Il misterioso viaggio del Duca Kwister in compagnia del suo servo Harvaiun continua, con qualche piccola sorpresa e qualche misteriosa insidia. |
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I
vetri di Verdevima, circondata dalle nove montagne coperte di
foreste, brillano debolmente alla luce del tramonto. Dalla cima del
passo Kwister di Lö allarga le narici per riconoscere l'odore della
città, un misto di vecchio cuoio, arancio, lavanda e olio per legno.
La città si culla nella quiete dell'ora magica e infinita che segna
il saluto del sole ed i suoi abitanti indugiano ancora sulle porte e
nei cortili, scambiandosi parole leggere e divertite, dolci ricordi,
promesse d'amore. Dalla sua posizione il lupo drago ha la sensazione
di poter toccare solo allungando la mano le quattro massiccie torri a
terrazze, dove i Djomak, i Protettori, e gli Erbani coltivano l'erba
lucciola e l'Odmie, le piante palustri dal lungo stelo amate dai
Gu'Hijirr, l'erbamare dei Syerdwin, le lame d'argento care ai
Notturni e le piccole margherite ed i girasoli prediletti dagli
Uomini. Con un senso di pace nel cuore il Duca lascia che il suo
sguardo accarezzi i mille colori delle terrazze, dove i cristalli
delle serre e le alte finestre rendono più lento e struggente il
tramonto.
Intorno
alla città, già immerse nell'ombra del sonno stanno le sue nove
montagne: Fosh, Monte dei Salici, Mallina, Kanushimi, Innuori, Monte
Effige, Irroka, Thereide e Nebbiosa.
–
Bella eh? – Kwister non sembra chiedere il parere del suo
servitore, divenuto ormai un compagno, ma anticiparlo. – A voi
pesci freddi non piacciono boschi e piante, ma persino tu troverai
incantevole questa città.
–
Mi piacciono i suoi cristalli, i loro riflessi. Come se sorgesse
sottacqua. E così anche le sue piante mi ricordano i lenti movimenti
delle alghe. Le avete mai viste, duca Kwister, le praterie
sottomarine? Ce ne sono di splendide sulla riva della mia isola,
Wentur e lì vivono le mie madri vere.
–
No, non le ho mai viste. Mi suonano strane le tue parole, Harvaiun,
perché lasciano credere che persino tu nel tuo petto gelido ospiti
un cuore ed un po' di amore per la bellezza. E come sai che in quei
luoghi vivono i tuoi veri genitori?
Il
syerdwin ride. – Non lo so. E anche se li incontrassi nella loro
attuale forma non li saprei riconoscere. È un gioco, solo un gioco,
che si fa da cuccioli, nuotando d'estate nelle acque dove nuotano gli
spettri delle acque del crepuscolo. Ognuno di noi ne sceglie due e li
elegge proprie vere madri. Non è facile riconoscerle, poi, ma il
mantello nero del dorso non ha mai gli stessi limiti, il colore vira
al blu intenso o al viola vicino alle pinne, ci sono cicatrici, segni
di scontri remoti o recenti, modi personali di nuotare o di
chiamarsi. Io non ho mai perso di vista le mie madri vere, almeno
finché ho mantenuto il mio nome da giovane.
–
E qual'era il tuo nome giovane, Harvaiun?
Il
Syerdwin sorride debolmente. – Non è onorevole pronunciare il
proprio nome giovane alla maturità, duca, ma voi non siete un
syerdwin, quindi… Il mio nome giovane era Roffy. Una volta perduto
quel nome anche il mio gioco dovette cessare. Gli adulti dicevano che
troppo nuoto affretta il Cambiamento ed esso deve venire solo quando
è il mare a chiamarci, non prima.
–
Ma è vero?
–
Non credo, ma ormai ricordo a stento quelle nuotate ed il mare è una
grande presenza oscura che avverto solo nei sogni. Ma qualcosa in
questa città ha risvegliato i miei stupidi ricordi e come un vecchio
sull'orlo del Cambiamento sto qui a tediare chi mi accompagna con la
mia nostalgia.
