12.11.19

Il Mare Obliquo 41

Usif-Lizhi, Kirzil e il Duca Kwister continuano a navigare sul Drew, ma dopo l'incontro con una strana nave giungeranno a Uxsiell Flynnen dove troveranno un altro mistero ad attenderli.

– Non viene nella nostra direzione. – Il vecchio Oakin stringe le palpebre per valutare meglio le distanze ed una rete fitta di rughe sorge ad incorniciargli gli occhi. – Passerà un miglio a babordo della Goren.

Il barone Enklu mostra i canini candidi in un sorriso non riuscito. – Io spero che siate abile come sembrate, Mastro Oakin.

Il marinaio non si preoccupa di rispondergli e continua a fissare la titanica nave che scivola leggera sui campi, senza neppure piegare l'erba.

– Mavra. – Mormora a se stesso Usif-Lizhi.

– Cos'avete detto mio signore? – Chiede con lo stesso tono Kirzil Pennarossa.

– Non lo leggi tu stesso? È il nome della nave. Ogni cosa sotto l'ampia cupola del cielo deve avere un nome.

– Non riconosco quei caratteri.

Usif-Lizhi riflette a lungo prima di rispondere. – Li ho veduti ben poche volte io stesso, caro amico. Si tratta dell'alfabeto dei Lontani Primi.

– Sarebbe come dire che quella nave…

– È diventata polvere già da infiniti cicli del sole. In questo luogo, o forse solo nel nostro sguardo il tempo è precipitato in un profondissimo pozzo, in modo tale che noi possiamo vedere ciò che da tempo immemorabile non esiste più.

Oakin stringe ancora di più gli occhi ed indica l'altissimo castello di poppa del vascello di madreperla. – Guardate com'è alta, non sono mai corse navi siffatte sui nostri mari, né tantomeno sui nostri fiumi.

La grande nave è ormai quasi affiancata a loro e le sue alte e sottili finestre hanno vetri opachi dai quali la luce del giorno si ritrae senza riflettersi.

Khude il Silvano osserva a lungo il fantasma prima di parlare. – L'Orlo del Mondo è stato sollevato e non ci separa più da ciò che è stato e che sarà. E da ciò che non sarà mai.

La frase del Silvano fa vibrare l'aria come il rintocco di un pendolo, ma nessuno gli chiede spiegazioni, sulla Goren ognuno ha occhi solo per la grande nave che lenta attraversa il tempo dei Discendenti.

– Non sentite… questo odore… – Harvaiun rimane con la bocca aperta, immobile come un Tekk'sin della leggenda.

– Odore di polvere, di solitudine. – Usif-Lizhi distoglie lo sguardo dalla enorme murata della Mavra, attraversata da sottili screpolature, fitte come infinite ragnatele. – Il nostro mondo si ritrae da essa, le dona odori e colori adatti alla sua sostanza.

La Mavra supera l'ansa del fiume e comincia a curvare, diretta verso le pianure argentate del Kyuda. La sua forma sembra stranamente ridursi, accorciarsi come in una prospettiva sbagliata. La nave continua a curvare divenendo solo una sottile linea argentea che d'improvviso scompare restituendo pienamente libera la vista delle lontane alture che cingono la piana.

– Questa poi! Ma era dunque solo un fondale da teatro la nave dei Lontani Primi? Uno spettacolo di lanterna magica per spaventare i bimbi? – Kirzil Pennarossa ha ritrovato la voce ed il coraggio ed in piedi davanti all'albero principale della Goren fa sentire ben alti l'una e l'altro per dimenticare il brutto quarto d'ora. – E quali guerrieri la popolano? Maschere ed abiti vuoti, le teste come bolle di sapone? E le spade, di cosa saranno fatte mai? Di scaglie di pesci o di raggi di luna?

– Attento, Kirzil. I miei antenati sostenevano che le Ejiri sono fatte con i sospiri delle rocce e con i raggi di luna. – Usif-Lizhi appoggia la mano sull'elsa della spada. – Posso assicurarti che possono uccidere tanto bene quanto le migliori armi di Re Artamiro.

