23.10.19

Il Mare Obliquo 37

Il viaggio della Goren, la nave che trasporta Usif-Lizhi e gli altri, procede in acque note ma l'assurdo e l'improbabile non hanno intenzione di abbandonarli.
-----------------------------------------------------------------------
Kwister si alza abitualmente con cautela, quando la prima luce ha fatto la sua comparsa superando l'orlo del mondo. Svegliarsi di buon mattino è un'abitudine presa nella sua Marrak, un luogo rumoroso e affollato, dove i servitori cominciavano a chiacchierare sottovoce ed a fare rumore con le stoviglie quando ancora i Marran riposavano. Aveva l'abitudine di nascondersi in un angolo della grande cucina di famiglia ad ascoltare i pettegolezzi dei servi, coperto solo da una lunga tunica di lana grezza decorata nel centro del petto dal Gughen, un albero di acciaio brunito simbolo del primo Lupo-Drago. Non appena era stato in grado di parlare il fratello di sua madre gli aveva affidato quell'abito ruvido che indicava la discendenza della Marrak e molto prima di capire l'importanza di quel gesto aveva passato il tempo a grattarsi furtivamente come tutti i Duchi di Ruthen e Lö che l'avevano preceduto.
Kwister annusa l'aria mentre si veste silenziosamente nella minuscola cabina che divide con Share Harvaiun, il barone Enklu e Jai Wediliun, il mercante Syerdwin. I loro odori recenti non sono riusciti a coprire il fortissimo sentore di fiume che impregna il legno della nave, un aroma non spiacevole una volta che ci si sia fatta l'abitudine, forse troppo intenso per un lupo-drago nato e cresciuto in mezzo alla neve ma che ha il potere di ricordargli sempre, anche in sogno, di essere molto lontano dalle pietre scure della sua Marrak, che sanno di muschio e di neve sciolta.
I Gu'Hijirr hanno addosso lo stesso odore, anche Kirzil Pennarossa che pure non naviga più su un fiume da anni ed anni: questo particolare lo rende più tollerante verso quelle bizzarre creature, ciarliere, rissose e pettegole, ma anche salde, acute e determinate quando è il momento.
Una volta abbigliato il Duca Kwister scivola fuori sul ponte della nave, certo di incontrare come ogni mattina Usif-Lizhi, intento a contemplare il limite della riva reso incerto dalla luce dell'alba.
Il profilo familiare del Notturno si staglia sul colore lavanda del cielo. Kwister sa che Usif-Lizhi l'ha già udito mentre si vestiva nel silenzio della sua cabina e per un attimo si chiede che tipo di vita sia quella dei Notturni, che come piccole barche sfidano ogni giorno l'oceano dei rumori quotidiani.
– Buongiorno Duca Kwister. – Pronuncia a bassa voce Usif-Lizhi.
– Buongiorno.– Replica Kwister cercando di spegnere la propria voce da baritono in un rauco sussurro.
– Che luce singolare, non trovate? – Gli chiede affabilmente il Notturno, tanto per avviare la conversazione.
Il Lupo-drago fissa la cupola del cielo dove la luna, già pallida, sembra velarsi di nubi sottili.
– Ho già visto questa luce: fa seguito agli uragani estivi nelle terre più calde. Siamo dunque scesi tanto in basso lungo i gradini dell'Orlo del mondo?
– No. – Il Notturno ha voltato il capo per un attimo mostrando gli occhi grandi, accesi di una debole luce verde. – L'aria è frizzante ed il sole non giunge ad arrampicarsi troppo in alto nel cielo. Tra poche ore dovremmo essere in vista di Sdea. Chissà, forse gli strani fenomeni che stanno verificandosi nell'arco del mondo si riflettono nella luce dell'alba.
Kwister brontola un debole assenso, improvvisamente incupito nel ricordare il flagello cristallino che ha colpito quelle piante lungo la strada per la Rocca di Vandel.
– Voi che siete membro di una razza tanto antica, sapete trovare una spiegazione a quanto sta accadendo? – Si decide infine a chiedere il Duca.
