6.10.19

Il Mare Oblliquo 35

Avere a che fare con Andòden non è cosa da tutti. Ma oltre che creare problemi lo specchio può aiutare Teardraet a risolverli…
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Seduto davanti alla superficie lucida di Andòden, Teardreat passa più volte la lampada davanti ad esso senza che lo specchio rimandi neppure un raggio di luce. È un giochetto che ha già fatto migliaia di volte, capace ogni volta, tuttavia, di dargli un lieve senso di allarme.
Eppure in altri momenti Andòden è in grado di comportarsi come uno specchio qualunque, rimandando l'immagine di lui e degli altri oggetti della stanza. «O almeno di fingere di farlo.» Pensa Teardraet, che molte volte ha provato il desiderio di porre un altro specchio davanti a quello, come si diceva avesse fatto Aran il Negromante per essere assunto al Cielo Superiore.
«Superstizioni patetiche.» Decide Teardraet alzandosi per raggiungere il tavolo sul quale è aperto il grosso volume che stava leggendo all'arrivo dei musici.
Il libro è aperto su una pagina dove un disegno tracciato con lunghe linee del colore della cenere mostra le rotte del Mare Obliquo percorse dalla nave di un antico Notturno, Gujdu-Ithri. Il Conte-Mago di Baran e Verhida percorre con un dito l'intreccio di linee che lo porta oltre l'Orlo del Mondo, fino alla Scogliera delle Nubi ed al Mare-di-Vapore, dove la linea tracciata dal Notturno si piega indietro, verso un gruppo di Isole rotonde come cerchi tracciati con un compasso.
Teardreat sorride e scuote il capo perplesso. Il Libro di Gujdu-Ithri è da sempre considerato una strana fiaba raccontata da un Notturno eccentrico, amante delle acque e dei viaggi, a differenza dei suoi simili. La pagina è incorniciata da frasi nella lingua antica dei Notturni, vergate nello stesso inchiostro grigio.
Teardret le legge facilmente, ma questo non significa che ne comprenda fino in fondo il senso.
Gujdu-Ithri parla spesso di Via Maestra e di un mare più ampio sorretto da un Orlo più lontano. Ma è difficile distinguere ciò che l'antico scrittore ha scritto di proprio pugno da ciò che si è limitato a riferire attingendo dalle innumerevoli leggende del suo popolo.
Il libro di Gujdu-Ithri non ha mai avuto traduzione nella lingua degli Uomini o dei Syerdwin e l'autore, poco amato dal suo stesso popolo è un assoluto sconosciuto per le altre genti dell'Orlo del Mondo. 

