Sono più o meno una quindicina di libri. Senza contare i libri letti sull'e-reader. Forse la giusta conclusione per uno che è rimasto senza lavoro. O forse no, tenendo conto che non ho avuto la solita dose di libri leggiucchiati obliquamente, aprendo la scatola delle novità e mettendo da parte due o tre libri o rubandoli sui tavoli. Curiosamente, comunque, è un esercizio che ho ripreso con le biblioteche di casa, con la scusa apparente e dichiarata di spolverarle e rimetterle in ordine, riscoprendo libri a suo tempo acquistati e poi dimenticati.
I libri dei quali parlerò qui non hanno, in genere, molto di nuovo. Sono stati ripescati nella mia biblioteca personale, acquistati in uno o più remainder's o in edicola, presso una mostra o al Salone del libro. Uno è stato acquistato in libreria, anche se trovarlo non è stato per nulla semplice e uno è stato un regalo dalla mia inimitabile figlia. E un paio mi sono stati inviati in omaggio dall'autrice.
Un buon pacchetto che mi ha tenuto compagnia tra giugno e agosto e del quale parlo volentieri, anche se mi rendo conto che non sarà facile trovare traccia dei libri qui presentati.
...
Di China Mieville a suo tempo lessi e apprezzai non poco il suo La città e la città, un ottimo noir ambientato in una/due città davvero molto particolari, tanto particolari da risultare una sfida alla sospensione di incredulità normalmente richiesta al lettore e in particolare al lettore di fantastico. Il suo secondo libro l'ho acquistato in una libreria remainder's di Sestri Levante, titolo: Il treno degli dei, Fanucci 2005, traduzione di Nello Giugliano, titolo originale The Iron Council. Un solido librone di 620 pagine che, anche grazie alle interruzioni, mi ha tenuto impegnato da giugno a metà agosto. Ho scoperto in seguito che si tratta della terza parte della trilogia di Bas-Lag - il che può forse spiegare qualche difficoltà di lettura -, come ho scoperto, anche se non era difficile immaginarlo, che l'ottimo Mieville è un marxista e che ha partecipato, senza successo, alle elezioni del 2001 nel collegio di Londra-Regent's Park/North Kensington per il Partito socialista dei lavoratori.
Insomma, se non siete solidamente schierati a sinistra, potete anche ignorare questo libro, China Mieville e il mondo di New Crobuzon. Ma se lo fate ci perderete, e non poco.
«Romanzo corale» è una buona definizione per il libro di Mieville, incredibilmente sospeso tra un West metafisico, abitato da creature e forme di vita - e di non-vita - degne di Dalì o di un Trionfo della Morte fiammingo, e una città dalle mille facce e dalle mille architetture, una Città Definitiva che raccoglie dal passato, come da un malsano futuro possibile, frammenti e parti di storia umana. Un romanzo totale, capace di riunire nelle sue pagine fantasy e sf e lanciarle come dadi sul tavolo della narrazione. Il risultato non è sempre 12, ovviamente, ma Mieville ci va spesso vicino...
Qualche giorno fa mia moglie mi ha chiesto: «Ma la rivoluzione alla fine vince, almeno nel libro di Mieville?» ma l'unica risposta possibile è stata «No. D'altro canto hai mai visto una rivoluzione che vince davvero?». No, alla fine il Concilio di Ferro rimane per sempre un mito, un sogno, un desiderio, ma anche qualcosa di inestirpabile e di impossibile da sconfiggere. I rinnegati, i libeRifatti paraumani, le cactacee, i wyrman, gli xenotipi, i ribelli del Collettivo sono il fantasma che continua ad aggirarsi per l'Europa, l'attimo fulmineo che accende le città.
Un buon pacchetto che mi ha tenuto compagnia tra giugno e agosto e del quale parlo volentieri, anche se mi rendo conto che non sarà facile trovare traccia dei libri qui presentati.
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Di China Mieville a suo tempo lessi e apprezzai non poco il suo La città e la città, un ottimo noir ambientato in una/due città davvero molto particolari, tanto particolari da risultare una sfida alla sospensione di incredulità normalmente richiesta al lettore e in particolare al lettore di fantastico. Il suo secondo libro l'ho acquistato in una libreria remainder's di Sestri Levante, titolo: Il treno degli dei, Fanucci 2005, traduzione di Nello Giugliano, titolo originale The Iron Council. Un solido librone di 620 pagine che, anche grazie alle interruzioni, mi ha tenuto impegnato da giugno a metà agosto. Ho scoperto in seguito che si tratta della terza parte della trilogia di Bas-Lag - il che può forse spiegare qualche difficoltà di lettura -, come ho scoperto, anche se non era difficile immaginarlo, che l'ottimo Mieville è un marxista e che ha partecipato, senza successo, alle elezioni del 2001 nel collegio di Londra-Regent's Park/North Kensington per il Partito socialista dei lavoratori.
China Mieville |
«Romanzo corale» è una buona definizione per il libro di Mieville, incredibilmente sospeso tra un West metafisico, abitato da creature e forme di vita - e di non-vita - degne di Dalì o di un Trionfo della Morte fiammingo, e una città dalle mille facce e dalle mille architetture, una Città Definitiva che raccoglie dal passato, come da un malsano futuro possibile, frammenti e parti di storia umana. Un romanzo totale, capace di riunire nelle sue pagine fantasy e sf e lanciarle come dadi sul tavolo della narrazione. Il risultato non è sempre 12, ovviamente, ma Mieville ci va spesso vicino...
Qualche giorno fa mia moglie mi ha chiesto: «Ma la rivoluzione alla fine vince, almeno nel libro di Mieville?» ma l'unica risposta possibile è stata «No. D'altro canto hai mai visto una rivoluzione che vince davvero?». No, alla fine il Concilio di Ferro rimane per sempre un mito, un sogno, un desiderio, ma anche qualcosa di inestirpabile e di impossibile da sconfiggere. I rinnegati, i libeRifatti paraumani, le cactacee, i wyrman, gli xenotipi, i ribelli del Collettivo sono il fantasma che continua ad aggirarsi per l'Europa, l'attimo fulmineo che accende le città.
Sempre di Mieville sto leggendo Un regno in ombra, titolo originale King Rat, 1998, comico e malefico rifacimento in chiave urbana del Pifferaio di Hamelin. Sono a pagina 248 su 332, abbastanza per dirne due parole ma nulla di più.
Eugenio di Savoia, ritratto di un condottiero 1663-1736, finito di leggere da un paio di giorni, è una biografia storica pubblicata dalla SEI nella sua (antica) collana "Storia", in data novembre 1989. Titolo straesaurito, come tutti gli altri della collana. Ottimo esempio di storiografia di scuola britannica, con un'introduzione non particolarmente legata al testo - incredibile, una volta c'erano anche le introduzioni - dello storico Giuseppe Ricuperati. Una lettura tranquilla e divertente, utile per cercare di rimettere un po' d'ordine nelle mie idee confusissime sulla storia delle guerre di successione combattute e con un personaggio che è uno dei pochi Savoia che meriti ricordare. Notabene: Eugenio di Savoia è stato generale e ministro della guerra per gli Asburgo, vincendo quasi tutto quello che si poteva vincere, e collega del celeberrimo Lord Marlborough. Ha combattuto contro i turchi e contro i francesi durante la guerra di successione spagnola. Secondo Federico il Grande è stato uno dei grandi generali del passato e secondo Napoleone uno dei sette grandi generali di ogni tempo. E chi sono io per mettermi a discutere con Friedrich der Grosse e Napoleone Bonaparte?
Sempre sul tema storico l'ottimo La guerra dei trent'anni di Georges Pages, ECIG edizioni. Pubblicato nel 1993, ormai disponibile soltanto presso le biblioteche. Diciamo che se avete sempre desiderato sapere che accidenti faceva il cardinale Richelieu oltre che mettere i bastoni tra le ruote ai moschettieri, questo è il libro che fa per voi. Scritto da un storico francese, ha solo il piccolo difetto di sovraesaminare il comportamento francese anche quando la Francia non partecipava direttamente alla guerra. In ogni caso ho in attesa di lettura Wallenstein di Golo Mann, storico e scrittore tedesco nonché terzo figlio di Thoman Mann, tanto per pareggiare i conti.
Ancora un paio di libri e poi basta, rimando alla terza puntata.
