Ektell-vadd-ghG-unten-den-linden-P(h)
abbassa la testa, gesto da non sottovalutare dal momento che la testa
di un esponente della sua razza pesa quanto una botte di cognac, ed
assume una bella tinta celeste, segno evidente che qualcuno nei
dintorni l’ha insultato.
Ektell(ecc.)
é un Frhllffen, cioé il membro di una delle razze più antiche,
civili, formali e permalose della galassia. Il concetto di prossemica
e di spazio vitale di un Frhllffen é tale che per offenderne uno é
sufficiente stazionare per più di quindici secondi ad una distanza
inferiore alle tre miglia standard unificate (pari a 5,334 km
terrestri) dal loro corpo fisico.
I
Frhllffen hanno inventato praticamente tutti i mezzi più diffusi di
comunicazione a distanza, allo scopo di dialogare tra loro o con le
altre razze senza doversi accollare la fatica e la pena di offrire
aperitivi, salatini, paste, tè o torte fatte in case. Giustamente
godono fama di essere la razza meno cortese della galassia – loro
se ne vantano persino – si cibano abitualmente di grigiastre pappe
di verdura e i gironi del loro inferno hanno nomi come
Party-in-piedi,
Cena-in-Pizzeria-tra-amici,
Rinfresco-subito-dopo-la-fine-dell’orario,
Un-salto-in-discoteca, Battesimo, Prima Comunione e Matrimonio.
A
questo punto qualcuno avrà certamente pensato “e come fanno questi
a riprodursi, se odiano fino a questo punto l’intimità?”
La
risposta é molto semplice: i Frhllffen si riproducono a distanza. Le
femmine infatti sono dotate di un organo sessuale dai caratteristici
cerchi concentrici multicolori (fosforescenti per avventure notturne)
che i maschi bersagliano con i propri dardi amorosi dalla distanza
ultraintima di mezzo miglio. Ovviamente sia i maschi che le femmine
sono dotati di grandissimi occhi e hanno evoluto crani di notevoli
dimensioni per ospitarli.
Comunque,
il nostro Ektell(ecc) nel breve tempo della spiegazione é passato
dal celeste al viola, colore che rivela una profonda indignazione,
non troppo lontana dalla rabbia omicida (sottili righe nere e blu).
Il
Frhllffen incupisce ancora: la creatura che si avvicina, alta sì e
no un metro, continua a marciare verso di lui incurante delle sue
policromie esasperate.
Dopo
aver trascorso alcuni secondi frementi di Blu-e-Nero senza risultati
evidenti, se non un certo fiatone (Ektell non é più giovanissimo),
il Frhlffen decide di avere a che fare con un Trrht, cioè un pazzo
nella lingua locale ed assume il malva-bianco della disapprovazione
temperata da una minima dose di compatimento.
L’ospite
non invitato, un robot addetto alla manutenzione di condotte a
gravità zero, rulla silenziosamente sulla terra fredda di
Ffrhtffttr, illuminata debolmente dal tiepido sole rossastro.
Il
robot, di nome Conan, é in effetti un Trrht, uno «scollegato»
nella lingua gergale dei robot operai. Motivo della follia é un
episodio avvenuto pochi mesi prima. In quell’occasione, mentre
ascoltava un attivista del sindacato semilegale delle macchine
pensanti, il piccolo robot ha inavvertitamente invertito i campi di
gravità della stazione spaziale dove lavorava, spedendo nel vuoto un
congresso di giovani manager rampanti e riempendo la sala congressi
di immondizia.
Inutilmente
la stampa radicale aveva sottolineato l’essenziale analogia di
contenuto della sala congressi prima e dopo l’inversione
gravitazionale: Conan era stato comunque arrestato e processato.
Il
processo – una semplice apparizione davanti ad un programmatore ad
un terminale di “Principe del Foro IV” – era stato celebrato
una decina di giorni galattici prima.
Il programmatore, con regolamentare casacca purpurea ed un cono di
vetro incollato alla fronte, aveva diteggiato sul terminale del
megacomputer le circostanze del reato ed aveva atteso i regolamentari
12 secondi per la risposta. (12 secondi erano stati giudicati da
un’equipe di ciberpsicologi il tempo necessario per indurre
nell’imputato una giusta dose di timore per la giustizia). Infine
sul monitor era comparsa la sentenza e l’operatore, posato il cono
di vetro, aveva indossato un paio di pantaloni di velluto a coste
color vinaccia, simbolo della certezza del diritto, ed aveva dato
lettura della sentenza.