 
Con la mano coperta da un guanto di seta bianca Teardreat volta la pagina per proseguire la lettura. «…Innumerabili sono i gradi dell'imperfezione. La materia tende sempre a scendere da un grado di imperfezione minore ad uno maggiore così come un paiolo levato da un caminetto diverrà più freddo e meno utile… Allo stesso modo si comporta il nostro corpo ed il nostro intelletto che più facilmente si indirizza verso ciò che è più evidente, percorrendo la via più semplice mentre a fatica si inerpica sulla via che sale verso la saggezza…»
Il Conte-Mago sorride divertito dello strano argomentare dell'Antico Notturno. Non era abitudine dei saggi Syerdwyn o Umani cercare conforto ai propri ragionamenti in fenomeni fisici banali o tratti dalla realtà di ogni giorno. Molto più comune era riferirsi al Libro dei Cicli ed al suo alto insegnamento per dispensare una saggezza vuota e uguale a se stessa da centinaia di anni. Questo pensiero, anche se non nuovo, lo scuote con nuova singolare forza. «Da centinaia di anni… E se fosse così per sempre, ogni ciclo uguale al precedente, infinitamente per anni e anni e anni…Come una commedia composta da un solo atto che si ripete sempre uguale cambiando appena i costumi, i fondali, le luci?»
Distrattamente il Conte-Mago sfoglia le pagine del Libro di Gujdu-Ithri, soffermandosi solo per ammirare il bestiario degli animali incontrati sulle bizzarre isole rotonde del Mare Obliquo: i Coralli di Luna, i Serpenti Nani, i Cervi dalle corna a forma di croce, le Tartuche con il piastrone irto di spine, i Cavalli- Orsi, grossi, irsuti ed irascibili e le Aquile d'acqua, capaci di affondare una nave con un semplice colpo del formidabile becco rostrato.
Teardraet sorride. In ogni racconto di viaggio c'è sempre la descrizione di animali terribili, capaci di uccidere il narratore, che miracolosamente sembra esservi salvato. Gujdu- Ithri pur avendo scritto un libro unico nel suo genere non è sfuggito a quella regola.
Il Conte-Mago continua la sua lettura sempre più svogliatamente, assalito ed a poco poco vinto dall'unica nemica che ha imparato a temere: la Noia. Giunge alla fine del libro affrettatamente, di malagrazia, come per poter dire alla fine «L'ho letto.». Oltre l'ultima pagina, dove è stampata come di regola una breve nota dell'Autore per ringraziare i cortesi lettori, rimane solo una pagina liscia e giallastra che ricopre la rilegatura.
Su quella superficie ultima qualcuno che ha letto il libro prima di lui ha vergato alcune righe in un inchiostro che il tempo ha reso del colore della muffa. Teardret avvicina la lampada per decifrare quei segni, simili alle tracce senza senso che si fanno con la punta della penna per ripulirla da un'impurità dell'inchiostro. Il Moeld passa alcuni secondi ad osservarli, inspiegabilmente sicuro che essi debbano avere un qualche senso e che un motivo grave ed urgente abbia spinto l'ignoto lettore a tracciarli.
Dopo pochi minuti di osservazione Teardraet giunge alla conclusione che quei caratteri non fanno parte di nessuna delle lingue che abbia incontrato o letto nel corso della sua non breve vita. 
 
«Certo non sono stati scritti preoccupandosi della bella calligrafia. Probabilmente sono semplici note frettolose, appunti, considerazioni di nessuna importanza per nessuno.» Ragiona tra sé il Conte-Mago, la cui mente esercitata non cessa tuttavia di indagare quelle poche righe cercando tra esse un segno riconoscibile, un carattere, qualcosa che faccia scattare in lui il ricordo.
Decide di accendere la lampada più grande, posta subito sopra Andòden, lo Specchio, e si avvicina tenendo in mano il libro e rovesciandolo leggermente, perché la luce vi cada sopra meglio. Nulla, quei segni continuano a non avere alcun senso intelleggibile. Irritato Teardraet alza il capo di scatto riconoscendo il proprio volto riflesso nella superficie lucida dello Specchio. Scuote la testa mormorando alla sua immagine:«Sono scarabocchi senza importanza.»
Per tutta risposta il suo riflesso fa un gesto con il capo come per approvare. Teardret sorride, ormai abituato al bizzarro umorismo dello Specchio ed alza l'ala del grosso volume per chiuderlo. Quel movimento rapido provoca in lui la strana sensazione di aver appena letto una parola che fino ad un attimo prima la sua mente non aveva mai neppure immaginato, la parola «Maguedhonne».
Interdetto si immobilizza per un istante, il libro stretto in mano. La sua immagine nello Specchio sorride stupidamente, lo sguardo perso nel vuoto.
Ubbedendo ad un impulso improvviso Teardraet alza il grosso volume ponendolo proprio di fronte ad Andòden.
La superficie dello Specchio reagisce facendosi opaca e grigia come la sabbia del letto di un fiume attraversato da piccole onde. «Andòden» mormora il Conte-Mago. L'immagine si sfoca e si oscura mentre Teardraet continua a tenere ben aperto davanti a Lui il Libro. «Rivela, Andòden.» Gli intima a bassa voce. Le parole scritte rovesciate ed invertite appaiono poco per volta sulla superficie dello Specchio, vergate nell'antichissima grafia dei Lontani Primi.

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Quando sarà il momento che lo pubblicherai te lo pubblicizzo ben volentieri.

Massimo Citi ha detto...

Grazie, Nick. Penso ci vorrà ancora un po' ma sicuramente ti avviserò. Ma tu credi davvero che ne valga la pena? In ogni caso, grazie.