Cose
di tutti i giorni
–
Ma la pagano bene, Pelagio, per questo lavoro?
L’astronauta
Tartoide solleva il capo dalla consolle di comando della Voodoo,
inserisce il volo automatico e si adagia sullo schienale della
poltrona. Si risolleva un istante dopo, assesta un pugno alla
consolle ed annuisce soddisfatto constatando l’entrata in funzione
del circuito preposto al pilotaggio strumentale.
–
Diceva… Ah, sì: il pagamento. – Pelagio chiude per un attimo gli
occhi e li riapre lentamente. – Lei é giovane, vero signorina?
Mirella
annuisce.
–
Bene, io invece non lo sono per nulla. Eppure una trentina di anni fa
ho accettato un’offerta di lavoro, fidandomi delle assicurazioni di
Ahriman Godetai, una persona apparentemente molto per bene.
–
E così?
–
Sono stato regolarmente pagato per i primi due anni di lavoro, poi
gli stipendi hanno cominciato a saltare qualche mese. “Alcune
difficoltà passeggere” mi é stato detto. Attualmente sono
creditore verso la Società di duecentosettemila galattodindi più
gli spiccioli.
–
Ma ha fatto qualcosa per recuperare il suo credito?
–
Certo, ogni volta che torno su Gomorra vado a protestare da Ahriman
che mi dà qualche galattodindo e aumenta il mio stipendio teorico.
Ormai credo di essere pagato come un funzionario anziano del governo
galattico, ma se provassi mai a chiedere i miei soldi per la società
sarebbe il fallimento.
–
Ma non é giusto, é una truffa. Non esistono sindacati da voi? –
Insorge Mirella.
Il
tartoide fa una specie di sorriso, di quei sorrisi timidi e pensosi
che sulla Terra riescono bene solo ai nonni della pubblicità, e
scuote il capo.
–
Esistono eccome. Ma se la Società chiude io cosa ci guadagno? Mi
sono affezionato a questa nave ed al mio lavoro. Mi piacciono i ratti
ed i mici e anche Foxtrot non mi sembra poi un pianeta così brutto.
E per quanto riguarda gli uomini, almeno alcuni non sono poi tanto
peggio di tanta altra gente.
–
Ma lei ha famiglia? – Chiede Mirella, temendo di sembrare una
trepida fanciullina. Se riesce a tollerarlo è solo per l’invincibile
simpatia che le ispira il tartoide, simile come una goccia d’acqua
alla tartaruga di peluche dalla quale, bambina, non si staccava mai.
–
Come no? Sono padre di una trentina di tartoidi. Ogni tanto mi
scrivono o mi chiamano col Teleimago. Sono sparsi un po’ per tutta
la galassia, ma hanno fatto una buona riuscita.
Mirella
tace, perplessa. La risposta di Pelagio sembra mancare di qualche
particolare fondamentale che al momento non riesce ad afferrare.
– Prima o poi dovrò decidermi e chiedere un po’ di ferie –
osserva a bassa voce il pilota dopo qualche secondo di silenzio. –
Il Tempo dell’Onda é già venuto e non posso saltarlo un’altra
volta. È vero?
Mirella
si porta una mano alla bocca, mordendosi le labbra: chissà se
Pelagio vuole davvero una risposta a quella domanda e, soprattutto,
quale sarà mai la risposta giusta?
–
N-no, non credo. – Tenta alla fine con voce quasi impercettibile.
–
Eh, già. Poi Theri non me lo perdonerebbe mai. Andare un’altra
volta alla Cupola dei Nuovi per le sue uova non é una bella cosa,
vero?
–
Certo, no. – Approva Mirella sempre più confusa ma rincuorata per
aver imbroccato la prima risposta.
–
O magari potrebbe arrangiarsi con Julius, quel perticone imbecille, e
questo non potrei sopportarlo, eh no! Bisogna che risolva il
problema. – La guarda per un attimo. – Lei non sa guidare una
nave, vero?
–
Temo di no. – Dichiara Mirella compunta.
