Basato sull'incontro / contrapposizione tra due voci narranti, l'una di una domestica a ore di problematica discrezione e fedeltà, la seconda di una creatura lunare e misteriosa, tanto da creare più di un dubbio sulla sua salute mentale.
E il racconto potrebbe essere tutto qui. Il racconto di una domestica che un bel giorno scopre che la propria datrice di lavoro ha definitivamente dato i numeri ed è scomparsa.
Da un certo punto di vista, infatti, è proprio così.
Ma ci sono le parole lasciate dalla nostra curiosa ninfa lunare. Ciò che accade alle piante. I disegni. Gli appunti.
Tanto piccolissimi indizi che conducono lontano. Verso l'oscurità, verso l'Ombra.
...
Sinceramente non ho mai stabilito se si tratta di un racconto sufficientemente riuscito o di un tentativo patetico. L'ho pubblicato anche su LN, nel numero 2.10, scoprendo, con una certa sorpresa che in quanto autore non ho realmente preso posizione e che, in fondo, mi sono garbatamente fatto beffe di tutti i personaggi. Il che non è bene ed è una tecnica di narrazione che non utilizzo quasi mai.
Ma forse l'apparente celia nasconde un filo di paura, quella che deve aver provato la sottil creatura. Forse è sufficiente spingere appena più in là la vostra immaginazione.
A voi decidere...
A voi decidere...
Certo, non sono mica sorda. E neanche scema. Ho capito tutto. Cosa
crede, ho fatto anche le superiori, io. Ecco è che... la signorina
era un po' strana. Ogni tanto, anche in pieno giorno, entravo nel
soggiorno o nella sua camera e trovavo le persiane chiuse. Immagini
che aveva fatto mettere delle sopratende di velluto nero, spesso, che
non lasciavano entrare nemmeno un filo di luce. E poi accendeva una
candela. Quando entravo sollevava la testa così, così, vede?
Sembrava un gatto... o forse dovrei dire un serpente. Stava senza
occhiali e mi sgranava addosso quegli occhi chiari che sembrava che
avesse soltanto il puntino nero in mezzo, la pupilla, senza il
cerchiolino colorato intorno... l'iride? Sì, l'iride. Certo, la
signorina aveva gli occhi chiari, molto chiari. A guardarla con una
certa luce faceva quasi paura. Poi era magra, magrissima. A vederla
spogliata... non l'ho mica fatto apposta, cosa crede? Faceva quasi
paura. Una pelle bianca, liscia anche se non era proprio più
giovane. Ma pallida come una boccia da biliardo. Dov'ero rimasta? Ah,
sì. La candela. Aveva una fissazione per le candele. Lei sa che la
signorina lavorava per una rivista di giardinaggio... Non lo sapeva?
Beh, adesso lo sa... ma ultimamente non combinava quasi più niente.
Se ne stava sempre in veste da camera a ciondolare da una stanza
all'altra. Mi dava anche sinceramente un po' fastidio. Io sono
abituata a fare le mie cose senza nessuno tra i piedi e la
signorina...
La
luce di una sola candela, l'oscurità che si addensa. Faccio
scivolare il candeliere sul tavolo di legno lucidato, luci e ombre lo
seguono. Ma l'oscurità più profonda, che mormora e fermenta negli
angoli della stanza rimane immobile. Per spostarla dovrei avvicinarmi
ancora, procedere come fa il nuotatore nelle acque notturne. Fenderla
mentre quella si ritrae con un fruscìo o forse con uno schiocco
lentissimo, un rumore immondo e colossale come un gorgo di lava nel
cuore dell'inferno. Giù, nel profondo, nel silenzio. Fronteggiare
l'Ombra: siamo rimasti in pochi a farlo. In pochi a pensare che sia
ancora importante. Fino a qualche giorno fa camminavo nel bosco di
notte per fronteggiare l'ombra, poi ho avuto paura. La prima volta,
la prima paura. L'ho sentita, mi ha toccato. Era dolce, era
terribilmente dolce, parole di un amore che ti vuole perdere.
Tutto
questo silenzio, questa minaccia che si cela nel buio mi eccitano. Mi
trema la mano nello scrivere e sento un vuoto che non chiede altro
che di essere colmato con la mano. Stringo le gambe e rischio di
perdere il controllo di ciò che scrivo. Il buio non si avvicina, si
limita a osservarmi, non ha fretta.
– Era normale la signorina, cosa crede? Ma forse è a fare questo lavoro qui che diventate tutti un po' sporcaccioni... Ha ragione, forse. Forse è che effettivamente ne avete viste tante... Ma anch'io a fare la colf, sapesse... Vabbé, comunque. Sì, la signorina aveva avuto qualche storia, ma niente donne, aveva un tipo che ogni tanto l'accompagnava fuori, una specie di musicista. Più giovane di lei... Eh, il nome non me lo ricordo... Gianni, mi pare. No con me giusto buongiorno e buonasera. Suonava uno strumento strano, una specie di corno. Aveva il codino, anzi una treccia, qui, così. Sì anch'io avevo pensato fosse un po', come dire... ecco, sì. E invece no, una volta li ho trovati in macchina, nel garage... ero andata a posare il battitappeto, mica sono una di quelle che spiano, è stato un caso. Sì, proprio un caso. Comunque se quello era un invertito io sono la Madonna. Un bel ragazzo. Adesso era un po' che non veniva. No, non proprio litigare, diciamo discutere. Lui se n'è andato e aveva gli occhi rossi. Adesso sono gli uomini a piangere, eh? L'ho incontrato per caso, è uscito dalla porta dietro, quella che dà sulla legnaia. Beh, sì certo, anche questo era un caso.
Non
devono esserci spifferi qui dentro, nemmeno un filo d'aria. La luce
della candela deve salire dritta, senza oscillazioni. Proprio come è
avvenuto l'altra volta, come nel bosco quando la luna è tramontata.
Quando si rivela. Quando il buio è solido, qualcosa di più che
semplice assenza di luce. L'oscurità non è un'assenza, stupido,
stupido e cieco chi lo crede. L'oscurità ha proprie leggi, una
propria vita. Propria volontà.
Se
lo osservo posso riconoscere vortici e correnti, posso udirlo. Così
delicato, così morbido. Un mare senza terra, senza fondo, senza
orizzonte. Me ne sto seduta sulla spiaggia fredda dell'oscurità
aspettando la nave che se lo voglio mi porterà via. Una nave di
acciaio opaco con un equipaggio di ombre che sfiorano senza toccare.
Ombre senza ricordi, né passato né futuro. Istantanee e immobili.
-
Mi faceva degli strani discorsi. No, non matta. La signorina leggeva
molto. Pensavo fossero cose che aveva letto da qualche parte. Boh, io
non ci capivo molto. Cose tipo siamo sogni... Aveva cominciato con la
storia di una farfalla, inventata da un cinese... Come dice? Sì,
Laozé, un nome così. A me sembrava un po' una sciocchezza. Poi una
volta ho trovato un suo appunto: « Di noi chi è l'ombra? » E c'era
insieme una specie di disegno, abbastanza pauroso, se devo essere
sincera. Sì, la signorina disegnava bene... C'era un manichino, un
manichino nel senso che non aveva la faccia, che proiettava un'ombra
con la faccia che il manichino non aveva. Sì, lo so, da fumetto, da
omino coi baffi. Ma non era così, a me faceva impressione. C'erano
delle linee bianche, lunghe, appuntite… è difficile da spiegare…
Lei ha mai provato a disegnare in negativo? A coprire tutto di
colore tranne certi punti, certe linee? Lasciarle libere, vuote…
Ammetterà che è un modo ben strano di disegnare. Ecco sì, ogni
tanto la signorina disegnava qualcosa, lo appendeva sulla bacheca in
cucina, ma dopo un giorno o due lo buttava via. Ma in genere erano
cose colorate che faceva coi pastelli: fiori, piante... Una cosa così
non l'aveva mai fatta. Anche bella, da un certo punto di vista, ma…
Ho pensato che fosse un po' giù per via di Gianni. No, il cognome
non lo so. E perché mai dovrei saperlo? Comunque telefonava tutti i
giorni. Se chiedete alla Telecom avranno la registrazione delle
telefonate... Ci aveva già pensato? Bravo! Allora, il disegno... la
smetta di fare quel sorrisino. Conosco bene la calligrafia della
signorina e quella scritta: « Di noi chi è l'ombra? » non l'aveva
fatta lei. Era troppo... troppo rotonda... non riesco a spiegarmi...
come di una donna, certo, ma strana, come chi l'aveva scritta non
avesse mai spostato la penna e avesse solo fatto scorrere il foglio
sotto... Meglio di così non riesco a spiegarglielo. Non so nemmeno
perché mi sia venuta un'idea tanto cretina. Ma è quello che ho
pensato. Lei? Lei, sì lei, se vuole può anche cancellarla
quest'ultima frase. No? Tanto ve lo leggete tra voi, come vuole che
me ne importi?
Ho
sognato che uscivo di casa, facevo pochi passi. Appena oltre il
portoncino di legno correva una linea dritta di oscurità, come un
taglio in un disegno o in una fotografia. Di qui il mio mondo di
tutti i giorni, con quella luce grigia di cotone dei giorni nuvolosi,
di là, a un passo l'ombra… non l'ombra, l'Ombra, profonda e
definitiva. Ma ormai sono diventata esperta, ne sento il tessuto, la
struttura. Restavo affacciata sulla linea, con la punta dei piedi
appoggiati sull'ultima sottile striscia di realtà. E mi guardavo la
punta delle scarpe. Scarpe bianche traforate. Non ho mai posseduto un
paio di scarpe simili. Le aveva mia madre, le portava con un
terribile tailleur color crema che le tirava sui fianchi e una
borsetta di vernice bianca con la chiusura dorata. Due manici corti e
rigidi, con le cuciture affacciate. Non stava bene con quell'abito e
con quella roba, ma pensava di dover essere elegante. Perché mio
padre non dovesse vergognarsi di lei. Traballava su quelle scarpe e
sorrideva. Non potevo allontanarmi da lei né parlare con i grandi.
Se lo facevo sentivo il suo passo ticchettante alle spalle e poi la
sua mano con le unghie tinte di rosso che mi stringeva la spalla,
forte… «la bambina disturba… È una scioccherella, parla
troppo». Dicevo che non era vero, ma mi guardava con gli occhi di
quando mi odiava, mi odiava perché la rendevo ridicola, mi odiava
perché la obbligavo a parlare e sorridere controvoglia e spiegare di
me e di lei, mentre oscillava sui tacchetti, sapendo che il tailleur
le tirava sui fianchi.
No,
non ho visto nulla di strano. Ho aperto con la porta del retro e sono
entrata. C'era silenzio, ma è normale. O almeno è normale
ultimamente. Una volta la signorina sentiva musica, molto musica,
musica di tutti i generi. Qualcosa mi piaceva, qualcosa no. Poi a
passare aspirapolvere, lucidatrice e battitappeto… No, non c'erano
segni di violenza, li avreste visti anche voi, mi pare. No, non ho
raddrizzato nulla, proprio nulla. C'era la caldaia staccata, questo
sì, ma lo sapete. Ve l'ho detto subito. In effetti era strano, ma,
come ho detto, ultimamente la signorina era così strana… sono
andata a cambiarmi, per prima cosa. Lo faccio tutti i giorni. No, non
l'ho chiamata, pensavo fosse nel suo studio, con le tende tirate,
come faceva sempre. Sì, sarà passata un'ora prima che andassi a
vedere dov'era. Cominciava a fare freddo davvero e allora,
passando nel corridoietto per arrivare al suo studio ho visto le
piante… Sì, tutte bruciate. Lo so che voi dite che non sono
bruciate ma soltanto annerite, ma a vederle così sembrava proprio
che fossero bruciate… e poi mi spiega come accidenti è possibile
che siano diventate nere senza che qualcuno le abbia bruciate? Ci
stanno lavorando quelli della scientifica? Va bene, va bene. Fatto
sta che mi è preso un colpo e ho bussato allo studio della signorina
per dirglielo: …« sono bruciate le piante! Mi sente? Le piante
sono bruciate!» La porta era chiusa a chiave, ma ho provato con
un'altra chiave, sono tutte uguali. Ma era chiuso dall'interno. È
stato allora che vi ho chiamato. No, l'avete visto anche da voi che
era chiusa. E perché mai avrei dovuto fare una cosa simile? No,
semplicemente se n'è andata, partita. E ha bruciato le piante,
prima, così, per dire che quella vita lì era finita…
L'Oscurità
questa sera è più potente, più vivida. Con gli occhi ormai
esercitati posso vedere il suo lento, potente crescere nella stanza,
andare a coprire d'ombra tutti gli angoli, gli spiragli, divenire
viva, manifestare la sua misericordiosa quiete. Si addensa intorno
alla sottile luce della candela. Dovrei alzarmi e accendere il
lampadario per scacciarla, per tornare a vedere il mondo che
lentamente si consuma intorno a me, che mi consuma.
Guardi,
a me questa storia mi mette già abbastanza i brividi così. L'avete
visto anche voi, c'erano quelle poche righe, scritte male, di fretta.
No, non so di cosa parlasse e non penso fosse un messaggio lasciato a
chi resta. Insomma un messaggio da suicida… Avete almeno provato a
cercarla? Anche a casa di quel Gianni? Sparito? Normale, sarà
sparito con… Via per lavoro? Ma avete controllato? Va bene, va
bene, leggiamolo pure un'altra volta, tanto, per quello che serve…
Cresce,
come un'onda troppo alta sulla testa dovrei resisterle
resisterle
ma
davvero voglio farlo?
sono
fatta della medesima oscurità della medesima materia
mi
è entrata dentro, la porto con me da allora, nel bosco
adesso
capisco, adesso vedo
avrei
dovuto resistergli allora
ora è troppo tardi
ora è troppo tardi
ora
non resta che questo strato sottile di
l'involucro
che sorride che parla
che attende la notte
un passo è abbastanza
un soffio è sufficiente
che attende la notte
un passo è abbastanza
un soffio è sufficiente
La
troverete, allora?
Ma
dove vuole che sia finita? Sono in migliaia a sparire tutti gli anni?
Beh, questa è bella… e voialtri che ci state a fare? Poi almeno il
cadavere… qualche osso, qualcosa… magari è gente che va
all'estero, gente che si perde da qualche parte, che si perde e non
ritorna. Magari gente che non vuole ritornare. Certo, gente che non
vuole proprio ritornare.
Nessun commento:
Posta un commento