Seconda parte del commento al libro di Federico De Vita, Pazzi scatenati. Un po' più vicino, credo, ai problemi quotidiani di tanti lettori e di non pochi blogger-scrittori.
Qualche citazione, che renderà il libro più vicino a chi legge, e qualche riflessione, tanto per guadagnarmi un po' di antipatie.
Una delle cose che dicevo nella prima parte di questo intervento riguardava le crescenti difficoltà della piccola e media editoria. Difficoltà a comparire e rimanere sul mercato, difficoltà a produrre libri, a trovare e pagare collaboratori e autori. E qui la prima citazione, dalla prima edizione del libro:
[...] ebbene in nessun caso, in nessun caso mai tranne che nell'editoria mi è capitato di non essere pagato. Niente ore notturne comprese nel prezzo, mai ho visto ritenere ordinario il lavoro nei week-end, mai ovvio il fatto che gli spostamenti fossero a mie spese, niente di tutto questo mai tranne che con le case editrici. Davvero, vale la pena?
Quando era ancora libraio sentivo spesso lamentele del genere: «Ha sgobbato per tradurre / scrivere / preparare un libro e non ha ancora visto un quattrino. Nè, probabilmente, l lo vedrà mai.» All'epoca deprecavo ma, da un certo punto di vista, non mi stupivo. Chi lavora "nei libri" sa che viviamo in un paese ignorante come un turacciolo e che i soldi che girano sono molto, molto pochi. Certo, qualche volta veniva fuori che l'editore con i soldi di autori, redattori e traduttori si era fatto la villa in qualche resort ma erano casi rarissimi. Più probabile che emergesse che l'editore per fare fronte ai debiti nei confronti dei distributori si era venduto "la casa, il cascinale, la mucca, la scatola degli scacchi, i dischi di Little Tony..." come cantava una vecchia canzone di Dario Fo. E la domanda rimane lì: «Ma davvero, ne vale la pena?».
I distributori. Poco noti, poco appariscenti ma estremamente potenti da un punto di vista economico e funzionale:
[...] quando un editore mette in distribuzione dei libri riceve dal distributore in pagamento l'intero valore di quei titoli. [...] Naturalmente non tutte quelle copie saranno vendute – anzi! – e quando sei mesi dopo l'editore se ne vedrà arrivare in resa settecentotrentadue dovrebbe a sua volta rimborsare il distributore per queste copie, ma a questo punto anziché ripagarlo può dargli in distribuzione altri libri [...] [e] non si limiterà a coprire con i nuovi libri il debito dei vecchi ma gliene darà di più, con l'illusione di ripianare il debito e mettersi in tasca due lire. Naturalmente così facendo l'editore non fa che aumentare la propria esposizione nei confronti del distributore, che sei mesi dopo gli renderà più libri della volta precedente. Ad libitum. [...] Ad libitum fino al fallimento (dell'editore).
Questo è il meccanismo di distribuzione di gran parte degli editori medi e di cultura italiani. Qualcuno si stupisce se editori come Bollati Boringhieri o Garzanti o Vallardi o Guanda o l'editrice Nord abbiano finito per diventare proprietà del gruppo GeMS, proprietà al 73,77% di Messaggerie Libri, principale distributore italiano? Se vi chiedevate perché mai la Nord non pubblica più sf, avete qui la risposta: perché la sf è un genere largamente secondario per il pubblico italiano e non esiste interesse a far crescere un pubblico se è possibile cavarsela con qualche titolo importato di forte impatto. Qui, se volete, potete dare un'occhiata alle novità dell'attuale editrice Nord. Fantasy+Teo/horror+Dark ultrasentimentale+ purafuffa.
