Il
Barone Enklu depone l'osso perfettamente spolpato del fagiano, beve
un lungo sorso di vino e indirizza un cenno di ringraziamento alla
fata Mahaderill, loro gentile ospite.
–
Se non sono indiscreto, ci sarà bene un motivo che vi ha spinto fin
qui. Così a proposito aggiungo.
Usif-Lizhi
annuisce lentamente: aspettava quella domanda da quando il loro
destino e le loro vie si sono sovrapposte, ma ciononostante non ha
ancora deciso se essere sincero o no. I suoi interlocutori, seduti ad
un ampio tavolo protetto dai lunghi raggi del sole vicino al tramonto
da un graticcio carico di glicine profumata, lo guardano con
curiosità e simpatia, un'emozione che raramente i Notturni hanno
saputo suscitare nelle creature del giorno.
–
Il mio signore è forse un po' stanco, un po' sofferente per questo
sole? Vuole forse ritirarsi? – Gli viene in aiuto Kirzil
Pennarossa.
Il
Notturno ride a bassa voce. – Ti ringrazio, Kirzil, ma credo che
questi signori che generosamente hanno deciso di accompagnare i miei
passi meritino di sapere. Mi trovo qui a Verdevima per incontrare la
fata Mahaderill e chiederle di tracciare la mia strada. Ciò che mi
spinge è una maledizione che un'ignoto dio ha lanciato sul mio
povero popolo, colpevole solo di essersi abbandonato all'ignavia ed
all'isolamento, tanto che, se non mi sono sbagliato, in molti di voi
lo stupore per essere stati salvati da un Notturno ha quasi superato
il sollievo per essere stati sottratti dalla loro incomoda
situazione. –
–
È verissimo. – Ride Noro Heban il mercante, mostrando i denti
chiarissimi che formano un buffo contrasto con il colore scuro della
pelle. – Ho pensato che quella foresta dovesse essere ben strana se
l'attraversavano malvagi Oom e coraggiosi Notturni armati. È dai
tempi della battaglia della Quercia Gyan che nessuno ha più veduto
Notturni cingere una spada o partecipare alle guerre di noi uomini,
dei Syerdwin o dei Gu'Hijirr.
–
Neppure noi-io abbiamo più partecipato alle guerre di voi gente di
carne. – Khuda, il silvano che vive sotto il tetto di Mahaderill,
nessuno saprebbe dire se come servitore, come marito o come collega,
fa udire per la prima volta la sua voce lenta e grave. – Il
fratello-immobile che voi chiamate Gyan ricorda quella battaglia.
Quella debole foglia del poco tempo di voi gente-che-correte, usato
per uccidere l'ha lasciato incredulo ed egli non ha smesso di
chiedersi perché. Io-Noi non comprendiamo.
–
Ma non ci sono silvani al servizio di Re Artamiro? – Chiede il
Barone Enklu.
–
Un giuramento. Io-Noi li ode. Non combattiamo per lui, lo difendiamo
come egli ha giurato di difendere i Fratelli-immobili.
–
Fin dove arriva la differenza, Khuda? – Chiede educatamente il
mercante Wediliun, un syerdwin magro e dai lineamenti delicati come
quelli di una dama.– Perdonami, ma se nel mezzo della battaglia
qualcuno assale Re Artamiro cosa faranno gli Erbani al suo servizio
se non ucciderlo?
Nessuno
ha mai udito ridere un silvano, ma quel profondo crepitio di legno
che nasce dalla profondità del petto di Khuda è senza alcun dubbio
una risata. – Io-Noi abbiamo molti modi per fermare uno della
gente-che-corre senza strappare il delicato germoglio che porta al
centro del petto. Io-Noi possiamo difendere senza uccidere, creatura
delle acque.
–
Devo dire che questo mi solleva molto. – Interviene Kirzil. – Nel
caso avessi pensato di uccidere Artamiro. Ma tutto questo parlare a
me ha asciugato le labbra ed a voi?