“Visti
gli articoli… Sentite le testimonianze… tenendo conto delle
circostanze descritte, questa corte assolve l’imputato dal reato di
parcheggio abusivo in zona riservata agli impiegati del governo
galattico per non aver commesso il fatto.”
L’operatore,
partito liscio sulla prima riga aveva gradualmente abbassato la voce
per finire con un sussurro ed un colpo di tosse.
Conan,
certo della sua colpa aveva mormorato: – Dove devo andare per la
disattivazione?
Il programmatore non l’aveva neppure sentito. Aveva preso a pestare
sulla tastiera come un assatanato aggiungendo riferimenti, codicilli,
rimandi, bibliografia, casistica, riuscendo solo ad ottenere dal
cervellone la frase “BACIAMI STUPIDO”.
Conan
con un cigolio d’angoscia aveva ripetuto la domanda.
“Ma
va’ a Frt ffttre” aveva mugolato tra i denti l’affannatissimo
operatore. Conan aveva preso per un’indicazione il malaugurio e si
era affrettato a prendere il primo cargo spaziale diretto a
Ffrhtffttr alla ricerca dell’equipe di tecnici addetti alla
disattivazione.
Naturalmente
il lungo viaggio, l’ozio, la stanchezza, il rimorso, la
depressione, hanno messo a soqquadro la programmazione di Conan che
sta attraversando le pianure e le montagne del pianeta con addosso un
paio di occhiali da sole e stringendo al petto un anatroccolo di
peluche che, se stretto forte apre le ali ed il becco e modula un
“QUA!” prolungato.
Conan
si ferma ad un paio di metri da Ektell, distanza inimmaginabilmente
sconveniente e dice: – Salve!
Ektell
accentua il bianco-malva e non risponde.
Conan
si toglie gli occhiali da sole. Una rapida analisi biochimico-clinica
del suo interlocutore gli conferma di essere in presenza di una forma
biotica senziente. Ripete quindi il suo saluto, accompagnandolo con
il “QUA!” di Teodoro, il suo papero.
Nulla.
– Mi scusi, saprebbe indicarmi la più vicina squadra di
disattivazione?
Silenzio.
–
O il più vicino telefono?
Immobilità
assoluta.
–
Sa, é che sono stato condannato alla disattivazione su questo
pianeta, ma nessuno mi ha spiegato dove devo andare e come devo fare.
Poi l’ho vista qui, su questo bel monticello tutto solo e mi sono
detto “quel signore certamente é informato”. Così mi sono
permesso di disturbarla…
Ektell
si volta un poco mostrando una parte del suo occhio sinistro e
sibila: – Viahhh, sciò, scompari, fetido pezzo di metallooo!
Conan,
ormai abituato ad essere trattato con rudezza, sorride beato e
schiaccia l’anatroccolo.
–
Volentieri, signore, se avrà la gentilezza di indicarmi la
direzione…
–
Crepa!
–
Per l’appunto…
–
Che il tuo cadavere possa marcire per mille anni nella melma!
–
Non appena mi sarà possibile trovare…
–
Luridissimo fetente criminale!
–
Sua signoria ha pienamente ragione, ma…
Ektell
si gira completamente e fissa con gli occhi da presbite il piccolo
robot. Ucciderlo personalmente é fuori discussione: un assassinio
comporta un contatto fisico intollerabile. D’altro canto
quell’accidenti di arnese dimostra una perseveranza in altre
circostanze ammirevole e i Ffrhllffen stimano molto la perseveranza.
Quindi, dopo qualche secondo di esitazione Ektell decide di ricorrere
ad uno stratagemma per togliersi dai piedi quello scocciatore ed
assunto il verde squillante delle risoluzioni definitive punta un
dito verso l’orizzonte nuvoloso: – Là! – Dice indicando la
direzione presumibile di una base galattica. – Là troverai ciò
che cerchi.
Conan
si accende di riflessi violetti e tende la mano metallica verso
Ektell che la considera con pacato disgusto. Il piccolo robot rimane
per alcuni secondi in quella posizione patetica per poi ritirare la
mano in fretta. – Sua signoria ha ragione, ella non deve sporcarsi
la mano con un criminale come me.
Ektell,
arcistufo gli ha voltato le spalle.
–
Mi merito la riprovazione delle persone oneste, la loro condanna. Ma
sappia che io sono ben cosciente della gravità del mio reato ed é
con cuore grato che mi accingo…
–
Grrr…
–
Addio, Sua Grazia, e si degni di accettare il mio umilissimo
ringraziamento.
