20.11.18

Calibano XIV: Ma è diventato di tutti i colori…

 
Ektell-vadd-ghG-unten-den-linden-P(h) abbassa la testa, gesto da non sottovalutare dal momento che la testa di un esponente della sua razza pesa quanto una botte di cognac, ed assume una bella tinta celeste, segno evidente che qualcuno nei dintorni l’ha insultato.
Ektell(ecc.) é un Frhllffen, cioé il membro di una delle razze più antiche, civili, formali e permalose della galassia. Il concetto di prossemica e di spazio vitale di un Frhllffen é tale che per offenderne uno é sufficiente stazionare per più di quindici secondi ad una distanza inferiore alle tre miglia standard unificate (pari a 5,334 km terrestri) dal loro corpo fisico.
I Frhllffen hanno inventato praticamente tutti i mezzi più diffusi di comunicazione a distanza, allo scopo di dialogare tra loro o con le altre razze senza doversi accollare la fatica e la pena di offrire aperitivi, salatini, paste, tè o torte fatte in case. Giustamente godono fama di essere la razza meno cortese della galassia – loro se ne vantano persino – si cibano abitualmente di grigiastre pappe di verdura e i gironi del loro inferno hanno nomi come Party-in-piedi, Cena-in-Pizzeria-tra-amici, Rinfresco-subito-dopo-la-fine-dell’orario, Un-salto-in-discoteca, Battesimo, Prima Comunione e Matrimonio.
A questo punto qualcuno avrà certamente pensato “e come fanno questi a riprodursi, se odiano fino a questo punto l’intimità?”
La risposta é molto semplice: i Frhllffen si riproducono a distanza. Le femmine infatti sono dotate di un organo sessuale dai caratteristici cerchi concentrici multicolori (fosforescenti per avventure notturne) che i maschi bersagliano con i propri dardi amorosi dalla distanza ultraintima di mezzo miglio. Ovviamente sia i maschi che le femmine sono dotati di grandissimi occhi e hanno evoluto crani di notevoli dimensioni per ospitarli.
Comunque, il nostro Ektell(ecc) nel breve tempo della spiegazione é passato dal celeste al viola, colore che rivela una profonda indignazione, non troppo lontana dalla rabbia omicida (sottili righe nere e blu).
Il Frhllffen incupisce ancora: la creatura che si avvicina, alta sì e no un metro, continua a marciare verso di lui incurante delle sue policromie esasperate.
Dopo aver trascorso alcuni secondi frementi di Blu-e-Nero senza risultati evidenti, se non un certo fiatone (Ektell non é più giovanissimo), il Frhlffen decide di avere a che fare con un Trrht, cioè un pazzo nella lingua locale ed assume il malva-bianco della disapprovazione temperata da una minima dose di compatimento. 