–
Noi lupi ne sappiamo così poco di voi syerdwin e probabilmente
questo non è giusto. Tutti conosciamo poco gli altri popoli e
finiamo per dimenticare che siamo nati tutti dallo stesso grembo
inesauribile. Vedi, Share, che effetto fa la bellezza? In sua
presenza nascono solo pensieri elevati, teneri ricordi, tenui
malinconie e amicizia. Nessuno riesce a capire quanto sia terribile,
quanto dolore porti vivere in luoghi infami ed oscuri, squallidi e
freddi. La bellezza che vive in noi muore, allora, ed al suo posto
vengono l'odio e l'ira.
Il
syerdwin approva. – È vero, mio Signore, ma che dire allora di chi
si circonda di begli oggetti e vive in case fastose e quando ha
terminato i denari manda i propri emissari a reclamare fatica, sangue
e dolore da coloro che vivono in quei luoghi? Come dovremo giudicare
la rabbia senza speranza di quella gente, cresciuta senza bellezza,
che alla prima occasione brucerà bei quadri, magnifiche stoffe,
sontuose dimore, possibilmente con il nobile dentro?
Il
duca sobbalza e per un attimo il labbro superiore si increspa a
mostrare ira. Ma la sua rabbia dura solo un istante e si spezza in
una risata. – Maledetto pesce, hai ragione. Il mio era un pensiero
ispirato da uno stomaco ben satollo. Ma tutti, uomini, lupi o
syerdwin, abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi, qualcuno che per
le sue capacità, per la sua generosità, la sua saggezza meriti il
suo posto di primo. Altrimenti vi é solo inganno, ruberia, miseria
ed ignoranza.
–
Bellissime parole, Duca. Mi chiedo quando finalmente manderete nel
mondo dell'Ombra di Sangue il Grande Artamiro che di queste belle
parole ha fatto il suo stendardo.
–
Attendi con fiducia, Share, quel giorno verrà.– Appena pronunciate
quelle parole Kwister ha un moto di disappunto. – Ma perché lo
racconto a te, maledizione? Adesso lo andrai a raccontare alla prima
pulzella con la quale ti rotolerai in un letto ed io sarò perduto.
–
Non temete. – Il syerdwin è riuscito ad impallidire ancora,
nonostante il colore già livido della sua carnagione e fa grandi
cenni di diniego. – Terrò la lingua a posto, duca, sopra e sotto
le acque.
Kwister
con un rapido cenno indica la sua spada. – Meglio per te, in quel
caso. Adesso è tempo di muoverci, Share, se vogliamo trovare
qualcosa da mettere sotto i denti.
–
E la fata Mahaderill?
Il
lupo-drago sbuffa. – Riceve solo al mattino, sciocco, e non sarebbe
degno di me importunarla ad un'ora tarda.
–
Giusto. E anche Artamiro così ha una mezza giornata di più da camp…
–
Non pronunciare più quel nome, Harvaiun. – Lo interrompe cupo il
duca. – Fino a quando non te ne darò il permesso.
Un
uccello araldico di metallo, dipinto di un bel rosso carminio è
appeso fuori dalla locanda insieme alla scritta vergata nei caratteri
bassi e larghi del Ree, ormai quasi caduti in disuso, proclamando ai
passanti che quella è la locanda "Della Gru-Pavone rossa"
di Mastro Jeghell. Una lampada ad olio ingegnosamente accesa sotto
l'insegna permette di scorgerla anche di notte, cosa che sicuramente
deve ben favorire gli affari del bravo oste, come sicuramente depone
a suo favore il profumo dei polli che un ragazzino mezzo addormentato
gira su uno spiedo.
–
Qui va benissimo. – Decide il Duca scendendo da cavallo e
affidandolo alle cure di un servo Gu'Hijirr che si è affrettato ad
accostarglisi.
–
Qui fanno commercio non solo di carni cotte e ben cucinate. –
Osserva a mezza voce Harvaiun.
–
Come dici?
–
Ve lo dirò una volta entrati, signore.
