Un numero dedicato al milite ignoto del commercio, il commesso. In una piccolissima attività come la mia a «fare il commesso» si poteva essere in tanti in diversi momenti della giornata. Ma cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambiava.
Esiste
persino una parola apposita nel vocabolario gestionale della moderna
impresa commerciale (modern commercial corporation). In
inglese americano, come gli ordini ad Abu Ghraib. Serve a designare
il/i soggetto/i chiamato/i ad affrontare il cliente; l'addetto al
front office. Che suona sicuramente meglio dell'arcaico,
classista e odioso «commesso».
L'addetto
al front office, d'ora in poi per brevità A.F.O., è chiamato
a una vita dura. Nei periodi di morta più che i clienti deve
affrontare essenzialmente ambulanti immigrati, venditori di calzini e
centrini, spacciatori di biglietti per manifestazioni benefiche (il
più delle volte l'identità dei beneficati è oscura),
rappresentanti di compagnie telefoniche (nefasti e adesivi), di
aziende produttrici di boccioni (i bottiglioni rovesciati che
elargiscono un bicchiere d'acqua fresca, producendo in sovrappiù una
bella bolla azzurra), di aziende per il condizionamento, di agenzie
per il marketing mirato, per la formazione professionale del
management, per la vendita porta a porta di surgelati, pagine gialle,
pagine utili, pagine eleganti, pagine di quartiere, di borgo, di
condominio, boy-scout, raccolta firme contro e a favore di parcheggi,
call-center e prostituzione e droga. E sicuramente ho dimenticato
qualcuno o qualcosa.
Di
tutta questa vasta rassegna di rompitasche liscie e gassati a
salvarsi sono proprio i primi citati, gli ambulanti immigrati con
tappeti e senza. Semplici esseri umani che disturbano in proprio
senza la prosopopea coatta dei promoter di Infostrada,
Telecom, Noicom, Tim, Wind, Fastweb eccetera.
Comunque
anche nei periodi di morta accade che entri qualcuno animato dalla
vaga intenzione di acquistare qualcosa. Una fotocopia, un biglietto
del tram, un metro a nastro, carta da regalo, videogiochi o Cd
musicali.
«Non
ne abbiamo», dichiara il/la A.F.O.. Se è dell'umore giusto
aggiunge: «Noi vendiamo libri».
In
molti casi il potenziale cliente di qualcun altro si guarda intorno
smarrito, come se ignorasse l'esistenza dell'immagazzinamento dati su
supporto cartaceo, come dicono quelli di Star Trek. Oppure
sembra seccato. «Ma via, non è possibile vendere soltanto libri»,
pensa.
Esce
confuso e amareggiato, e marcia verso un negozio di divani o una
copisteria, alla ricerca di un carillon «con gli animali».
Ma
esiste anche chi cerca un libro.
Chi
arriva con un foglietto giallo in mano, scritto davanti, dietro, di
traverso e al contrario («Cerco un libro… aspetti… aspetti…) e
chi arriva senza nulla in mano.
Sono
i peggiori.
«Ieri,
sul giornale o forse era alla radio, hanno parlato di un libro di (o
su) una donna che dopo aver fatto la ballerina… mi pare… o forse
faceva l'interprete… poi è stata anoressica e adesso aiuta le
adolescenti anoressiche. Per caso ne ha sentito parlare?»
All'A.F.O.,
se ben preparato e pronto a tutto balza subito in mente un bel
diagramma a flusso pieno di rettangoli, rombi e ovali.
Nome
giornale - Nome programma - Nome autore / autrice - anno
approssimativo di edizione - nome editore -> titolo libro.
Se,
come avviene in pratica sempre («… scusi… l'ho sentito in
macchina / mentre bagnavo i fiori / mentre facevo sesso… e non sono
riuscito a prendere nota») il potenziale cliente non ricorda quasi
nulla e quel poco che ricorda è fuorviante («in copertina c'è una
farfalla disegnata dal figlio di Omar Scharif»), l'A.F.O. si riduce
a fare domande minori, patetiche nella loro inutilità: «Era proprio
ieri? Era anoressia o bulimia? Dove faceva la ballerina? Da che
lingua e verso che lingua traduceva?»
Il
cliente, se ha un minimo di cuore, si sente in colpa. Ma piuttosto
che ammettere che non sa rispondere inventa, deforma, modifica e
inganna. Aggiunge particolari inutili o ridondanti: «Diceva che non
le piacciono i fiori recisi», «Il libro parla di quelle che
dimagriscono troppo».
«Questo?
