11.6.12

Il buio e la candela


Un racconto piuttosto vecchio, più o meno risalente al natale 2000. 
Basato sull'incontro / contrapposizione tra due voci narranti, l'una di una domestica a ore di problematica discrezione e fedeltà, la seconda di una creatura lunare e misteriosa, tanto da creare più di  un dubbio sulla sua salute mentale.
E il racconto potrebbe essere tutto qui. Il racconto di una domestica che un bel giorno scopre che la propria datrice di lavoro ha definitivamente dato i numeri ed è scomparsa.
Da un certo punto di vista, infatti, è proprio così. 
Ma ci sono le parole lasciate dalla nostra curiosa ninfa lunare. Ciò che accade alle piante. I disegni. Gli appunti. 
Tanto piccolissimi indizi che conducono lontano. Verso l'oscurità, verso l'Ombra.
...
Sinceramente non ho mai stabilito se si tratta di un racconto sufficientemente riuscito o di un tentativo patetico. L'ho pubblicato anche su LN, nel numero 2.10, scoprendo, con una certa sorpresa che in quanto autore non ho realmente preso posizione e che, in fondo, mi sono garbatamente fatto beffe di tutti i personaggi. Il che non è bene ed è una tecnica di narrazione che non utilizzo quasi mai. 
Ma forse l'apparente celia nasconde un filo di paura, quella che deve aver provato la sottil creatura. Forse è sufficiente spingere appena più in là la vostra immaginazione. 
A voi decidere...

Certo, non sono mica sorda. E neanche scema. Ho capito tutto. Cosa crede, ho fatto anche le superiori, io. Ecco è che... la signorina era un po' strana. Ogni tanto, anche in pieno giorno, entravo nel soggiorno o nella sua camera e trovavo le persiane chiuse. Immagini che aveva fatto mettere delle sopratende di velluto nero, spesso, che non lasciavano entrare nemmeno un filo di luce. E poi accendeva una candela. Quando entravo sollevava la testa così, così, vede? Sembrava un gatto... o forse dovrei dire un serpente. Stava senza occhiali e mi sgranava addosso quegli occhi chiari che sembrava che avesse soltanto il puntino nero in mezzo, la pupilla, senza il cerchiolino colorato intorno... l'iride? Sì, l'iride. Certo, la signorina aveva gli occhi chiari, molto chiari. A guardarla con una certa luce faceva quasi paura. Poi era magra, magrissima. A vederla spogliata... non l'ho mica fatto apposta, cosa crede? Faceva quasi paura. Una pelle bianca, liscia anche se non era proprio più giovane. Ma pallida come una boccia da biliardo. Dov'ero rimasta? Ah, sì. La candela. Aveva una fissazione per le candele. Lei sa che la signorina lavorava per una rivista di giardinaggio... Non lo sapeva? Beh, adesso lo sa... ma ultimamente non combinava quasi più niente. Se ne stava sempre in veste da camera a ciondolare da una stanza all'altra. Mi dava anche sinceramente un po' fastidio. Io sono abituata a fare le mie cose senza nessuno tra i piedi e la signorina...

La luce di una sola candela, l'oscurità che si addensa. Faccio scivolare il candeliere sul tavolo di legno lucidato, luci e ombre lo seguono. Ma l'oscurità più profonda, che mormora e fermenta negli angoli della stanza rimane immobile. Per spostarla dovrei avvicinarmi ancora, procedere come fa il nuotatore nelle acque notturne. Fenderla mentre quella si ritrae con un fruscìo o forse con uno schiocco lentissimo, un rumore immondo e colossale come un gorgo di lava nel cuore dell'inferno. Giù, nel profondo, nel silenzio. Fronteggiare l'Ombra: siamo rimasti in pochi a farlo. In pochi a pensare che sia ancora importante. Fino a qualche giorno fa camminavo nel bosco di notte per fronteggiare l'ombra, poi ho avuto paura. La prima volta, la prima paura. L'ho sentita, mi ha toccato. Era dolce, era terribilmente dolce, parole di un amore che ti vuole perdere.
Tutto questo silenzio, questa minaccia che si cela nel buio mi eccitano. Mi trema la mano nello scrivere e sento un vuoto che non chiede altro che di essere colmato con la mano. Stringo le gambe e rischio di perdere il controllo di ciò che scrivo. Il buio non si avvicina, si limita a osservarmi, non ha fretta.