– Chiedo perdono umilissimo, mio Signore. Non volevo certo ridere dei tuoi antenati. Ma tu come spieghi questa strana apparizione e l'ancor più strana scomparsa?

– C'è spiegazione al mondo? Noi tutti lo accettiamo ad ogni risveglio per ciò che è fin da quando siamo tanto piccoli che né parole né pensieri né sogni tormentosi turbano la nostra mente. L'Orlo del Mondo conosce un Tempo che per noi non ha significato, tanto eccede la povera durata della nostra vita. Siamo entrati in un altro Tempo, Mastro Kirzil, e le regole che hanno accompagnato il risveglio della tua mente nei primi mesi della vita non bastano più a spiegarlo. Tutto qui. D'altro canto questo incrinarsi dell'Universo ha il pregio di fare di noi dei bimbi, di cancellare anni e decenni con un semplice soffio. – Il Notturno usa il suo tono più allegro e mondano per pronunciare quelle parole, ma lui stesso sembra credere ben poco a ciò che dice.– Probabilmente la stessa Ombra di Sangue finirà per dimenticare il suo crudele compito. Non è escluso che potremo incontrarla su questi campi cristallini a recitare ritornelli e filastrocche. 

 

– Io non ho nessuna voglia di ritornare bambino, caro Signore dei Notturni, con tutto il rispetto per i tuoi antenati e per la tua mente da poeta. Da bambino ho preso tante di quelle sberle e calci da non rimpiangere nulla di quella bella età. – Oakin infila una mano in un tasca del camiciotto dai bordi stinti e consumati e ne estrae una pipa dal bocchino lunghissimo. – I miei antenati si limitavano a dire che non bisogna fumare a stomaco vuoto, oltre ad altre regolette del genere, semplici semplici e forse molto stupide. Ma i miei antenati non hanno mai incontrato una nave come quella. I pirati magari sì, ma mai una cosa simile. Quindi adesso sappiate che mi riempirò la pipa ed andrò a fumarla sulla punta della prua. Alla vostra salute!

– E per quanto mi riguarda penso che andrò a mettere qualcosa sotto i denti: l'ora del primo pasto è passata da un pezzo ed il mio stomaco si è piegato e consumato come una vecchia bisaccia. Se qualcuno crede di voler seguire il mio esempio…

Intorno a Kirzil Pennarossa dei Mappin, diretto verso il sottoponte, si forma quasi subito un gruppo di sostenitori della sua idea ed il ponte si svuota così in un batter d'occhio, lasciando soli Usif-Lizhi, la fata Mahaderill ed il Duca Kwister.

– Alle volte mi capita di chiedermi… – Inizia col dire il Lupo-Drago, interrompendosi a metà per rimirare il riflesso d'oro del sole sulle acque.

– … Che ne sarà della mia Marrak, dei miei cari, del poco che ritengo davvero importante nella vita… – Continua la Fata Mahaderill.

– Ignoravo queste virtù di voi Fate. D'ora in poi starò molto attento a non pensare in presenza di una di voi. – Il Duca sorride senza voltarsi.

– Le fate non posseggono il dono di leggere nella mente. Solo taluni incantesimi della magia più antica rendono possibile farlo, ammesso che sia opera degna. No, il vostro pensiero è scritto sul volto, insieme ad una sorta di ira malsopportata, la stessa che ci prende di fronte alla sfacciataggine innocente di un bimbo. – Mahaderill scuote dolcemente il capo, adornato di piccoli fiori come è costume delle gwellyniuin.

