Dove dovrebbe esserci la Terra, almeno secondo il «Grande Atlante Galattico Pestalozzi», c’è invece una serie di luci giallastre e fioche che si accendono in successione e lampeggiando a lungo compongono il profilo di un cowboy che si scola un boccale di birra.
Sotto,
corsivo in lettere rosse, c’è scritto «Da Mabel». La M è un
po’ più chiara e la “e” è spenta.
Chi
fosse molto diffidente o nutrisse una grande fiducia nel Pestalozzi
potrebbe arrivare a misurare il campo di gravità della stazione di
servizio, tanto per constatare che i valori sono scarsi come
probabilmente lo é la sua birra e la sua musica.
Altra
sgradevole scoperta per l’ipotetico incredulo sarebbe che l’odore
degli hotdog e dell’olio rancido da frittura d’epoca è in grado
di impregnare i vestiti anche alla distanza di un milione di
chilometri.
Gli
ultradiffidenti o gli amanti dei locali di questo genere (molti dei
piloti della flotta mangiasabbia sono stati astrocamionisti)
potrebbero parcheggiare l’astronave nello spiazzo dietro la
stazione di servizio, battuto dai meteoriti e dal vento solare,
spingere la porta a vetri coperta da un dito di polvere, dove
qualcuno ha scritto a pennarello “Barbie fa godere” ed entrare.
–
Buonasera. – Neurite, in jeans macchiati di unto e camicia di tre
misure troppo grande saluta i quattro individui che si guardano
intorno con aria disgustata e l’olfatto sul chivalà. – Una
birra? – Il coniglioide chiude un occhio, annusa il bordo della
sua pelliccia, fa una smorfia e dice: – Cerchiamo un posto. La
Terra, mai sentita?
Neurite
asciuga vigorosamente un boccale e sbircia sotto il bancone per
controllare il funzionamento del moderatore di gravitoni, arnese che
assorbe il campo gravitazionale emesso dalla Terra riducendolo a
quello di un autogrill piuttosto scassato.
–
Chiamo il padrone.
–
Tu ragazzo non sai niente? – Chiede un’altro dei quattro, un
mangiasabbia in smoking di cellophan.
–
Io non mi muovo mai da qui, capo. Solo ogni tanto un salto giù in
città a comprare qualcosa, capo. Sono ignorante come un barattolo,
capo.
–
Non ne dubito capo. Chiama il padrone capo.– Replica Aquila Yò-yò.
Neurite
assume un’aria più perplessa che irritata e sparisce dietro una
tenda costellata di bruciature di sigaretta.
–
Io mi farei una birra. – Annuncia Comi Stuntz, un disertore
Kerrabbia ex-astrocamionista sulla rotta Durango – Oakland
sull’orlo occidentale della Nube di Magellano.
Gli
altri tre lo guardano con evidente disgusto.
–
Siamo qui per trovare Foxtrot non per sgavazzare. – Puntualizza
Somis Ra.
–
Non rompermi gli organi. – Replica il Kerrabbia.
–
Se ti vuoi avvelenare… – Aquila Yò-yò si stringe nelle spalle.
–
Ehi, bambina, portami una birra. – Grida Stuntz.
Mirella
smette di pulire il pavimento con uno straccio sporco di segatura e
sputa per terra.
–
Devo ancora pisciare, poi te la porto, wally.
Comi
Stuntz fa una risatona.
Somis
Ra impallidisce ed inghiotte a vuoto.
–
Con comodo, non abbiamo fretta. – Dice Aquila Yò-yò.
–
Allora consumate.
–
Tre birre ed un vetro rotto. – Shiddigh’Sh, il luminoso
ortosinclino, é uno che non ama le discussioni.
–
Vado. – Mirella salpa in direzione del bancone ed incrocia Pelagio
nella parte del gestore, in tuta rossaggiallaebblù e scritta «Kotex,
il carburante del futuro.»
–
Certo. Mai sentito parlare di Foxtrot o della Terra, come la chiamano
da queste parti?
Pelagio
guarda con aria stupita l’ex-speaker del parlamento galattico e fa
cenno di no con la testa continuando a masticare uno stuzzicadenti.