– No. – Risponde semplicemente il Notturno. – Ho udito la spiegazione di Khude, che mi ha ricordato le leggende sui giganti di cristallo che abitavano il mondo dell'alba, ma nulla più di questo. Khude ha parlato di acqua che diventa cristallo, di ciò che è mobile che diventa immobile, di carne e sangue che divengono roccia. Questo descrive probabilmente bene ciò che sta avvenendo ma non ne dà una spiegazione.
– È come se noi tutti esseri viventi fossimo solo sogni della terra che ora si sta risvegliando…– Kwister esita per un istante mentre il ricordo si ravviva in lui. – C'era un leggenda che ho udito molto giovane sui sogni della Madre Terra. La raccontava un lupo-drago cieco insieme ad altre storie di guerre ormai dimenticate e di antichi cataclismi. La storia che raccontava non era molto diversa da ciò a cui stiamo assistendo.
– Chissà, forse non ha senso la nostra ricerca, forse il mondo si rinnova così e questo non è altro che il suo respiro, che nessuna forza al mondo può impedire.


– È possibile, certo.– Ammette il Lupo-Drago il cui sguardo è tornato a fissarsi sul colore cristallino del cielo.
– Ma forse è ugualmente giusto opporsi al destino. Khude ha detto che tanti della mia gente sono già aridi e solitari come altrettante pietre ed io ho visto i loro cuori disseccarsi e le loro labbra farsi di gesso e cartapesta, ripetendo continuamente le frasi dei nostri antenati, come se avessero fretta di divenire a loro volta polvere. Perdonatemi, Duca Kwister, ben noiosi ricordi ha risvegliato in me la nostra conversazione.
Il Lupo- Drago scuote il capo a contraddire Usif-Lizhi mentre il suo pensiero, instabile e inquieto, lo trasporta molto lontano da lì. La riva del fiume brilla leggermente come se volesse anticipare la luce solare, suscitando l'illusione di un lento volo di lucciole o di un esercito notturno dalle armi lucenti come fatte di raggi di luna. – Questa luce non sembra cambiare. – Osserva dopo un certo numero di minuti di silenzio il Notturno.
– Non vi sembra una stranezza eccessiva? – Kwister si risveglia dalle sue emozioni con un improvviso senso di allarme. Da una piccola tasca della giubba estrae un piccolo capolavoro di fabbricazione Gu'Hijirr: un piccolo cronografo meccanico che solo pochissimi tra i signori dell'Arco del Mondo possiedono.
– È già trascorsa l'alba. – Annuncia a voce bassa e tesa il Lupo-Drago. Solleva il braccio ad indicare un punto dell'orizzonte di fronte a lui.– Il sole dovrebbe essere all'incirca in quella posizione ora.
Usfi-Lizhi accogli la frase senza parlare. Fissa ancora la riva del fiume, immobile come dipinta su un fondale smisurato. – Il Cambiamento ha già visitato questi luoghi, Duca Kwister. – Dichiara infine. – Gli alberi che si specchiano nel fiume non sono già più fatti della stessa sostanza che condividono tutte le creature viventi.
Con un brivido di orrore, che non gli impedisce di cogliere la sovrumana bellezza di quella natura trasfigurata, Kwister ripone il suo cronografo e torna a guardare il gioco di luci cristalline che trascorre davanti alla nave, incerto e confuso. – Non avete la sensazione che la nostra velocità sia diminuita? – Chiede Usif-Lizhi. – Osservate l'acqua, essa sembra essersi fatta più densa, come se vi fossero sospesi innumerevoli piccoli grumi pronti ad unirsi, come avviene quando il gelo serra i fiumi.
Il Duca Kwister si sporge oltre la murata: le piccole onde create dal passaggio della nave sembrano impercettibilmente più lente e dense e più che rispecchiare la luce diafana del cielo sembrano produrne di propria, un riflesso ancora incerto, un baluginare che può essere colto solo distogliendo lo sguardo.