Questo? Questo?» L' A.F.O. allinea biografie, monografie, trattati
di scienza dell'alimentazione e di psichiatria.
«No,
c'è la farfalla sulla copertina. Si ricorda? Poi l'ha scritto una
donna. O parla di una donna. Era su TTL e ne ha parlato anche
Fahrenheit. Non ha l'ultimo TTL? Non sentite Fahrenheit, qui?».
Un
A.F.O. esperto sa quando è il momento di gettare la spugna. Quando è
il momento di mentire: «Ah sì, adesso ho capito. Ma deve ancora
uscire. Provi a passare al prossima settimana», o di rivolgersi al
responsabile degli acquisti (il buyer, sempre nella lingua
degli executive manager) che, ormai scaltrito come un vecchio
lupo si limiterà a masticare un: «Digli che l'abbiamo finito.
Domani se ne sarà dimenticato».
Immancabilmente
il buyer ha ragione. L'esperienza è un ottimo surrogato
all'intelligenza. E poi, come insegna Immanuel Kant, qualsiasi
problema ignorato per un tempo sufficiente si risolve da solo.
Arrivare
a capirlo è un sintomo di maturità.
Il
mistero del libro finisce per essere risolto qualche tempo dopo,
quando anche il cliente ha ormai dimenticato ogni cosa.
Il
libro, scritto da un pope ortodosso, parla dell'esercizio del
digiuno presso talune comunità di eremiti. Ha in copertina un Cristo
crocefisso disegnato da Chagall (Sharif e Chagall suonano quasi
uguali, per radio). È uscito sette anni prima ma ha ispirato una
nota psicologa al suo debutto narrativo con il romanzo «Il piatto
vuoto di Domiziana».
Che
due testimoni dello stesso evento diano versioni non del tutto
coincidenti è un fatto ormai accertato grazie a lunghe e costose
ricerche.
Noi
avremmo potuto dirlo anche gratis.
Ma
la casistica di falsi riconoscimenti e agnizioni fasulle è
praticamente inesauribile. Così come lo è quella dei comportamenti
più o meno singolari indotti dal semplice ingresso in una libreria.
C'è
chi entra, saluta e dichiara a gran voce: «Dò un'occhiata in giro»
ed esce dopo sedici secondi e mezzo.
C'è
chi entra, non saluta e comincia a spulciare, leggiucchiare, leggere,
togliere pellicole protettive, abbandonare libri in giro e uscirsene
con aria seccata, senza aver pronunciato una sola parola e,
ovviamente, senza aver comprato nulla di nulla.
C'è
chi entra, sceglie, va alla cassa e comincia a raccontare all' A.F.O.
il motivo per il quale ha acquistato quel libro. Se trova terreno
fertile continua spiegando perché ha comprato anche il precedente.
Cosa ci trova nei libri che acquista e perché acquista proprio
quelli. Che spendere soldi in libri è meglio che spenderli
dall'analista. Sì perché sono stato in analisi fino al mese scorso.
Ma adesso sono a a posto. Ogni tanto mi trema il sopracciglio. Vede?
Ma mi è rimasto solo questo, di sintomo. Cosa fa di bello una di
queste sere? Io abito qui vicino. Da solo. Mi sono lasciato con la
moglie. Per questo sono andato in analisi, Ma adesso non ho più
problemi. Ah, è fidanzata. Beh, non è mica un problema.
C'è
chi entra, guarda senza toccare nulla, tiene le mani in tasca o
incrociate dietro la schiena, ronza accanto a tavoli e scaffali,
inclina la testa di scatto a destra e sinistra per seguire le scritte
in costa ai libri (che non sono mai nello stesso verso, chissà
perché), osserva insistentemente un titolo per staccarsene con un
gesto improvviso, quasi doloroso, sale le scale, scende le scale poi
raduna tutto il suo coraggio e chiede: «Avete l'ultimo libro della
Litizzetto?»
C'è
chi entra con bloc-notes, penna e fascio di fotocopie. «I libri
universitari sono sotto?» chiede passando e scompare. Alla chiusura
bisogna andare a chiamarlo per evitare di chiuderlo dentro mentre sta
«aggiornando» le fotocopie dell'edizione precedente del libro di
testo che ha trovato al piano inferiore.
Poi
c'è chi non entra.
Socchiude
la porta e chiede: «Ce l'avete le memorie della guardia del corpo di
Lady Diana?
Ce
l'avete 100 colpi, eh? (sogghigno) eh, ce l'avete?
Ce
l'avete «Anime di luce, morti che parlano coi vivi?»
Ce
l'avete il libro per il concorso da sottoapplicato sostituto
vicesegretario aggiunto facente funzione vicario?
