3.7.19

Il Mare Obliquo 19

Presso Mahaderill, la gwellyniun, si ritrovano Usif-Lizhi, che ha salvato il Barone Enklu e quanti erano con lui dai terrificanti Oom, e il Duca Kwister di Lö. Ognuno alla ricerca delle risposte alle proprie domande. 
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Il Barone Enklu depone l'osso perfettamente spolpato del fagiano, beve un lungo sorso di vino e indirizza un cenno di ringraziamento alla fata Mahaderill, loro gentile ospite.
– Se non sono indiscreto, ci sarà bene un motivo che vi ha spinto fin qui. Così a proposito aggiungo.
Usif-Lizhi annuisce lentamente: aspettava quella domanda da quando il loro destino e le loro vie si sono sovrapposte, ma ciononostante non ha ancora deciso se essere sincero o no. I suoi interlocutori, seduti ad un ampio tavolo protetto dai lunghi raggi del sole vicino al tramonto da un graticcio carico di glicine profumata, lo guardano con curiosità e simpatia, un'emozione che raramente i Notturni hanno saputo suscitare nelle creature del giorno.
– Il mio signore è forse un po' stanco, un po' sofferente per questo sole? Vuole forse ritirarsi? – Gli viene in aiuto Kirzil Pennarossa.
Il Notturno ride a bassa voce. – Ti ringrazio, Kirzil, ma credo che questi signori che generosamente hanno deciso di accompagnare i miei passi meritino di sapere. Mi trovo qui a Verdevima per incontrare la fata Mahaderill e chiederle di tracciare la mia strada. Ciò che mi spinge è una maledizione che un'ignoto dio ha lanciato sul mio povero popolo, colpevole solo di essersi abbandonato all'ignavia ed all'isolamento, tanto che, se non mi sono sbagliato, in molti di voi lo stupore per essere stati salvati da un Notturno ha quasi superato il sollievo per essere stati sottratti dalla loro incomoda situazione. –
– È verissimo. – Ride Noro Heban il mercante, mostrando i denti chiarissimi che formano un buffo contrasto con il colore scuro della pelle. – Ho pensato che quella foresta dovesse essere ben strana se l'attraversavano malvagi Oom e coraggiosi Notturni armati. È dai tempi della battaglia della Quercia Gyan che nessuno ha più veduto Notturni cingere una spada o partecipare alle guerre di noi uomini, dei Syerdwin o dei Gu'Hijirr.
– Neppure noi-io abbiamo più partecipato alle guerre di voi gente di carne. – Khuda, il silvano che vive sotto il tetto di Mahaderill, nessuno saprebbe dire se come servitore, come marito o come collega, fa udire per la prima volta la sua voce lenta e grave. – Il fratello-immobile che voi chiamate Gyan ricorda quella battaglia. Quella debole foglia del poco tempo di voi gente-che-correte, usato per uccidere l'ha lasciato incredulo ed egli non ha smesso di chiedersi perché. Io-Noi non comprendiamo.
– Ma non ci sono silvani al servizio di Re Artamiro? – Chiede il Barone Enklu.
– Un giuramento. Io-Noi li ode. Non combattiamo per lui, lo difendiamo come egli ha giurato di difendere i Fratelli-immobili.
– Fin dove arriva la differenza, Khuda? – Chiede educatamente il mercante Wediliun, un syerdwin magro e dai lineamenti delicati come quelli di una dama.– Perdonami, ma se nel mezzo della battaglia qualcuno assale Re Artamiro cosa faranno gli Erbani al suo servizio se non ucciderlo?
Nessuno ha mai udito ridere un silvano, ma quel profondo crepitio di legno che nasce dalla profondità del petto di Khuda è senza alcun dubbio una risata. – Io-Noi abbiamo molti modi per fermare uno della gente-che-corre senza strappare il delicato germoglio che porta al centro del petto. Io-Noi possiamo difendere senza uccidere, creatura delle acque. 