Era normale la signorina, cosa crede? Ma forse è a fare questo lavoro qui che diventate tutti un po' sporcaccioni... Ha ragione, forse. Forse è che effettivamente ne avete viste tante... Ma anch'io a fare la colf, sapesse... Vabbé, comunque. Sì, la signorina aveva avuto qualche storia, ma niente donne, aveva un tipo che ogni tanto l'accompagnava fuori, una specie di musicista. Più giovane di lei... Eh, il nome non me lo ricordo... Gianni, mi pare. No con me giusto buongiorno e buonasera. Suonava uno strumento strano, una specie di corno. Aveva il codino, anzi una treccia, qui, così. Sì anch'io avevo pensato fosse un po', come dire... ecco, sì. E invece no, una volta li ho trovati in macchina, nel garage... ero andata a posare il battitappeto, mica sono una di quelle che spiano, è stato un caso. Sì, proprio un caso. Comunque se quello era un invertito io sono la Madonna. Un bel ragazzo. Adesso era un po' che non veniva. No, non proprio litigare, diciamo discutere. Lui se n'è andato e aveva gli occhi rossi. Adesso sono gli uomini a piangere, eh? L'ho incontrato per caso, è uscito dalla porta dietro, quella che dà sulla legnaia. Beh, sì certo, anche questo era un caso.

Non devono esserci spifferi qui dentro, nemmeno un filo d'aria. La luce della candela deve salire dritta, senza oscillazioni. Proprio come è avvenuto l'altra volta, come nel bosco quando la luna è tramontata. Quando si rivela. Quando il buio è solido, qualcosa di più che semplice assenza di luce. L'oscurità non è un'assenza, stupido, stupido e cieco chi lo crede. L'oscurità ha proprie leggi, una propria vita. Propria volontà.
Se lo osservo posso riconoscere vortici e correnti, posso udirlo. Così delicato, così morbido. Un mare senza terra, senza fondo, senza orizzonte. Me ne sto seduta sulla spiaggia fredda dell'oscurità aspettando la nave che se lo voglio mi porterà via. Una nave di acciaio opaco con un equipaggio di ombre che sfiorano senza toccare. Ombre senza ricordi, né passato né futuro. Istantanee e immobili.

- Mi faceva degli strani discorsi. No, non matta. La signorina leggeva molto. Pensavo fossero cose che aveva letto da qualche parte. Boh, io non ci capivo molto. Cose tipo siamo sogni... Aveva cominciato con la storia di una farfalla, inventata da un cinese... Come dice? Sì, Laozé, un nome così. A me sembrava un po' una sciocchezza. Poi una volta ho trovato un suo appunto: « Di noi chi è l'ombra? » E c'era insieme una specie di disegno, abbastanza pauroso, se devo essere sincera. Sì, la signorina disegnava bene... C'era un manichino, un manichino nel senso che non aveva la faccia, che proiettava un'ombra con la faccia che il manichino non aveva. Sì, lo so, da fumetto, da omino coi baffi. Ma non era così, a me faceva impressione. C'erano delle linee bianche, lunghe, appuntite… è difficile da spiegare… Lei ha mai provato a disegnare in negativo? A coprire tutto di colore tranne certi punti, certe linee? Lasciarle libere, vuote… Ammetterà che è un modo ben strano di disegnare. Ecco sì, ogni tanto la signorina disegnava qualcosa, lo appendeva sulla bacheca in cucina, ma dopo un giorno o due lo buttava via. Ma in genere erano cose colorate che faceva coi pastelli: fiori, piante... Una cosa così non l'aveva mai fatta. Anche bella, da un certo punto di vista, ma… Ho pensato che fosse un po' giù per via di Gianni. No, il cognome non lo so. E perché mai dovrei saperlo? Comunque telefonava tutti i giorni. Se chiedete alla Telecom avranno la registrazione delle telefonate... Ci aveva già pensato? Bravo! Allora, il disegno... la smetta di fare quel sorrisino. Conosco bene la calligrafia della signorina e quella scritta: « Di noi chi è l'ombra? » non l'aveva fatta lei. Era troppo... troppo rotonda... non riesco a spiegarmi... come di una donna, certo, ma strana, come chi l'aveva scritta non avesse mai spostato la penna e avesse solo fatto scorrere il foglio sotto... Meglio di così non riesco a spiegarglielo. Non so nemmeno perché mi sia venuta un'idea tanto cretina. Ma è quello che ho pensato. Lei? Lei, sì lei, se vuole può anche cancellarla quest'ultima frase. No? Tanto ve lo leggete tra voi, come vuole che me ne importi?