Il
Lupo-drago lo guarda perplesso, apre il fermaglio del mantello ed
entra risolutamente mentre il syerdwin rotola pesantemente giù dalla
sella, si ferma un istante per massaggiarsi la schiena e si affretta
a seguirlo.
Buonasera, buonasera mio Magnifico Signore, come posso accontentarvi?
– L'individuo piccolo, scuro e dotato di formidabili baffi che lo
ha apostrofato appena entrato dev'essere Mastro Jeghell. Kwister lo
saluta con un cenno della mano ed attende. Il piccolo oste gli si fa
incontro e giunge al cospetto del duca contemporaneamente all'arrivo
alle sue spalle di Shade.
– Buonasera Signore, desiderate cenare, riposarvi, gradite
compagnia della più sana e divertente? La mia modesta locanda è al
vostro servizio.
–
Appunto. – Commenta Harvaiun.
Mastro
Jeghell lo guarda con sospetto. – Questo Syerdwin viaggia con voi?
–
Ovvio. Per il momento desidero cenare e più tardi riposarmi.
Indicatemi un tavolo.
– Là, signore, il posto vicino al caminetto. Vi è gradito o
preferite quel tiepido angolo all'ombra del soppalco?
–
Voglio un tavolo per tener d'occhio la porta, oste, nulla di più.
Quello andrà benissimo.– E senza attendere risposta Kwister va a
prendere posto in un tavolo vicino a quello di un gruppo di Syerdwin
delle isole dell'Uncino, riconoscibili per i cappucci verde- azzurro.
–
Mastro Jeghell, come sono i vostri prezzi? – Chiede Harvaiun.
L'oste
lo guarda con fastidio. – Siete per caso voi a pagare?
–
Fate come se fossi io a farlo. Sapete, il mio signore è persona
tanto delicata da non insudiciarsi la bocca con tali sciocchezze.
Allora?
–
Cento solidi per la cena, la rigovernatura dei cavalli, una camera e
due fanciu…
–
Piano, piano, mastro Jeghell. Se non ve ne siete accorto il mio
Signore è un lupo non un pollo e anche se l'esercizio della
spennatura dev'essere molto praticato qui, credo dobbiate fare
attenzione a chi vi capita per le mani. Un Lupo-Drago non è una
delle creature più pazienti e ricche di umorismo del mondo.
–
Queste vostre insinuazioni mi offendono, signore. Comunque, credo che
se vi conterrete nel cibo e vi accontenterete di un pagliericcio…
Share
scuote la testa lentamente. – No, no, no. Non ci siamo proprio,
caro mastro Jeghell. Il mio signore non è abituato alla miseria.
Quanto di meglio avete in cucina ed i letti di più morbido piumino
con le coperte più calde andranno benissimo per noi. Il tutto per
cinquanta solidi, che è sempre il doppio di quanto pretendono i
vostri colleghi.
Il
piccolo oste aggrotta le sopracciglia. – È poco, molto poco, ma
chi è il Signore che accompagnate, così potente ed insieme così
parsimonioso?
–
Il barone Engelholm di Gräben, ma non ditelo a nessuno.
–
Certo. Resta inteso che se vorrete godere di buona compagnia per la
notte il prezzo dovrà essere corretto.
–
Non contateci, mastro Jeghell. E ora svelto, a cucinare.
L'oste
lo guarda con livore allontanandosi, benedetto dal sorriso beffardo
del Syerdwin che, soddisfatto di sé, raggiunge il Duca.
–
Finalmente, Harvaiun, cosa avevi tanto da discutere?
–
Ecco, il fatto è che Mastro Jeghell non possiede tra le sue doti
l'onestà e i suoi prezzi se non il suo locale hanno l'ardimento
della Locanda Reale di Dancemarare.
–
Ah, e tali sono restati anche dopo la vostra discussione?
–
No. Ha convenuto con me che sua venalità poteva essere fraintesa ed
ha dimezzato il prezzo richiesto. Tra l'altro sarà bene che sappiate
che…. – Il Syerdwin abbassa bruscamente la voce. – …Il vostro
nome è barone Enghelholm di Gräben ed il mio è Fadha Roghiun, nel
caso ci siano orecchie troppo grandi nel locale.