– Tra poco dovremmo essere in vista di Sdea. – Dice a se stesso il Duca, che non riesce a staccare gli occhi dall'acqua ed insieme prova orrore per quella visione.
Dopo un gomito nel corso del fiume la piccola città fluviale si offre ai loro sguardi. Nel frattempo il ponte si è andato affollando di passeggeri e membri dell'equipaggio: le loro voci sono basse e concentrate come se si trovassero all'interno di un tempio.
Il piccolo molo di legno al quale la Goren abitualmente attracca si avvicina lentamente, scuro e silenzioso come il resto della cittadina.
Il timoniere della nave manovra per allontanarsi: nessun rumore proviene dalle case silenziose che hanno assunto la forma definitiva e statica della roccia, dalle finestre divenute regolari aperture cieche in una parete dell'apparenza del granito, dagli alberi, simili a sculture ingioiellate per una bizzarra festa.
– Quale magia ha colpito i poveri abitanti di Sdea?– Chiede con un sussurro Oakin.
– E quale magia sovrumana allora ha spento la luce del sole? – Chiede Kirzil Pennarossa. – Chi sa rispondere a questa domanda?
– Nerthurok. – Dice Khude semplicemente, come se il semplice suono di quella parola potesse spiegare ogni cosa.
Il vecchio Oakin guarda con timore l'Uomo-Pianta. – Colpirà anche noi?
– È possibile. – A rispondere non è il Silvano ma la fata Mahaderill che guarda il bizzarro paesaggio senza mostrare né paura né sorpresa.
– Nella mia vita che certo non è troppo breve e neppure è stata vissuta seduto in un cortile non ho mai veduto una cosa simile. Chi è il mago tanto potente da spezzare in questo modo la vita di un'intera provincia?
Non vi è nessuna magia, povero Oakin. – Kirzil Pennarossa ha voltato la schiena al corso del fiume e lo fissa bene in volto, come se volesse sfidarlo. – Ho veduto altri luoghi colpiti da questa maledizione. Non senti come è diversa l'aria qui? Non senti come il suono stesso, le parole, siano più sottili, più lente ad essere udite e comprese? Fai mettere mano ai remi, presto o diverremo anche noi parte di questo suggestivo paesaggio. 

 
Il vecchio marinaio annuisce di scatto dopo un attimo di paralisi e si allontana verso il centro della nave. Il rumore dei suoi passi vibra delicatamente a lungo nell'aria. Il sole ricompare lentamente, un'ombra chiara ed indistinta che balugina lenta come velata da un vetro spesso e segnato dagli anni.
A bordo della Goren la luce del giorno viene accolta con stordimento, quasi che l'altra luce fosse divenuta per loro più naturale.
Insieme al sole ritorna un vento leggero che riporta loro l'odore del fiume, scomparso per tutte quelle ore nella sostanza vuota ed immobile del Nerthurok. Tutto il mondo e loro stessi riprendono soltanto ora a respirare, l'aria riacquista la sua sostanza lieve ed ineffabile e così le piante, l'acqua, ogni creatura vivente.
– Che saporaccio ho in bocca! Ho la sensazione che qualcuno mi abbia infine tolto dal petto una lastra di pietra. Credete forse, signora Mahaderill, che quel fenomeno stesse per afferrarci? – Chiede Share Harvaiun dopo aver sputato fuori bordo.
La fata alza lo sguardo di scatto facendo trasalire il Syerdwin. – Tiommhén ghlidi lìan audùin! – Pronuncia ad alta voce fissando gli occhi di un colore grigio acciaio in quelli del servitore.
Harvaiun si affretta ad assentire con il capo ma la fata non aspetta risposta da lui. Con un gesto rapido si copre il capo con un sottile velo di seta e si allontana verso il castello di poppa.
– Si è offesa? Cosa mi ha detto? – Chiede smarrito il Syerdwin.
– Se si sia offesa lo ignoro. Ciò che ha detto si potrebbe tradurre come: «Troppo ha lavorato il ragno» o più letteralmente «Lunghi e secchi i fili di rugiada.»