 
L’ospite non invitato, un robot addetto alla manutenzione di condotte a gravità zero, rulla silenziosamente sulla terra fredda di Ffrhtffttr, illuminata debolmente dal tiepido sole rossastro.
Il robot, di nome Conan, é in effetti un Trrht, uno «scollegato» nella lingua gergale dei robot operai. Motivo della follia é un episodio avvenuto pochi mesi prima. In quell’occasione, mentre ascoltava un attivista del sindacato semilegale delle macchine pensanti, il piccolo robot ha inavvertitamente invertito i campi di gravità della stazione spaziale dove lavorava, spedendo nel vuoto un congresso di giovani manager rampanti e riempendo la sala congressi di immondizia.
Inutilmente la stampa radicale aveva sottolineato l’essenziale analogia di contenuto della sala congressi prima e dopo l’inversione gravitazionale: Conan era stato comunque arrestato e processato.
Il processo – una semplice apparizione davanti ad un programmatore ad un terminale di “Principe del Foro IV” – era stato celebrato una decina di giorni galattici prima.
Il programmatore, con regolamentare casacca purpurea ed un cono di vetro incollato alla fronte, aveva diteggiato sul terminale del megacomputer le circostanze del reato ed aveva atteso i regolamentari 12 secondi per la risposta. (12 secondi erano stati giudicati da un’equipe di ciberpsicologi il tempo necessario per indurre nell’imputato una giusta dose di timore per la giustizia). Infine sul monitor era comparsa la sentenza e l’operatore, posato il cono di vetro, aveva indossato un paio di pantaloni di velluto a coste color vinaccia, simbolo della certezza del diritto, ed aveva dato lettura della sentenza.
“Visti gli articoli… Sentite le testimonianze… tenendo conto delle circostanze descritte, questa corte assolve l’imputato dal reato di parcheggio abusivo in zona riservata agli impiegati del governo galattico per non aver commesso il fatto.”
L’operatore, partito liscio sulla prima riga aveva gradualmente abbassato la voce per finire con un sussurro ed un colpo di tosse.
Conan, certo della sua colpa aveva mormorato: – Dove devo andare per la disattivazione?
Il programmatore non l’aveva neppure sentito. Aveva preso a pestare sulla tastiera come un assatanato aggiungendo riferimenti, codicilli, rimandi, bibliografia, casistica, riuscendo solo ad ottenere dal cervellone la frase “BACIAMI STUPIDO”.
Conan con un cigolio d’angoscia aveva ripetuto la domanda.
“Ma va’ a Frt ffttre” aveva mugolato tra i denti l’affannatissimo operatore. Conan aveva preso per un’indicazione il malaugurio e si era affrettato a prendere il primo cargo spaziale diretto a Ffrhtffttr alla ricerca dell’equipe di tecnici addetti alla disattivazione.
Naturalmente il lungo viaggio, l’ozio, la stanchezza, il rimorso, la depressione, hanno messo a soqquadro la programmazione di Conan che sta attraversando le pianure e le montagne del pianeta con addosso un paio di occhiali da sole e stringendo al petto un anatroccolo di peluche che, se stretto forte apre le ali ed il becco e modula un “QUA!” prolungato.
Conan si ferma ad un paio di metri da Ektell, distanza inimmaginabilmente sconveniente e dice: – Salve!
Ektell accentua il bianco-malva e non risponde.
Conan si toglie gli occhiali da sole. Una rapida analisi biochimico-clinica del suo interlocutore gli conferma di essere in presenza di una forma biotica senziente. Ripete quindi il suo saluto, accompagnandolo con il “QUA!” di Teodoro, il suo papero.
Nulla.
– Mi scusi, saprebbe indicarmi la più vicina squadra di disattivazione?
Silenzio.
– O il più vicino telefono?
Immobilità assoluta.
– Sa, é che sono stato condannato alla disattivazione su questo pianeta, ma nessuno mi ha spiegato dove devo andare e come devo fare. Poi l’ho vista qui, su questo bel monticello tutto solo e mi sono detto “quel signore certamente é informato”. Così mi sono permesso di disturbarla…
Ektell si volta un poco mostrando una parte del suo occhio sinistro e sibila: – Viahhh, sciò, scompari, fetido pezzo di metallooo!
Conan, ormai abituato ad essere trattato con rudezza, sorride beato e schiaccia l’anatroccolo.  

– Volentieri, signore, se avrà la gentilezza di indicarmi la direzione…
– Crepa!
– Per l’appunto…
– Che il tuo cadavere possa marcire per mille anni nella melma!
– Non appena mi sarà possibile trovare…
– Luridissimo fetente criminale!
– Sua signoria ha pienamente ragione, ma…
Ektell si gira completamente e fissa con gli occhi da presbite il piccolo robot. Ucciderlo personalmente é fuori discussione: un assassinio comporta un contatto fisico intollerabile. D’altro canto quell’accidenti di arnese dimostra una perseveranza in altre circostanze ammirevole e i Ffrhllffen stimano molto la perseveranza. Quindi, dopo qualche secondo di esitazione Ektell decide di ricorrere ad uno stratagemma per togliersi dai piedi quello scocciatore ed assunto il verde squillante delle risoluzioni definitive punta un dito verso l’orizzonte nuvoloso: – Là! – Dice indicando la direzione presumibile di una base galattica. – Là troverai ciò che cerchi.
Conan si accende di riflessi violetti e tende la mano metallica verso Ektell che la considera con pacato disgusto. Il piccolo robot rimane per alcuni secondi in quella posizione patetica per poi ritirare la mano in fretta. – Sua signoria ha ragione, ella non deve sporcarsi la mano con un criminale come me.
Ektell, arcistufo gli ha voltato le spalle.
– Mi merito la riprovazione delle persone oneste, la loro condanna. Ma sappia che io sono ben cosciente della gravità del mio reato ed é con cuore grato che mi accingo…
– Grrr…
– Addio, Sua Grazia, e si degni di accettare il mio umilissimo ringraziamento.
Conan torna ad infilarsi gli occhiali da sole nella scarsa luce del pianeta e riprende la sua marcia solitaria, felice per quell’incontro con una persona così ricca di umanità e, ancor più risoluto ad espiare, si dirige verso una sede ultrasecondaria della Satan-Baal-Zebub & C. 
 
