19.12.18

Calibano Vigesimo Primo: È partita l'antenna


E. oppresso da sinistri presagi staziona davanti allo schermo fuori sintonia della olo-TV dell’astronave, mentre gli altoparlanti in quadrifonia riproducono il suono di una colossale frittura.
Il benefico arnese teleolovisivo quando era ancora in buona salute permetteva la ricezione di un numero di canali che non avrebbe mai neppure concepito nei sogni più deliranti, ma ora, dopo il passaggio del cucciolo di frugafango, si è rivelato un preannuncio d’inferno. Ogni dieci minuti o anche meno E. va a visitarlo come si visita una mamma gravemente malata e indugia ad auscultarlo, soffrendo della sua confusione iconica e del suo autismo.
Bisogna capirlo: E. è cresciuto in simbiosi con la TV e il mondo teleamputato gli sembra più povero, meno colorato, in fondo in fondo un po’ meno vero.
– Maledetta bestiaccia… – Mugola all’indirizzo del cucciolone limaccioso involatosi con l’antenna e si agita un po’ nella vaga speranza di acchiappare qualche canale. Il sonoro vira dalla friggitoria formato Krupp al milione di minimartelli pneumatici manovrati da un milione di puffi, mentre lo schermo cessa di trasmettere una fittissima nevicata nella nebbia per riprodurre un elettroencefalogramma collettivo.
– Ma vaffan…– Gorgoglia compiendo un ampio gesto con il braccio. La sensosintonia del TV si esalta e spara ad altissimo volume una raffica di singulti e gargarismi.
– Non riceve. – Conan, divenuto silenziosissimo dopo la trasformazione, entra nella stanza facendo trasalire il videomane. La TV saluta il suo ingresso con una grandinata multicolore accompagnata dal suono prodotto da un miliardo di vecchietti scatarranti.
Lo sguardo di E. incontra la generosa scollatura del robot incorniciata da un reggiseno di pelle nera e da lunghi capelli color miele.
A dimenticarsi che si tratta di Conan c’è da andare fuori di cabina. Ma E. si sente strano con quel simulacro di Venere perversa che gira per la nave: un po’ intimidito e un po’ paterno. Ogni tanto sbircia nella scollatura, ma è un uomo all’antica e distoglie lo sguardo con un brivido.


– È giusto, non devo avere nessuno svago, nessun momento di distrazione per non dimenticare il mio imperdonabile peccato.
E. sospira: la voce tetra del robot ha il pregio di mettere istantaneamente a nanna qualsiasi impulso di natura carnale eventualmente germogliatogli in testa.
– Anche noi dobbiamo espiare?
– No, ma il rancore che mi dimostrerete sarà per me ulteriore fonte di sofferenza ed espiazione.
– Conan tu mi ricordi un mio compagno di scuola delle medie che tutte le volte che commetteva un atto impuro andava dal più grosso della classe, ne insultava la mamma e veniva regolarmente pestato così…
– Cos’é un atto impuro?
– Beh… – E. non riesce a nascondere l’imbarazzo: i robot sono innocenti, curiosi e assolutamente sprovveduti sui fatti della vita (biologica). Così, come un genitore alla prima lezione di educazione sessuale, decide di essere il più possibile vago: – È un modo per alleviare la solitudine, ma è troppo breve e comunque lascia più tristi di prima. – Esala ermetico.
Conan riflette per qualche secondo e poi sorride. – È una cosa frustrante, in sostanza, una forma di autopunizione.
– Ehm, non del tutto, ecco…
– Vado di corsa a commettere atti impuri, grazie, signore, per avermi dato un’altra possibilità di espiazione. – Il robot infila la porta animato da un pericoloso entusiasmo, evita per un soffio di investire Pelagio tallonato da Rumpus e scompare nelle profondità della nave.
E. si gratta una tempia, chiedendosi quale imprevedibile azione progetti l’intelletto deviato di Conan e saluta il pilota.
– Buongiorno.
Pelagio non risponde e contempla affascinato il megaschermo attraversato da una serie infinita di linee ondeggianti.
– Funziona? – Chiede.
– Non direi.
– Buffo, sembra il corso di autoipnosi di Tele Baffobianco di Galassia Nord. – Il Tartoide ascolta il fischio modulato emesso dalla olo-TV e scuote la testa.
– No. La seconda frequenza della colonna sonora é troppo alta, inadatta alla creazione di uno stato di ricettività subconscia.
E. annuisce incerto, colto dal dubbio sconfortante di essere l’unica creatura ancora in sé sulla nave. – Si hanno notizie delle altre navi?
– No, dopo la comunicazione dell’incontro sul pianeta non sono arrivate altri messaggi.
– Cosa pensa, Pelagio, che dovremo combattere con quei pazzi scatenati?
Il pilota tossisce educatamente pensando alla flotta spaziale della Satan & C. – Le navi delle quali dispone la società non sono, direi, adeguate a uno scontro armato.
– E allora, cosa faremo?
– Ritengo che i soci dell’azienda vorranno intervenire in qualche modo per preservare l’integrità di Foxtrot.
La TV continua a ronzare come un allegro moscone, Pelagio la guarda, si stringe nelle spalle ed esce.