–
Ho saputo che é stata distrutta.
–
Palle. – Il coniglioide inarca un solo sopracciglio, cosa che
ritiene sottilmente minacciosa. – Era solo una simulazione con un
bel generatore di gravità in mezzo. Le nostre carte ci dicono che
Foxtrot dovrebbe essere qui, al posto di questo fottuto buco, hai
capito lattugone?
Il
Tartoide mastica meditabondo lo stecchino mentre sogna di annodare le
orecchie di Aquila Yò-yò che ha usato il nomignolo spregiativo che
le altre razze riservano ai tartoidi.
–
C’era un pianeta, qui una volta…– Inizia Pelagio.
–
E… – Fanno in coro gli ospiti.
–
Serviti! – Urla Mirella piazzando una birra ciascuno davanti a
Somis Ra, Aquila Yò-yò e Comi Stuntz ed un piattino di cocci di
vetro per Shiddgh’Sh. Il Kerrabbia beve la birra d’un sorso e
grida: – Un’altra! –
– Allora, c’era un pianeta… – Il mangiasabbia sgranocchia i
frammenti di vetro come patatine e commenta: – Potevate anche
lavarli.
–
Un pianeta messo su da una ditta di pianeti-vacanze, prima che
aprissi questa stazione…
–
Questo lo sappiamo. – Taglia corto il coniglioide.
–
L’hanno demolito, credo, per qualche cacchio di legge galattica.
Aquila
Yò-yò non replica, intento a scrutare le scarpe da ginnastica di
Mirella ed immaginando i deliziosi piedini che contengono. Shiddig’Sh
termina di ingoiare un pezzo di vetro ed ordina un bicchiere di
sabbia fine e umida.
–
Sicuro? – Chiede poi.
–
Abbastanza. Comunque posso chiedere a mio nipote, che é un tipo
sveglio.
–
Fai così
–
Edoardo! – Chiama Pelagio.
E.
si presenta al tavolo in giubbotto di finta pelle nera, jeans
attillatissimi e foulard cachemire violetto e marrone. Aquila Yò-yò
avverte una fitta dolorosa al proprio buon gusto e fa una smorfia.
–
Tu che sei un tipo sveglio… – Inizia. Poi lo guarda in faccia e
gli crollano le orecchie. – Vabbè. Cosa sai di Foxtrot?
–
L’hanno venduto a pezzi, le scogliere, le montagne migliori, le
spiagge, alcune isole, ma non hanno nemmeno recuperato i soldi.
I
quattro seduti al tavolo si guardano. – Com’é che fino ad una
settimana fa la Terra C’ERA?
–
Una simulazione pubblicitaria. – Spiega E. – In giro ce ne devono
essere a dozzine. Del tipo: “vedete cosa sappiamo fare?”
–
Sei capace di parlare senza masticare? – Dice il Kerrabbia.
E.
inghiotte il ciclez con un gran movimento di pomo d’adamo.
Aquila
Yò-yò solleva gli occhi al soffitto, sospira e beve un sorso di
birra annacquata.
Somis
Ra si guarda intorno con espressione sospettosa, come se pensasse di
vedere la Terra nascosta sotto uno straccio. – Secondo me
raccontano un sacco di frottole, dovremmo portarli sulla nave ed
interrogarli meglio. – Fa gli occhiacci a Comi Stuntz, autore di un
rutto primordiale, ma il Kerrabbia lo ignora e ne ordina un’altra.
Aquila
Yò-yò ferma lo sguardo a turno su Pelagio, Neurite, Mirella ed
infine sul foulard di E. e scuote la testa.
–
Ma cosa vuoi cavare da un lattugone e da questi due imbecilli? Una
volta o l’altra gli fregheranno il culo e se ne accorgeranno solo
quando tenteranno di sedersi. Andiamo.
I
quattro si alzano. Il kerrabbia mette mano al portafoglio ma
Shiddigh’Sh lo precede.
–
Tenete. – Il mangiasabbia estrae da una tasca un’ametista grossa
come un mandarino e la porge a Pelagio. – Resto mancia.