Giuro, non ci serve niente.
Abbiamo già aspirapolveri, battitappeto, cosmetici, olio di oliva, Torri di Guardia, Lotte Comuniste e siamo già abbastanza svegli così.Grazie. 
 
E. sfiora il pannello romboidale lievemente illuminato, come gli ha insegnato a fare Mirella.
La luce si spegne.
– …azz…– Mugola e lo sfiora nuovamente.
Nel mezzo della stanza si materializza un robot in tuta blu con una grossa chiave inglese in mano.
– Assistenza tecnica Nixxon: ovunque con voi nel tempo e nello spazio. Qual é il vostro problema? Velocità, precisione e sicurezza sono una nostra abitudine!
E. che ha terminato già da parecchie ore le sue espressioni di stupore e di meraviglia si limita ad una smorfia e accarezza ancora il pannello. Naturalmente il meccanismo, qualunque sia, non funziona e il robot ripete daccapo la sua tirata in falsetto agitando la chiave inglese in modo minaccioso.
– Non ci serve nulla. – Spiega E., con il tono di voce di uno agganciato da una gentile vecchina ad una pesca di beneficenza.
Il robot scuote la testa lentamente e fa scintillare il distintivo della compagnia. – Cos’é questo rumore? – Fa con tono falsamente casuale.
E. allarmato si immobilizza ed ascolta: “Frrt, frrt, frrt, frrt.” Fruscia l’ultraelastico. “Shhhhhhhh…” Sibilano i condizionatori in funzione. “GIIInnnggggg.” Rotolinna (rotola+tintinna, meglio di tintòla, credo) uno dei giganteschi orecchini di metallo di Mirella in qualche angolo dell’astronave.
– Sono gli orecchini. Gli orecchini di Mirella, mia cugina.
Il robot infila il pollice nella bretella della tuta ed E. ha la sensazione che stia per dire :“Certo bello, vieni un attimo a spiegarlo al capitano in centrale.” Invece l’ologramma si limita ad inarcare un sopracciglio ed a ripetere con tono minaccioso: – Orecchini…
– Giuro, sono gli orecchini di Mirella. Il fatto é che sono molto grandi e che Mirella non vuole farsi bucare le orecchie e quindi li perde facilmente..
– …Facilmente, certo…
E. coperto di sudore arretra cercando di sfiorare ancora il pannello, ma l’intruso intuisce il suo gesto e fa un passo avanti. Il sopracciglio del robot é sempre inarcato, le sue labbra pallide, animate da un leggero tremito e tutto nel suo atteggiamento lascia intuire l’imminenza di qualcosa di molto spiacevole per il suo interlocutore. Certo, il robot è solamente la visualizzazione olografica del programma per l’assistenza tecnica della Nixxon, dalla quale Satan ha comprato l’astronave con un contratto che non prevede un fisso per gli interventi tecnici nella speranza di risparmiare, ma questo al momento sfugge alla comprensione di E. che si appiattisce contro il muro ed all’incertezza preferisce un sano panico. 

