La città di Uxsiell è abbandonata e l'equipaggio della Goren non è così ansioso di scendere, ma quattro coraggiosi sono pronti a una prima esplorazione. |
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Il primo a scendere sul grande molo di pietra reso viscido dall'umidità è il barone Enklu, scortato da due membri dell'equipaggio, che fatti un paio di passi sulla terraferma si guarda intorno e dichiara: – Nessuno in vista.
Il primo a scendere sul grande molo di pietra reso viscido dall'umidità è il barone Enklu, scortato da due membri dell'equipaggio, che fatti un paio di passi sulla terraferma si guarda intorno e dichiara: – Nessuno in vista.
Gli
altri passeggeri della Goren scendono a loro volta raccogliendosi
sull'estremità del molo. Nelle case di Uxsiell Fllynnen non brilla
nessuna luce e la strada del lungofiume è deserta. Alle spalle della
cittadina la poche case aggrappate sul pendio del Monte Scudo
appaiono altrettanto buie e silenziose.
–
Molto bene. – Il duca Kwister, ripresosi apparentemente senza
conseguenze dal suo sogno, infila i guanti e si stringe addosso il
mantello. – Si tratta di arrivare senza guida fino all'Ago di
Evresse, salire fino alla cima e dare un'occhiata in giro. Per questa
impresa sono sufficienti buone gambe e buoni polmoni. Chi si offre?
–
Un momento, perdonatemi Duca. – Interviene Mastro Oakin. – Io
credo che, una volta lasciati alcuni di noi a guardia della Goren sia
preferibile entrare in città in gruppo e ben armati. Ignoriamo quale
sia stato il destino degli abitanti, ma altre entità, altri intrusi
forse occupano ora le loro case e potrebbero non gradire il nostro
arrivo.
–
A quali entità ti riferisci, Mastro Oakin? – Chiede Jay Wediliun,
il mercante Syerdwin.
–
Se lo sapessi o lo immaginassi potrei proporre qualcosa di meglio. –
Replica secco il vecchio marinaio. – Ma dopo quello che abbiamo
visto…
–
Puoi anche avere ragione, Mastro Oakin, anzi tutto quanto ci è
avvenuto finora sembrerebbe consigliare la massima prudenza, ma mi
sembra poco consigliabile rischiare la vita di molti quando in pochi
si può più facilmente scivolare non visti nelle vie e giungere a
destinazione.
–
Riflessione preziosa, Duca. – Usif-Lizhi si stacca dai compagni e,
appoggiata una mano sull'elsa dell'Ejiri, si va mettere al suo
fianco. – Tra poco cadranno le ombre della sera e chi meglio di me
può udire e vedere nell'ombra delle vie e delle case?
–
Quanto piccolo deve essere il gruppo? – Chiede a mezza voce Kirzil
Pennarossa.
Il
Duca Kwister stira le labbra nel sorriso dei Lupi-Drago. – Tre o
quattro persone sarebbero l'ideale.
Jay
Wediliun fa un passo avanti. – Io so tirare bene con la balestra e
sono già stato in questo posto. – Indica una via stretta tra due
piccoli palazzi in muratura. – Di là si arriva più velocemente
all'Ago di Evresse.
–
Ecco formato il nostro gruppo di eroi. – Sospira Kirzil. –
Immagino che adesso il Duca dirà: "Se non dovessimo tornare
entro un paio d'ore togliete l'ancoraggio ed allontanatevi al più
presto."
–
Più o meno. Accenderemo la lanterna dell'Ago o una torcia. Se entro
il tempo indicato da Kirzil non vedrete luci provenire dalla Torre
proseguite
Si
volge verso la Fata Mahaderill ed il Barone Enklu. – Conducete al
termine questa impresa. Non curatevi di noi. Troveremo il modo di
raggiungervi se saremo ancora vivi.
–
Niente addii strazianti. – Mormora con voce inaudibile Pennarossa
che un attimo dopo incontra lo sguardo divertito del Notturno.
Nella
via indicata dal Syerdwin la scarsa luce del giorno è già scomparsa
e tra i muri alti e stretti stagna un forte odore di fiume, un aroma
pesante, ma non del tutto spiacevole, fatto del sentore di alghe, di
pesce, di panni umidi.