Conan
torna ad infilarsi gli occhiali da sole nella scarsa luce del pianeta
e riprende la sua marcia solitaria, felice per quell’incontro con
una persona così ricca di umanità e, ancor più risoluto ad
espiare, si dirige verso una sede ultrasecondaria della
Satan-Baal-Zebub & C.
Giuro,
non ci serve niente.
Abbiamo
già aspirapolveri, battitappeto, cosmetici, olio di oliva, Torri
di Guardia, Lotte Comuniste e siamo già abbastanza svegli così.Grazie.
E.
sfiora il pannello romboidale lievemente illuminato, come gli ha
insegnato a fare Mirella.
La
luce si spegne.
–
…azz…– Mugola e lo sfiora nuovamente.
Nel
mezzo della stanza si materializza un robot in tuta blu con una
grossa chiave inglese in mano.
–
Assistenza tecnica Nixxon: ovunque con voi nel tempo e nello spazio.
Qual é il vostro problema? Velocità, precisione e sicurezza sono
una nostra abitudine!
E.
che ha terminato già da parecchie ore le sue espressioni di stupore
e di meraviglia si limita ad una smorfia e accarezza ancora il
pannello. Naturalmente il meccanismo, qualunque sia, non funziona e
il robot ripete daccapo la sua tirata in falsetto agitando la chiave
inglese in modo minaccioso.
–
Non ci serve nulla. – Spiega E., con il tono di voce di uno
agganciato da una gentile vecchina ad una pesca di beneficenza.
Il
robot scuote la testa lentamente e fa scintillare il distintivo della
compagnia. – Cos’é questo rumore? – Fa con tono falsamente
casuale.
E.
allarmato si immobilizza ed ascolta: “Frrt, frrt, frrt, frrt.”
Fruscia l’ultraelastico. “Shhhhhhhh…” Sibilano i
condizionatori in funzione. “GIIInnnggggg.” Rotolinna
(rotola+tintinna, meglio di tintòla, credo) uno dei giganteschi
orecchini di metallo di Mirella in qualche angolo dell’astronave.
–
Sono gli orecchini. Gli orecchini di Mirella, mia cugina.
Il
robot infila il pollice nella bretella della tuta ed E. ha la
sensazione che stia per dire :“Certo bello, vieni un attimo a
spiegarlo al capitano in centrale.” Invece l’ologramma si limita
ad inarcare un sopracciglio ed a ripetere con tono minaccioso: –
Orecchini…
–
Giuro, sono gli orecchini di Mirella. Il fatto é che sono molto
grandi e che Mirella non vuole farsi bucare le orecchie e quindi li
perde facilmente..
–
…Facilmente, certo…
E.
coperto di sudore arretra cercando di sfiorare ancora il pannello, ma
l’intruso intuisce il suo gesto e fa un passo avanti. Il
sopracciglio del robot é sempre inarcato, le sue labbra pallide,
animate da un leggero tremito e tutto nel suo atteggiamento lascia
intuire l’imminenza di qualcosa di molto spiacevole per il suo
interlocutore. Certo, il robot è solamente la visualizzazione
olografica del programma per l’assistenza tecnica della Nixxon,
dalla quale Satan ha comprato l’astronave con un contratto che non
prevede un fisso per gli interventi tecnici nella speranza di
risparmiare, ma questo al momento sfugge alla comprensione di E. che
si appiattisce contro il muro ed all’incertezza preferisce un sano
panico.
–
AIUTO, qualcuno mi Aiiuutiiii! – Ulula, mentre il robot continua.
(Voce cavernosa) – Ormai non c’è più niente da fare, capito
bastardo? Ti decidi a parlare o devo dimenticarmi il regolamento?
(Voce pacata, paziente) Dai Joe, il ragazzo qui ci vuole aiutare, non
è vero? Il ragazzo si è sbagliato ma ci aiuterà, non è vero?.
–
Ma non c’é nessuno qui? Aiutaaaatemi!
(V.C.)
– Devo proprio spaccarti la faccia, eh? No Jim, è inutile perdere
tempo, non vedi che questo bastardo è marcio fino al midollo?
Perdiamo solo tempo, girati un momento e l’aggiusto io. (V.P &
P.) Ma no, Joe, ti ricordi con Sanchez? Gli hai rotto l’osso del
collo e poi il tenente ci ha messo di pattuglia per una settimana di
seguito.
–
Fuori dalle palle. – La voce metallica che interrompe lo show
della NIXXON – VENDITA E NOLEGGIO ASTRONAVI D’OCCASIONE proviene
dal robot di servizio dell’astronave, un ex- addetto alla
manutenzione delle condotte a gravità zero alto si e no un metro ed
assai poco antropomorfo, di nome Conan.
