2.11.19

Il Mare Obliquo 39

Il viaggio di Klog, Plinio e Matushka, guidati dal Neek Gudre-Yinnu, continua nelle caverne della Foresta Sotterrata, dove, tuttavia, non mancheranno di fare incontri inattesi.
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Il primo ad attraversare l'Arco di Uxrol ed a penetrare nel Regno delle Foreste Sotterrate è Gudre-Yinnu, il Neek, subito seguito da Fahgön che subito prima di scomparire nell'ombra annusa l'aria con una smorfia.
Subito dopo entrano gli altri cervi e poi Basso Okme, Plinio, Matushka ed infine Klog che cammina con il viso sporto in avanti e gli occhi infitti nell'oscurità come una caricatura.
Gli ippogrifi del Notturno si sono levati in volo pochi minuti prima, ubbidendo ad un ordine di Gudre-Yinnu pronunciato in una lingua che nessuno di loro ha riconosciuto.
– Cosa c'è, una scala lì sotto? – Chiede Klog dopo pochi secondi di cammino, senza che nessuno si preoccupi di rispondergli. La luce color zafferano del giorno regredisce lentamente, quasi insensibilmente ed il Boldhovin si chiede con una punta di smarrimento quando cesserà di illuminarli, lasciandoli nel buio più completo, alla mercé delle sconosciute e crudeli entità che sicuramente vivono in quell'anticamera dell'inferno.
Ad ogni passo esitante, su un sentiero in lieve pendenza scavato nella pietra, constata il lento, quasi insensibile impallidire della luce del giorno.
«Forse questa luce non cesserà mai di accompagnarci, forse debole, quasi invisibile, ma in ogni punto di questi luoghi sarà ancora possibile coglierne il riflesso». Ragiona tra sé il Boldhovin. «Forse saranno solo i nostri occhi che non riusciranno più ad avvertirla, ma quasi invisibile resterà con noi, come un salvacondotto in mezzo alle tenebre.»
I pensieri consolatori di Klog si interrompono di colpo quando il sentiero devia con una curva improvvisa, nascondendo loro il settore di cielo inscritto nell'Arco di Uxrol.
Il Boldhovin gira il capo per vedere un'ultima volta la luce del giorno, fa un profondo sospiro ed allunga il passo per raggiungere Matushka che cammina davanti a lui.
Fatti pochi passi una debole luce color pergamena accende l'alta volta di pietra sospesa sopra di loro.
– Una lanterna! – Esclama in un soffio Klog.
Una breve risata del Neek è l'unica risposta al suo moto di gioia.
In capo ad una mezz'oretta, procedendo in fila indiana in quella sorta di ampio condotto scavato nella roccia, l'odore lieve e tiepido dell'aria esterna è stato completamente sostituito dal sentore freddo e secco delle profondità.
– Singolare. – Osserva Basso Okme. La sua voce risuona stranamente amplificata tra le pareti di roccia, perdendosi con un rombo remoto molto oltre i loro passi. – Singolare, dicevo. – Ripete l'Uccello- di-Legno questa volta parlando a voce bassissima. – Non vi è umidità in questi luoghi.
– È vero. – Commenta Plinio, a cui il silenzio totale che li circonda sta cominciando a dare sui nervi. – È tutto così secco, freddo e…
– …E morto, stavi per dire, vero messer Gatto? – Il Neek sembra l'unico della compagnia ad avere ancora voglia di scherzare, sia pure nel suo modo molto personale. – C'è poca acqua in superficie ed è assolutamente normale che ve ne sia poca anche in profondità, non trovate?
– Assolutamente logico. – Approva Fahgön. – E non vedo il motivo di sollevare inutili interrogativi in proposito.
Klog tira fuori la lingua per una risposta adeguata ma silenziosa alla sicumera del cervo, così convinto della sua forza e del pari del tutto privo di fantasia.
Nel corso del loro cammino altri corridoi talvolta si aprono davanti a loro, altrettanto bui e silenziosi. Gudre-Yinnu non esita neppure per un attimo in questi casi, scegliendo sempre la strada che sembra condurli più profondamente.