Lessico Familiare

Giunti a questo punto sarà bene chiarire che E. e Mirella, durante la permanenza su Fangoso III hanno appreso una serie di notizie sconvolgenti:
– La Terra é un pianeta artificiale, con una geologia e una paleontologia progettate dalla figlia di Ahriman, Ghia, come tesina per l’esame di ingegneria planetologica.
– Gli umani non sono originari della Terra, ma membri di una delle principali specie senzienti della Galassia, e originariamente destinati a fungere da personale di servizio di un pianeta /residence.
– La complicatissima legislazione galattica in merito alla costruzione e gestione di pianeti abitati e le difficoltà incontrate nell’ottenere l’abitabilità della loro creazione, hanno obbligato la Satan & soci ad introdurre altre due specie intelligenti, cioè mici e ratti, nella speranza di veder riconosciuti i propri diritti.
– La Terra non é comunque destinata a rimanere per molto nell’attuale situazione. I Kerrabbia inviati da Sirio intendono distruggerla, i Mangiasabbia farne una specie di Mecca del crimine e la Satan & Soci riconvertirla al progetto iniziale: un pianeta di vacanze per galattici straricchi.
E. attende a braccia incrociate la fine della mia spiegazione e poi fa, sarcastico:
– Posso riprendere a parlare, adesso?
– Come no.
– Grazie. Se avessi saputo…
– Beh, i primi cinquanta li hai avuti. Se adesso vuoi un altro cinquanta…
– E per farne cosa, Zio bello, per corrompere i Kerrabbia? A proposito, come va a finire questa cretinissima storia?
– Hhmm. – Io non ho ancora deciso nulla, così guardo la olo-TV impegnata a trasmettere una nevicata di parmigiano con relativo rumore di grattugia e dico casuale: – Non funziona, eh?
– Senti, raperonzolo, se non mi dici come pensi di tirarmi fuori da questa scodella di fango giuro che spiffero a tutti come mai sono stati tirati in ballo in questa fetenzia…
– Bravo, di’ a Mirella che si trova qui perchè me l’hai chiesto tu. – Lo guardo. – Magari la prende male, eh? E poi questo romanzo avrà un enorme, imprevisto successo. Conosco della gente che me lo pubblica senza nemmeno leggerlo.
– È meglio, se non lo leggono. Occhei, verme, ci sto, ma vedi di tirarmi fuori di qui in fretta, prima che al posto della barba mi crescano i funghi.
– Fidati. – Devo mentire, cercate di capirmi.


Appena il tempo di eclissarmi e un boato fa vibrare la nave come il charleston di una batteria.
– Per la Stella della Lentezza, la cucina! – Urla Pelagio passando a precipizio in corridoio ed E., tuttora rancido e incattivito, lo segue per inerzia con qualche attimo di ritardo.
– La tua pentola a conversione é guasta, Pelagio. – Mirella, ricoperta da un’indefinita pappa brunastra e con in mano un frammento di materia plastica, li attende al termine della corsa.
– La mia cucina… – L’astronauta della Satan fissa con stupefatto dolore il minuscolo ambiente puzzolente di unto-bruciaticcio, fumoso come una fonderia ed in buona parte intonacato di pappa di cereali e di verdure ormai inidentificabili.
– La compagnia ti passa materiale scadente, del tutto inadatto alla cucina macrobiotica.– Sentenzia Mirella. – Quest’arnese è esploso dopo due minuti di cottura.
Pelagio guarda qualcosa appiccicato al soffitto annerito, presumibilmente una parte viva e maligna del pranzo, almeno a giudicare dai sibili e dai borbottii che tuttora la animano. Si volta verso Mirella e NON le chiede come ha fatto a salvare la pelle in quell’inferno macrobiotico.
– Io vado a meditare. Se avete bisogno di me mi troverete nella Sala delle Lettere. Non dovessi tornare le mie volontà sono nella memoria di Mater, il computer di bordo. In ogni caso fate pulizia.
Dopodichè il tartoide fa dietrofront e scompare.
– Chissà perchè la chiama la “Sala delle Lettere”? – Mirella guarda il frammento di plastica che tiene in mano come se contenesse la risposta e poi si stringe nelle spalle. – Beh, che bibbo fai come un ebete? Comincia a pulire che io vado a fare una doccia.
E. con la faccia da Candid Camera la guarda allontanarsi, contempla la cucina, simile alla sua idea di un reattore nucleare fuso, e si chiede se non sia il caso di seguire l’esempio di Pelagio. 

 
– Pulisco io. – Conan si materializza alle sue spalle armato di un arnese truculento, una specie di doppio bazooka pesante, e comincia ad aspirare materiale organico dal pavimento. Poi si ferma e spegne il cannone aspiratutto. – Ho molto riflettuto sulle sue parole. Questo può essere definito un atto impuro? Questo far esplodere sporcando tutto?
E. tituba, improvvisamente conscio della basilare difficoltà di comunicazione tra esseri senzienti. – Da un certo punto di vista…
Conan annuisce compunto, estrae dalla scollatura un piccolo block notes, prende due appunti e lo ripone nel suo tiepido rifugio. – Grazie. – Un istante dopo riaccende il bazooka.

2 commenti:

Orlando Furioso ha detto...

Sai cosa vuol dire essere "in ritardo" nella lettura di Calibano dai primi di Dicembre?...
Vuol dire che oggi ho passato un pomeriggio stupendo a divertirmi come un matto leggendo tutti gli episodi di seguito (dal 23/11 in poi) e - questo ti piacerà, lo so - pensando ad ogni episodio "Questo è il migliore della serie!" e poi pensare uguale leggendo l'episodio dopo :))
Grazie davvero, ci stai facendo un bellissimo regalo!
(Se esce in cartaceo o ebook io lo compro eh!)
Buone feste a te e a tutte le persone che ami, indipendentemente dal numero di zampe che hanno.

Massimo Citi ha detto...

Beh, che dire? Sono commosso che un mio testo possa piacere e ti ringrazio di cuore. Il bello, comunque, deve ancora venire. Intanto tutti gli auguri possibili a te e al tuo compagno,estendibili a chi ami davvero. A preeto!