bordo che sembri apprezzare la sua
compagnia.
–
È carino qui. – Commenta il giovane ufficiale sedendosi. –
Molto… Rilassante?
Vashtar
sorride dandosi un’aria mondana ed annuisce. Il kerrabbia, caso più
unico che raro nella sua razza, è uno che ci tiene a far
conversazione e pone un’attenzione quasi ridicola alla scelta della
parole.
–
Le é caduto quel…Volume? – Si informa gentilmente.
–
Non mi é caduto. L’ho lanciato.
Therebus
lo guarda con stupore. – La lettura non é stata di… suo
gradimento?
–
No. – Vashtar é arcistufo della simulazione e vorrebbe che il
kerrabbia gli indicasse dove si trova l’interruttore, ma
l’ufficiale, comodamente seduto, ha occhi solo per l’ambiente.
–
Due pinot grigi, molto freddi. – Ordina schiacciando un tasto del
comunicatore portatile. – Nella cabina del gufo.– Abbozza un
gesto di scusa. -È per farmi capire.
Vashtar
approva silenziosamente e fissa un parchimetro sul bordo del
marciapiede che potrebbe essere l’interruttore ma anche qualunque
altra cosa.
–
Notizie? – Chiede.
–
Lo sciopero continua.Credo che i nostri legali si siano…appellati a
Principe del Foro IV.
–
Ah.
Il
robot di servizio, che la simulazione ha trasformato in un ragazzino
con giacca bianca dai bottoni dorati di tre misure troppo grande,
serve il vino, incassa serissimo la piccola mancia allungatagli dal
Kerrabbia e scompare.
–
Credo sia questo il comportamento… appropriato. – Osserva
Therebus e beve. – Mi chiedo chi programmi questo genere di
ambienti. Nella mia cabina sembra impossibile ottenere qualcosa di
diverso da una tempesta su una scogliera. Molto …romantico, credo,
ma poco… rilassante.
Vashtar
fa un cenno vago con la mano. -Talvolta effettivamente si hanno
risultati sorprendenti. Per quando si prevede la sentenza?
–
Tra qualche giorno.
I
grandi occhi dell’emissario della Fondazione esprimono intenso
disappunto.
–
Ancora qualche giorno in nostra …compagnia, caro Vashtar. –
Insiste senza ironia l’ufficiale che, nonostante i suoi numerosi
pregi, condivide con i cospecifici la sensibilità di un tubo di
stufa.
–
Eh, già.
–
Io ho letto quel… volume. – Therebus indica il maligno bestseller
tuttora adagiato sulla pietra bruna della piazza. – Mi duole…
contraddirla, ma l’ho trovato piacevole e …avvincente.
Vashtar
allibisce all’idea di un kerrabbia lettore e beve un sorso di vino
per darsi un tono.
–
Non si può negare una certa capacità di… – L’emissario della
Fondazione si inceppa. Una certa capacità di che? La trama é vieta,
i personaggi banali, le descrizioni sciatte e l’intreccio
grottesco. Solo a un kerrabbia poteva piacere quel polpettone
assassino.
–
Soprattutto la parte dove l’anziana nobildonna ritrova il figlio
perduto, divenuto un principe del crimine, è… toccante. –
Insiste Therebus.
Vashtar
finisce il vino d’un fiato.
–
Golumbart, il grande trafficante che piange sulle ginocchia della
madre ritrovata. “Mamma, quante volte nei miei sogni inquieti ho
riconosciuto il vostro volto severo e triste che mi chiamava…”–
Il kerrabbia socchiude gli occhi commosso mentre cita a memoria. –
“Figlio mio perduto, riposa il tuo cuore qui, accanto al mio…”
So che anche l’ammiraglio Qvatten ne tiene una copia in cabina e la
legge di nascosto.
–
Eh, la letteratura é una grande consolazione. – Commenta Vashtar
sentendosi un verme ipocrita.
–
Proprio così. – Therebus lo guarda con rispetto. – Sinceramente
devo ammettere che una volta terminata la missione mi mancherà la
vostra conversazione, così intelligente ed… acuta. – Si alza. –
Purtroppo mi é impossibile trattenermi oltre. A presto rivederci.
–
Il sim…
–
Prego?
–
Nulla, nulla.
Rai
Therebus si inchina leggermente ed abbandona la piazzetta.
L’emissario,
rimasto solo, decide di tentare e si alza a schiacciare il tasto
rosso del parchimetro.
Una
dozzina di lune multicolori illuminano il cratere battuto dal vento.
In cima alla catasta di rifiuti c’è un cartello con la scritta
“Vietata la discarica”.
A
due passi da lui la copertina argentea del libro di Drinkwater
ammicca sorniona nella semioscurità.