In
risposta a quell'invocazione una brocca di vino giunge nelle
vicinanze del Gu'Hijirr direttamente dalle fresche cantine di
Mahaderill. Kirzil se ne versa generosamente e l'assaggia. –
Meraviglioso. So che non usa gettare sortilegi su cibi e bevande, ma
ditemi, fata Mahaderill, non è nemmeno un pochino fatato questo vino
così splendido?
–
No. Della vendemmia e della pigiatura si occupa Khuda ed alcuni altri
del suo popolo. Credo che il segreto stia nel fatto che nessuna delle
piante dalle quali prendono i grappoli soffra della raccolta, il che
migliora sensibilmente la qualità del vino. Ma se permettete vorrei
tornare al nostro buon amico Usif-Lizhi al quale è stata troncata la
parola in bocca. Qual'è la maledizione che pesa sul tuo popolo?
–
La sterilità, Mahaderill. Non nascono più né Notturni né Neek, nè
altri mezzi-sangue concepiti con le altre razze che popolano il
Mondo. I migliori maghi e negromanti sono impotenti, i cerusici con
le loro polverine ed i loro rimedi universali si allontanano dai
nostri castelli scuotendo la testa e neppure Onnielvhena, la decana
di voi fate ha saputo immaginare un rimedio. Invecchiamo inutilmente,
scontrosi ed esageratamente formalisti, malati di nervi o
stravaganti, continuando a rimandare il momento di ritirarci per non
rimanere soli a riflettere, prendendoci cura delle nostre inutili
collezioni o discutendo per notti e notti intere del giusto
abbigliamento per un'occasione mondana o della sfumatura di colore di
una trama o di un ordito. Sono fuggito dal castello di Lizhi già tre
anni or sono, rifugiandomi presso un dama degli uomini, Adwina di
Casa Oresme. L'ho amata ed ella ha amato me, ma il nostro amore per
quanto meraviglioso, ci ha lasciato soli.
Usif-lizhi
si interrompe per un istante. Pronunciare il nome di lei in mezzo a
tutte quelle persone gli provoca una sensazione penosa, come se farlo
fosse un po' tradirla, spargere al vento qualcosa di così raro e
fragile che esposto alla luce non può che deperire e svanire.
–
Comprendiamo, Liest Usif-Lizhi. Non soffermarti sui ricordi più
tristi, non spenderli per noi che non possiamo leggere nella tua
mente. Dicci piuttosto qual'è la speranza che ti guida. – Jay
Wediliun il Syerdwin lo guarda con calma intensità, quasi che fosse
riuscito a contraddire le sue stesse parole ed a penetrare nei suoi
ricordi.
–
Racconta, Uomo-di-Luna, Io-Noi ascoltiamo. – Lo esorta Khuda.
Usif-lizhi annuisce: i Silvani non sono mai soli, un contatto
continuo, delicato ed insieme solido come l'acciaio lega ciascuno di
loro agli altri ed ai fratelli immobili. Raccontare la propria storia
a Khuda è come narrarla a tutte le creature vegetali che popolano il
vasto orlo del mondo: un uditorio ben strano, attraversato da
sentimenti e sensazioni che uno della Gente-che-corre non può
neppure immaginare. Il Notturno si guarda intorno e fissa il proprio
sguardo via via sui compagni di quell'avventura, che silenziosamente
attendono le sue parole. I suoi occhi incontrano il viso alabastrino
del mercante Syerdwin, il sorriso di Noro, l'espressione incerta e
preoccupata di Kirzil Pennarossa, i lineamenti impenetrabili di Khuda
dietro i quali si nascondono i pensieri di tutti gli alberi del vasto
Orlo del mondo, gli occhi del colore delle foglie di Mahaderill, la
rocciosa sicurezza del Barone Enklu e si rende conto che una
misteriosa forza ha posto al suo servizio i membri di tutte le razze
che vivono sotto la luce del sole, li ha resi suoi compagni ed amici,
per combattere contro la sconosciuta e terribile Ombra-di-Sangue.