–
Sentite nulla? – Chiede il Duca Kwister che avanza reggendo la
grande spada nella destra.
–
Un lontano suono come di stoffa scossa dal vento.– Sussurra
Usif-Lizhi. – Proviene di là. – Indica la propria sinistra. –
Un rumore che ho udito in un'altra occasione ma che ora…
–
Di qua. – Dice Jay Wediliun. – Verso la fontana.
La
piccola via li ha condotti in una piazza fiancheggiata da bassi
portici. Davanti a loro un palazzo scuro, con la parte alta del
frontale decorata da una complicata serie di losanghe metalliche del
colore del rame ossidato. – Si tratta del Palazzo del Conservatore
di Uxsiel. – Spiega il Syerdwin. – In altri tempi questa era una
città ricca e potente. Ora a volte ospita il Messo di Re Artamiro,
che ha la sua residenza a Sdea. O meglio che aveva…
–
La mano di Artamiro arriva fino a queste remote rive? – Chiede il
Notturno.
–
Numerose città sul corso del Drew hanno sottoscritto il Giuramento,
da Ikon Brikell in poi fin oltre le Chiuse le città che aderiscono
ancora alla Lega delle Acque sono ben poche. – Spiega il mercante.
–
Già e questo a Farsoll non piace a nessuno, nemmeno agli amici più
scaldati del Regno di Artamiro. – Aggiunge Kirzil Pennarossa. –
La Lega delle Acque era la migliore amica degli Ornoll ed ora sono
in molti a credere che faremo la fine della noce nello schiaccianoci.
Il
Notturno annuisce con l'educata attenzione di un alunno delle scuole
di Dancemarare. Gli equilibri del Mondo gli sono assolutamente
ignoti: nelle Rocche dei Notturni si discorreva di qualità dei
sogni, dell'ennesima sfumatura di colore di un tessuto, dell'arte di
disporre le piante nei giardini dei piccoli cortili quadrati che si
aprivano improvvisi fra i muri di sale e corridoi. Per la sua gente
la Storia è terminata ed il loro sangue è destinato ad affievolirsi
e scomparire senza rimpianti. Le volgari beghe che attraversano
l'esistenza delle altre razze non li riguardano più e se pure lungo
l'Orlo i Notturni sono ancora numerosi, le genti delle pianure e dei
fiumi non li vedranno mai più correre sugli ippogrifi immersi nella
luce lunare.
–
A sinistra del palazzo si apre un piccola strada, alle spalle di
quella fontana. – Comunica Jay Wediliun e Usif-Lizhi si risveglia
dalle proprie riflessioni per seguire i compagni. L'acqua zampilla
abbondante nel riflesso arancio del tramonto. Per un istante i
quattro visitatori sostano incerti: il fresco suono delle acque
echeggia spettrale nella città abbandonata, ultimo messaggio di un
mondo che quietamente si allontana e scompare, come una nube
trascorre mutando l'intero arco del cielo per svanire per sempre
dimenticata.
– Avanti
su, muoviamoci. – Li incita Kirzil Pennarossa. – Qui siamo troppo
allo scoperto.
–
La voce del buonsenso. – Approva il Duca. – Tuttavia…– Si
volge a guardare Usif-Lizhi, ancora assorto nella contemplazione del
moto delicato e costante delle acque. – …Non c'è speranza per
questo mondo, il nostro mondo, non è vero?
Il
Notturno annuisce e distoglie lo sguardo. – Andiamo, presto.
La
via corre tra uno stretto porticato e le mura del palazzo del
Conservatore, interrotte ad intervalli regolari da grandi finestre ad
ogiva. Il tramonto strappa riflessi marini ai vetri verde scuro ed
infiamma la larga trama metallica che li sostiene.
–
Sentite ancora…? – Chiede Kirzil.
–
Sì. – Usif-Lizhi fissa lo sguardo nell'ombra delimitata dagli
archi bassi del porticato. – Davanti a noi. Null'altro.
Le
porte di molte case lungo il loro passaggio sono aperte, appena
socchiuse ed il loro sguardo si spinge spesso all'interno, cogliendo
rapide visioni di caminetti spenti, sedie e credenze, tavole vuote,
ripide scalinate e passaggi bui.