Lo
spot vivente della Nixxon considera il nuovo arrivato con disgusto.
Notoriamente i robot sono gli esseri meno suggestionabili della
galassia e quindi la sua programmazione, curata da un gruppo di
graduati in pensione della polizia di Altair, diventa del tutto
inefficace.
–
OK, piccolo, pagami il fisso per l’intervento e mi disattivo. –
Il software della Nixxon é tenace come una supermignatta di Deneb.
–
Il fisso fattelo pagare da tua nonna.– Conan quando non é depresso
é un tipetto tosto ed E. lo guarda con rispetto. Finora quando gli
aveva rivolto la parola l’unica risposta erano stati lunghi respiri
ed oscuri accenni a giovani manager perduti per sempre nello spazio
con per unica compagnia ventiquattrore metalliche e megarolex con
agenda incorporata.
–
Manderò la fattura ai tuoi capi. – Minaccia l’emissario della
Nixxon subito prima di impallidire e scomparire salutato da una
pernacchia misteriosamente prodotta in qualche angolo oscuro del
corpo di Conan.
–
Edoardo, cosa hai combinato? – La porta é scivolata di fianco per
lasciar passare Mirella in tuta da jogging di proprietà di Pelagio e
quindi rimboccata da tutte le parti e un orecchino in mano.
–
Come cos’ho combinato? Non é po-possibile per una v-volta che sia
qua-qualcun altro ad aver combinato a me?
La
grammatica e la favella di E. sono state le prime ad averlo
abbandonato in quei difficili frangenti e tardano ancora a tornare in
servizio.
–
Quegli accidenti di o-orecchini non puoi tenerteli senza f-farli
rotolare dapp- pertutto, eh?
Mirella
guarda E. poi guarda Conan, poi guarda di nuovo E., si produce in un
sorriso originariamente brevettato da Jack the Ripper e commenta: –
Ciò che hai tu che penzola non lo perdi di certo: ce l’hai nella
zucca al posto del cervello.
E.
medita un istante, apre la bocca alla ricerca di una risposta, che
come d’abitudine non trova e si accontenta di aggrottare le
sopracciglia, determinando l’istantanea discesa degli occhiali
dalla sella del naso sudato fino al suo estremo limite.
–
Se nessuno ha più bisogno di me andrei. – Modula Conan in tono
sepolcrale.
E.
si aggiusta gli occhiali e si china sul robot sorridendo. – Tutto a
posto e mille grazie.
–
Non mi ringrazi sua eccellenza, egli non sa nulla di me. – Conan
alza il capo e fissa gli occhi da moscone in quelli di E., ancora
nell’atteggiamento di un politicante che tenti di sollevare e
baciare un bambino.
–
Egli non sa del mio passato, dei miei crimini. – Continua il robot
passando dal tono sepolcrale a quello ultraterreno. – Dei fantasmi
che turbinano davanti alle mie pupille sintetiche a ricordarmi il mio
imperdonabile peccato…
E.
adesso ha la faccia di un politicante che abbia sollevato e baciato
un nano sessantenne e fa un passo indietro balbettando.
–
Ehm, sì… certo…non…
–
Fuori dalle palle, Conan, e di corsa.– Mirella fa la faccia feroce
ed il tono minaccioso ed il robot la guarda sollevato e si allontana
sferragliando giulivo.
–
Cos’hai da fare quella faccia? Conan é contento solo se lo
maltrattano. – Mirella si tocca la fronte. – Credo che abbia
qualche problema di programmazione.
–
Anche il pilota se é per questo. Anche la nave ed i suoi maledetti
gingilli ultratecnologici. Stavo cercando una finestra per dare
un’occhiata allo spazio e mi minacciano con un chiave inglese, poi
mi viene a salvare un robot matto e masochista, questo senza contare
la sala arredata come un’aula di scuola elementare, il pilota
vegetariano, i tuoi insulti, Rumpus che mi aspetta dietro tutti gli
angoli per graffiarmi le caviglie e il fatto che probabilmente non
rivedremo mai più la Terra…
Mirella
si stringe nelle spalle. – E chi se ne fotte di non rivedere più
la Terra? Tanto é un posto orribile, abitato da imbecilli.