Con una punta di malinconia il Duca nota che i fiori sono già in gran parte sfioriti. Quell'emozione, dapprima delicata e quasi piacevole si trasforma ben presto in una nostalgia bruciante, dolorosa, quale non avrebbe mai creduto di poter provare. I bastioni scuri della sua Marrak, aggrappati sul bordo di una profonda valle profumata d'erba sorgono davanti al suo sguardo tanto reali da dargli il desiderio di sfiorarli. Tra le vecchie pietre crescono decine di delicati fiori azzurri, muschi dalle mille sfumature di verde e marrone bruciato, ciuffi d'erba disordinata e caparbia, lunghi sottili steli del colore del miele. Le pietre illuminate dal sole mandano un delicato tepore che giunge fino a lui superando lo spessore del cuoio del guanto. Respirando affannosamente il Lupo-Drago cade in ginocchio, appoggiando le mani aperte sulla pietra del bastione, sentendola vibrare dolcemente, con lo stesso ritmo trasognato dei canti uditi oltre le porte del grande Salone della Luna, quando era solo un piccolo lupetto pestifero, amato dagli altri Marr solo quando finalmente dormiva.


Kwister di Lö vede i giorni correre veloci sulla pietra del bastione: sente il gelo afferrarlo, il vento attraversare le ossa come se lui stesso fosse divenuto un fantasma, il caldo delle ore più calde della breve estate appena temperato, la dolcezza estenuante della luce d'autunno ed i venti freddi che preannunciano il grande silenzio della neve. E la pietra scura della Marrak imbrunisce ancora sotto le sua mani, crepe dapprima leggere la attraversano, frammenti cadono facendosi polvere al contatto delle dita. La pietra ha cessato di respirare e quieta attende la propria fine. Il Lupo-Drago stringe i denti, afferra i frammenti di pietra e li ricaccia affannosamente nelle crepe, aprendone di più grandi, sempre più grandi, fino a vedere oltre gli orli spezzati il grigio polveroso delle residenze crollate, i tetti sventrati, le finestre vuote e silenziose. Ed ancora tempo passa, sempre più veloce davanti alle pupille dilatate del Duca: il giorno si confonde con la notte, il cielo brilla con la luce di un interminabile crepuscolo. Le montagne regrediscono velocemente a colline, insulse alture che proiettano ombre instabili e lunghissime. Solo il freddo non conosce tramonto, si fa più forte, arrogante: è l'unico tiranno dell'aria sottile rimasta a cingere quella terra piana e senza futuro. Kwister sente che il freddo ha ormai raggiunto anche il suo cuore, la mente. Quella terra del crepuscolo gli sembra tiepida, accogliente, pacifica. Gli occhi rimasti finora sbarrati si chiudono con un'ultimo spasmo ed il duca crolla sul pavimento della nave, rigido come un cadavere.

Usif-Lizhi si china su di lui, lo rigira. – Ha il viso freddo, quasi gelato. – Si volta verso la gwellyniuin. – Cosa gli è accaduto?

– La nave portava con sé il principio e il termine di ogni cosa. Un'onda che ha colto forse il solo duca.

Usif-Lizhi chiude i grandi occhi e scuote la testa. – Non solo lui, Mahaderill. Ho sentito un vuoto, un languore che come un incubo non voleva abbandonarmi. Cos'altro dovremo affrontare in questo viaggio?

– Non lo so, Uomo-di-luna. E forse è meglio così per noi tutti.



Uxsiel Fllynnen è un piccolo porto poco frequentato sul percorso del Drew, posto a poche miglia dalle grandi chiuse. L'unico particolare degno di nota del villaggio è la grande torre detta l'Ago di Evresse che sorge accanto al minuscolo palazzo del Guardiano delle Acque. Costruita probabilmente dai Gu'Hijirr bruni si racconta esistesse già ai tempi delle guerre tra i Notturni ed i Lupi-Drago delle pianure del Sud. Dalla sua cima, una piccola cupola di cristallo di un paio di metri di diametro, lo sguardo può correre dalle montagne dell'Orlo fino ai primi lembi del grande territorio di Re Artamiro seguendo il lento e maestoso corso del fiume. In condizioni di tempo buono e di vento leggero è visibile per buona parte del percorso fluviale ed i riflessi del sole sulla cupola si dice possano essere avvistati con un buon cannocchiale già dai Nove monti di Verdevima.