– Pregevole traduzione, messer Usif-Lizhi. Posso chiedervi dove avete imparato una lingua tanto bizzarra come quella delle fate?
– La noia, Duca Kwister, null'altro che un'immane, insostenibile noia sopportata nei miei anni di gioventù presso il Castello della mia Casa.
– Che strano, ad alcuni la noia sembra rafforzare solo se stessa, altri li rende ansiosi, quasi febbrili nel dedicarsi a mille attività diverse. Devo dire tuttavia che la prima eventualità mi è sempre parsa la più frequente.
Usif-Lizhi scuote il capo e sembra voler sorridere per l'apprezzamento cortese del Duca. Si appoggia con una mano al mancorrente lucido e consumato del ponte ed indica un punto davanti a loro.
– Gabbiani.
– Già. – Kirzil li osserva con soddisfazione. – Gabbiani vogliono dire pesce e gente che lo pesca. Ehi, della nave, qual'è la prossima città avanti a noi? –
– Chiusa Diodhann, Pennarossa. – Replica secco il marinaio, un Gu'hijirr insolitamente alto e dai gesti rapidi e nervosi. – Sempre che la troviamo ancora.
– Bisognerà avvisarli di quello che è accaduto ai loro concorrenti di Sdea, non è così Nato Berzel?
Il Gu'hijirr fa uno strano gesto con braccio, un arco lento che si conclude aprendo la mano sul torace. – Ghed'haan, Iuduk'Mappin.
Nel gruppo dei viaggiatori è il solo Jai Wediliun a ridere, mentre Kirzil fa una smorfia a metà tra il fastidio ed il divertimento.
– Non è così, Nato Berzel. Quello che sta avvenendo non arricchisce nessuno, anche a Chiusa Diodhann lo capiranno.
– Nave a dritta! – La voce della vedetta, arrampicata su una piccola piattaforma sull'albero centrale della nave interrompe la replica dell'interlocutore di Kirzil.
– Che grande nave. – L'osservazione del Barone Enklu giunge per prima a spezzare il silenzio. – Guardate l'altezza dell'albero centrale e considerate la distanza. Come può una nave siffatta navigare in questo tratto di fiume?
– È curioso. – Oakin dei Berzel di Fonteluna ha affidato il timone ad un cugino ed è salito di persona sul ponte a sincerarsi di ciò che avviene. – Conosco praticamente tutte le nave che percorrono questo tratto di fiume ma una forma come quella… Passami il cannocchiale Riaseffin.
L'anziano Gu'Hijirr fa scorrere le sezioni dello strumento e lo solleva ad altezza d'occhio. – Non ho mai visto uno della vostra razza impallidire, Mastro Oakin. Cosa avete visto in quell'arnese?
Il patriarca dei Berzel si strofina gli occhi con una smorfia come un neonato insonnolito e borbotta qualcosa tra sé. Urla alcuni ordini a raffica ai parenti ed infine volge lo sguardo verso il Lupo-Drago.
– Non lo so cosa ho visto, barone. Non posso descrivervi quella nave… Dovevo arrivare a questa età per incontrare così tante bizzarrie su questo pezzo di fiume che credevo di conoscere come le pulci del mio letto. Ma guardate, guardate voi stesso!
Enklu appoggia l'occhio sulla bocca del cannocchiale aperto. – È una nave. – Dice senza staccare gli occhi dallo strumento. – Ma ha la murata così alta da sembrare un castello galleggiante. E gli alberi sfiorano le nubi più basse. Ha un colore bianco perlaceo simile a quello delle pareti interne di un'ostrica…
– Vi è qualcuno sul ponte? – Chiede il Duca Kwister.
– Nulla e nessuno si muove. Ma se anche qualcuno cammminasse su quella nave parrebbe piccolo come una formica…
Il Lupo-Drago abbassa il cannocchiale. – Ma come può navigare un simile mostro su queste acque?
– Tornate a guardare meglio, Barone. – La voce di Oakin risuona stanca, come se le stranezze del suo fiume avessero ormai superato ogni limite di decenza. – Essa NON naviga sulle acque. 

 


Nessun commento: