–
Buongiorno Maldanea!
La
giovane syerdwin, ancora insonnolita, dischiude appena le palpebre.
Appollaiata
sul fondo del letto Difiduanna la fissa con espressione irritata, le
piume arruffate e le ali semiaperte: – Allora sei pronta, sei ben
sveglia? – Insiste il minuscolo rapace saltellando da una zampa
all'altra.
Maldanea,
pur non del tutto in sé, sente che non è il momento di chiamare la
sua piccola amica Diffy, magari accompagnando al diminutivo una
pantofola e qualche frase malaugurante. Decide invece di ignorarla e
di nascondere la testa sotto la coperta, sperando che la civetta si
stufi e se ne vada.
Debah! Vieni fuori di lì, non è tempo per dormire questo! Ci sono
grandi, grandissime novità.
Maldanea
abbassa la coperta dal viso quel tanto che basta per sbirciare fuori.
–
Che novità? – Chiede con voce roca.
–
Vieni fuori di lì e lo saprai.
–
Eh, già. Questo giochetto lo facevi già a Rocca Wessiun, cara mia.
Non ci casco più.
Le
ultime parole della frase vengono pronunciate senza slancio, quasi
con tristezza. Ad ogni risveglio la giovane Principessa Syerdwin si
rende conto con rimpianto di non essere più nella casa alla quale i
suoi sconosciuti genitori l'hanno anni prima affidata, la casa della
quale conosce gni più riposto angolo, nella quale ha giocato, pianto
di rabbia, fatto impazzire seri istitutori, architettato perfidi
scherzi ai danni della servitù e dei parenti-adulti e giocato alla
guerra con i suoi giovani cugini, Odden e Daff.
–
Bene, allora non ti dirò nulla. – Dichiara Difiduanna volando fino
al davanzale interno della grande finestra debolmente illuminata
dalla luce fredda e grigia di un giorno di nebbia e volgendosi
ostentatamente verso i vetri.
–
Ma no, Dif…Difiduanna adesso mi alzo, rassicurati, ma sarà bene
per te che le novità siano davvero tali.
La
piccola civetta ha un fremito che le arruffa ancor di più le piume e
non si volta a risponderle.
Con
un gesto eroico, o almeno tale appare a lei, Maldanea allontana le
coperte e si mette a sedere sul letto. Il caminetto è ovviamente
ancora spento, e questo particolare, insieme alla luce incerta che
proviene dalla finestra le fa sorgere un dubbio. – Questa è
l'alba, vero Diffy?
–
Certo. – Replica la civetta brusca.
–
Ma ti pare un'ora ragionevole per alzarsi? Cosa sono un pescatore, un
boscaiolo o un cacciatore da dovermi levare ad ore come queste? –
Protesta Maldanea.
–
Non tornare a letto. – Le intima Difiduanna senza voltarsi,
interrompendo a metà il gesto della giovane syerdwin che stava per
sdraiarsi nuovamente. – Ci sono davvero delle grosse novità. –
–
Allora dimmi, senza perdere altro tempo.
–
Vieni.
–
Ma vicino alla finestra fa anche più freddo. – Si lamenta
Maldanea, ma uno sguardo imperioso della civetta interrompe le sue
proteste.
–
Allora, cosa c'è da vedere?
–
Guarda e non seccarmi come sempre. – Ribatte aspramente Difiduanna.
Maldanea
ringrazia la prodigiosa trasparenza dei vetri della Rocca di Baran e
Verhida, ricordando che a Rocca Wessiun avrebbe dovuto aprire la
finestra per avere una visione così nitida dell'esterno, e si
dispone ad osservare con attenzione.
Il
paesaggio che si gode di lì non le è ancora divenuto molto
familiare e pur apprezzandone la severa bellezza Maldanea sente la
nostalgia del bosco silenzioso che fungeva da limite al grande prato
prospiciente a Rocca Wessiun. Lì non esistono foreste: il sottile
strato di terra delle isole governate da Teardraet non sostenta altro
che tappeti di morbido muschio grigio, erba sottile e coriacea, erica
dai minuscoli fiori rosa e carminio e pochi arbusti spinosi, sperduti
come mendicanti deformi nella fredda nebbia.
Dalla
sua finestra Maldanea domina il versante settentrionale della bassa
altura dove sorge la rocca: una distesa lentamente digradante di
erica che si spezza e si divide su una spiaggia sassosa formata di
pietre candide come marmo, bagnate dal mare grigio, in quella
stagione spesso rabbioso e violento, come un vecchio dio folle dalla
barba di candida schiuma.