– È alta più di duecento braccia. – Spiega Kirzil Pennarossa a Share Harvaiun. – E le fondamenta scendono fin sotto il livello del Drew. Non esiste nessuna costruzione più alta in tutto il vasto orlo del mondo.

Il syerdwin la osserva con una punta di compiacenza. – Non nego che alta sia ben alta, ma il Faro della Misericordia su nelle Isole della Regina è certamente più alto.

Kirzil aggrotta le sopracciglia. – Mai sentito nominare. Ma in fondo la valentia dei Syerdwin come costruttori non è particolarmente famosa. 

 

– Dicono che questa torre sia stata costruita dai Gu'Hijirr bruni. Secondo il Duca Kwister questi non hanno molto a che vedere con i Gu'Hijirr attuali, più o meno come non si possono confondere le tartarughe con i Lontani Primi. – Continua parlando in tono mondano, quasi distratto il Syerdwin. – Presso la corte la gente di Farsoll è chiamata con il nomignolo di Maiali di Mare mentre molto timore e rispetto ho spesso sentito esprimere per i Gu'Hijirr Bruni.

– Questo è niente. – Ride Kirzil Pennarossa. – Alla corte di Niby Ornoll la gente della tua razza è definita "Pesce Secco". In quanto al nomignolo di gusto delicato scelto dal tuo re e dai suoi sodali ti consiglierei di citarlo solo a voce molto bassa. La gente di Oakin è particolarmente permalosa ed ha l'abitudine di gettare nel fiume una dozzina di volta chi l'offende. Allora cosa ne dici di questa meravigliosa torre costruita dai miei antenati a buon titolo?

Il Syerdwin inghiotte un paio di volte a vuoto, scruta le espressioni poco raccomandabili della ciurma della Goren ed annuisce. – Davvero meravigliosa, sì. Ricordati di venirmi a trovare nella mia città una volta o l'altra, Kirzil Pennarossa dei Mappin che saprò ben come renderti una simile ospitalità.

– Prima dobbiamo portare a compimento la nostra impresa, pesciolino mio. Ma la nave sta rallentando, non pare anche a te?

– Sì. E mi sembra stia anche accostando a destra.

– Approderemo ad Uxsiel comesichiama dunque? Ecco, mio signore, trascorreremo la sera in un'accogliente locanda di questa piccola città?

Usif-Lizhi si scuote come chi è risvegliato da un sonno non particolarmente felice e si stringe nelle spalle. – Credo che questa sia l'intenzione di Oakin e del Duca. Dall'alto dell'Ago di Evresse speriamo di vedere fino a che punto sia giunto il Cambiamento e se le chiuse siano ancora praticabili.

– In caso contrario, mio signore? – Chiede Harvaiun.

– In caso contrario dovremo proseguire a cavallo, guardandoci dalle scorrerie degli uomini di mezza-pianura, i Tedeki, e chiedendo ospitalità alle rocche dei Notturni sparse lungo la strada.

– Magnifica prospettiva mi pare. Ma forse è preferibile un pericolo reale ed afferrabile come quello dei mezzi uomini di pianura o una notte in una Rocca dei Notturni ad incontri come quelli avuti sul fiume.

Il Notturno sorride in modo appena avvertibile. – L'unico pericolo tra la mia gente è quello di morire di noia tra una raccolta di minerali ed una collezione di profumi ed essenze. I Tedeki sono un po' peggio, si dice, dal momento che hanno l'abitudine di nutrirsi degli occhi e della lingua delle loro vittime per acquisirne ricordi e capacità.

– E qual'è la sorte dei poveretti così ridotti? – Chiede Kirzil cercando di conservare la voce ben ferma.

– Lo ignoro. Ma quand'anche non infierissero oltre sulle loro vittime non credo che dalla cosa si potrebbe trarre gran consolazione.

– Indubbiamente, mio Signore, indubbiamente. – Ammette il Gu'Hijirr.

Nel frattempo la Goren ha terminato le manovre di attracco e nell'aria limpida della sera si ode il grido di Mastro Oakin che ordina di serrare i nodi d'ancoraggio.

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