(Due
volte su tre i mangiasabbia saldano il conto nei locali con una
raffica di disintegratore, ma sono anche noti per lasciare mance
principesche e in definitiva sono clienti molto ambiti dai gestori
più avidi e più coraggiosi).
–
Ragazza! – Chiama Aquila sul punto di uscire.
–
Che vuoi?
–
Anche tu non sai nulla, vero?
–
Al contrario, bello. La Terra la tengo qui, nello slip. Se ti gira di
controllarmi… – La cugina di E. ride, il mio protagonista sbianca
ed Aquila Yò-yò sorride maliardo guardandole i piedi.
-Se
passo un’altra volta, magari…
–
Ci conto, gentleman.
Aquila
Yò-yò la saluta strizzando l’occhio e raggiunge gli altri,
diretti verso il portello aperto della Richard Ginori, con la
confortante sensazione di aver nuovamente fatto breccia in un cuore
femminile.
–
Beh,
non é affatto male quel tipo, poi me l’ha detto Doppio Kuemmel di
essere esplicita. E togliti quella roba che fai star male solo a
guardarti.
–
Ma non COSI’ esplicita. – Si lamenta E., con un tono di voce
querimonioso che ricorda molto le lamentazioni della mia prozia
buonanima sulla diffusione delle minigonne.
–
Splendido, Mirella. – E. fa la faccia feroce a Doppio Kuemmel
uscito dal retro con la videolocamera a tracolla.
–
Sei andato benino anche tu, ragazzo, niente male per un’esodiente.
Ma ricordati che il film lo dirigo io e Mirella era perfetta così. –
Tutti uguali questi giovani, eh Pelagio? Sempre pronti a litigare sul
set e a rubarsi il primo piano.
Pelagio
annuisce serio, guarda fuori dalle finestre unte ed impolverate
l’insegna della stazione di servizio che lampeggia e pensa ai
milioni di persone che accendono e spengono all’ unisono la luci
delle città ad un ritmo slow. «Solo Doppio Kuemmel poteva avere
un’idea così.» Pensa il tartoide. «Un pianeta camuffato da
insegna al neon.»
Ebbene
sì, il campo Godemichè ha colpito ancora, e alla grande.
Avreste
dovuto esserci in quel momento: vi avrebbe cambiato una volta per
sempre, cambiato dentro.
Tutti
a spegnere e accendere le luci di casa, dei lampioni, far ardere
torce, falò, sterco di cammello o grasso di foca. È stato come una
OLA di luci: “Accendere il Naso del Cowboy” e zacchete, Mosca si
accende, si spegne, poi si accende un altro posto trenta km più in
là e così via. È stato come riunire con un matitone un “che cosa
apparirà” grande come tutta la Terra. E tutti ci hanno dato dentro
senza risparmiarsi, con la lingua tra le labbra e il dito nervoso
sull’interruttore.
Avete
mai visto quanto è bella la gente, sì proprio bella, quando tutti
fanno la loro parte? Quando si funziona come una squadra e si fa
quello che si sa fare, poco o tanto che sia. Era questo il comunismo
inconscio di certi grandi film di Hollywood, ci avete mai pensato?
Tranquilli,
non ci ha mai pensato nemmeno McCarthy (non Paul).
Lavoro
in banca / stipendio fisso / così mi piazzo / e non se ne parla più
Vashtar
Kube, emissario della Fondazione per la difesa della Panlingua sgrana
gli occhi (spettacolo notevole per chiunque non sia uno pseudogufo di
Canto Notturno) e corre verso la sua cabina, ormai definitivamente in
veste di tavola calda in prossimità del centro contabile di una
grossa banca.
Come
il minuscolo strigiforme sia riuscito ad ottenere tale ambiente dal
simulatore e soprattutto a chi diavolo possa piacere è un mistero.
Vashtar
é ormai giunto alla conclusione che il simulatore nella sua
cabina provenga dalla demolizione di un carcere e che quindi buona
parte degli ambienti selezionabili siano anche peggiori.