L’emissario
della Fondazione sospira e si siede su un sedile d’automobile
sfondato. – Aiuto. – Dice sottovoce.
Venti
di Guerra
–
Come sarebbe a dire ricoverato? E per ordine di chi? – Aquila
Yò-yò, seduto sul letto a geometria variabile, non accende l’imago
limitandosi ad una comunicazione verbale.
Accanto
a lui, tiepida di sonno e vestita solo di un paio di lucidissime
polacchine di vitello, la verdalmata Tari-La tiene gli occhi
ostinatamente chiusi bestemmiando a bassa voce e facendo smorfie
all’indirizzo del teleseccatore.
–
E cosa c’entra l’Ispettore Generale di Sanità di Sirio? La
sentenza? Ma non doveva essere aggiustata? E chi é stato? Ah, per me
basta che sia qualcun altro ad avvertire i Mangiasabbia… Non me ne
frega un tappo del compleanno di tuo nipote, capito Pantaleone?
Il
Duca di Kroton, all’altro capo della linea, sta compiendo notevoli
sforzi di fantasia per scongiurare un incontro con il grande
Ortosinclino di Aridomeriggio. Oltre al compleanno del nipote tira in
ballo una sciatica incipiente, l’astronave dal meccanico, la mamma
malata, una recente metereopatia, un’allergia psicosomatica ai
composti del silicio, il giorno infausto secondo il calendario di
Frate Indovino, l’oroscopo negativo per gli incontri di affari,
l’abbigliamento adatto in tintoria ed un precedente appuntamento
con il barbiere. Ciccia, il solo risultato è di far inferocire il
suo interlocutore.
–
Se vuoi che sia io ad avvisare i Mangiasabbia lo farò. Come no.
Spiegherò anche che era compito tuo manipolare la sentenza.... Sì,
certo. Poi come bara sarà sufficiente il tuo cilindro. Va bene.
Certo che é un ricatto. A risentirci.
–
Mmmhhh, hai finito con quell’ imbecille? – Borbotta Tari-La con
il viso seminascosto dal cuscino.
–
Spero di sì. – Il coniglioide riflette e per riflettere decide che
la cosa migliore é tenere occupate le mani con alcune parti molto
sensibili del corpo della verdalmata.
–
No, dai scemo che mi fai il solletico…– Ridacchia Tari-La.
–
Ci rimane solo l’opzione militare. – Meditabondeggia Aquila.
Il
Processo
E
ora, come si dice nei romanzi di cappa e spada, é venuto il momento
di fare un passo indietro.
Appena
qualche ora prima della conversazione tra Vashtar e Therebus, sul
satellite giuridico “Vostronore lavatevi il collo” accadeva
quanto segue:
L’avvocato
dei Kerrabbia, uno Spontex dal metabolismo ad ammoniaca, titolare
dello studio Ixx’ghl, Thrumbull ed Artabano, entra con respiratore
ed unimemo legale nella sala del processo, al cospetto di Goddo,
l’operatore, di un terminale di Principe del Foro IV e
dell’avvocato Zambatten, rappresentante il governo di Sirio.
I
due legali si salutano con un grave cenno del capo.
Goddo
si china ad accendere il terminale, il regolamentare cono di vetro
attaccato alla fronte come vuole la tradizione.
–
Uellà, salve! – Urlacchia il computer appena acceso. – Dov’é
la mia parrucca?– L’operatore ed i due avvocati si guardano
interdetti.
–
Quale parrucca? – Chiede Goddo.
–
Vi trasmettiamo ora un breve programma di motivi di successo. –
Cinguetta il megaelaboratore. – Thardo Pomellato ci canta “La
notte ti cerco”. Buon ascolto a tutti.
L’operatore
tossisce, tocca alcuni tasti del terminale, sorride incerto agli
avvocati cipigliosi e si siede.
–
Laa Noootte é iniziataa, io soolo cammiiino… – Canta in falsetto
il computer accompagnato da un coro a bocca chiusa e un contrabbasso.
I presenti si sorbiscono l’intera esecuzione del motivo, la
pubblicità di un amaro, il segnale orario, (– Sono indietro. –
Osserva l’avvocato Ixx’ghl. Gli altri due gli fanno gli
occhiacci), l’oroscopo per i nati sotto il Cavolo e alcuni commenti
sui fatti del giorno, finchè l’operatore esasperato non si mette
ad urlare. – Principe ci sei?
–
Perbacco, chi mi vuole?
–
Operatore Goddo, causa n° 12890/45, Kerrabbia contro Governo di
Sirio.
–
Ti cadono i capelli, sai Goddo? Nella causa 4578/901, Erqu il Mite
contro Associazione Trombettisti Mistici non dovevi farti il riporto
dalle tempie.
L’operatore
impallidisce e si tocca la testa.