Il secondo distributore italiano era la PDE. Ora divenuta di proprietà di Feltrinelli. Che è anche proprietario di una grande catena di librerie. Che poi sarebbe il luogo dove è stato inventato un meccanismo di distribuzione speciale per i piccoli e piccolissimi editori:
Prendono lo stesso questi libri in deposito [1] ma in realtà non li tolgono nemmeno dagli scatoloni [...] poi riconsegnano gli stessi colli senza che i libri siano passati dagli scaffali. [...] Dopo trenta giorni quel titolo finisce direttamente in resa. Pagando dopo cinque mesi [2] il distributore fa in tempo ad accreditargli la resa senza emettere fattura. [...] Così facendo Feltrinelli fa la bella figura di comprare dei libri della piccola editoria pur sapendo che non li venderà: li metterà in resa e non li pagherà. [3] (Pasquale Colaps, ex-direttore PDE di Roma)
Questo il panorama, a una risoluzione appena maggiore del post di un paio di giorni fa. Se molti lettori hanno la sensazione che la gamma dei libri disponibili in commercio stia chiaramente peggiorando - per varietà, per temi, per tempo di disponibilità, per qualità della composizione, per qualità intrinseche e formali - è difficile dargli torto. I grandi editori, quelli dei quali sono piene a scoppiare le librerie rimaste, puntano su incassi facili e veloci e non hanno nessun interesse a coltivare un pubblico sveglio, vivace, esigente... un pubblico laico, nel senso che diffida delle folate misticheggianti. Date un'occhiata ad alcuni titolo della homepage di Newton Compton e capirete che cosa intendo.
...
E gli autori?
Ci sono anch'io in questa risma di disperati.
Poco fiduciosi nei pochi editori decenti tentiamo strade nostre. Modi per arrivare a essere letti e magari mettere insieme una miserevole mancia senza dover pagare nulla a nessuno. Si fa bene?
In linea di massima sì. Internet esiste anche per dare una (piccolissima) possibilità a autore dimenticati o trascurati. Tanto è vero che se n'è accorto anche il grande Amazon.com che offre a tutti la possibilità di apparire su un sito affollato, vivace, anche a chi di informatica ne capisce meno di nulla [4]. L'unica condizione richiesta da Amazon agli autori che pubblicano e.book è l'uso del proprio e-reader, il kindle, e del proprio standard il .mobi. Sembra una sciocchezza, in fondo se mi pubblicano potranno pure scegliere lo strumento che pare a loro, no?
No, personalmente non lo credo.
Non credo nella fondamentale bontà di Amazon.com - come non credo in quella di Mondadori, peraltro - e non penso che l'uso del kindle sia una semplice scelta personale.
Lo so, si rischia di scivolare nella sf distopica e in fondo temo di essere il soggetto giusto per farlo. Senza contare che non ho nessuna simpatia per chi non distribuisce i miei pochi libri dichiarandoli tutti esauriti mentre le altre librerie on line li commercializzano senza problemi... Fatto sta che non approvo che in prospettiva esista uno strumento di comunicazione soggetto a proprietà che rischia di diventare prevalente. Non desidero che Amazon.com arrivi a poter decidere che cosa si può leggere e che cosa non si deve leggere.
In fondo è pura dottrina liberale, niente sparate da comunista perduto nella jungla.
Ma di questi tempi persino un punto di vista liberale rischia di passare per terrorista...
[1] la cessione in conto deposito significa la possibilità di pagare esclusivamente le copie vendute entro un tempo dato. In genere è la forma di cessione del piccolo editore verso la libreria.
[2] una libreria indipendente paga in genere a 60 gg.f.m.d.f (fine mese data fattura). Le Feltrinelli pagano a 150 gg. per ovvi motivi di peso del fatturato.
[3] Non so se qualcuno ricorda una certa pubblicità sul "vedere il proprio libro in commercio da Feltrinelli". Ovvero "Quando Pinocchio incontra il gatto e la volpe."
[4] I passaggi sono essenziali nella politica di Amazon. Più o meno come in un vecchio calembour: «Entrino siori e siore, più gente c'è, più bestie si vedono»
Questo il panorama, a una risoluzione appena maggiore del post di un paio di giorni fa. Se molti lettori hanno la sensazione che la gamma dei libri disponibili in commercio stia chiaramente peggiorando - per varietà, per temi, per tempo di disponibilità, per qualità della composizione, per qualità intrinseche e formali - è difficile dargli torto. I grandi editori, quelli dei quali sono piene a scoppiare le librerie rimaste, puntano su incassi facili e veloci e non hanno nessun interesse a coltivare un pubblico sveglio, vivace, esigente... un pubblico laico, nel senso che diffida delle folate misticheggianti. Date un'occhiata ad alcuni titolo della homepage di Newton Compton e capirete che cosa intendo.
...
E gli autori?
