Avere a che fare con Andòden non è cosa da tutti. Ma oltre che creare problemi lo specchio può aiutare Teardraet a risolverli… |
Seduto davanti alla superficie lucida di Andòden, Teardreat passa più volte la lampada davanti ad esso senza che lo specchio rimandi neppure un raggio di luce. È un giochetto che ha già fatto migliaia di volte, capace ogni volta, tuttavia, di dargli un lieve senso di allarme.
Eppure
in altri momenti Andòden è in grado di comportarsi come uno
specchio qualunque, rimandando l'immagine di lui e degli altri
oggetti della stanza. «O almeno di fingere di farlo.» Pensa
Teardraet, che molte volte ha provato il desiderio di porre un altro
specchio davanti a quello, come si diceva avesse fatto Aran il
Negromante per essere assunto al Cielo Superiore.
«Superstizioni
patetiche.» Decide Teardraet alzandosi per raggiungere il tavolo sul
quale è aperto il grosso volume che stava leggendo all'arrivo dei
musici.
Il
libro è aperto su una pagina dove un disegno tracciato con lunghe
linee del colore della cenere mostra le rotte del Mare Obliquo
percorse dalla nave di un antico Notturno, Gujdu-Ithri. Il Conte-Mago
di Baran e Verhida percorre con un dito l'intreccio di linee che lo
porta oltre l'Orlo del Mondo, fino alla Scogliera delle Nubi ed al
Mare-di-Vapore, dove la linea tracciata dal Notturno si piega
indietro, verso un gruppo di Isole rotonde come cerchi tracciati con
un compasso.
Teardreat
sorride e scuote il capo perplesso. Il Libro di Gujdu-Ithri è da
sempre considerato una strana fiaba raccontata da un Notturno
eccentrico, amante delle acque e dei viaggi, a differenza dei suoi
simili. La pagina è incorniciata da frasi nella lingua antica dei
Notturni, vergate nello stesso inchiostro grigio.
Teardret
le legge facilmente, ma questo non significa che ne comprenda fino in
fondo il senso.
Gujdu-Ithri
parla spesso di Via Maestra e di un mare più ampio sorretto da un
Orlo più lontano. Ma è difficile distinguere ciò che l'antico
scrittore ha scritto di proprio pugno da ciò che si è limitato a
riferire attingendo dalle innumerevoli leggende del suo popolo.
Il
libro di Gujdu-Ithri non ha mai avuto traduzione nella lingua degli
Uomini o dei Syerdwin e l'autore, poco amato dal suo stesso popolo è
un assoluto sconosciuto per le altre genti dell'Orlo del Mondo.
Con
la mano coperta da un guanto di seta bianca Teardreat volta la pagina
per proseguire la lettura. «…Innumerabili sono i gradi
dell'imperfezione. La materia tende sempre a scendere da un grado di
imperfezione minore ad uno maggiore così come un paiolo levato da un
caminetto diverrà più freddo e meno utile… Allo stesso modo si
comporta il nostro corpo ed il nostro intelletto che più facilmente
si indirizza verso ciò che è più evidente, percorrendo la via più
semplice mentre a fatica si inerpica sulla via che sale verso la
saggezza…»
Il
Conte-Mago sorride divertito dello strano argomentare dell'Antico
Notturno. Non era abitudine dei saggi Syerdwyn o Umani cercare
conforto ai propri ragionamenti in fenomeni fisici banali o tratti
dalla realtà di ogni giorno. Molto più comune era riferirsi al
Libro dei Cicli ed al suo alto insegnamento per dispensare una
saggezza vuota e uguale a se stessa da centinaia di anni. Questo
pensiero, anche se non nuovo, lo scuote con nuova singolare forza.
«Da centinaia di anni… E se fosse così per sempre, ogni ciclo
uguale al precedente, infinitamente per anni e anni e anni…Come una
commedia composta da un solo atto che si ripete sempre uguale
cambiando appena i costumi, i fondali, le luci?»
Distrattamente
il Conte-Mago sfoglia le pagine del Libro di Gujdu-Ithri,
soffermandosi solo per ammirare il bestiario degli animali incontrati
sulle bizzarre isole rotonde del Mare Obliquo: i Coralli di Luna, i
Serpenti Nani, i Cervi dalle corna a forma di croce, le Tartuche con
il piastrone irto di spine, i Cavalli- Orsi, grossi, irsuti ed
irascibili e le Aquile d'acqua, capaci di affondare una nave con un
semplice colpo del formidabile becco rostrato.
