Il viaggio di Klog, Plinio e Matushka, guidati dal Neek Gudre-Yinnu, continua nelle caverne della Foresta Sotterrata, dove, tuttavia, non mancheranno di fare incontri inattesi. |
Il
primo ad attraversare l'Arco di Uxrol ed a penetrare nel Regno delle
Foreste Sotterrate è Gudre-Yinnu, il Neek, subito seguito da Fahgön
che subito prima di scomparire nell'ombra annusa l'aria con una
smorfia.
Subito
dopo entrano gli altri cervi e poi Basso Okme, Plinio, Matushka ed
infine Klog che cammina con il viso sporto in avanti e gli occhi
infitti nell'oscurità come una caricatura.
Gli
ippogrifi del Notturno si sono levati in volo pochi minuti prima,
ubbidendo ad un ordine di Gudre-Yinnu pronunciato in una lingua che
nessuno di loro ha riconosciuto.
–
Cosa c'è, una scala lì sotto? – Chiede Klog dopo pochi secondi di
cammino, senza che nessuno si preoccupi di rispondergli. La luce
color zafferano del giorno regredisce lentamente, quasi
insensibilmente ed il Boldhovin si chiede con una punta di
smarrimento quando cesserà di illuminarli, lasciandoli nel buio più
completo, alla mercé delle sconosciute e crudeli entità che
sicuramente vivono in quell'anticamera dell'inferno.
Ad
ogni passo esitante, su un sentiero in lieve pendenza scavato nella
pietra, constata il lento, quasi insensibile impallidire della luce
del giorno.
«Forse
questa luce non cesserà mai di accompagnarci, forse debole, quasi
invisibile, ma in ogni punto di questi luoghi sarà ancora possibile
coglierne il riflesso». Ragiona tra sé il Boldhovin. «Forse
saranno solo i nostri occhi che non riusciranno più ad avvertirla,
ma quasi invisibile resterà con noi, come un salvacondotto in mezzo
alle tenebre.»
I
pensieri consolatori di Klog si interrompono di colpo quando il
sentiero devia con una curva improvvisa, nascondendo loro il settore
di cielo inscritto nell'Arco di Uxrol.
Il
Boldhovin gira il capo per vedere un'ultima volta la luce del giorno,
fa un profondo sospiro ed allunga il passo per raggiungere Matushka
che cammina davanti a lui.
Fatti
pochi passi una debole luce color pergamena accende l'alta volta di
pietra sospesa sopra di loro.
–
Una lanterna! – Esclama in un soffio Klog.
Una
breve risata del Neek è l'unica risposta al suo moto di gioia.
In
capo ad una mezz'oretta, procedendo in fila indiana in quella sorta
di ampio condotto scavato nella roccia, l'odore lieve e tiepido
dell'aria esterna è stato completamente sostituito dal sentore
freddo e secco delle profondità.
–
Singolare. – Osserva Basso Okme. La sua voce risuona stranamente
amplificata tra le pareti di roccia, perdendosi con un rombo remoto
molto oltre i loro passi. – Singolare, dicevo. – Ripete
l'Uccello- di-Legno questa volta parlando a voce bassissima. – Non
vi è umidità in questi luoghi.
–
È vero. – Commenta Plinio, a cui il silenzio totale che li
circonda sta cominciando a dare sui nervi. – È tutto così secco,
freddo e…
–
…E morto, stavi per dire, vero messer Gatto? – Il Neek sembra
l'unico della compagnia ad avere ancora voglia di scherzare, sia pure
nel suo modo molto personale. – C'è poca acqua in superficie ed è
assolutamente normale che ve ne sia poca anche in profondità, non
trovate?
–
Assolutamente logico. – Approva Fahgön. – E non vedo il motivo
di sollevare inutili interrogativi in proposito.
Klog
tira fuori la lingua per una risposta adeguata ma silenziosa alla
sicumera del cervo, così convinto della sua forza e del pari del
tutto privo di fantasia.
Nel
corso del loro cammino altri corridoi talvolta si aprono davanti a
loro, altrettanto bui e silenziosi. Gudre-Yinnu non esita neppure per
un attimo in questi casi, scegliendo sempre la strada che sembra
condurli più profondamente.
–
Tra pochi minuti, non appena avremo trovato uno spiazzo abbastanza
ampio ci fermeremo per il riposo notturno. – Avverte Gudre-Yinnu. –
Se il mio segnatempo non sbaglia in questo momento sopra di noi il
sole è calato e già la luna è sorta.