Ci sono anch'io in questa risma di disperati.
Poco fiduciosi nei pochi editori decenti tentiamo strade nostre. Modi per arrivare a essere letti e magari mettere insieme una miserevole mancia senza dover pagare nulla a nessuno. Si fa bene?
In linea di massima sì. Internet esiste anche per dare una (piccolissima) possibilità a autore dimenticati o trascurati. Tanto è vero che se n'è accorto anche il grande Amazon.com che offre a tutti la possibilità di apparire su un sito affollato, vivace, anche a chi di informatica ne capisce meno di nulla [4]. L'unica condizione richiesta da Amazon agli autori che pubblicano e.book è l'uso del proprio e-reader, il kindle, e del proprio standard il .mobi. Sembra una sciocchezza, in fondo se mi pubblicano potranno pure scegliere lo strumento che pare a loro, no?
No, personalmente non lo credo.
Non credo nella fondamentale bontà di Amazon.com - come non credo in quella di Mondadori, peraltro - e non penso che l'uso del kindle sia una semplice scelta personale.
Lo so, si rischia di scivolare nella sf distopica e in fondo temo di essere il soggetto giusto per farlo. Senza contare che non ho nessuna simpatia per chi non distribuisce i miei pochi libri dichiarandoli tutti esauriti mentre le altre librerie on line li commercializzano senza problemi... Fatto sta che non approvo che in prospettiva esista uno strumento di comunicazione soggetto a proprietà che rischia di diventare prevalente. Non desidero che Amazon.com arrivi a poter decidere che cosa si può leggere e che cosa non si deve leggere.
In fondo è pura dottrina liberale, niente sparate da comunista perduto nella jungla.
Ma di questi tempi persino un punto di vista liberale rischia di passare per terrorista...
[1] la cessione in conto deposito significa la possibilità di pagare esclusivamente le copie vendute entro un tempo dato. In genere è la forma di cessione del piccolo editore verso la libreria.
[2] una libreria indipendente paga in genere a 60 gg.f.m.d.f (fine mese data fattura). Le Feltrinelli pagano a 150 gg. per ovvi motivi di peso del fatturato.
[3] Non so se qualcuno ricorda una certa pubblicità sul "vedere il proprio libro in commercio da Feltrinelli". Ovvero "Quando Pinocchio incontra il gatto e la volpe."
[4] I passaggi sono essenziali nella politica di Amazon. Più o meno come in un vecchio calembour: «Entrino siori e siore, più gente c'è, più bestie si vedono»
4 commenti:
Quanta deprimente verità.
@Il Moro: grazie del commento. Purtroppo di verità di questo genere sono stati pieni gli ultimi vent'anni della mia vita. Ma si tratta, come ho scritto, di una ragione postuma. Le librerie, compresa la mia, continuano a chiudere e la situazione non fa che peggiorare. D'altro canto siamo nel mezzo di un guado. La nuova editoria - se Amazon la lascia vivere - prospera nelle connessure on line. È impossibile distruggere il desiderio di un certo genere di persone di leggere. Grazie al cielo.
Nonostante abbia letto e visto tante cose "buone" riguardanti Amazon anche io continuo ad avere un certo disagio a riguardo.
Mi spaventa il potere enorme che ha acquistato e mi preoccupa anche il fatto che sia diventato di fatto il referente più grande e spesso l'unico possibile.
Ammetto di usarlo anche io molto a discapito degli altri.
Per questo non amo il fatto che abbia il suo formato per gli ebook, non mi piace la sua politica sui DRM. Però alla fine non ci sono molte altre alternative.
Ad esempio pensi che quando distribuirai ALIA in digitale riuscirai a fare a meno di Amazon?
@Cily: scusa per il ritardo nella risposta ma sono stato fuori tutto il pomeriggio... Appunto, anch'io non ho simpatia per Amazon, anche se l'ho utilizzato per lavoro. Resta il fatto che la sua sede sociale in Lussemburgo può dare un'idea sulla sua "peculiarità" tributaria. Oltre a tentare di imporre kindle a tutti, non pagano tasse in nessuno dei paesi europei principali, versando una miseria in percentuale nel nostro simpatico granducato. Quanto ad ALIA ne dovremo parlare, anche se le alternative non mancano. LuLu, ad esempio.
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