Il
duca ride. – Bel nome quello che avete scelto per me, Sh…Fadha,
il nome di un sovrano mitico dei Lupi-Drago. Se c'è qualcuno qui che
è della mia razza ne sarà perlomeno sorpreso.
–
Ho dovuto improvvisare, Barone, e mi sono ricordato del titolo di un
libro della vostra biblioteca.
–
Non ti preoccupare, va benissimo e la cosa ha anche il pregio di
divertirmi. Ma chi quegli uomini alle nostre spalle che parlano tanto
forte?
Il
syerdwin si volta. – Hurriti. Sono boscaioli o almeno tali mi
paiono. – Lo sguardo di Harvaiun si incrocia con quello di uno
degli uomini seduti al tavolo accanto al loro intento a portarsi alla
bocca una coscia di pollo ben rosolata ed il Syerdwin si affretta a
distogliere lo sguardo.
–
Le mani del re sono molto lunghe e quella gente non mi piace,
comunque. – Osserva a bassa voce Share. – Questo mi fa temere una
notte da sveglio, signore.
–
Bene. – Commenta Kwister senza smettere di sorridere. – Cosa ha
creato in te questa convinzione?
–
Gli Hurriti hanno un giorno ogni sei dedicato al digiuno per favorire
il perdono del dio dei Boschi che loro chiamano Amayan. Quel giorno è
oggi.
–
Un po' di empietà ai giorni nostri non è strana.
–
È vero, ma ignorare la cosa nella nostra situazione sarebbe
imperdonabile.
–
Sono d'accordo con te. Adesso mangiamo.
Al
termine di una cena abbondante ma non eccessiva, formata da un
tacchino allo spiedo, trota ai capperi, uova al lardo, insalata
fresca, formaggio e annaffiata da una buona birra il duca Kwister si
alza in piedi e dichiara ad alta voce: – Mi è parso di udire che
in questo locale, Fadha, c'è la possibilità di godere di buona
compagnia per la notte, non è così?
Harvaiun,
che ha passato tutto il tempo della cena a cercare di riconoscere
l'accento dei quattro syerdwin seduti nel tavolo di fianco al suo,
sobbalza e guarda il duca stupefatto. – Sì, certo.
–
Bene, allora andiamo, che questa cena deliziosa ha risvegliato in me
qualcosa..
Il
syerdwin, confuso approva e si alza per correre dall'oste. –
Abbiamo cambiato idea, Oste. Un po' di compagnia ci è gradita. –
Gli annuncia.
–
Questo modifica sostanzialmente il vostro conto, come vi aveva
preannunciato.
Harvaiun,
che sospetta che la decisione del duca abbia qualcosa a che fare con
la bella compagnia degli Hurriti che hanno continuato a bere ed a
mangiare in spregio ad Amayan, sorride serafico e annuisce. – Ma
certo, Mastro Jeghell, e se resteremo soddisfatti ve ne daremo prova
tangibile.
L'oste
sorride a sua volta. – La vostra stanza è al primo piano, la
seconda a destra al termine della scala. Avete preferenze per la
compagnia?
–
Due fate, mastro Jeghell. – Share ride vedendo l'espressione
perplessa dell'oste. – Non ne avete a lavorare da voi? Alla locanda
reale di Dancemarare ce ne sono sette, pensate. Dovreste attrezzarvi.
Qui vicino non c'è una certa Mahaderill della quale si dicono cose
egregie…
–
Siete male informato, signore: Mahaderill è una fata anziana e vive
predicendo il futuro ai ricchi come ai disgraziati. – Ribatte
l'oste in modo brusco.
–
Evidentemente hanno voluto prendersi gioco di me. Perdonatemi.
–
Di nulla. Appena vi sarete rinfrescati provvederò ad inviarvi Eyma e
Celia, i più bei fiori del mio piccolo giardino.
–
Bellissimi nomi, Mastro Jeghell, le attendiamo con impazienza.
Con
un piccolo inchino Harvaiun si allontana e raggiunge la scala.