Quel
pensiero, durato il tempo di un sospiro, gli dà coraggio e forse per
la prima volta Usif-Lizhi si permette una piccola, fugace speranza. –
Una profezia mi ha spinto ad abbandonarla, giurando di tornare
comunque da lei. Queidhen l'Unico mi ha fatto sapere che solo presso
l'Ombra-di-Sangue potrò avere risposta alla mia domanda. Questo è
tutto.
Un
silenzio teso e spaventato segue le sue ultime parole. Kirzil che le
parole del Notturno davanti alla foresta di cera avevano già messo
sull'avviso si stringe nelle spalle e si versa un'altra abbondante
dose di vino. "Uno spirito molto potente, Kirzil." Aveva
detto Usif-Lizhi in quell'occasione. "Ma solo il dio delle
paludi sa quanto potente. Pazienza, chi vuole vivere per sempre?"
Si chiede il Gu'Hijirr. "Devo essere completamente impazzito,
evidentemente, ma il bello è che mi sento felice e in pace, come se
quell'accidenti di Notturno mi avesse proposto una buona bevuta ed
una gu'hijirr morbida e focosa. Sarà magia." Conclude Kirzil
quando giunge al fondo del suo boccale.
–
Sapete già come giungere in sua presenza? – Chiede il Barone
Enklu.
–
Si trova nel gabinetto di magia di Re Artamiro. Egli ignora di
possedere la Via per giungere all'ombra di Sangue, ma io dovrò
sottrargli quella via e percorrerla.
–
Non è un compito facile. – Osserva Noro Heban. – Ma forse non è
neppure impossibile.
–
Ho udito dire tali cose sulla crudeltà e sull'avidità di Artamiro
che temo che sottrargli anche uno spillo sarà la cosa peggiore. –
Commenta Jay Wediliun. – Ma siamo tanti e coraggiosi, cosa abbiamo
da temere? Dopo alcuni giorni in compagnia di quegli orribili Oom la
paura in me si è interamente consumata, non sono più in grado di
provarla.
–
È vero. – Conferma il Barone Enklu. – Ora possiamo affrontare
davvero qualunque cosa senza temere.
– Non scherzate, vi prego, amici. Voi avete giurato di seguirmi, ma
non sapevate nulla di me. Non posso accettare di legare le vostre
vite alla mia in queste condizioni.
–
Io-Noi non abbiamo giurato. – Khuda interrompe Usif-Lizhi che lo
guarda senza ancora capire. – L'Uomo-di-Luna ha permesso a noi di
dividere il nostro tempo con Mahaderill. Il tempo si sarebbe spezzato
senza di lei. Io-Noi sappiamo e ricordiamo. Stenderemo la nostra
ombra su di lui.
–
Ben detto! Non c'è motivo per rimangiarci la parola data,
Usif-Lizhi. Hai rischiato non solo la tua vita ma quella di tutto il
tuo popolo per salvare gente che neppure conoscevi. La nostra vita ti
appartiene. Non c'è null'altro da aggiungere o da togliere.
Un
bussare forte e deciso segue le parole del Barone Enklu, facendo
sobbalzare i presenti.
–
Non attendevo nessuno. – Osserva Mahaderill.
Istintivamente
Kirzil ed il barone Enklu portano la mano all'elsa della spada.
–
Attendete. – Li ferma Khuda.
Il
Silvano si alza lentamente e rientra nella piccola casa per aprire la
porta. Dopo qualche attimo il silvano fa ritorno a tavola.
–
Mahaderill, si tratta di un lupo-drago. Chiede di vederti.
–
Aspettate, Fata Mahaderill, lasciate che vi accompagni. – La ferma
Enklu. – Le cose si sono fatte torbide anche tra i miei consimili e
non so più di chi sia giusto fidarsi.
La
fata annuisce e abbandona la tavola seguita dalla massiccia figura
del barone. Una volta giunti all'interno Enklu bisbiglia. – Aprite
la porta e sedetevi là in fondo. Io starò dietro il battente,
pronto ad intervenire.
La
fata sorride come una ragazzina che stia architettando uno splendido
scherzo. Apre e corre a sedersi su una sedia a dondolo posta davanti
alla grande finestra che domina la stanza. – Entrate pure, chiunque
voi siate.
Il
Duca Kwister di Lö esita, inquadrato nella cornice della porta: –
Siete la fata Mahaderill, vero?
–
Certo.
–
Sono molti anni che non vi vedo più. E voi non vi ricorderete certo
di me. Ero un lupacchiotto, allora, e passavo il tempo ad azzuffarmi
con gli altri cuccioli.
–
Chi siete? – Le chiede l'anziana fata cercando di ricordare il
volto del Lupo-Drago.
–
Sono Kwister della Marrak dei Lö, dove avete vissuto per vent'anni.
–
Ah. – La fata rimane apparentemente indifferente. – Non vi
ricordo, Kwister. Ricordo il vostro nome, come è ovvio, ma non posso
ricordarvi adulto.
–
È evidente.
Dietro il battente della porta Enklu spia lo sguardo della fata per
cogliere da lei eventuali cenni, ma Mahaderill sembra essersi
dimenticata della sua presenza ed ha occhi solo per il suo ospite.
–
Cosa ricordate di me? – Chiede al Lupo-drago, imbarazzato come un
ragazzo di fronte ad un'insegnante.
–
Ricordo che avevate guanti di filo verde scuro e che li indossavate
durante i vostri colloqui con il Duca Uhma, mio padre e con Kedrun,
mio zio. Ricordo che avevate una vera passione per il tè alla
verbena e detestavate il maggiordomo della Marrak, un uomo di nome
Sagden. Dicevate che era un individuo avido, lezioso e meschino.
Durante la festa della primavera siete caduta in una trappola tesa
per i cervi ed avete fatto crescere due orecchie d'asino al capo dei
bracconieri, Muin, che poi avete liberato dall'incantesimo. Una volta
avete litigato con Dama Gudrun e le avete lanciato un incantesimo per
il quale ogni volta che apriva bocca si udiva il verso della gallina
e un'altra volta…
–
Va benissimo. Ma finora non avete detto nulla che non avreste potuto
apprendere da qualcun altro. Non sapete riferirmi qualcosa che solo
voi ed io possiamo sapere?
Kwister
stringe le labbra e riflette. – Credo di sì. – Dice infine. –
Raramente mi avete rivolto la parola, ero troppo piccolo per meritare
la vostra considerazione, ma una volta mi avete dedicato qualche
minuto per insegnarmi i nomi dei fiori nella lingua dei Silvani, i
nomi per chiamarli e farli aprire. Mi avete fatto giurare di non
svelarli a nessuno ed io finora ho rispettato il giuramento.– Il
Lupo-Drago si schiarisce la voce. – Il nome della viola è hodjen,
il nome della margherita è ferei, il nome della Rosa canina è
gadlimell, il nome della primula è ogain, il nome del…
–
Va bene, Kwister di Lö, hai buona memoria. – Ride la fata. – E
sei molto cresciuto da quando eri un piccolo, fangoso lupetto. Barone
Enklu, abbandonate pure la vostra postazione, non c'è nulla da
temere.
Nell'udire
quelle parole il Duca si volta di scatto. Alle sue spalle c'è un
lupo-drago più giovane, vestito di colori a lui noti, che si inchina
leggermente.
–
Barone Enklu della Marrak dei Nogu. Al vostro servizio.
Kwister,
ancora scosso, annuisce. – Al buon servizio anche della nostra
comune amica Mahaderill, vedo, Barone. Come sta vostro padre,
Duindae?
–
Gode di buona salute e si inchina alla vostra Marrak di Lö come
faccio io.
–
Sono molto contento di incontrare un buon amico come voi a tanta
distanza dalle nostre terre. Ma temete forse che qualcuno possa
attentare alla vita della Fata Mahaderill?
–
È un lungo discorso, Duca. D'altro canto noto che voi non portate i
colori della vostra Marrak. Vi sono in genere motivi molto gravi per
viaggiare in incognito.
Kwister
ride. – Abbiamo molto da raccontarci, evidentemente. Permettetemi
di andare a chiamare il mio aiutante, Share Harvaiun, rimasto ad
attendermi fuori, poi potrò raccontarvi tutto.
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