Non sono un fotografo, come sapete, nemmeno un tentato fotografo, ma per raccontare a chi non la conosce la situazione a Torino - e suppongo anche nel resto dell'Italia - non c'è nulla come il linguaggio delle immagini.
A Torino c'è una via, posta a fianco della centralissima Via Roma, dedicata al passeggio. In piena ZTL (zona transito limitato), isola pedonale con panchine, alberelli ben curati, leggiadri lampioni. Duecento metri perfettamente disponibili per lo shopping e in certe ore anche per la lettura o l'ozio più sfrenato. E fino a un paio d'anni era più o meno così. Ricordo di avervi passato in almeno due occasioni una mezz'ora in compagnia di un buon libro in attesa di mia figlia o di mia moglie di ritorno dall'università o da qualche commissione.
Si chiama Via Giovanni Amendola e continua ad avere un'apparenza gradevole. Senonché,
Il problema della via è lentamente cresciuto fino ad essere divenuto in apparenza irrisolvibile.
I negozi che una volta erano presenti si trovano in immobili in larga parte di proprietà di banche. La crisi ha colpito - come ovunque - a fondo, riducendo drasticamente i clienti e la loro disponibilità di liquido. Conseguenza i negozi hanno chiuso. Altre attività, come è accaduto in periferia, avrebbero potuto subentrare. Certo non si tratterebbe di negozi di lusso ma molto probabilmente di negozi di casalinghi a basso prezzo o outlet d'abbigliamento, ma comunque meglio di una serie di serrande abbassate.
Solo che le banche hanno indicato un valore X sui propri bilanci e affittare a un valore troppo basso i negozi ne comporta automaticamente una perdita di valore. E le banche non possono permettersi minusvalenze nella situazione patrimoniale.
Il risultato è quello di una via dove sopravvivono in tutto tre o quattro negozi su una ventina. Dove sedersi in panchina ha il gusto ballardiano di un picnic in una Terra post-apocalisse.
La situazione di Via Amendola mi è tornata in mente in questi giorni di affannosi scrutini per la presidenza della Repubblica e di una crisi politica che non sembra avere uscita. L'apparente asinina idiozia delle banche - che ha comunque un senso ben preciso in termini gestionali, tanto da non permettere loro un minimo di elasticità - ha qualcosa che mi ricorda fatalmente la meschina stupidità del PD di questi giorni.
La situazione di una città credo proprio dovrebbe essere decisa dai cittadini. Il diritto di proprietà dovrebbe essere quantomeno discusso, l'ammistrazione civica dovrebbe fare qualcosa di più che presenziare vestita di nero, i cittadini...
No, vabbè, ma che lo dico a fare?
Oggi è un giorno no, abbiate pazienza.
4 commenti:
Le Banche sono le maggiori responsabili di questa crisi mondiale, e noi stiamo pagando per i loro sbagli.
L' ho detto e non ho voglia di aggiunhere altro!
@Nick: un tipetto piuttosto incazzoso, ein echter rote, negli anni '30 aveva detto che è un peccato peggiore fondare una banca che rapinarne una. Quando lo lessi la prima volta sorrisi ma senza capire fino in fondo che cosa intendesse. Poi, col tempo, ho capito che cosa avesse in mente il nostro BB e non potuto che dirmi seriamente d'accordo con lui.
Purtroppo hai reso bene l'idea. Anche nel mio piccolo orto i negozi chiudono, solo che perlomeno subentrano altre attività - uffici di società di spedizioni, agenzie immobiliari, un supermercato e un bazar cinesi. Però, boh... il mondo cambia ma resta in vita. Quella strada mette tristezza.
@SX: qui no, non subentra nessuno. E ripassare in una strada che una volta era movimentata ed ora è un cimitero non fa bene al cuore. Ma d'altro canto le banche DEBBONO produrre utili per gli azionisti. Giusto?
Posta un commento