Teardraet
sorride. In ogni racconto di viaggio c'è sempre la descrizione di
animali terribili, capaci di uccidere il narratore, che
miracolosamente sembra esservi salvato. Gujdu- Ithri pur avendo
scritto un libro unico nel suo genere non è sfuggito a quella
regola.
Il
Conte-Mago continua la sua lettura sempre più svogliatamente,
assalito ed a poco poco vinto dall'unica nemica che ha imparato a
temere: la Noia. Giunge alla fine del libro affrettatamente, di
malagrazia, come per poter dire alla fine «L'ho letto.». Oltre
l'ultima pagina, dove è stampata come di regola una breve nota
dell'Autore per ringraziare i cortesi lettori, rimane solo una pagina
liscia e giallastra che ricopre la rilegatura.
Su
quella superficie ultima qualcuno che ha letto il libro prima di lui
ha vergato alcune righe in un inchiostro che il tempo ha reso del
colore della muffa. Teardret avvicina la lampada per decifrare quei
segni, simili alle tracce senza senso che si fanno con la punta della
penna per ripulirla da un'impurità dell'inchiostro. Il Moeld passa
alcuni secondi ad osservarli, inspiegabilmente sicuro che essi
debbano avere un qualche senso e che un motivo grave ed urgente abbia
spinto l'ignoto lettore a tracciarli.
Dopo
pochi minuti di osservazione Teardraet giunge alla conclusione che
quei caratteri non fanno parte di nessuna delle lingue che abbia
incontrato o letto nel corso della sua non breve vita.
«Certo
non sono stati scritti preoccupandosi della bella calligrafia.
Probabilmente sono semplici note frettolose, appunti, considerazioni
di nessuna importanza per nessuno.» Ragiona tra sé il Conte-Mago,
la cui mente esercitata non cessa tuttavia di indagare quelle poche
righe cercando tra esse un segno riconoscibile, un carattere,
qualcosa che faccia scattare in lui il ricordo.
Decide
di accendere la lampada più grande, posta subito sopra Andòden, lo
Specchio, e si avvicina tenendo in mano il libro e rovesciandolo
leggermente, perché la luce vi cada sopra meglio. Nulla, quei segni
continuano a non avere alcun senso intelleggibile. Irritato Teardraet
alza il capo di scatto riconoscendo il proprio volto riflesso nella
superficie lucida dello Specchio. Scuote la testa mormorando alla sua
immagine:«Sono scarabocchi senza importanza.»
Per
tutta risposta il suo riflesso fa un gesto con il capo come per
approvare. Teardret sorride, ormai abituato al bizzarro umorismo
dello Specchio ed alza l'ala del grosso volume per chiuderlo. Quel
movimento rapido provoca in lui la strana sensazione di aver appena
letto una parola che fino ad un attimo prima la sua mente non aveva
mai neppure immaginato, la parola «Maguedhonne».
Interdetto
si immobilizza per un istante, il libro stretto in mano. La sua
immagine nello Specchio sorride stupidamente, lo sguardo perso nel
vuoto.
Ubbedendo
ad un impulso improvviso Teardraet alza il grosso volume ponendolo
proprio di fronte ad Andòden.
La
superficie dello Specchio reagisce facendosi opaca e grigia come la
sabbia del letto di un fiume attraversato da piccole onde. «Andòden»
mormora il Conte-Mago. L'immagine si sfoca e si oscura mentre
Teardraet continua a tenere ben aperto davanti a Lui il Libro.
«Rivela, Andòden.» Gli intima a bassa voce. Le parole scritte
rovesciate ed invertite appaiono poco per volta sulla superficie
dello Specchio, vergate nell'antichissima grafia dei Lontani Primi.
2 commenti:
Quando sarà il momento che lo pubblicherai te lo pubblicizzo ben volentieri.
Grazie, Nick. Penso ci vorrà ancora un po' ma sicuramente ti avviserò. Ma tu credi davvero che ne valga la pena? In ogni caso, grazie.
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