–
Probabilmente gli abitanti hanno saputo della sorte di Sdea. –
Ipotizza il Duca. – Dall'Ago di Evresse hanno visto.
–
È possibile. Addirittura probabile. Non vi sono tracce di battaglia
né di una fuga precipitosa. Se entrassimo nelle case probabilmente
troveremmo ogni cosa al suo posto, come se chi l'abita dovesse
tornarvi dopo una sosta di poche ore.
–
Questo, caro messer Notturno mi inquieta ancor di più. Quale popolo
abbandona le proprie case in così perfetto ordine, senza lasciare
traccia di un tentativo anche se disperato di recare con sè i beni
più cari? E le vie non dovrebbero essere ingombre di oggetti
abbandonati perché impossibili da caricare sui carri ormai
strapieni? Ed invece ordine, pulizia, silenzio…
Usif-Lizhi
annuisce senza trovare nulla da ribattere alle logiche considerazioni
del Lupo-Drago.
–
A sinistra.– Annuncia Wediliun.
Dopo
poche svolte nelle vie ormai buie giungono ad una piccola piazza di
forma irregolare al cui centro, assurda come la visione di un sogno,
sorge la grande Torre, l'Ago di Evresse.
–
La porta è chiusa. – Annuncia Kirzil dopo aver compiuto un giro
intorno al basamento svasato della costruzione.
–
È una porta molto robusta? – Chiede in tono sbrigativo il Duca.
–
Sembra fatta di buon legno.
–
Bisognerebbe ritornare alla nave e fornirsi di attrezzi adatti. –
Osserva Jay Wediliun che lancia uno sguardo inquieto all'intrico
oscuro delle vie. – Anche se questo significa dividere
ulteriormente le nostre già scarse forze…
–
Non se ne parla neppure.– Lo interrompe Kwister. – Apriremo
quella porta.
–
Forse non è necessario, Vostra Grazia. Vedete quella finestra aperta
ad un paio di metri sopra di noi? – Kirzil Pennarossa solleva il
braccio per indicare un'apertura profondamente incassata nello spesso
muro della Torre.
–
La vedo. Ma non immagino chi di noi possa scivolare per un ingresso
simile, più adatto ad un serpente o ad un gatto che ad una creatura
cosciente e pensante.
–
Io posso provare. – Annnuncia a mezza voce Usif-Lizhi. – Il corpo
per quelli del mio popolo non è certo d'ingombro negli affari di
questo genere. – Il Notturno non attende una risposta e si toglie
il mantello, la corazza, la cotta di ferro rimanendo con la sottile
camicia dalle maniche e gli orli decorati di un pizzo delicato come
la tela di una ragnatela.
–
In fede mia, cavaliere Usif-Lizhi, ben raramente ho visto una camicia
di tale squisita fattura e delicatezza. – Commenta ammirato il
mercante. – Al mercato di Dancemarare si potrebbero spuntare
numerose borse di denaro per un capo di così rara bellezza.
Il
Notturno sorride. – Vi ringrazio per la stima da esperto. Quando mi
troverò in ristrettezze saprò cosa vendere per primo tra i miei
scarsi beni.
Usif-Lizhi
scuote il capo per interrompere Wediliun. – Anzi, vi ringrazio
della vostra ammirazione. – Si volta verso il minuscolo pertugio
come per misurarlo con lo sguardo ed afferra la Ejiri. – Tuttavia,
per quanto leggero, non so ancora saltare ad una tale altezza.
Kirzil
Pennarossa ed il Duca Kwister si affrettano ad aiutarlo ed il
Notturno si trova ben presto in piedi sulle spalle possenti del
Lupo-Drago, a fissare l'oscurità stesa appena oltre il vetro
macchiato di pioggia della finestrella.
–
Siete davvero leggero, signor mio. Potrei senza fatica portarvi per
diverse miglia senza neppure rendere il mio respiro più rapido. –
Commenta a bassa voce il Duca.
–
Vi ringrazio dell'offerta. – Replica Usif-Lizhi. – Me ne
ricorderò in caso di necessità. La finestrella è aperta,
dall'interno non proviene alcun suono nè luce. Ora entro, una volta
entrato aprirò la porta. Se la cosa si rivelasse impossibile salirò
io solo fino alla cupola e darò un'occhiata in giro.