Salendo nota che i boscaioli hurriti sono scomparsi, probabilmente
già nella loro camera. A metà della salita ad incontrarlo c'è il
duca Kwister, avvolto nel mantello come un brigante da strada.
–
Non era esattamente questo che intendevo per passare la notte da
svegli, signore, ma se è così che desiderate… – Inizia a dire
Shade.
–
Fai silenzio, buffone e seguimi. – Cauto e silenzioso il duca
arriva al primo piano, gira a sinistra ed apre un piccola porta.
–
Entra. – Ordina con un soffio.
– Ma la nostra stanza è…
Il
duca lo spinge nel buio e chiude la porta. La luce della luna che
spiove da una piccola finestra li illumina debolmente rendendo ancora
più minaccioso il sorriso del Duca Kwister.
–
Lo so, stupido syerdwin. Ho udito quello che ti ha detto mastro
Jeghell. Ho anche visto la sua reazione quando hai tirato in ballo
Mahaderill.
–
Credo che l'oste non c'entri, Signore.
–
Infatti, era solo seccato per tutte le sciocchezze che gli hai detto.
Fate in una locanda, ma chi l'ha mai sentita una stupidaggine simile?
–
L'oste l'ha bevuta, comunque. E credo che da domani si metterà a
cercarne una per poter alzare ancor più il suo prezzo, fino a quando
non incontrerà un silvano che gli romperà la testa. Tra l'altro,
avete presenti quei syerdwin che sedevano al nostro fianco?
–
Certo.
–
Bene, avevano i colori delle isole dell'Uncino ma parlavano con
l'accento di Verhida.
–
Verhida? Ma non è uno dei dominii di Teardraet, quello che voi
chiamate il non-cambiato?
–
Per l'appunto, duca Kwister, e credo che la loro presenza qui sia
casuale quanto quella degli Hurriti.
–
Bel posto ho scelto. – Commenta il duca.
–
Tutte le migliori locande saranno piene di spie e di sicari pronti a
farvi la pelle, è evidente. Non potevano aspettarvi ad uno dei passi
perchè la milizia di Verdevima, che non è schierata con re
Artamiro, li difende e quindi non potevano che agire così.
Incidentalmente posso chiedervi perchè avete deciso di chiedere
compagnia per poi nasconderci qui?
–
Da qui si vede la porta della nostra camera, Share. Quando le ragazze
vi saranno entrate e non ci avranno trovato correranno a dirlo
all'oste che sicuramente farà il diavolo a quattro. Ai nostri amici
allora non resterà che andarsene a cercarci per il resto della
città. E ovviamente noi potremo dormire nella nostra camera.
Harvaiun
accenna un applauso. – Adesso capisco perché voi siete duca ed io
no. Un'idea così non mi sarebbe mai venuta.
–
Già. L'importante è che nessuno venga a dormire in questa camera.
adesso silenzio e guardiamo.
Da
uno spioncino Kwister vede passare sul piano un'arciere in compagnia
di un amico, un paio di mercanti piuttosto alticci, un syerdwin
vestito degli abiti severi del Collegio delle Acque Lente, un
Protettore, una coppia di mezza età formata da un Gu'Hijirr ed una
donna ed infine i quattro syerdwin che stavano seduti vicino a loro,
avvolti nei loro mantelli verde-azzurri. Uno di essi si appoggia in
un incavo del muro compreso nel campo visivo del duca e apre il
mantello per appoggiare una mano sul manico della spada, lasciando
intravedere il disegno della sua livrea: una spirale nera su campo
grigio. – Vieni qui, Share. – Lo chiama Kwister con un soffio. –
Cosa rappresenta quel simbolo? – Chiede al syerdwin.
–
Il mare obliquo. – Dice Harvaiun. – Ho visto quel simbolo solo
una volta, quando ho combattuto per il conte Kelliun di Dudra e per
poco non è stata l'ultima cosa che ho visto da vivo. Non so a chi
appartenga, ma è il simbolo di un vecchio gioco che ho visto giocare
da bambino: Iledon. Tutte le navi syerdwin posseggono le carte
dell'Iledon. Servono a fare auspici ma anche per giocarsi la camicia.
Il mare obliquo è una delle carte decisive. Per vincere o per
perdere.
–
Per vincere o perdere. Dev'essere un simbolo importante. – Commenta
il Duca Kwister. – Il guaio è non sapere a chi appartiene.
Aspettiamo.
Passano
alcuni minuti poi ad apparire in cima alla scala sono due creature
vestite di ampie gonne molto colorate: una syerdwin giovanissima, dal
volto chiaro e delicato come alabastro e grandi occhi di colore
grigio ed una lupa-drago dal passo flessuoso ed elastico, orgoglioso
come quello di una regina e dagli occhi del colore delle nocciole
mature.
–
Eccole. – Annuncia Kwister.
–
Mi faccia almeno vedere cosa mi sono perso, signor Duca. – Chiede
Harvaiun appoggiando gli occhi allo spioncino.
Dopo
qualche istante si ritrae scuotendo la testa. – Troppo giovane,
duca Kwister, però tutto sommato mi sarei potuto accontentare.
–
Non pensare a queste sciocchezze, Harvaiun. Le ragazze stanno per
entrare.
–
Beh, aspettiamo. Cosa ve ne è parso della vostra lupa?
–
Semplicemente splendida.– Commenta il duca. Un attimo dopo si
corregge. – O almeno tale l'avrei giudicata in altre circostanze.
–
È proprio vero.
La
porta della camera dove avrebbero dovuto riposare si riapre,
lasciando uscire le due ragazze che confuse lanciano un'ultima
occhiata intorno e si affrettano a scendere.
Un
istante dopo Mastro Jeghell compare in cima alla scale armato di una
lanterna ed accompagnato da un robusto Gu'Hijirr. – Maledetti! E mi
hanno fatto impazzire con le loro richieste per questo! – Sta
urlando il piccolo oste che spalanca la porta della stanza senza
smettere di maledire tutte le divinità umane, syerdwin e di tutti i
popoli del mondo.
Il
Syerdwin acquattato nel corridoio di fronte al loro osservatorio
comincia a lanciare occhiate perplesse nella direzione dalla quale
provengono le urla dell'oste ed infine si stringe nel mantello e
scivola davanti alla porta dalla quale provengono le urla di mastro
Jeghell. Uno alla volta gli altri lo seguono e poco dopo è la volta
dei falsi Hurriti di abbandonare la stanza nella quale si erano
nascosti per scendere.
Mentre
compiono questa manovra il Gu'Hijirr al servizio dell'oste li scorge
e corre a chiedere ragione del loro comportamento. In breve sorge
un'animata discussione al termine della quale i falsi boscaioli
pagano il dovuto e si allontanano come ladri nella notte.
L'episodio
ha se non altro il pregio di migliorare l'umore di Jeghell che
brontolando tra sè chiude a chiave la stanza e ritorna al piano
inferiore.
–
Non c'è più nessuno. Possiamo uscire. – Comunica il duca Kwister.
– E prenderci il nostro meritato riposo.
–
E come faremo, signore. Ho ben visto l'oste che chiudeva a chiave la
stanza.
Il
duca esce, gli fa cenno di seguirlo, apre la porta della stanza a
loro destinata e chiude la porta alle loro spalle. – Con questa. –
Dice mostrandogli la chiave che ha appena terminato di utilizzare.
–
Ma che prodigio è mai questo?
–
È una chiave magica, Harvaiun, opera della fata Mahaderill quando
era al servizio della mia Marrak. E ancora una volta mi serve
meravigliosamente.
La
stanza che l'oste aveva scelto per loro è scaldata da un bel camino
ed i suoi letti sono morbidi e tiepidi come hanno chiesto.
–
Molto confacente. – Osserva Share. – Ma domani ci faremo fare un
po' di sconto. In fondo avevamo chiesto compagnia e siamo costretti a
dormire soli.
–
Hai ragione, Harvaiun. – Ride il Duca Kwister. – Il servizio è
scadente e la compagnia anche peggiore.
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