– Tra pochi minuti, non appena avremo trovato uno spiazzo abbastanza ampio ci fermeremo per il riposo notturno. – Avverte Gudre-Yinnu. – Se il mio segnatempo non sbaglia in questo momento sopra di noi il sole è calato e già la luna è sorta.
L'idea che il buio si trovi ora anche alle loro spalle fa rabbrividire Klog per un istante.
– Dovremo dormire qui, in mezzo alle rocce come morti prematuri? – Chiede a bassa voce a Matushka.
– Così pare.
– Ma tu non hai fame?
– Non molta, per la verità. Qui mi sento poco ispirata.
Quando il condotto si allarga in un piccolo spiazzo dal fondo liscio come un pavimento di pietra il Neek si ferma ed agita in alto la lanterna.
– Tirate fuori le provviste. Non si possono accendere fuochi, purtroppo: non abbiamo legna né sarebbe consigliabile farlo senza un adeguato tiraggio. – Spiega. – Quindi dovremo rassegnarci a mangiare i nostri cibi così come sono. Faremo turni per dormire, per questa notte il primo sarò io, poi sarà la volta di Fahgön, poi di Plinio, ed infine di Klog. Domani notte toccherà a Matushka, Bunke, Ernuf, Og e Basso Okme. D'accordo? 

 
Un mormorio di consenso accoglie le parole del Neek, mentre Klog riflette sgomento che un turno di guardia significa trascorrere un paio d'ore in assoluta solitudine, a fissare le due oscure estremità del corridoio che li ha condotti fino a lì e che li dovrà portare fino all'altra estremità di quel luogo desolato, attraversando chissà quali orrori.
Con un moto di disperazione il Boldhovin alza il capo verso il soffitto della piccola sala. – Per il Dio zoppo di Fragnan, avete visto il soffitto? – Esclama un attimo dopo.
Tutti levano il capo in alto tranne Gudre-Yinnu, intento a disporre a terra la propria coperta per sedere.
– Una miniera! – Commenta Basso Okme. – Ecco cos'è questo strano luogo. Ma chi veniva a scavare a questa profondità, e per cercare cosa, poi?
– A questa domanda non so proprio cosa rispondere, gentile Basso Okme. – Risponde il Neek. – So che in questi luoghi la mia gente, quando non aveva ancora abbandonato le pianure, possedeva molte miniere che faceva scavare ai Gu'Hijirr Bruni, una razza che ora credo non esista più. Erano dotati di strana ostinazione i Gu'Hijirr Bruni, e conducevano i loro scavi anche molto oltre ciò che veniva loro ordinato. Come talpe attraversavano senza sosta le viscere della terra, cercando chissà cosa. Erano minatori molto capaci e del pari assolutamente folli. Il loro destino mi è sconosciuto e si perde nella confusione del periodo della fine dei Tre Regni, quando i Notturni combatterono un'assurda guerra contro i potenti Te-Ulsh giunti dai Cancelli dell'Ovest, i progenitori degli Uomini che popolano ora le pianure.
– Fin dove ci porterà questo comodo condotto? – Chiede Ernuf uno dei cervi, riconoscibile per una sfumatura color miele del pelo.
– Dovrebbe portarci fino alle foreste entro domani. Lì potremo procedere anche senza la lampada. In tre giorni dovremmo riuscire ad attraversare le foreste ed incontrare un passaggio simile a questo che ci riporterà in superficie.
– Mi pare molto chiaro e soddisfacente. – Commenta il cervo. Klog si guarda intorno: anche gli altri tre cervi sembrano pensarla nello stesso modo, con la testarda, rigida convinzione tipica della loro gente.
Plinio e Matushka gli sembrano invece un po' meno assolutamente convinti, forse più che altro come lui rassegnati.
– Questo programma esclude ogni possibilità di fare brutti incontri, nevvero? – Chiede il Boldhovin dopo qualche attimo di silenziosa riflessione.
– Certo.
– Ma se…
– È inutile preoccuparsene ora. Siamo armati, decisi e coraggiosi: cosa dobbiamo temere dalle eventuali ombre che abitassero in questi luoghi?
– Nulla, nulla. – Approva Klog, stanco di udire tanta ostinata sicurezza.
La cena a basa di patate arrostite fredde e pan biscotto, annaffiato da pochi sorsi di acqua aromatizzata dalle foglie di menta, viene consumata rapidamente ed in silenzio.
– Chiamatemi per il mio turno. – Mormora il Bodhovin un attimo prima di cadere in un sonno profondo e senza sogni. 


– Su forza, ho sonno adesso.
Klog socchiude gli occhi, certo di trovarsi nella sua piccola casa di Deninax, nel May Dell. La delusione è tanto più cocente quando, alla tenue luce della lanterna, riconosce il soffitto sorretto dalle travature e l'espressione seccata di Fahgön chino su di lui.
– Allora, Boldhovin! È ora di alzarsi. Devi fare la guardia per due ore e poi svegliare tutti gli altri, capito?
Klog fa un debole cenno di assenso alzandosi a sedere e si avvolge nella coperta.
– Sei ben sveglio? – Gli chiede il cervo.
– Certo.
– Fai buona guardia.
– Sicuro.
Dopo pochi istanti al concerto di respiri dei dormienti si aggiunge quello lento e profondo del grande cervo. "Ecco, adesso solo io sono sveglio." Spiega a se stesso il Boldhovin, rimpiangendo per la prima volta in vita sua la compagnia di Fahgön. Per passare il tempo si mette ad ascoltare il respiro dei suoi compagni cercando di riconoscerlo. "Questo così delicato, simile a quello delle fate dev'essere di Matushka. E Plinio, respira lentamente, con un esitazione, come se ogni respiro potesse essere l'ultimo… e Gudre-Yinnu: dev'essere lui a cambiare spesso posizione ed a sbuffare, neppure nel sonno riesce a trovare un po' di pace. Non sento il respiro di Basso Okme… Ma forse è normale, chissà se respirano gli uccelli di legno? Proprio come gli Oom…"
Il pensiero delle marionette, nato dal lontano ricordo del racconto di un Lupo-Drago, lo raggela per un istante e per la prima volta, ubbidendo ad un riflesso obbligato Klog fissa l'apertura del condotto posto davanti a lui. Non vede null'altro che buio, fitto e pesante come una parete solida. Si volta di scatto alle proprie spalle verso l'apertura dalla quale sono giunti, ovviamente altrettanto oscura. Scuote la testa emettendo un sospiro prolungato ed emette una nota, inizio di una breve composizione per fischio solista. Non è tanto il timore di svegliare i suoi compagni a farlo smettere, quanto la paura che qualcuno o qualcosa possa udirlo. Klog inghiotte a vuoto e vorrebbe riuscire a ingoiare nuovamente anche quella nota leggera che danza ancora lievissima nell'aria. Il silenzio di quel luogo è talmente profondo ed assoluto da mettergli la voglia di cantare ad alta voce, battere le mani, produrre almeno un po' di chiasso. "Noi nati nel bosco non dovremmo neppure sapere l'esistenza di luoghi come questo, dove la stessa aria penetra a stento e non ha affatto un buon odore." Per un momento il Bodhovin si chiede se in quello piccolo spiazzo vi sia aria a sufficienza per tutti loro, ma prima di giungere a decidere alcunché in proposito un tenue fischio interrompe le sue riflessioni. Per un attimo Klog, ancora non del tutto sveglio si chiede stupito se per caso non sia stato lui, senza rendersene conto, a produrlo. Tuttavia quando la nota si ripete, un attimo dopo, ogni dubbio scompare: qualcuno o qualcosa sta fischiettando a pochi metri da loro, assolutamente invisibile. Klog si alza di scatto guardandosi intorno come un guerriero d'altri tempi, ma oltre ai corpi addormentati dei suoi compagni non scorge null'altro. Con il cuore che gli batte furiosamente in petto tende l'orecchio: dopo pochi attimi nuovamente il fischio, lento e cupo come un rintocco. Il Boldhovin fissa il condotto aperto davanti a lui: il suono sembra provenire da lì, ma nulla, nessuna forma o luce provengono dall'apertura.
Klog torna a sedersi ed il fischio tace per qualche minuto, tanto che comincia a chiedersi se non si sia trattato di uno scherzo di pessimo gusto della sua fantasia. Quando lo ode nuovamente, il fischiatore sembra essersi trasferito alle sue spalle, da qualche parte nel corridoio dal quale sono giunti. Questa volta il Bodhovin fa un bel salto, come se qualcuno gli avesse infitto uno spillone in una coscia e corre all'imbocco del condotto. Non vede assolutamente nulla, ma un debole soffio d'aria tiepida, con un fortissimo sentore di viole lo fa sobbalzare.