Un
sentiero secondario scende da un minuscolo portone aperto due piani
sotto la sua finestra, andando a perdersi tra le pietre della
spiaggia. Un piccolo molo di legno scurito dalla salsedine sorge
dalle acque come il ricordo di un antico popolo e da quando la
giovane Syerdwin si trova in quella rocca mai nessuno lo ha
utilizzato per sbarcare.
–
C'è una nave… – Osserva all'improvviso Maldanea, stupita lei per
prima di non averla notata prima. La nebbia sottile ma persistente
impedisce di vederne meglio la forma ed i colori, ma di una cosa la
giovane Syerdwin è istantaneamente certa: quella nave non è né
Syerdwin, né Gu'Hijirr né, per quanto ne sa, Umana.
–
È quella la grossa novità? – Chiede a Difiduanna, parlando senza
accorgersene con voce bassissima.
–
Perché, non ti pare abbastanza grossa? – Ribatte sarcastica la
civetta.
–
Da dove proviene?
–
Ha colori che non ho mai veduto, reca un vessillo grigio con una
specie di tartaruga che sorregge sulla schiena un corvo. Ho pensato
si trattasse di una nave dei Lupi-Drago o di qualche gente umana del
Sud, ma poi ho veduto il suo equipaggio.
–
E allora, che gente è?
–
Hanno i viso ed il corpo completamente nascosti da abiti bizzarri,
fatti, si direbbe, di pezze di molti tipi di stoffe cucite insieme.
Non sono neppure riuscita a vederne gli occhi, tanto che ho pensato
che non li possedessero, cosa evidentemente impossibile. Con loro vi
è un'altra creatura, di grandi dimensioni, che cammina curva come un
vecchio ed insieme è capace di scatti improvvisi e rapidissimi, come
una lucertola o una rana.
–
Sei sicura di quello che hai visto, Difiduanna?
La
piccola civetta la guarda minacciosa. – Era ancora buio ed IO al
buio ci vedo benissimo. In quanto alla grande creatura è anch'essa
camuffata da abiti molto ampi e da un cappuccio molto profondo e non
ho osato avvicinarmi troppo. Comunque la sua pelle, per quel poco che
sono riuscita a vedere, deve essere ben strana perché brillava un
poco, come se fosse bagnata o di lucida seta.
Maldanea
osserva ancora la nave traendone l'unica, inspiegabile sensazione che
si tratti di un oggetto di disegno tanto antico da essere dimenticato
nel mondo nel quale lei vive. Ogni tanto si nota qualche movimento a
bordo del vascello e si riconoscono le strane creature dal viso
fasciato intente a chissà quali occupazioni. La giovane Syerdwin
nota che hanno un modo assai strano di procedere: rigido e meccanico
come quello di pupazzi a molla, evitando gli ostacoli solo all'ultimo
secondo utile e compiendo i propri compiti con una sorta di solenne e
grottesca serietà, come in certi paesaggi animati, governati da leve
e ruote, che gli artigiani Syerdwin costruiscono per i Liest.
–
Che stranezza.– Osserva a bassa voce Maldanea, ormai completamente
sveglia. – Cosa sono venuti a fare qui?
–
T rovesciata è uscito ad accoglierli insieme al suo ministro Aue
Bediun, a quella specie di grillo troppo cresciuto, Nerubavel, ed a
una dozzina di altri dignitari. Nessuno di loro mi sembrava felice di
incontrare gli ospiti.
Maldanea
guarda con ammirazione la piccola Difiduanna. – Diffy, sei una spia
fenomenale.
–
Non mi illudo, Debah, se T rovesciata ha lasciato che io vedessi era
perché voleva che tu fossi informata di quanto accade, qui come a
Rocca Wessiun. E comunque né io né te sappiamo cosa significa.
La
giovane Syerdwin annuisce. – Certo. A meno di chiedere alle persone
giuste.
Maldanea
sta per allontanarsi dalla finestra, bastevolmente intirizzita,
quando un movimento, afferrato con la coda dell'occhio, la induce a
voltarsi nuovamente. Sotto la sua finestra un piccolo corteo sta
percorrendo il sentiero che conduce alla spiaggia. Alla testa di esso
procedono Teardraet e Aue Bediun, circondati da una dozzina di
armigeri e seguiti dagli ospiti, a loro volta scortati o forse
sorvegliati da altri armigeri nei colori di Baran e Verhida. In mezzo
alle strane creature dal viso fasciato avanza il bizzarro essere
descrittole da Difiduanna, avvolto in pesanti drappeggi di stoffa
grigia, la testa completamente nascosta da una grande cappuccio.
Il
corteo procede silenzioso fino al molo, dove gli ospiti salgono sulla
nave, senza che da nessuna delle due parti vengano cenni di saluto o
siano scambiate parole. Aiutata da un gruppo di soldati di Teardraet
la nave si stacca dalla riva, scomparendo ben presto nelle brume come
un vascello fantasma.
Maldanea
osserva con uno strano senso di oppressione la scena, condividendo
l'evidente disagio e l'ostilità dei Syerdwin e degli umani che
accompagnano Teardraet. Li osserva allontanarsi dalla riva e tornare
verso la rocca ed un istante prima di ritirarsi il suo sguardo
incontra quello del suo sposo.
–
Che c'é, cos'hai visto? – Le chiede Difiduanna vedendola staccarsi
di scatto dalla finestra, come se l'avesse morsa una serpe.
–
Nulla, nulla…Niente di cui meriti parlare.
La
piccola civetta la guarda corrucciata.
–
Solo un'impressione, nulla di più. Ma non sei per nulla discreta,
sai Diffy? Ecco, il fatto è che non ho mai veduto T rovesciata
davvero preoccupato o spaventato e… Ora mi è parso che provasse
sia paura che ansia ed il suo viso mi è sembrato così differente…
Difiduanna
volta il capo un paio di volte. – Sta arrivando qualcuno. –
Maldanea
si chiede se tornare a letto precipitosamente, fingendo di non avere
visto nulla, poi, con uno scatto di orgoglio, torna alla finestra a
guardare la spiaggia ormai vuota.
–
Avanti. – Dice rispondendo ad un leggero bussare. La porta si apre
di pochi centimetri, quanto è necessario a Mastro Nerubavel per
penetrare nella stanza.
–
Buongiorno, principeffa! – La saluta inchinandosi con grande
eleganza l'insolito essere. – Fono ben felice di trovarvi fveglia.
–
Buongiorno a voi, Mastro Nerubavel. A cosa devo la vostra visita così
mattiniera?
Lo fo, lo fo , lo fo, non fi fa, no, no, no. Non fi difturbano le
dame nelle loro belle camere, no, no. Ma voi mi perdonate, vero, non
fiete arrabbiata, vero?
– Certo, certo, state tranquillo.
–
Ecco, bene, bene. L'avete vifto?
–
Vif..Visto cosa, Mastro Nerubavel?
La
fragile creatura sembra molto nervosa e si agita ballando sugli arti
che utilizza come gambe, spesso staccandosi completamente dal
pavimento.
–
Lui, avete vifto lui? – Insiste eccitato.
–
Credo di sì.
–
Ecco, bene, bene. E che effetto vi ha fatto?
–
Mi piacerebbe sapere perché tante domande, Mastro Nerubavel, prima
di rispondervi.
– Aaaah! – La creatura lancia un acuto lamento scuotendosi come una
mosca sulla quale sia caduta una goccia d'acqua. – Fono
infopportabile e imperdonabile, vero? Ma io cercavo la voftra
confolazione, perché mi fono proprio fpaventato, fapete? Voi no?
Maldanea
osserva con attenzione vigile il volto seminascosto dal cappuccio di
Mastro Nerubavel, giungendo ben presto alla conclusione che se anche
egli stesse mentendo per chissà quale ragione, lei non sarebbe in
grado di accorgersene. Per precauzione lancia uno sguardo in
direzione di Difiduanna che sta fissando anch'ella con sospetto il
loro ospite, senza trarne alcuna conclusione.
– Ha spaventato anche me, Mastro Nerubavel, se è questo che volete
sapere. Ciò che non comprendo è perché veniate a dirlo proprio a
me.
La
creatura rovescia il capo fissando gli occhi simili a gemme sul suo
viso. – Voi fiete l'unica, Lie Maldanea, ad accettare di parlare
con me. Tutti hanno orrore e difgufto per me. Ecco, bene, bene. Cofì
ho penfato, vifto che mi fono fpaventato, che era meglio parlarne con
voi che fiete bella, coraggiofa e mi rifpondete, piuttofto che
tornare nella Fala dell'Arcobaleno da folo.
Suo
malgrado Maldanea sorride per quella buffa dichiarazione di simpatia.
– Vi ringrazio, Mastro Nerubavel, raramente ho udito frasi su di me
così lusinghiere. Ma adesso ditemi, chi era l'ospite? Da dove
proveniva?
Il
suo visitatore sembra colto da una sorta di tremore che lo fa vibrare
come un ramoscello. – Il fuo nome è l'Unico, Lie Maldanea, e non è
mai venuto qui prima. Vive dove vuole ed ha molte cafe nel vafto arco
del Mondo, eppure fono ben pochi quelli che l'hanno veduto in vifo.
–
L'Unico. – Ripete Maldanea. – Queidhen l'Unico?
–
Ecco, fì, credo proprio di fì, quanti unici ci faranno?
–
Uno solo, avete ragione. E cosa è venuto a cercare qui?
Mastro
Nerubavel nasconde il volto nel cappuccio prima di rispondere. –
Non lo fo, Lie, mi difpiace moltiffimo. Fo che il Principe l'ha
incontrato altre volte attraverfo lo Fpecchio ma non comprendevo la
lingua che parlavano. Dopo, però, il Principe era fempre cupo o
irato, come fe l'Unico gli aveffe detto cofe orribili.
Maldanea
annuisce e si siede sulla grande poltrona che Pascalina, ancora
beatamente addormentata nella stanza accanto, usa abitualmente quando
viene nella sua stanza.
–
Sedetevi, Mastro Nerubavel, vi prego.
Il
Buffo essere esita. – Non poffo federmi come voi, Lie. Fono
comodiffimo anche in piedi.
–
Perdonatemi. – Maldanea lo guarda per un attimo chiedendosi come
dorma o si nutra il suo interlocutore, per tornare subito dopo a ciò
che egli gli ha raccontato.
–
Voi non capite la loro lingua, mi avete detto. – Osserva dopo
qualche secondo di riflessione.
–
Fì. Neffuno li comprende quando parlano. Ho udito l'aftrologo del
Principe dire che effi parlano la lingua degli Antichi Primi e dei
Draghi-Bambini, ma penfo che lo diceffe per farfi bello.
Maldanea
sorride: Mastro Nerubavel può essere strano e bizzarro quanto si
vuole, ma certo non è uno sciocco né un superficiale. Se egli ha
fatto quel nome, quello di Queidhen l'Unico, non è certo stato per
impressionarla. Come tutti, Syerdwin, Umani, Gu'Hijirr o Lupi Drago,
Maldanea ne ha udito parlare, ma sempre come di un essere mitico,
privo di sostanza reale, del quale tutti i popoli raccontano fatti
mirabili e oscure leggende.
–
Siete sicuro, vero Mastro Nerubavel?
–
Certo, Lie, un volto come quello non fi dimentica più, bafta averlo
vifto una volta.
Maldanea
resiste alla tentazione di chiedere una descrizione più accurata del
volto di Queidhen, certa che in ogni caso, se lo incontrasse, sarebbe
in grado di riconoscerlo agevolmente.
Qualcosa
di strano, un piccolo particolare appena notato mentre scambiava le
ultime parole con il suo interlocutore, le impedisce di riprendere a
concentrarsi. Torna a guardare Mastro Nerubavel che fa un cenno di
assenso al suo indirizzo, ma ha dimenticato cosa desidera ancora
chiedergli. Infine, dopo qualche secondo di inquietudine, la verità
le balza agli occhi, ovvia ed insieme assurda.
–
Mastro Nerubavel, io non vi ho chiesto di cosa eravate certo, come
avete fatto voi a saperlo?
La
sottile creatura rimane assolutamente immobile, come fulminata. –
Ecco, bene, bene… Io ho immaginato che…
–
Non è vero, Mastro Nerubavel. Non siete bravo a raccontare le bugie.
Gli
strani occhi del suo interlocutore sembrano esprimere timore ed
insieme soddisfazione, cosa evidentemente assurda e la giovane
Syerdwin si rende conto dopo un istante che quella percezione non
nasce dal volto di Mastro Nerubavel, ma arriva a lei direttamente,
anche se chiude gli occhi o guarda in un'altra
direzione.
–
Voi potete udire anche i pensieri e potete farli udire, Mastro
Nerubavel, ecco la verità! – Esclama Maldanea trionfante.
–
Fì, Lie. Quefto vi renderà meno amica mia? O no?
–
Coraggio, Mastro Nerubavel, potete vederlo da voi stesso e darvi una
risposta.
–
Non è cofì, Lie. Io poffo udire i voftri penfieri fe voi li
penfate, non poffo indurvi a penfarli. La voftra civetta, per
efempio, ha già penfato che è meglio non lasciarmi circolare troppo
intorno a voi.
La
giovane Syerdwin fissa interdetta il suo ospite, rendendosi conto che
finora la sua mente non ha ancora deciso se sentirsi allarmata o no
per le sue inconsuete doti.
Difiduanna,
dal canto suo, aggrondata più che mai, abbandona la sua postazione
posta sull'alta testiera del letto per raggiungere lo schienale della
poltrona dove è seduta la Dama Syerdwin, lanciando rapidi sguardi
sospettosi all'indirizzo di quell'essere così inopportuno.
–
Avete ragione. Cosa ne dite, ora? – Dice ridendo Debah.
Mastro
Nerubavel annuisce lentamente, con solennità. – Grazie, Lie
Maldanea.
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