Con
una leggera spinta il Notturno si aggrappa al bordo interno della
finestra e con pochi movimenti si trova all'interno.
I
suoi compagni lo vedono scomparire e si guardano silenziosi,
trattenendo il respiro. Passati pochi attimi sentono provenire
smorzate dallo spessore delle mura alcune brevi urla seguite da un
fragore metallico. I tre si affrettano alla porta ancora chiusa ed il
Duca si slancia contro il legno massiccio cercando di abbatterla.
Il
suo slancio è interrotto dallo scrocchio della serratura. Nel buio
dell'interno appare una figura minuscola che alla vista del
Lupo-Drago fa un passo indietro finendo addosso al Notturno in piedi
alle sue spalle.
–
Ma chi mai… – Inizia a dire il Duca per interrompersi di colpo.
Davanti a lui, ritta come un giovane guerriero sta una fanciulla,
poco più che una bambina, magra e tanto pallida quanto risoluta a
non mostrare paura né smarrimento.
–
Non si può entrare nella Torre. – Comunica al Duca con un tono
molto formale. – Dovete chiedere il permesso a mio padre.
Kwister
ripone la spada nel fodero e volge il suo sguardo al Notturno, fermo
nella penombra alle spalle della giovanissima custode.
–
Qualcuno le ha affidato una spada. Ho dovuto togliergliela. –
Spiega Usif-Lizhi. – Mi ha assalito non appena sono uscito dalla
piccola stanza della finestra. – Dal tono della voce è facile
capire che anche il Notturno non ha la minima idea di come superare
il piccolo ma tenace ostacolo.
–
Dove possiamo trovare tuo padre, damigella?
–
Mio padre è nella residenza del Custode delle Acque. – Spiega la
ragazzina. – Ma a quest'ora riposa.
–
E tu come mai ti trovavi qui da sola? – Chiede Kirzil Pennarossa.
–
Ah, c'è anche un ranocchio. – Commenta riconoscendo le fattezze
del Gu'Hijirr. Scruta nella penombra per riconoscere il quarto
componente del gruppo. – E c'è persino un fantasma delle Acque. –
Li guarda a turno. – Siete una ben strana compagnia, mi pare.
–
Abbiamo ottimi motivi per trovarci qui insieme. – Spiega paziente
Pennarossa. – Sai dirci che ne è stato della gente di Uxsiel?
–
Se ne sono andati.
–
Questo l'abbiamo notato anche noi. Ma cosa li ha spinti ad
abbandonare la città?
La
ragazzina chiude gli occhi, li riapre e si volta di scatto verso
Usif-Lizhi. – Tu sei un Uomo di Luna, vero? Il mio maestro dice che
non esistono più. È stato la Voce, se ne sono andati tutti per la
Voce.
–
Quale voce? Di cosa parli? – Chiede impaziente il Duca.
–
Tu grande e grosso come sei dovresti ormai sapere come trattare con
le fanciulle. – Ribatte pronta la ragazzina. – Risponderò a lui
perché è delicato e gentile. Anche se mi ha tolto la mia spada.
Dopo la rivoglio, chiaro?
–
Senza alcun dubbio. – Risponde serio il Notturno.
–
Bene. Io mi chiamo Moridee, lo dico anche se nessuno me lo ha
chiesto, il che non è proprio cortese da parte vostra. La Voce
veniva da sotto terra ma anche dall'aria e dal fiume. Forse non era
nemmeno una voce ma una semplice vibrazione, un suono molto profondo
che faceva risuonare ogni cosa.
–
Quanto tempo fa è successo?
–
Due giorni. Eravamo a tavola per la cena.
–
E dove se ne è andata tutta la gente?
La
ragazzina si stringe nelle spalle. – Non lo so. Sembravano tutti
come addormentati, cioé tenevano gli occhi chiusi e non parlavano.
Se ne sono andati di notte, la mattina non c'era più nessuno.
–
E tuo padre? – Interviene il Syerdwin.
–
È vero che quelli come te diventano grandi pesci bianchi e neri?
–
Abbastanza. Non proprio pesci ma quasi. – Il mercante ride. – Ma
non posso insegnarti come si fa. Anch'io lo saprò solo quando sarà
il momento.
–
Ma perché non puzzi di pesce? Mio padre mi ha detto che quelli della
tua gente si possono sentire arrivare da lontano per l'odore di pesce
che mandano.
–
Ne avevi già incontrati di quelli come me?
–
Ho visto di lontano una nave che passava per il fiume. Aveva una
bella insegna, sembrava un cigno d'argento in un lago azzurro. E
un'altra volta una nave con un grande stendardo con una mezza croce
nera.
–
Teardraet. – Nota a bassa voce il Duca.
–
E le navi sapevano di pesce? – Chiede il Mercante.
–
No. – Ammette meditabonda Moridee. – Forse mio padre si è
sbagliato. Ma è strano perché è un uomo molto saggio che legge
nelle stelle e possiede molti libri.
–
E dov'è adesso tuo padre? – Torna a chiederle il Notturno.
La
bambina lo guarda insieme intimorita ed affascinata. – Hai degli
occhi bellissimi Signore, lo sai? – Si volta ad indicare un piccolo
palazzo dal tetto di pietra grigia. – Lì, riposa. Mi ha lasciato
molto cibo e mi ha chiuso nella torre. Mi ha detto che si sentiva
molto stanco e che avrebbe riposato per un po'. Io dovevo custodire
la Torre ed impedire a chiunque di entrare.
–
Hai fatto il tuo dovere, Moridee, non devi preoccuparti. – Il Duca
si china sulla ragazzina. – Anche noi abbiamo una missione da
compiere e per farlo dobbiamo salire sulla punta della Torre. Abbiamo
il tuo permesso?
–
Non è tanto vero che ho fatto il mio dovere. – Commenta Moridee. –
Ma ormai. Salite pure ma non toccate nulla, siamo d'accordo?
–
D'accordo. – Ripetono all'unisono i quattro.
–
Lasciatemi le spade.
–
Come sarebbe? – Chiede il Lupo-Drago.
–
Non si può entrare armati nell'Ago. – Spiega con tono paziente
Moridee. – È una costruzione di pace.
Kirzil
è il primo a decidersi. Si stringe nelle spalle e le affida la sua
spada corta. – Abbine cura, ragazza mia. Si tratta dell'unica
eredità di Gojden dei Mappin.
La
ragazzina annuisce e lo stesso fa quando ad affidarle la propria arma
è Jay Wediliun, poi il Duca Kwister ed infine Usif-Lizhi.
La
scala che sale nella torre è molto stretta e priva di un corrimano.
Poche lampade ad olio illuminano il percorso lasciando in ombra buona
parte degli scalini dei quali non pochi sono scheggiati o consumati.
Durante la prima parte del tragitto nessuno parla, tutti impegnati
come sono ad evitare di cadere rovinosamente su chi li segue. Si
fermano ad un pianerottolo dal pavimento di legno dal quale si può
gettare un'occhiata fuori da alcune sottili feritoie.
–
A che punto siamo? – Chiede Kirzil a Jay Wediliun che ha sporto il
capo da una di esse.
–
Poco più di un terzo direi. Da qui si vede bene il fiume e la Goren
è tranquilla e illuminata come un panfilo reale.
–
Come un piattino di miele accanto ad una torcia. – Sbuffa il Duca.
– Ideale per richiamare le mosche.
–
Dove sarà il padre di Moridee? – Si chiede Usif-Lizhi.
–
Sarà scappato con tutti gli altri. – Kirzil si stringe nelle
spalle. – Sempre che di una fuga si sia trattato. Comunque lasciare
una ragazzina a difendere la torre da sola mi sembra veramente
un'azione… – Il Gu'Hijirr esita.– Beh, una bella porcheria.
–
Non giudicare, Kirzil dei Mappin, non sappiamo quali strani effetti
quel suono possa aver fatto alla mente di chi l'ha ascoltato.
–
Già, ma qualcuno sa spiegarmi perché quell'accidenti di ragazzina è
ancora qui e non è finita chissà dove insieme ai suoi concittadini?
–
Questa è una bella domanda. – Ammette il Duca Kwister.
–
Forse l'effetto della Voce non è così forte sui bambini e sugli
animali. Arrivando qui ho visto numerosi gatti seduti davanti alle
porte delle proprie case ed ho udito il nitrito di cavalli.
Il
Notturno, tuttora in camicia, mentre parla fissa la scalinata che si
inerpica ripida dal pianerottolo come per misurarla. – Alla Rocca
del Cavaliere di Vandel abbiamo anche noi udito qualcosa di simile ma
non mi ricordo di aver visto bimbi. I nostri cavalli però sono
rimasti assolutamente calmi.
–
Vero. – Concede il Duca. – Tuttavia sarà meglio chiedere
direttamente a Moridee una volta discesi. Anzi sarà compito vostro
farlo, visto l'evidente preferenza che vi ha accordato.
Il
Notturno annuisce con un mezzo sorriso. – Sarà un piacere.
–
E della ragazzina, di Moridee dico, che ne facciamo? La lasciamo qui?
La
domanda del Syerdwin, posta quando il Duca ha già appoggiato il
piede sul primo gradino per la seconda parte della salita li
immobilizza come statue di cera.
Dopo
qualche secondo di silenzio è la voce di Kwister a spezzare il
silenzio. – La porteremo con noi, maledizione, che lo voglia o no.
La
vista dal vertice dell'Ago di Evresse è tale da togliere il fiato.
Alla loro sinistra le cime delle montagne dell'Orlo, già
completamente immerse nell'oscurità, formano una barriera d'ombra
sulla quale una lunga teoria di nubi appena più chiare sostano come
incubi pronti a popolare le notti delle genti delle pianure. A destra
il corso del Drew corre sinuoso ed ampio e si perde, rilucendo
debolmente degli ultimi lontani raggi del sole, nelle nebbie
dell'orizzonte, verso l'invisibile oceano.
–
Là, la vedete? La linea del Cambiamento. – Il Notturno indica
un'increspatura d'argento che occupa una porzione dell'orizzonte
nella direzione di Sdea. – Avanza alle nostre spalle ed in ogni
direzione. Vedete come riluce diversamente il Drew? In quel tratto
sembra immobile, fermo come una vena di quarzo scoperta dai venti.
–
Io non ho occhi buoni come i vostri. – Approva Jay Wediliun. – Ma
quel poco che distinguo mi sembra confermare perfettamente ciò che
voi avete visto. Le Chiuse sono ancora libere ad ogni buon conto.
–
Già. Siamo pronti ad un viaggio di sola andata?– Kirzil ride
amaramente. – Facciamo il segnale per i nostri amici e cominciamo a
scendere. Si è fatto molto tardi.
Con
una torcia inviano un segnale verso la Goren che risponde e quindi,
senza più scambiare una parola, abbandonano la punta dell'Ago di
Evresse.
Una
veloce ispezione conferma loro che il padre di Moridee non si trova
più nel palazzo del Custode delle Acque.
La
ragazzina li lascia fare senza protestare, come se anche lei
sospettasse la verità. – La voce l'aveva preso, l'ho capito sai? –
Sussurra ad Usif-Lizhi quando i cinque si ritrovano nella piccola
piazza.
–
E perché non ha preso te?
–
Conosco una canzone, me l'ha insegnata una fata. Dice «Balla il
cavallo, balla la volpe, mia dolce piccina, mia fata del ballo,
perché non apri la veste e balli stanotte con me?» e l'ho
cantata per tutto il tempo. Cosa c'è da ridere, Kirzil?
–
Nulla nulla. Ho già udito questa canzone su una nave, tutto qui.
–
Cosa farai ora Moridee? – Le chiede il Notturno.
–
Tu cosa mi consigli uomo-di-Luna?
–
Vediamo. – Il Notturno raccoglie le mani sottili come quelle di una
fata attorno al volto. – Al posto tuo chiuderei molto bene
l'accesso alla Torre e me ne andrei a cercare di fermare la Voce
prima che possa combinare altri guai. È quello che stiamo facendo
noi.
–
Davvero? È per un'impresa come questa che si sono uniti fantasmi di
mare, ranocchi, licantropi e Uomini-di-Luna?
–
Sì.– Conferma Usif-Lizhi.
–
E gli uomini?
–
Ecco c'è uno solo della Gente Nuova tra noi, un mercante. – Spiega
Wediliun. – Credo che sarebbe bene che ce ne fosse almeno un altro.
–
Hai ragione. – Approva Moridee molto seria. – Rivoglio la mia
spada.
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