L'idea
che il buio si trovi ora anche alle loro spalle fa rabbrividire Klog
per un istante.
–
Dovremo dormire qui, in mezzo alle rocce come morti prematuri? –
Chiede a bassa voce a Matushka.
–
Così pare.
–
Ma tu non hai fame?
–
Non molta, per la verità. Qui mi sento poco ispirata.
Quando
il condotto si allarga in un piccolo spiazzo dal fondo liscio come un
pavimento di pietra il Neek si ferma ed agita in alto la lanterna.
–
Tirate fuori le provviste. Non si possono accendere fuochi,
purtroppo: non abbiamo legna né sarebbe consigliabile farlo senza un
adeguato tiraggio. – Spiega. – Quindi dovremo rassegnarci a
mangiare i nostri cibi così come sono. Faremo turni per dormire, per
questa notte il primo sarò io, poi sarà la volta di Fahgön, poi di
Plinio, ed infine di Klog. Domani notte toccherà a Matushka, Bunke,
Ernuf, Og e Basso Okme. D'accordo?
Un
mormorio di consenso accoglie le parole del Neek, mentre Klog
riflette sgomento che un turno di guardia significa trascorrere un
paio d'ore in assoluta solitudine, a fissare le due oscure estremità
del corridoio che li ha condotti fino a lì e che li dovrà portare
fino all'altra estremità di quel luogo desolato, attraversando
chissà quali orrori.
Con
un moto di disperazione il Boldhovin alza il capo verso il soffitto
della piccola sala. – Per il Dio zoppo di Fragnan, avete visto il
soffitto? – Esclama un attimo dopo.
Tutti
levano il capo in alto tranne Gudre-Yinnu, intento a disporre a terra
la propria coperta per sedere.
–
Una miniera! – Commenta Basso Okme. – Ecco cos'è questo strano
luogo. Ma chi veniva a scavare a questa profondità, e per cercare
cosa, poi?
–
A questa domanda non so proprio cosa rispondere, gentile Basso Okme.
– Risponde il Neek. – So che in questi luoghi la mia gente,
quando non aveva ancora abbandonato le pianure, possedeva molte
miniere che faceva scavare ai Gu'Hijirr Bruni, una razza che ora
credo non esista più. Erano dotati di strana ostinazione i Gu'Hijirr
Bruni, e conducevano i loro scavi anche molto oltre ciò che veniva
loro ordinato. Come talpe attraversavano senza sosta le viscere della
terra, cercando chissà cosa. Erano minatori molto capaci e del pari
assolutamente folli. Il loro destino mi è sconosciuto e si perde
nella confusione del periodo della fine dei Tre Regni, quando i
Notturni combatterono un'assurda guerra contro i potenti Te-Ulsh
giunti dai Cancelli dell'Ovest, i progenitori degli Uomini che
popolano ora le pianure.
–
Fin dove ci porterà questo comodo condotto? – Chiede Ernuf uno dei
cervi, riconoscibile per una sfumatura color miele del pelo.
–
Dovrebbe portarci fino alle foreste entro domani. Lì potremo
procedere anche senza la lampada. In tre giorni dovremmo riuscire ad
attraversare le foreste ed incontrare un passaggio simile a questo
che ci riporterà in superficie.
–
Mi pare molto chiaro e soddisfacente. – Commenta il cervo. Klog si
guarda intorno: anche gli altri tre cervi sembrano pensarla nello
stesso modo, con la testarda, rigida convinzione tipica della loro
gente.
Plinio
e Matushka gli sembrano invece un po' meno assolutamente convinti,
forse più che altro come lui rassegnati.
–
Questo programma esclude ogni possibilità di fare brutti incontri,
nevvero? – Chiede il Boldhovin dopo qualche attimo di silenziosa
riflessione.
–
Certo.
–
Ma se…
–
È inutile preoccuparsene ora. Siamo armati, decisi e coraggiosi:
cosa dobbiamo temere dalle eventuali ombre che abitassero in questi
luoghi?
–
Nulla, nulla. – Approva Klog, stanco di udire tanta ostinata
sicurezza.
La
cena a basa di patate arrostite fredde e pan biscotto, annaffiato da
pochi sorsi di acqua aromatizzata dalle foglie di menta, viene
consumata rapidamente ed in silenzio.