–
…persi per sempre nello…COSA? – E. sbarra gli occhi da miope,
cosa che fa nuovamente scivolare gli occhiali e freme
dall’indignazione. – Mirella, ma non pensi ai genitori, al vento
che ci accarezza, ai mari, alla vista del sole velato dalla nebbia,
ai boschi, all’erba, agli animali, ai libri che non leggeremo, alle
partite che non potremo vedere, ai programmi che…
–
Palle. – Mirella spinge indietro i capelli scivolati sulla fronte e
controlla che l’unico orecchino che ancora indossa non si sia
infilato nel colletto della tuta. – La terra é diventata un cesso.
Gli animali crepano, i boschi ce li hanno bruciati, il sole spara
ultravioletti come una lampada UVA starata, la nebbia puzza di zolfo,
pubblicano solo libri di imbecilli e le partite sono truccate.
–
Non é vero, le partite non sono truccate! – Insorge E., poi
incontra lo sguardo di Mirella e la sua indignazione si raffredda di
colpo.
–
E il totonero?
–
Beh, forse qualcuna, ma il mondo del calcio é fondamentalmente sano.
E poi gli alberi si possono ripiantare, posso comprare l’acqua nel
vetro e…
– Piantala , E.. Queste sono idiozie. Non é l’acqua minerale nel
vetro il vero problema, semmai…– Mirella si interrompe, per un
attimo sembra meno sicura, quasi malinconica. – …Ma cosa me ne
importa di stare qui a farmi il sangue cattivo? La galassia è piena
di vita, altri popoli, altre culture. – Sorride amara. – Si fotta
la stupida, rissosa, puzzolente specie umana. Così sia.
E.,
che non ha mai conosciuto passioni di tale intensità, vorrebbe fare
qualcosa per consolare la cugina. La cosa più adatta gli sembra una
mezz’ora di coccole seguita da un paio d’ore di sesso tenero ma
appassionato e decide di intraprendere al più presto questo bel
programma cingendola per la vita, primo passo per trarla a sè e
baciarla.
“Siamo
i soli due esseri umani nello spazio di anni-luce.” Immagina di
dirle. “Siamo i soli padroni della nostra vita e del nostro futuro,
tutte le regole sono alle nostre spalle, bruciate come i ponti che
abbiamo lasciato alle nostre spalle.” Si infervora, senza
dimenticarsi di annotare che dovrebbe sostituire un sinonimo al
secondo “spalle”. “Solo noi, come Adamo ed Eva, i primi e gli
ultimi della nostra razza, pronti ad un futuro eterno di felicità…”
Mentre
avvicina il suo viso a quello di Mirella, snocciolando mentalmente la
sua prosa da collezione Harmony, E. si sente magnificamente, come non
gli era mai capitato in vita sua e ringrazia Pelagio, gli alieni e
persino Rumpus per aver creato quel momento irripetibile di intimità
con la cugina, inutilmente ricercato nelle sale cinematografiche e
nella sua scomodissima piccola auto.
Quando
“già le sue labbra sfioravano le labbra di lui ed un lungo brivido
caldo li attraversava, presagio dell’immensa felicità che li
avrebbe travolti come un lento vortice” proprio in quel momento lì,
quando insomma E. sta quagliando qualcosa, il secondo orecchino di
Mirella decide di raggiungere il pavimento, dove, Rumpus,
sopraggiunto nel frattempo, passa dall’indignazione alla foga
venatoria, vedendo il traditore allontanarsi rotolando.
–
Il mio orecchino! Rumpus, che diavolo…!
Mirella
si svincola dall’abbraccio e si butta all’inseguimento di gatto
ed orecchino, spariti dietro un angolo.
E.
, con la testa ancora ronzante delle mille stupende frasi che avrebbe
pronunciato, ci mette qualche secondo a capire che la colpa era stata
ancora una volta del gatto e fissa il vuoto davanti a sé.
–
Maledetto gattaccio…– Mormora a bassa voce per prudenza.
–
Qui Pelagio. Rilevata flotta di astronavi da guerra nel quadrante
FD12.56.4. Voialtri terrestri andate nelle navette di salvataggio che
io vedo cosa posso fare. Comunque se le cose dovessero
andare male ricordatevi di battere il codice “Milit.45” sulla
vostra unità di memoria della navetta: é per l’assicurazione.
Grazie.
2 commenti:
Ci sono ancora, leggo sempre con piacere questa trama sempre più multicolore.;)
@Nick: grazie, Nick. Fai parte di una pattuglia che, nonostante tutto, continua a leggere Calibano. È un'esperienmza curiosa averlo pubblicato on line gratuitamente, e, onestamente, avrei creduto di mollare dopo una decina di episodi. Viceversa il risultato mi rincuora ed è posssibile arrivi alla fine. Grazie a te e a tutti coloro che seguono il romanzo.
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