Il
manuale di istruzioni del simulatore, rinvenuto nella biblioteca
della nave sovracopertinato da Ho fatto solo il mio dovere,
dell’Ammiraglio Fatal Novara, non gli è stato di grande aiuto.
Constatato che era stampato in due sole lingue: l’Alto Groglandese
ed una versione pittografica del Racnu (una razza gioviana: statura
media due centimetri per un girovita di due chilometri) a Vashtar non
è rimasto che richiuderlo, rimettere a posto la finta copertina e
rassegnarsi a condividere la sua cabina con una moltitudine di
Bancari affamati.
Entra
accolto dal consueto caos scandito dal tintinnio di bicchieri e di
stoviglie. Evita per un riflesso incontrollabile il cameriere che
serve due bistecche quasi carbonizzate a dei tizi intenti a sfogliare
e commentare una rivista di automobili sportive e si sposta per non
essere travolto da alcuni quadri di medio livello in gara per
offrire il pranzo all’avvenente nuova collega che progettano di
farsi nella toilette dei dirigenti.
Vashtar
punta verso l’estremità del bancone, dove si trova il suo
guardaroba, e tira dritto fendendo le imago dei bancari. Mentre
procede é comunque costretto ad udire brani di conversazione dei
quali l’ingegnosissima simulazione é farcita.
–…
Si é coperto di cambiali ma adesso dovresti vederle le impiegate.
Anche se é brutto come un rospo, la coda fanno per scopare sulla sua
macchina nuova…
–
… È inutile che si affanni tanto, il posto é per il nipote del
capo sezione, lo sanno tutti…
–
…Madonna che chiappe ha quella, ma é vero che la dà a tutti,
basta chiedere?…
–
… Assomiglia a suo padre, dormire sempre e pensare mai…
–
… Vedi, il fatto é che l’allenatore non va d’accordo col
presidente e quindi la formazione cambia anche a metà partita…
–
… Quello stronzo é subito corso a dirlo al capo, ma ha beccato il
vice che lo odia…
–
… Chi, quello? Ma lo sai che gli piace farsi picchiare vestito da
donna? Sceglitene un altro cara mia, o ti piace il genere?…
–
… Carburatore doppio corpo, cento all’ora in dodici secondi…
–
… Quello non é nemmeno capace di contare fino a dieci, gli passano
lo stipendio perchè dorma…
Vashtar
apre la porticina del guardaroba e ne estrae ciò che a prima vista
sembra un costume da Arlecchino robotico, ma che fuori dalla sua
cabina torna ad essere una normale tuta di emergenza, fa il percorso
in senso opposto fino all’ uscita e scivola fuori.
–
Buongiorno! – Dopo la conversazione dei bancari persino la vista di
un Kerrabbia é allegra e tonificante.
–
Ghhrrr. – Ringhia l’assaltatore e prosegue correndo.
Nel
corridoio le luci sanguigne dell’allarme si accendono e si spengono
con frequenza ipnotica ed il gufo linguista chiude la terza palpebra
infastidito.
Si
é giunti alla dodicesima battaglia con i mangiasabbia ed al sesto
simulacro di Terra distrutto e Vashtar Kube non é il solo nella
flotta ad averne le tasche piene di quella storia.
Oltre
a questo la Fondazione lo sta seppellendo di messaggi che esprimono
con poche variazioni lo stesso concetto:«Questa missione ci sta
costando un pozzo di galattodindi, fai qualcosa», senza accennare
minimamente a COSA fare.
Un
urlo scuote la nave, attutito dalle pareti imbottite: la flotta
kerrabbia ha distrutto il settimo simulacro della Terra, tornando in
vantaggio sui mangiasabbia.
Arrivano
i nostri!!!
–
Bastardo cyber, chi sono i tuoi amici?
Pantaleone
guarda Sigrid Wassermann e i suoi compari con la faccia da varano, la
camicia bruna, i pantaloni alla cavallerizza e gli stivaloni
lucidissimi e mormora: – Non ho amici.
–
Non ha amici, poverino, avete sentito? – Sigrid sorride ed i suoi
camerati si sbellicano dalle risate come previsto.