 
– AIUTO, qualcuno mi Aiiuutiiii! – Ulula, mentre il robot continua. (Voce cavernosa) – Ormai non c’è più niente da fare, capito bastardo? Ti decidi a parlare o devo dimenticarmi il regolamento? (Voce pacata, paziente) Dai Joe, il ragazzo qui ci vuole aiutare, non è vero? Il ragazzo si è sbagliato ma ci aiuterà, non è vero?.
– Ma non c’é nessuno qui? Aiutaaaatemi!
(V.C.) – Devo proprio spaccarti la faccia, eh? No Jim, è inutile perdere tempo, non vedi che questo bastardo è marcio fino al midollo? Perdiamo solo tempo, girati un momento e l’aggiusto io. (V.P & P.) Ma no, Joe, ti ricordi con Sanchez? Gli hai rotto l’osso del collo e poi il tenente ci ha messo di pattuglia per una settimana di seguito.
– Fuori dalle palle. – La voce metallica che interrompe lo show della NIXXON – VENDITA E NOLEGGIO ASTRONAVI D’OCCASIONE proviene dal robot di servizio dell’astronave, un ex- addetto alla manutenzione delle condotte a gravità zero alto si e no un metro ed assai poco antropomorfo, di nome Conan.
Lo spot vivente della Nixxon considera il nuovo arrivato con disgusto. Notoriamente i robot sono gli esseri meno suggestionabili della galassia e quindi la sua programmazione, curata da un gruppo di graduati in pensione della polizia di Altair, diventa del tutto inefficace.
– OK, piccolo, pagami il fisso per l’intervento e mi disattivo. – Il software della Nixxon é tenace come una supermignatta di Deneb.
– Il fisso fattelo pagare da tua nonna.– Conan quando non é depresso é un tipetto tosto ed E. lo guarda con rispetto. Finora quando gli aveva rivolto la parola l’unica risposta erano stati lunghi respiri ed oscuri accenni a giovani manager perduti per sempre nello spazio con per unica compagnia ventiquattrore metalliche e megarolex con agenda incorporata.
– Manderò la fattura ai tuoi capi. – Minaccia l’emissario della Nixxon subito prima di impallidire e scomparire salutato da una pernacchia misteriosamente prodotta in qualche angolo oscuro del corpo di Conan.
– Edoardo, cosa hai combinato? – La porta é scivolata di fianco per lasciar passare Mirella in tuta da jogging di proprietà di Pelagio e quindi rimboccata da tutte le parti e un orecchino in mano.
– Come cos’ho combinato? Non é po-possibile per una v-volta che sia qua-qualcun altro ad aver combinato a me?
La grammatica e la favella di E. sono state le prime ad averlo abbandonato in quei difficili frangenti e tardano ancora a tornare in servizio.
– Quegli accidenti di o-orecchini non puoi tenerteli senza f-farli rotolare dapp- pertutto, eh?
Mirella guarda E. poi guarda Conan, poi guarda di nuovo E., si produce in un sorriso originariamente brevettato da Jack the Ripper e commenta: – Ciò che hai tu che penzola non lo perdi di certo: ce l’hai nella zucca al posto del cervello.
E. medita un istante, apre la bocca alla ricerca di una risposta, che come d’abitudine non trova e si accontenta di aggrottare le sopracciglia, determinando l’istantanea discesa degli occhiali dalla sella del naso sudato fino al suo estremo limite.
– Se nessuno ha più bisogno di me andrei. – Modula Conan in tono sepolcrale.
E. si aggiusta gli occhiali e si china sul robot sorridendo. – Tutto a posto e mille grazie.
– Non mi ringrazi sua eccellenza, egli non sa nulla di me. – Conan alza il capo e fissa gli occhi da moscone in quelli di E., ancora nell’atteggiamento di un politicante che tenti di sollevare e baciare un bambino.
– Egli non sa del mio passato, dei miei crimini. – Continua il robot passando dal tono sepolcrale a quello ultraterreno. – Dei fantasmi che turbinano davanti alle mie pupille sintetiche a ricordarmi il mio imperdonabile peccato…