– Devo dire che questo mi solleva molto. – Interviene Kirzil. – Nel caso avessi pensato di uccidere Artamiro. Ma tutto questo parlare a me ha asciugato le labbra ed a voi?
In risposta a quell'invocazione una brocca di vino giunge nelle vicinanze del Gu'Hijirr direttamente dalle fresche cantine di Mahaderill. Kirzil se ne versa generosamente e l'assaggia. – Meraviglioso. So che non usa gettare sortilegi su cibi e bevande, ma ditemi, fata Mahaderill, non è nemmeno un pochino fatato questo vino così splendido?
– No. Della vendemmia e della pigiatura si occupa Khuda ed alcuni altri del suo popolo. Credo che il segreto stia nel fatto che nessuna delle piante dalle quali prendono i grappoli soffra della raccolta, il che migliora sensibilmente la qualità del vino. Ma se permettete vorrei tornare al nostro buon amico Usif-Lizhi al quale è stata troncata la parola in bocca. Qual'è la maledizione che pesa sul tuo popolo?
– La sterilità, Mahaderill. Non nascono più né Notturni né Neek, nè altri mezzi-sangue concepiti con le altre razze che popolano il Mondo. I migliori maghi e negromanti sono impotenti, i cerusici con le loro polverine ed i loro rimedi universali si allontanano dai nostri castelli scuotendo la testa e neppure Onnielvhena, la decana di voi fate ha saputo immaginare un rimedio. Invecchiamo inutilmente, scontrosi ed esageratamente formalisti, malati di nervi o stravaganti, continuando a rimandare il momento di ritirarci per non rimanere soli a riflettere, prendendoci cura delle nostre inutili collezioni o discutendo per notti e notti intere del giusto abbigliamento per un'occasione mondana o della sfumatura di colore di una trama o di un ordito. Sono fuggito dal castello di Lizhi già tre anni or sono, rifugiandomi presso un dama degli uomini, Adwina di Casa Oresme. L'ho amata ed ella ha amato me, ma il nostro amore per quanto meraviglioso, ci ha lasciato soli.
Usif-lizhi si interrompe per un istante. Pronunciare il nome di lei in mezzo a tutte quelle persone gli provoca una sensazione penosa, come se farlo fosse un po' tradirla, spargere al vento qualcosa di così raro e fragile che esposto alla luce non può che deperire e svanire.
– Comprendiamo, Liest Usif-Lizhi. Non soffermarti sui ricordi più tristi, non spenderli per noi che non possiamo leggere nella tua mente. Dicci piuttosto qual'è la speranza che ti guida. – Jay Wediliun il Syerdwin lo guarda con calma intensità, quasi che fosse riuscito a contraddire le sue stesse parole ed a penetrare nei suoi ricordi.
– Racconta, Uomo-di-Luna, Io-Noi ascoltiamo. – Lo esorta Khuda. Usif-lizhi annuisce: i Silvani non sono mai soli, un contatto continuo, delicato ed insieme solido come l'acciaio lega ciascuno di loro agli altri ed ai fratelli immobili. Raccontare la propria storia a Khuda è come narrarla a tutte le creature vegetali che popolano il vasto orlo del mondo: un uditorio ben strano, attraversato da sentimenti e sensazioni che uno della Gente-che-corre non può neppure immaginare. Il Notturno si guarda intorno e fissa il proprio sguardo via via sui compagni di quell'avventura, che silenziosamente attendono le sue parole. I suoi occhi incontrano il viso alabastrino del mercante Syerdwin, il sorriso di Noro, l'espressione incerta e preoccupata di Kirzil Pennarossa, i lineamenti impenetrabili di Khuda dietro i quali si nascondono i pensieri di tutti gli alberi del vasto Orlo del mondo, gli occhi del colore delle foglie di Mahaderill, la rocciosa sicurezza del Barone Enklu e si rende conto che una misteriosa forza ha posto al suo servizio i membri di tutte le razze che vivono sotto la luce del sole, li ha resi suoi compagni ed amici, per combattere contro la sconosciuta e terribile Ombra-di-Sangue.