–
Chiamatemi per il mio turno. – Mormora il Bodhovin un attimo prima
di cadere in un sonno profondo e senza sogni.
–
Su forza, ho sonno adesso.
Klog
socchiude gli occhi, certo di trovarsi nella sua piccola casa di
Deninax, nel May Dell. La delusione è tanto più cocente quando,
alla tenue luce della lanterna, riconosce il soffitto sorretto dalle
travature e l'espressione seccata di Fahgön chino su di lui.
–
Allora, Boldhovin! È ora di alzarsi. Devi fare la guardia per due
ore e poi svegliare tutti gli altri, capito?
Klog
fa un debole cenno di assenso alzandosi a sedere e si avvolge nella
coperta.
–
Sei ben sveglio? – Gli chiede il cervo.
–
Certo.
–
Fai buona guardia.
–
Sicuro.
Dopo
pochi istanti al concerto di respiri dei dormienti si aggiunge quello
lento e profondo del grande cervo. "Ecco, adesso solo io sono
sveglio." Spiega a se stesso il Boldhovin, rimpiangendo per la
prima volta in vita sua la compagnia di Fahgön. Per passare il tempo
si mette ad ascoltare il respiro dei suoi compagni cercando di
riconoscerlo. "Questo così delicato, simile a quello delle fate
dev'essere di Matushka. E Plinio, respira lentamente, con un
esitazione, come se ogni respiro potesse essere l'ultimo… e
Gudre-Yinnu: dev'essere lui a cambiare spesso posizione ed a
sbuffare, neppure nel sonno riesce a trovare un po' di pace. Non
sento il respiro di Basso Okme… Ma forse è normale, chissà se
respirano gli uccelli di legno? Proprio come gli Oom…"
Il
pensiero delle marionette, nato dal lontano ricordo del racconto di
un Lupo-Drago, lo raggela per un istante e per la prima volta,
ubbidendo ad un riflesso obbligato Klog fissa l'apertura del condotto
posto davanti a lui. Non vede null'altro che buio, fitto e pesante
come una parete solida. Si volta di scatto alle proprie spalle verso
l'apertura dalla quale sono giunti, ovviamente altrettanto oscura.
Scuote la testa emettendo un sospiro prolungato ed emette una nota,
inizio di una breve composizione per fischio solista. Non è tanto il
timore di svegliare i suoi compagni a farlo smettere, quanto la paura
che qualcuno o qualcosa possa udirlo. Klog inghiotte a vuoto e
vorrebbe riuscire a ingoiare nuovamente anche quella nota leggera che
danza ancora lievissima nell'aria. Il silenzio di quel luogo è
talmente profondo ed assoluto da mettergli la voglia di cantare ad
alta voce, battere le mani, produrre almeno un po' di chiasso. "Noi
nati nel bosco non dovremmo neppure sapere l'esistenza di luoghi come
questo, dove la stessa aria penetra a stento e non ha affatto un buon
odore." Per un momento il Bodhovin si chiede se in quello
piccolo spiazzo vi sia aria a sufficienza per tutti loro, ma prima di
giungere a decidere alcunché in proposito un tenue fischio
interrompe le sue riflessioni. Per un attimo Klog, ancora non del
tutto sveglio si chiede stupito se per caso non sia stato lui, senza
rendersene conto, a produrlo. Tuttavia quando la nota si ripete, un
attimo dopo, ogni dubbio scompare: qualcuno o qualcosa sta
fischiettando a pochi metri da loro, assolutamente invisibile. Klog
si alza di scatto guardandosi intorno come un guerriero d'altri
tempi, ma oltre ai corpi addormentati dei suoi compagni non scorge
null'altro. Con il cuore che gli batte furiosamente in petto tende
l'orecchio: dopo pochi attimi nuovamente il fischio, lento e cupo
come un rintocco. Il Boldhovin fissa il condotto aperto davanti a
lui: il suono sembra provenire da lì, ma nulla, nessuna forma o luce
provengono dall'apertura.
Klog
torna a sedersi ed il fischio tace per qualche minuto, tanto che
comincia a chiedersi se non si sia trattato di uno scherzo di pessimo
gusto della sua fantasia. Quando lo ode nuovamente, il fischiatore
sembra essersi trasferito alle sue spalle, da qualche parte nel
corridoio dal quale sono giunti. Questa volta il Bodhovin fa un bel
salto, come se qualcuno gli avesse infitto uno spillone in una coscia
e corre all'imbocco del condotto. Non vede assolutamente nulla, ma un
debole soffio d'aria tiepida, con un fortissimo sentore di viole lo
fa sobbalzare.