E. adesso ha la faccia di un politicante che abbia sollevato e baciato un nano sessantenne e fa un passo indietro balbettando.
– Ehm, sì… certo…non…
– Fuori dalle palle, Conan, e di corsa.– Mirella fa la faccia feroce ed il tono minaccioso ed il robot la guarda sollevato e si allontana sferragliando giulivo.
– Cos’hai da fare quella faccia? Conan é contento solo se lo maltrattano. – Mirella si tocca la fronte. – Credo che abbia qualche problema di programmazione.
– Anche il pilota se é per questo. Anche la nave ed i suoi maledetti gingilli ultratecnologici. Stavo cercando una finestra per dare un’occhiata allo spazio e mi minacciano con un chiave inglese, poi mi viene a salvare un robot matto e masochista, questo senza contare la sala arredata come un’aula di scuola elementare, il pilota vegetariano, i tuoi insulti, Rumpus che mi aspetta dietro tutti gli angoli per graffiarmi le caviglie e il fatto che probabilmente non rivedremo mai più la Terra…
Mirella si stringe nelle spalle. – E chi se ne fotte di non rivedere più la Terra? Tanto é un posto orribile, abitato da imbecilli.
– …persi per sempre nello…COSA? – E. sbarra gli occhi da miope, cosa che fa nuovamente scivolare gli occhiali e freme dall’indignazione. – Mirella, ma non pensi ai genitori, al vento che ci accarezza, ai mari, alla vista del sole velato dalla nebbia, ai boschi, all’erba, agli animali, ai libri che non leggeremo, alle partite che non potremo vedere, ai programmi che…
– Palle. – Mirella spinge indietro i capelli scivolati sulla fronte e controlla che l’unico orecchino che ancora indossa non si sia infilato nel colletto della tuta. – La terra é diventata un cesso. Gli animali crepano, i boschi ce li hanno bruciati, il sole spara ultravioletti come una lampada UVA starata, la nebbia puzza di zolfo, pubblicano solo libri di imbecilli e le partite sono truccate.
– Non é vero, le partite non sono truccate! – Insorge E., poi incontra lo sguardo di Mirella e la sua indignazione si raffredda di colpo.
– E il totonero?
– Beh, forse qualcuna, ma il mondo del calcio é fondamentalmente sano. E poi gli alberi si possono ripiantare, posso comprare l’acqua nel vetro e…
– Piantala , E.. Queste sono idiozie. Non é l’acqua minerale nel vetro il vero problema, semmai…– Mirella si interrompe, per un attimo sembra meno sicura, quasi malinconica. – …Ma cosa me ne importa di stare qui a farmi il sangue cattivo? La galassia è piena di vita, altri popoli, altre culture. – Sorride amara. – Si fotta la stupida, rissosa, puzzolente specie umana. Così sia.
E., che non ha mai conosciuto passioni di tale intensità, vorrebbe fare qualcosa per consolare la cugina. La cosa più adatta gli sembra una mezz’ora di coccole seguita da un paio d’ore di sesso tenero ma appassionato e decide di intraprendere al più presto questo bel programma cingendola per la vita, primo passo per trarla a sè e baciarla.
“Siamo i soli due esseri umani nello spazio di anni-luce.” Immagina di dirle. “Siamo i soli padroni della nostra vita e del nostro futuro, tutte le regole sono alle nostre spalle, bruciate come i ponti che abbiamo lasciato alle nostre spalle.” Si infervora, senza dimenticarsi di annotare che dovrebbe sostituire un sinonimo al secondo “spalle”. “Solo noi, come Adamo ed Eva, i primi e gli ultimi della nostra razza, pronti ad un futuro eterno di felicità…” 

 
Mentre avvicina il suo viso a quello di Mirella, snocciolando mentalmente la sua prosa da collezione Harmony, E. si sente magnificamente, come non gli era mai capitato in vita sua e ringrazia Pelagio, gli alieni e persino Rumpus per aver creato quel momento irripetibile di intimità con la cugina, inutilmente ricercato nelle sale cinematografiche e nella sua scomodissima piccola auto.
Quando “già le sue labbra sfioravano le labbra di lui ed un lungo brivido caldo li attraversava, presagio dell’immensa felicità che li avrebbe travolti come un lento vortice” proprio in quel momento lì, quando insomma E. sta quagliando qualcosa, il secondo orecchino di Mirella decide di raggiungere il pavimento, dove, Rumpus, sopraggiunto nel frattempo, passa dall’indignazione alla foga venatoria, vedendo il traditore allontanarsi rotolando.
– Il mio orecchino! Rumpus, che diavolo…!
Mirella si svincola dall’abbraccio e si butta all’inseguimento di gatto ed orecchino, spariti dietro un angolo.
E. , con la testa ancora ronzante delle mille stupende frasi che avrebbe pronunciato, ci mette qualche secondo a capire che la colpa era stata ancora una volta del gatto e fissa il vuoto davanti a sé.
– Maledetto gattaccio…– Mormora a bassa voce per prudenza. 

 

– Qui Pelagio. Rilevata flotta di astronavi da guerra nel quadrante FD12.56.4. Voialtri terrestri andate nelle navette di salvataggio che io vedo cosa posso fare. Comunque se le cose dovessero andare male ricordatevi di battere il codice “Milit.45” sulla vostra unità di memoria della navetta: é per l’assicurazione. Grazie.

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Ci sono ancora, leggo sempre con piacere questa trama sempre più multicolore.;)

Massimo Citi ha detto...

@Nick: grazie, Nick. Fai parte di una pattuglia che, nonostante tutto, continua a leggere Calibano. È un'esperienmza curiosa averlo pubblicato on line gratuitamente, e, onestamente, avrei creduto di mollare dopo una decina di episodi. Viceversa il risultato mi rincuora ed è posssibile arrivi alla fine. Grazie a te e a tutti coloro che seguono il romanzo.