Ce
l'avete il libro coi sogni dei numeri del lotto?
Ce
l'avete il libro di inglese per le superiori? Come quale, quello che
usa mio figlio!
Ce
l'avete il Partigiano Fitti Contini?
Ce
l'avete Sequestro un uomo?
Ce
l'avete un libro sui cocktail?
Ce
l'avete un libro sui cani?
Avete
visto il mio cane?
Altri
categoria ancora, relativamente recente, quella dei clienti polemici.
Frequentemente, ma non esclusivamente, di sesso femminile, ostentano
sufficienza e disapprovazione preventiva.
«Avete
dei libri di Sergio Romano?»
«Avete
dei libri sulle stragi fatte dai partigiani?»
«Avete
l'ultimo libro della Fallaci? E il penultimo? E quello prima del
penultimo? E la cofana della Fallaci ce l'avete eh?»
«Avete
il libro di Bondi?»
Sì,
perché – siete liberissimi di non crederlo – esiste un libro di
Bondi Sandro (Sandro è diminutivo di «Allassandro»).
Proprio
lui, il vicesottopancia del Cavalier Bandana. Tale libro, edito da…,
no indovinatelo, è intitolato addirittura: «Tra destra e
sinistra». Titolo geniale per audacia di concezione e realizzazione.
A
essere sinceri non l'ha chiesto nessuno, ma forse solo perché
abbiamo la faccia di quelli che l'hanno usato per tappare uno
spiffero sotto una porta.
Però
fatichiamo a capire come possano, questo genere di clienti, intuire
che non ci piacciono le loro letture ancora prima che l' A.F.O.
risponda, educato ma gelido: «non l'abbiamo».
Sarà
per la bandiera della pace che ci ostiniamo a tenere bene in vista?
Sarà perché siamo barbuti (le donne no), vestiti in modo casual(e)
e abbiamo le scaffalature in metallo? Sarà perché in vetrina non
esponiamo i libri che non ci piacciono, in barba e in spregio a tutte
i dogmi della Scuola Librai?
«Perché
non avete messo il libro della Fallaci in vetrina?» Ci ha chiesto
un'attivista dello scontro tra civiltà. «Perché non ci piace», ha
risposto l'A.F.O. di turno. La paladina del Modo di Vita Occidentale
è fuggita invocando Fukuyama, Teodori, Wolfovitz e Mickey Mouse.
Comunque
siamo preoccupati. Se è così facile riconoscerci rischiamo di
passarcela maluccio, prima o poi.
Fare
l' A.F.O.a è alienante e faticoso, forse l'avrete intuito.
Personalmente
ho già dato e cerco di evitarlo ogni volta che posso.
Preferirei
fare solitari e scrivere sciocchezze nascosto in una stanzetta in
fondo alla libreria.
Ma
non posso. Occupo il tempo a caricare e scaricare novità, emettere
fatture, fare ricerche bibliografiche, compilare rese, computare
acquisti e vendite, ricevere rappresentanti, rispondere a e-mail più
o meno deliranti («Pubblicate poesie di esordienti? E le distribuite
in tutta Italia pagando anche lucrosi diritti d'autore?», citazione
praticamente testuale. A gentile richiesta posso esibire l'e-mail),
preparare ordini e riordini, controllare ristampe e liste di titoli
fuori catalogo, verificare disponibilità e preparare riassortimenti…
«È
un lavoro duro, ma mi piace», dovrei dire.
No,
è che tutto è meglio che fare l'A.F.O.
4 commenti:
Ahah, mi ha fatto ridere questo:
"C'è chi entra, non saluta e comincia a spulciare, leggiucchiare, leggere, togliere pellicole protettive, abbandonare libri in giro e uscirsene con aria seccata, senza aver pronunciato una sola parola e, ovviamente, senza aver comprato nulla di nulla."
Ok, tipicamente non tolgo le pellicole e rimetto i libri a posto (e qualche volta compro!), ma mi riconosco nel tipo "silenzioso".
@SX: in realtà avrei senza difficoltà potuto inserirmi anch'io nella categoria dei silenziosi. Il genere di clienti - fatta salva un minimo di educazione in più - che si finiscono per apprezzare di più. Col tempo il cliente silenzioso può persino aprirsi e giungere a salutare (uscendo) e a fornire talvolta il suo giudizio su una giornata piovosa.
Conosci il blog "L'apprendista libraio"? Potrebbe piacerti.
@Romina: lo conosco e lo leggo. Con un minimo di riluttanza, dal momento che lo invidio maledettamente, come potrai immaginare : )
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