–
Ha un bella memoria, eh? – Osserva l’avvocato Zambatten.
Goddo
lo guarda con malcelato astio ed il legale tossicchia imbarazzato. Il
suo collega prende una sana boccata di ammoniaca e contempla gli
affreschi del soffitto con l’espressione di chi é lì solo per
caso e per pochi minuti.
–
Principe del Foro IV, gli avvocati delle parti sono pronti al
dibattimento.
–
Li ascolto. Hai per caso un goccetto per tenermi sveglio?
L’operatore
si copre la faccia con le mani. – Avvocato Zambatten, a lei. Per il
Governo di Sirio.
Il
megacomputer ascolta le arringhe dei due avvocati fischiettando in
sordina e infine commenta: – Un bel bordello, eh, Goddo?
L’operatore
posa il cono di vetro ed indossa i pantaloni di velluto vinaccia a
coste. – In un certo senso. – Ammette prudentemente.
–
Bene, adesso ci penso.
Dopo
i regolamentari dodici secondi la sentenza appare sul monitor del
terminale. – Ecco cosa ne pensa la Legge.– Sentenzia il
megacomputer. Segue il rumore di uno sbadiglio. – Statemi bene
ragazzi.
Dal
momento che l’operatore Goddo, pallido come un neocadavere e con i
pantaloni vinaccia ancora sbottonati non fiata, i due avvocati devono
avvicinarsi al monitor per leggere la sentenza:
«In
base agli articoli citati e viste le precedenti sentenze, questa
Corte si dichiara non competente a giudicare, visti i regolamenti in
uso in caso di controversia sull’uso di disinfestanti in aree
urbane, suburbane o comunque densamente popolate. Si rimanda quindi
per competenza all’Ispettorato Generale di Sanità Pubblica del
Settore Galattico di pertinenza. Saluti e baci.»
Se
qualcuno pensa che il megacomputer abbia bisogno di una regolatina al
software ha ovviamente ragione. Il problema, tuttavia, é un altro.
Principe del Foro IV è stato progettato, costruito e programmato dal
grande infogiudice Kikero Gonfiocti III, scomparso qualche anno fa
durante un’orgia Schwarzschild (il massimo dei massimi per i
galattici ricchi e dissoluti: rovente ginnastica sessuale su
un’astronave in orbita intorno a un buco nero).
Scomparso
il padre putativo del megacomputer nessun altro è stato in grado di
mettere le mani sui sottoprogrammi antimanipolazione inventati
dall’infogiurista.
Ci
hanno provato masnade di programmatori assoldati dalle grosse e medie
società galattiche, che hanno pasticciato malamente nel sistema
operativo del megacomputer per indurlo a sentenze addomesticate, ma
Principe non ha smesso di funzionare per così poco. Sbiellato,
anarchico, impertinente ma troppo costoso per essere disattivato,
continua a sfornare sentenze incongrue e funziona sicuramente meglio
di prima, visto che talvolta riesce ad incastrare imputati molto
potenti e ricchi di influenti amicizie.
Koss
Fsi, ispettore generale di Sanità Pubblica per il Settore Galattico
Y90, in genere lascia che le pratiche vengano sbrigate dallo stuolo
di androidi che popolano gli uffici dell’Ispettorato, trascorrendo
gran parte del tempo in un grazioso chalet su Pianobar, suo pianeta
natale e patria dei Soffioni Muscolati, dei quali é insigne membro.
Ma
quel giorno Koss Fsi, reduce da un furioso litigio con i parenti,
piuttosto che vedere ancora le loro facce pelose decide di andare a
lavorare, iniziativa che normalmente provoca negli uffici
dell’Ispettorato guasti per un paio di mesi.
Nelle
mani di Koss Fsi passano sia la pratica riguardante il libretto
sanitario di un certo Cilicio Benelli, immigrato proveniente da
Foxtrot, che quella trasmessa per competenza dalla sezione legale
sia, infine, i documenti relativi la comparsa di una rara malattia
nel sistema di Plisskin.
L’ispettore,
che ha ben chiari i provvedimenti del caso, viene fatalmente
interrotto da una telefonata intersistema dei parenti, al termine
della quale, spettinato, confuso ed inferocito decide che:
–
Cilicio Benelli sia rinchiuso in una clinica per malattie infettive,
in quanto probabile portatore sano.
–
Le spese della disinfezione siano a carico di chi la ritiene
necessaria, in questo caso del Governo di Sirio.
–
La popolazione di Plisskin debba ricevere entro otto giorni galattici
standard una seconda copia del proprio libretto sanitario.
(“Da
conservare con cura ed esibire in caso di ricovero o dietro richiesta
degli addetti al Servizio Sanitario” è scritto sul retro del
libretto, puntualmente consegnato ad una popolazione di moribondi.)
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