Lo potevo fare anch'io di Francesco Bonami, l'ho trovato e comprato presso la Guggenheimvercelli, ovvero la mostra dedicata a Calder, Mondrian e Mirò. Una cinquantina di opere raccolte in un piccolo spazio magico, l'ex chiesa di San Marco a Vercelli. Ottima la mostra, un po' meno il librino. Si tratta di una serie di profili biografici e racconti delle carriere di artisti «discussi» come Koons, Damien Hirst, Christo, Joseph Beuys e molti altri. Certamente interessante, talvolta opinabile ma informato e ricco di piccole note biografiche, anche se è inevitabile girare e rigirare il libretto alla ricerca di qualche illustrazione, anche povera, anche in b/n, anche sfocata, anche lillipuziana. Potrebbe essere logico, pensandoci, che un libretto stampato su carta giallastra e ultraporosa per il prezzo di € 9,50 abbia zero illustrazioni, ma fosse costato 11,50 € e avesse avuto almeno un'immagine a scheda l'avrei comprato ugualmente e ne sarei stato mooolto più contento. Se a questo si aggiunge che in calce il volumetto non ha nessun riferimento web ma soltanto un elenco dei nomi citati, tutto sommato bastevolmente inutile, si ha qui da ammirare l'ennesimo mostro targato Arnoldo Mondadori, un libro di buone intenzioni e di pessima resa. Non ho idea se il signor Francesco Bonami, curatore del Museo di Arte Contemporanea di Chicago, sia stato particolarmente soddisfatto del librino sfornato dalla Mondadori. Probabilmente sì, anche perché non è il suo primo libro. Ma, onestamente, parlare di Rauschenberg o di Warhol senza inserire almeno la riproduzione di una delle loro opere è un esempio di autogol fatto da metà campo.
Ultimo libro, un piccolo Sellerio del 2002, fuori catalogo e acquistato a metà prezzo, I lampi di agosto di Jorge Ibarguëngoitia, 154 pagine ingoiate di corsa, nel corso di un unico viaggio in treno. Un romanzo scritto in forma di diario personale del generale José Guadalupe Arroyo, scritto perché: «sono stato vituperato, vilipeso e condannato all'ostracismo [...] Serva comunque lo scartafaccio che fa seguito a questa premessa a chiarire certi malintesi, a confondere certi calunniatori, a mettere i puntini sulle i». L'estensore di tali note è l'autore in persona, definito dal generale: «un individuo che si dice scrittore messicano» e che puntualmente seguirà passo passo le folli idiozie, le asinate colossali, i clamorosi abbagli, gli errori, le vigliaccherie e le piccole meschinità di un alto ufficiale messicano nel corso dell'ultima fase della rivoluzione messicana, 1927-28. Ricordo che in più occasioni fui costretto a fingere attacchi di tosse o a nascondermi nella ritirata per non suscitare troppa curiosità nei miei compagni di scompartimento, sempre più incuriositi da un viaggiatore apparentemente fin troppo allegro. Un piccolo, grande libro che, a parte i divertentissimi lunghi interventi del generale letterario, sempre ansioso di dimostrare il proprio coraggio e la vigliaccheria dei suoi ex-compagni, riesce comunque a narrare con raffinata ed estrema precisione un momento di storia messicana che risulta per noi poco e malamente nota soltanto grazie a qualche film. Da non perdere, si può trovare su IBS a 3,60 €.
Arrivederci alla prossima puntata.
Principe Eugenio di Savoia |
Sempre sul tema storico l'ottimo La guerra dei trent'anni di Georges Pages, ECIG edizioni. Pubblicato nel 1993, ormai disponibile soltanto presso le biblioteche. Diciamo che se avete sempre desiderato sapere che accidenti faceva il cardinale Richelieu oltre che mettere i bastoni tra le ruote ai moschettieri, questo è il libro che fa per voi. Scritto da un storico francese, ha solo il piccolo difetto di sovraesaminare il comportamento francese anche quando la Francia non partecipava direttamente alla guerra. In ogni caso ho in attesa di lettura Wallenstein di Golo Mann, storico e scrittore tedesco nonché terzo figlio di Thoman Mann, tanto per pareggiare i conti.
Ancora un paio di libri e poi basta, rimando alla terza puntata.