–
Ehi, chi è là? – Sussurra con voce strangolata.
Un
cigolio o forse una risata rispondono alla sua domanda.
Klog
fissa ancora una volta il buio, poi, con un movimento improvviso,
infila la mano nella piccola tracolla ed afferra la Pietragemella di
Sibiell. Non appena la estrae dalla borsa il corridoio di roccia si
illumina di una forte luce chiara, lasciando scorgere una forma
sottile come un fiammifero e molto alta, vestita di un lungo abito
grigio simile ad un'enorme ragnatela.
–
Chi s-sei? – Chiede.
La
creatura nasconde la testa dietro la manica sfilacciata dell'abito ed
emette un debole suono, simile ad uno schiocco.
È
smisuratamente alta, ma l'assurda magrezza del corpo gli conferisce
una fragilità assai poco minacciosa.
–
Cosa sei, abitante del buio? – Chiede il Bodhovin.
Lo
strano essere china il capo senza smettere di nascondere il viso alla
luce, poi con un movimento rapidissimo si piega come un coltello a
serramanico e corre via faccia a terra senza produrre il minimo
rumore.
–
Cosa succede?
La
voce di Gudre-Yinnu, sorta improvvisamente alle sue spalle lo fa
trasalire violentemente.
–
Hai visto?
–
Ho udito, certo. E sento uno strano profumo nell'aria.
–
Cos'era quella cosa, lo sai? – Chiede Klog.
–
Non l'ho veduta, amico mio. Ho solo sentito deboli rumori e la tua
voce spaventata.
–
Era magrissimo, un lungo palo avvolto in un vecchio mantello dalle
maniche molto ampie e teneva il volto nascosto per ripararsi dalla
luce emessa dalla Pietragemella di Sibiell. È scappato di là…–
Il Boldhovin si interrompe di colpo. – Hai intenzione di seguirlo?
–
Credo di no. Ha miracolose proprietà quella pietra, le ignoravo.
–
Anch'io le ignoravo: ho afferrato la pietra per difendermi. Allora,
sai cos'era?
–
È probabile fosse un Aloq. Si tratta di strani esseri sui quali
esistono ben poche testimonianze.
–
Sono pericolosi?
–
Vivono in solitudine, che io sappia. Hanno la pelle sottile come
carta ed occhi molto grandi e sporgenti, senza colore come la
pioggia. Vi sono alcune leggende su di loro, si dice che escano alla
superficie solo nelle notti nuvolose di Luna Nuova per rapire i
viandanti e farne i propri schiavi e che si nutrano degli insetti che
si nascondono sotto le pietre rovesciate. Qualcuno racconta che nelle
notti di vento si riuniscano per cantare e qualcun altro sostiene che
nascano dalle unioni tra le fate ed i Notturni. – Gudre-Yinnu
sorride. – Sarebbero una specie di Neek anche loro insomma.
Klog
annuisce ma senza sorridere. – Sono pericolosi?
–
Non lo so. – Ammette il Neek. – Quello che hai incontrato tu non
lo era, mi pare.
–
Noi siamo in molti.
–
Ma questa è la loro casa. Potrebbero essercene a migliaia qui
intorno.
Klog
ammutolisce e si guarda intorno. – Forse sarebbe meglio ripartire.
–
Il mio segnatempo mi dice che abbiamo ancora quasi un'ora di sonno ma
forse hai ragione tu: è meglio andarcene da qui, probabilmente gli
Aloq non scendono fino alle foreste sotterrate.
Il
Boldhovin annuisce e corre ad avvolgere la propria coperta.
–
Plinio… Matushka… Svegliatevi, si parte.
–
Di già? – Chiede la piccola volpe.
–
Così ha deciso Gudre-Yinnu.
Matushka
si solleva su un gomito, lancia uno sguardo di pura ferocia al Neek e
si tira a sedere.
–
Si fa colazione prima di partire? Ma come mai sei così pallido Klog,
cos'hai visto? – Chiede Plinio.
–
Ho visto e basta, poi vi dirò. Adesso fate come dice Gudre-Yinnu. –
Taglia corto il Boldhovin.
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