–
È vero, non ho amici su questa nave.– Insiste il duca di Kroton
guardando dritto di fronte a sè.
–
E sulle altre?
–
Solo Aquila Yò-yò.
Sigrid
scambia un’occhiata con il suo vice e poi tira una sberla al povero
Pantaleone.
–
Impossibile!– Urla – Vuoi confonderci lurido bastardo. – Si
china per parlare ad un centimetro dalla faccia di Pantaleone e gli
sibila: – Finora sono stato di una gentilezza squisita con te, ma
se continui così dovrò dimenticare il galateo. – Il nazisauro si
drizza sul busto e lo guarda dall’alto tenendo le mani sui fianchi.
– Non capisco come una persona del vostro rango e della vostra
importanza possa essere caduta vittima della propaganda cyber. Se ci
dimostrate la vostra buona volontà posso anche dimenticare tutto…
Pantaleone
non dà segni di aver sentito.
Sigrid
si guarda intorno a disagio, si gratta nervosamente la cresta e
quindi urla: – È inutile perdere tempo con te, verme sovversivo.
Ti farò appendere fuori dalla nave a respirare il vuoto e troverò
qualcuno di più…
–
Capo, é per Voi. – Grida stentoreo uno dei nazisauri indicando
l’imago del Grande Geosinclino immobile accanto alla porta.
–
Come va? – Chiede l’immagine del Mangiasabbia.
–
Facciamo progressi. – Mente Sigrid Wassermann tanto rigido da
scricchiolare.
–
Che genere di progressi?
–
Rapidi e potenti.
–
Sarà meglio. Qualcuno ha scritto nella toilette del mio yacht
personale «Viva il Soviet robotico, viva Zobban e viva la
farfallina». Cos’é la farfallina?
–
Lo ignoro, signore.
–
Malissimo. Tenetemi informato.
–
Sissignore.
L’imago
del mangiasabbia svanisce. Sigrid Wassermann si asciuga il sudore che
gli imperla la fronte e ricomincia.
–
Cos’é la farfallina, insetto, parla!
Pantaleone
tace ostinatamente.
La
notizia appena pervenutagli lo ha rincuorato, dandogli la forza per
sopportare le minacce e le percosse dei nazisauri. Il Duca di Kroton
ultimamente ha talmente parlato di rivoluzione che ha finito per
convincere anche se stesso, e si sente da Dio adesso: forte, pieno di
dignità, persino bello. Il capo tecnico robot della Katakomba,
Dottorwatson, con la sua somiglianza con Clint Eastwood e i suoi modi
spicci e burberi, ha fatto breccia nel suo cuore e Pantaleone è
ormai disposto a tutto, per l’Ideale e per l’Amore.
–
Cos’é la farfallina, stronzo criminale? – E giù una sberla.
–
Non lo so.
–
Cos’é la farfallina, sacco di letame?– Altra sberla.
–
Certo che lei ne sa di insulti.
–
NON FARE LO SPIRITOSO!– Sberla seguita da un calcio.
–
FERMI TUTTI!
Dalla
porta spalancata della sala entrano dozzine di robot dell’equipaggio
della “Katakomba” armati di fulminatori, guidati da Dottorwatson.
I
nazisauri alzano le mani a tre dita.
–
Viva il soviet robotico! Viva Zobban! Viva la Farfallina! – Urlano
i robot all’unisono.
È
un peccato che Conan non sia presente perché la scena gli piacerebbe
moltissimo.
Ricorda
Amadestam il Kolossal robotico dove un gruppo di rivoluzionari
sintetici rovescia la sanguinaria tirannia che regge l’omonimo
pianeta liberando i biomorfi oppressi. Conan l’avrà visto poco
poco cinquanta volte, poi qualcuno aveva deciso che proiettare un
film per Robot dove i robot fanno una rivoluzione non era una buona
idea e il film era sparito dalla circolazione.
Ora,
come in Amadestam, il capo della rivoluzione abbraccia il capo
dei robot. I due si baciano con un trasporto che nel film sarebbe
stato tagliato.
–
VIVA KROTON! – Urlano i robot.
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