Lo potevo fare anch'io di Francesco Bonami, l'ho trovato e comprato presso la Guggenheimvercelli, ovvero la mostra dedicata a Calder, Mondrian e Mirò. Una cinquantina di opere raccolte in un piccolo spazio magico, l'ex chiesa di San Marco a Vercelli. Ottima la mostra, un po' meno il librino. Si tratta di una serie di profili biografici e racconti delle carriere di artisti «discussi» come Koons, Damien Hirst, Christo, Joseph Beuys e molti altri. Certamente interessante, talvolta opinabile ma informato e ricco di piccole note biografiche, anche se è inevitabile girare e rigirare il libretto alla ricerca di qualche illustrazione, anche povera, anche in b/n, anche sfocata, anche lillipuziana. Potrebbe essere logico, pensandoci, che un libretto stampato su carta giallastra e ultraporosa per il prezzo di € 9,50 abbia zero illustrazioni, ma fosse costato 11,50 € e avesse avuto almeno un'immagine a scheda l'avrei comprato ugualmente e ne sarei stato mooolto più contento. Se a questo si aggiunge che in calce il volumetto non ha nessun riferimento web ma soltanto un elenco dei nomi citati, tutto sommato bastevolmente inutile, si ha qui da ammirare l'ennesimo mostro targato Arnoldo Mondadori, un libro di buone intenzioni e di pessima resa. Non ho idea se il signor Francesco Bonami, curatore del Museo di Arte Contemporanea di Chicago, sia stato particolarmente soddisfatto del librino sfornato dalla Mondadori. Probabilmente sì, anche perché non è il suo primo libro. Ma, onestamente, parlare di Rauschenberg o di Warhol senza inserire almeno la riproduzione di una delle loro opere è un esempio di autogol fatto da metà campo.
Ultimo libro, un piccolo Sellerio del 2002, fuori catalogo e acquistato a metà prezzo, I lampi di agosto di Jorge Ibarguëngoitia, 154 pagine ingoiate di corsa, nel corso di un unico viaggio in treno. Un romanzo scritto in forma di diario personale del generale José Guadalupe Arroyo, scritto perché: «sono stato vituperato, vilipeso e condannato all'ostracismo [...] Serva comunque lo scartafaccio che fa seguito a questa premessa a chiarire certi malintesi, a confondere certi calunniatori, a mettere i puntini sulle i». L'estensore di tali note è l'autore in persona, definito dal generale: «un individuo che si dice scrittore messicano» e che puntualmente seguirà passo passo le folli idiozie, le asinate colossali, i clamorosi abbagli, gli errori, le vigliaccherie e le piccole meschinità di un alto ufficiale messicano nel corso dell'ultima fase della rivoluzione messicana, 1927-28. Ricordo che in più occasioni fui costretto a fingere attacchi di tosse o a nascondermi nella ritirata per non suscitare troppa curiosità nei miei compagni di scompartimento, sempre più incuriositi da un viaggiatore apparentemente fin troppo allegro. Un piccolo, grande libro che, a parte i divertentissimi lunghi interventi del generale letterario, sempre ansioso di dimostrare il proprio coraggio e la vigliaccheria dei suoi ex-compagni, riesce comunque a narrare con raffinata ed estrema precisione un momento di storia messicana che risulta per noi poco e malamente nota soltanto grazie a qualche film. Da non perdere, si può trovare su IBS a 3,60 €.
Arrivederci alla prossima puntata.
4 commenti:
China Miéville mi incuriosisce non poco. Solo che avvicino la mano al libro, poi la ritraggo. Prima o poi mi farò coraggio, probabilmente quando avrò macinato un po' di arretrati.
Mieville prima o poi l leggerò perchè fa parte della mia immensa whishlist.
Riguardo invece al libro di Pages:
"Scritto da un storico francese, ha solo il piccolo difetto di sovraesaminare il comportamento francese anche quando la Francia non partecipava direttamente alla guerra. "
Ma i francesi non lo fanno forse sempre ? :)
E lo dice uno che i francesi i genere li stima molto. ;)
@SX: merita, davvero. A tratti un po' logorroico, in qualche occasione un filino retorico, ma con la capacità di sorprendere sempre il lettore. Unico difetto, una volta iniziato un libro è praticamente impossibile abbandonarlo. Ti consiglio, in particolare, l'ottimo The City & the City: da togliere il fiato.
@Nick: i francesi sono stati al centro della storia europea dal XVII e XIX secolo. Quasi impossibile dimenticarseli e quasi impossibile per uno storico francese metterli da parte anmche solo per un momento... Quanto a Mieville, ti consiglio di dare un'occhiata a quanto ho scritto al buon SX.
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