– Ehi, chi è là? – Sussurra con voce strangolata.
Un cigolio o forse una risata rispondono alla sua domanda.
Klog fissa ancora una volta il buio, poi, con un movimento improvviso, infila la mano nella piccola tracolla ed afferra la Pietragemella di Sibiell. Non appena la estrae dalla borsa il corridoio di roccia si illumina di una forte luce chiara, lasciando scorgere una forma sottile come un fiammifero e molto alta, vestita di un lungo abito grigio simile ad un'enorme ragnatela.



– Chi s-sei? – Chiede.
La creatura nasconde la testa dietro la manica sfilacciata dell'abito ed emette un debole suono, simile ad uno schiocco.
È smisuratamente alta, ma l'assurda magrezza del corpo gli conferisce una fragilità assai poco minacciosa.
– Cosa sei, abitante del buio? – Chiede il Bodhovin.
Lo strano essere china il capo senza smettere di nascondere il viso alla luce, poi con un movimento rapidissimo si piega come un coltello a serramanico e corre via faccia a terra senza produrre il minimo rumore.
– Cosa succede?
La voce di Gudre-Yinnu, sorta improvvisamente alle sue spalle lo fa trasalire violentemente.
– Hai visto?
– Ho udito, certo. E sento uno strano profumo nell'aria.
– Cos'era quella cosa, lo sai? – Chiede Klog.
– Non l'ho veduta, amico mio. Ho solo sentito deboli rumori e la tua voce spaventata.
– Era magrissimo, un lungo palo avvolto in un vecchio mantello dalle maniche molto ampie e teneva il volto nascosto per ripararsi dalla luce emessa dalla Pietragemella di Sibiell. È scappato di là…– Il Boldhovin si interrompe di colpo. – Hai intenzione di seguirlo?
– Credo di no. Ha miracolose proprietà quella pietra, le ignoravo.
– Anch'io le ignoravo: ho afferrato la pietra per difendermi. Allora, sai cos'era?
– È probabile fosse un Aloq. Si tratta di strani esseri sui quali esistono ben poche testimonianze.
– Sono pericolosi?
– Vivono in solitudine, che io sappia. Hanno la pelle sottile come carta ed occhi molto grandi e sporgenti, senza colore come la pioggia. Vi sono alcune leggende su di loro, si dice che escano alla superficie solo nelle notti nuvolose di Luna Nuova per rapire i viandanti e farne i propri schiavi e che si nutrano degli insetti che si nascondono sotto le pietre rovesciate. Qualcuno racconta che nelle notti di vento si riuniscano per cantare e qualcun altro sostiene che nascano dalle unioni tra le fate ed i Notturni. – Gudre-Yinnu sorride. – Sarebbero una specie di Neek anche loro insomma.
Klog annuisce ma senza sorridere. – Sono pericolosi?
– Non lo so. – Ammette il Neek. – Quello che hai incontrato tu non lo era, mi pare.
– Noi siamo in molti.
– Ma questa è la loro casa. Potrebbero essercene a migliaia qui intorno.
Klog ammutolisce e si guarda intorno. – Forse sarebbe meglio ripartire.
– Il mio segnatempo mi dice che abbiamo ancora quasi un'ora di sonno ma forse hai ragione tu: è meglio andarcene da qui, probabilmente gli Aloq non scendono fino alle foreste sotterrate.
Il Boldhovin annuisce e corre ad avvolgere la propria coperta.
– Plinio… Matushka… Svegliatevi, si parte.
– Di già? – Chiede la piccola volpe.
– Così ha deciso Gudre-Yinnu.
Matushka si solleva su un gomito, lancia uno sguardo di pura ferocia al Neek e si tira a sedere.
– Si fa colazione prima di partire? Ma come mai sei così pallido Klog, cos'hai visto? – Chiede Plinio.
– Ho visto e basta, poi vi dirò. Adesso fate come dice Gudre-Yinnu. – Taglia corto il Boldhovin.

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