–
Dovrò aspettare che questa missione sia finita, allora. Non é che
l’altro… Ma no, figurarsi.
–
No, nemmeno Edoardo é capace. – Conferma Mirella, felice che il
cugino non sia nei dintorni ad affermare spudoratamente di saper
portare un’astronave pur essendo all’ultimo posto nel bonus-malus
della sua RC auto.
–
Non é che sia difficile, sa? Però ci vorrebbe troppo tempo… Lo
vuole un caffè?
–
Certo. Dove siamo ora?
–
Un bel po’ fuori dal sistema di Foxtrot. Dove si é cacciato suo
cugino?
–
Starà dormendo.
–
Probabile. Preferisce panna o latte?
Mirella
sorride. Non lo ammetterebbe mai ma uno zio come Pelagio è sempre
stato il suo sogno. – Panna, grazie.
Gente
noiosa
In
tutta la galassia l’immortalità è una consuetudine banale, un
argomento di conversazione talmente scialbo da non meritare neppure
un fuggevole accenno, nemmeno in una sala d’aspetto o in ascensore.
Anche
il nome legato alla sua scoperta, quello di Malinconico Blues, soffre
della stessa sorte di argomento saputo, desueto e poco stimolante,
caratteristiche che, tutto sommato, ben si attagliano alla
personalità dello scopritore del principio del “Tempo Prolungato
Soggettivo”.
Malinconico
Blues è nato, cresciuto e tuttora residente su Detrito Umido, un
pianeta dotato di due caratteristiche principali: il record galattico
di piovosità, cioé di 400 giorni di precipitazioni in un anno di
402 giorni ed il più elevato numero di Grandi Maestri di Scacchi
dell’universo conosciuto.
È
un individuo timido, leggermente balbuziente, pignolo, abitudinario,
afflitto da miopia psicosomatica e soprattutto un’assoluta schiappa
davanti alla scacchiera e in generale in tutti i giochi di società.
Oltre a questo Malinconico è una creatura dalla conversazione
ingessata come un’inchiesta sulla sessualità pubblicata da
Famiglia Cristiana, non è dotato di talenti da narratore, è
sessualmente prevedibile e quando si ubriaca dorme. È quindi
radicalmente inadatto a frequentare le dissolute e allegrissime feste
che si tengono da tempo immemorabile su Detrito Umido.
Resta
da dire infine che è un individuo bruttino – una specie di
trampoliere dagli occhi cipollosi – appassionato solo di argomenti
come la vita degli insetti sociali, la percezione del sé nel coma
profondo o la depressione nel romanzo contemporaneo, tutti temi sui
quali, beninteso, riesce a dire più o meno quattro parole prima di
incepparsi fissando smarrito l’interlocutore.
Insomma,
Malinconico Blues è ciò che in ogni società verrebbe definito un
IMBRANATO MICIDIALE (purga, piattola, quaresima, penitenza, piaga,
palla terrificante, angoscia, peso ecc. ecc.)
Come
si può facilmente intuire, se normalmente la settimana lavorativa di
Malinconico Blues è deprimente, le serate noiose fino al dolore
fisico, i sabati piatti e deludenti, ciò che veramente è quasi
mortale per Mally (devastante nomignolo affibbiatogli dalla compianta
zia Ortensia) è la domenica pomeriggio piovosa di Detrito Umido,
quella domenica pomeriggio che i suoi simili trascorrono con giochi
di società, accanite partite a scacchi, maratone sessuali o
banchetti della durata di un giorno, ravvivati da conversazioni
scintillanti di intelligenza e buonumore e da barzellette raffinate
ed esilaranti. (Malinconico si ricorda solo una barzelletta, per
giunta piuttosto cretina, che tutti conoscono già, ma che comunque
non sa raccontare).
Le
domeniche pomeriggio di Malinconico Blues, grigiastre, umidicce ed
eterne, formano tuttavia la base concettuale della teoria del “Tempo
Prolungato Soggettivo”, il ben noto fenomeno per il quale, quando
la festa si affloscia, qualunque orologio osservato e riosservato
dopo l’intervallo di un’ora, afferma spudoratamente che sono
passati solo 5 minuti o anche meno.