Ho sognato che uscivo di casa, facevo pochi passi. Appena oltre il portoncino di legno correva una linea dritta di oscurità, come un taglio in un disegno o in una fotografia. Di qui il mio mondo di tutti i giorni, con quella luce grigia di cotone dei giorni nuvolosi, di là, a un passo l'ombra… non l'ombra, l'Ombra, profonda e definitiva. Ma ormai sono diventata esperta, ne sento il tessuto, la struttura. Restavo affacciata sulla linea, con la punta dei piedi appoggiati sull'ultima sottile striscia di realtà. E mi guardavo la punta delle scarpe. Scarpe bianche traforate. Non ho mai posseduto un paio di scarpe simili. Le aveva mia madre, le portava con un terribile tailleur color crema che le tirava sui fianchi e una borsetta di vernice bianca con la chiusura dorata. Due manici corti e rigidi, con le cuciture affacciate. Non stava bene con quell'abito e con quella roba, ma pensava di dover essere elegante. Perché mio padre non dovesse vergognarsi di lei. Traballava su quelle scarpe e sorrideva. Non potevo allontanarmi da lei né parlare con i grandi. Se lo facevo sentivo il suo passo ticchettante alle spalle e poi la sua mano con le unghie tinte di rosso che mi stringeva la spalla, forte… «la bambina disturba… È una scioccherella, parla troppo». Dicevo che non era vero, ma mi guardava con gli occhi di quando mi odiava, mi odiava perché la rendevo ridicola, mi odiava perché la obbligavo a parlare e sorridere controvoglia e spiegare di me e di lei, mentre oscillava sui tacchetti, sapendo che il tailleur le tirava sui fianchi.

No, non ho visto nulla di strano. Ho aperto con la porta del retro e sono entrata. C'era silenzio, ma è normale. O almeno è normale ultimamente. Una volta la signorina sentiva musica, molto musica, musica di tutti i generi. Qualcosa mi piaceva, qualcosa no. Poi a passare aspirapolvere, lucidatrice e battitappeto… No, non c'erano segni di violenza, li avreste visti anche voi, mi pare. No, non ho raddrizzato nulla, proprio nulla. C'era la caldaia staccata, questo sì, ma lo sapete. Ve l'ho detto subito. In effetti era strano, ma, come ho detto, ultimamente la signorina era così strana… sono andata a cambiarmi, per prima cosa. Lo faccio tutti i giorni. No, non l'ho chiamata, pensavo fosse nel suo studio, con le tende tirate, come faceva sempre. Sì, sarà passata un'ora prima che andassi a vedere dov'era. Cominciava a fare freddo davvero e allora, passando nel corridoietto per arrivare al suo studio ho visto le piante… Sì, tutte bruciate. Lo so che voi dite che non sono bruciate ma soltanto annerite, ma a vederle così sembrava proprio che fossero bruciate… e poi mi spiega come accidenti è possibile che siano diventate nere senza che qualcuno le abbia bruciate? Ci stanno lavorando quelli della scientifica? Va bene, va bene. Fatto sta che mi è preso un colpo e ho bussato allo studio della signorina per dirglielo: …« sono bruciate le piante! Mi sente? Le piante sono bruciate!» La porta era chiusa a chiave, ma ho provato con un'altra chiave, sono tutte uguali. Ma era chiuso dall'interno. È stato allora che vi ho chiamato. No, l'avete visto anche da voi che era chiusa. E perché mai avrei dovuto fare una cosa simile? No, semplicemente se n'è andata, partita. E ha bruciato le piante, prima, così, per dire che quella vita lì era finita…

L'Oscurità questa sera è più potente, più vivida. Con gli occhi ormai esercitati posso vedere il suo lento, potente crescere nella stanza, andare a coprire d'ombra tutti gli angoli, gli spiragli, divenire viva, manifestare la sua misericordiosa quiete. Si addensa intorno alla sottile luce della candela. Dovrei alzarmi e accendere il lampadario per scacciarla, per tornare a vedere il mondo che lentamente si consuma intorno a me, che mi consuma.

Guardi, a me questa storia mi mette già abbastanza i brividi così. L'avete visto anche voi, c'erano quelle poche righe, scritte male, di fretta. No, non so di cosa parlasse e non penso fosse un messaggio lasciato a chi resta. Insomma un messaggio da suicida… Avete almeno provato a cercarla? Anche a casa di quel Gianni? Sparito? Normale, sarà sparito con… Via per lavoro? Ma avete controllato? Va bene, va bene, leggiamolo pure un'altra volta, tanto, per quello che serve…

Cresce, come un'onda troppo alta sulla testa dovrei resisterle
resisterle
ma davvero voglio farlo?
sono fatta della medesima oscurità della medesima materia
mi è entrata dentro, la porto con me da allora, nel bosco
adesso capisco, adesso vedo
avrei dovuto resistergli allora 
ora è troppo tardi
ora non resta che questo strato sottile di
l'involucro che sorride che parla 
che attende la notte 
un passo è abbastanza 
un soffio è sufficiente

La troverete, allora?
Ma dove vuole che sia finita? Sono in migliaia a sparire tutti gli anni? Beh, questa è bella… e voialtri che ci state a fare? Poi almeno il cadavere… qualche osso, qualcosa… magari è gente che va all'estero, gente che si perde da qualche parte, che si perde e non ritorna. Magari gente che non vuole ritornare. Certo, gente che non vuole proprio ritornare.

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