Quel pensiero, durato il tempo di un sospiro, gli dà coraggio e forse per la prima volta Usif-Lizhi si permette una piccola, fugace speranza. – Una profezia mi ha spinto ad abbandonarla, giurando di tornare comunque da lei. Queidhen l'Unico mi ha fatto sapere che solo presso l'Ombra-di-Sangue potrò avere risposta alla mia domanda. Questo è tutto.


Un silenzio teso e spaventato segue le sue ultime parole. Kirzil che le parole del Notturno davanti alla foresta di cera avevano già messo sull'avviso si stringe nelle spalle e si versa un'altra abbondante dose di vino. "Uno spirito molto potente, Kirzil." Aveva detto Usif-Lizhi in quell'occasione. "Ma solo il dio delle paludi sa quanto potente. Pazienza, chi vuole vivere per sempre?" Si chiede il Gu'Hijirr. "Devo essere completamente impazzito, evidentemente, ma il bello è che mi sento felice e in pace, come se quell'accidenti di Notturno mi avesse proposto una buona bevuta ed una gu'hijirr morbida e focosa. Sarà magia." Conclude Kirzil quando giunge al fondo del suo boccale.
– Sapete già come giungere in sua presenza? – Chiede il Barone Enklu.
– Si trova nel gabinetto di magia di Re Artamiro. Egli ignora di possedere la Via per giungere all'ombra di Sangue, ma io dovrò sottrargli quella via e percorrerla.
– Non è un compito facile. – Osserva Noro Heban. – Ma forse non è neppure impossibile.
– Ho udito dire tali cose sulla crudeltà e sull'avidità di Artamiro che temo che sottrargli anche uno spillo sarà la cosa peggiore. – Commenta Jay Wediliun. – Ma siamo tanti e coraggiosi, cosa abbiamo da temere? Dopo alcuni giorni in compagnia di quegli orribili Oom la paura in me si è interamente consumata, non sono più in grado di provarla.
– È vero. – Conferma il Barone Enklu. – Ora possiamo affrontare davvero qualunque cosa senza temere.
– Non scherzate, vi prego, amici. Voi avete giurato di seguirmi, ma non sapevate nulla di me. Non posso accettare di legare le vostre vite alla mia in queste condizioni.
– Io-Noi non abbiamo giurato. – Khuda interrompe Usif-Lizhi che lo guarda senza ancora capire. – L'Uomo-di-Luna ha permesso a noi di dividere il nostro tempo con Mahaderill. Il tempo si sarebbe spezzato senza di lei. Io-Noi sappiamo e ricordiamo. Stenderemo la nostra ombra su di lui.
– Ben detto! Non c'è motivo per rimangiarci la parola data, Usif-Lizhi. Hai rischiato non solo la tua vita ma quella di tutto il tuo popolo per salvare gente che neppure conoscevi. La nostra vita ti appartiene. Non c'è null'altro da aggiungere o da togliere.
Un bussare forte e deciso segue le parole del Barone Enklu, facendo sobbalzare i presenti.
– Non attendevo nessuno. – Osserva Mahaderill.
Istintivamente Kirzil ed il barone Enklu portano la mano all'elsa della spada.
– Attendete. – Li ferma Khuda.
Il Silvano si alza lentamente e rientra nella piccola casa per aprire la porta. Dopo qualche attimo il silvano fa ritorno a tavola.
– Mahaderill, si tratta di un lupo-drago. Chiede di vederti.
– Aspettate, Fata Mahaderill, lasciate che vi accompagni. – La ferma Enklu. – Le cose si sono fatte torbide anche tra i miei consimili e non so più di chi sia giusto fidarsi.
La fata annuisce e abbandona la tavola seguita dalla massiccia figura del barone. Una volta giunti all'interno Enklu bisbiglia. – Aprite la porta e sedetevi là in fondo. Io starò dietro il battente, pronto ad intervenire.
La fata sorride come una ragazzina che stia architettando uno splendido scherzo. Apre e corre a sedersi su una sedia a dondolo posta davanti alla grande finestra che domina la stanza. – Entrate pure, chiunque voi siate.
Il Duca Kwister di Lö esita, inquadrato nella cornice della porta: – Siete la fata Mahaderill, vero?
– Certo.
– Sono molti anni che non vi vedo più. E voi non vi ricorderete certo di me. Ero un lupacchiotto, allora, e passavo il tempo ad azzuffarmi con gli altri cuccioli.
– Chi siete? – Le chiede l'anziana fata cercando di ricordare il volto del Lupo-Drago.
– Sono Kwister della Marrak dei Lö, dove avete vissuto per vent'anni.
– Ah. – La fata rimane apparentemente indifferente. – Non vi ricordo, Kwister. Ricordo il vostro nome, come è ovvio, ma non posso ricordarvi adulto.
– È evidente.
Dietro il battente della porta Enklu spia lo sguardo della fata per cogliere da lei eventuali cenni, ma Mahaderill sembra essersi dimenticata della sua presenza ed ha occhi solo per il suo ospite.
– Cosa ricordate di me? – Chiede al Lupo-drago, imbarazzato come un ragazzo di fronte ad un'insegnante.
– Ricordo che avevate guanti di filo verde scuro e che li indossavate durante i vostri colloqui con il Duca Uhma, mio padre e con Kedrun, mio zio. Ricordo che avevate una vera passione per il tè alla verbena e detestavate il maggiordomo della Marrak, un uomo di nome Sagden. Dicevate che era un individuo avido, lezioso e meschino. Durante la festa della primavera siete caduta in una trappola tesa per i cervi ed avete fatto crescere due orecchie d'asino al capo dei bracconieri, Muin, che poi avete liberato dall'incantesimo. Una volta avete litigato con Dama Gudrun e le avete lanciato un incantesimo per il quale ogni volta che apriva bocca si udiva il verso della gallina e un'altra volta…


– Va benissimo. Ma finora non avete detto nulla che non avreste potuto apprendere da qualcun altro. Non sapete riferirmi qualcosa che solo voi ed io possiamo sapere?
Kwister stringe le labbra e riflette. – Credo di sì. – Dice infine. – Raramente mi avete rivolto la parola, ero troppo piccolo per meritare la vostra considerazione, ma una volta mi avete dedicato qualche minuto per insegnarmi i nomi dei fiori nella lingua dei Silvani, i nomi per chiamarli e farli aprire. Mi avete fatto giurare di non svelarli a nessuno ed io finora ho rispettato il giuramento.– Il Lupo-Drago si schiarisce la voce. – Il nome della viola è hodjen, il nome della margherita è ferei, il nome della Rosa canina è gadlimell, il nome della primula è ogain, il nome del…
– Va bene, Kwister di Lö, hai buona memoria. – Ride la fata. – E sei molto cresciuto da quando eri un piccolo, fangoso lupetto. Barone Enklu, abbandonate pure la vostra postazione, non c'è nulla da temere.
Nell'udire quelle parole il Duca si volta di scatto. Alle sue spalle c'è un lupo-drago più giovane, vestito di colori a lui noti, che si inchina leggermente.
– Barone Enklu della Marrak dei Nogu. Al vostro servizio.
Kwister, ancora scosso, annuisce. – Al buon servizio anche della nostra comune amica Mahaderill, vedo, Barone. Come sta vostro padre, Duindae?
– Gode di buona salute e si inchina alla vostra Marrak di Lö come faccio io.
– Sono molto contento di incontrare un buon amico come voi a tanta distanza dalle nostre terre. Ma temete forse che qualcuno possa attentare alla vita della Fata Mahaderill?
– È un lungo discorso, Duca. D'altro canto noto che voi non portate i colori della vostra Marrak. Vi sono in genere motivi molto gravi per viaggiare in incognito.
Kwister ride. – Abbiamo molto da raccontarci, evidentemente. Permettetemi di andare a chiamare il mio aiutante, Share Harvaiun, rimasto ad attendermi fuori, poi potrò raccontarvi tutto.

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