Mally,
alla disperata ricerca di un passatempo purchessia (anche piuttosto
noioso come lo studio della percezione soggettiva del trascorrere del
tempo) dopo ripetute osservazioni, l’uso di computer ultramoderni,
agguati ripetuti alla pendola del salotto, – appartenuta alla zia
Ortensia, spentasi dolcemente mentre ascoltava il racconto di un film
visto dal nipote – giunse infine a scoprire l’esistenza della
RCN. La “Reazione Cronoattiva Neuroendogena” è un meccanismo
neurobiologico in grado di influenzare la percezione biologica del
tempo ed i processi ad essa correlati, determinata da una zona del
neopallio deputata a decidere se uno se la sta spassando o meno.
Alla
scoperta della RCN fece seguito l’osservazione nota come “del
cronomasochismo”, ossia la constatazione che per qualche perverso
motivo la sunnominata zona del cervello si preoccupa di prolungare la
durata soggettiva del tempo nei momenti di noia abissale
provvedendo,per converso, a ridurre i tempi di reale divertimento,
fenomeno che chiunque può verificare a casa propria con minima
spesa.
Mally
realizzò in seguito artiginalmente la prima RCN artificiale
utilizzando due computer modello Drago 2000, la pendola, la
registrazione ultraperfezionata di una pioggia sottile ed uggiosa,
una saliera in forma di pastorello piangente e il puzzle mai
terminato di un paesaggio sotto la pioggia.
Attualmente
ogni membro senziente delle civiltà galattiche porta con sé un
piccolo induttore di RCN, la cui funzione fondamentale è quella di
convincere la propria porzioncina di cervello che ci si sta
mortalmente annoiando, inducendo una serie di meccanismi endogeni
tali da prolungare la vita indefinitamente.
Uno
degli aspetti più interessanti della scoperta di Mally è il fatto
che questa ha permesso di stabilire che in ogni razza senziente e
semisenziente, nonostante le enormi differenze evolutive e
filogenetiche, esiste una frazione del cervello incaricata di creare
una RCN, osservazione che ha indotto taluni etologi e biologi
evoluzionisti a postulare la necessità della noia come meccanismo di
autodifesa dell’organismo e a denunciare la fondamentale
pericolosità del divertimento.
Naturalmente
questo genere di scienziati non è abitualmente invitato alle
festicciole tra membri dell’università, soprattutto a quelle un
po’ movimentate e a maggior ragione a quelle dai risvolti piccanti.
Resta
da dire, per smorzare facili entusiasmi, che una delle precauzioni da
prendere nell’uso di un induttore di RCN, è la necessità di
autoinfliggersi un paio d’ore di noia intensa e genuina ogni tre o
quattro giorni, esigenza legata a talune caratteristiche
neurorecettoriali della zona cerebrale coinvolta. Questo permette a
predicatori intolleranti, oratori dall’eloquenza mortale,
politicanti trombati, musicisti perennemente scordati e registi di
film dogma di riempire parchi, aule, cinema e luoghi di
esibizione tra i più vari di un pubblico rassegnato e sbadigliante,
pronto ad inferocirsi unicamente nel caso improbabile dell’apparire
da lontano di qualcosa anche solo tiepidamente interessante.
In
quanto a Malinconico Blues, ora molto più ricco e decisamente più
popolare di un tempo, grazie alla piaggeria dei suoi concittadini
vince sempre a scacchi, possiede diversi grossi volumi di barzellette
che il Primo Attore dell’Accademia Imperiale di Prosa di Rigel gli
insegna a raccontare, stipendia sei maestri di Conversazione Fine del
Supremo Cenacolo della Mondanità di Kokteilparti, ha numerose amanti
ma continua a provare un’inspiegabile nostalgia per le domeniche
pomeriggio passate ad ascoltare il vecchio pendolo della Zia
Ortensia.
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