Siamo arrivati ai concorsi letterari, fonti di soddisfazioni - talvolta a sorpresa - ma più spesso di delusioni (appunto), di incomprensioni, di malanimo, di rancori, di qualunquismo artistico, «sì, tanto premiano sempre qualcuno dei loro», di intolleranza criptoculturale indefinita e spalmata su millanta eventi.
La principale differenza con la bocciatura (o il silenzio) ricevuti dagli editori, è il surplus di acredine che rimane nel non premiato o, peggio, nel non premiato abbastanza. Ricordo tuttora con una punta di smarrimento - il narcisismo tradito è un pericoloso despota - l'umore con il quale accolsi una semplice segnalazione a un concorso in provincia, che mi attribuiva la meraviglia di una coppa in luogo del 1.000.000 di lit. previsti per il vincitore. Assistetti alla lettura dei tre brani vincenti con risentita ostilità, trovandoli immancabilmente brutti, vale a dire: seriosi, infantili, risibili, melodrammatici, elementari, retorici ecc. ecc.
Nota a margine, pochi mesi dopo il premio mancato ripresi in mano il racconto fallito ed evitando di comportarmi come un Daimyo tradito lo rilessi. A mente fredda vi trovai diversi difetti e dovetti ammettere che probabilmente non avrebbe meritato quel primo posto che personalmente, solo poco tempo prima, gli avrei attribuito. C'è però da aggiungere che la rilettura dei racconti vincenti non mi fece cambiare parere su di loro. Diciamo che accomunai il mio racconto ai loro e buonanotte.
Passò altro tempo e ci vollero altre esperienze negative perché decidessi che, semplicemente, c'era stato qualcuno nella giuria che aveva deciso che un racconto di narrativa fantastica (non di fantascienza, specifico) non avrebbe potuto vincere il concorso né piazzarsi tra i primi.
C'è qualcuno che odia il fantastico, là fuori.
A posteriori questo spiegò anche i modi freddi di un membro della giuria nell'invitarmi a ritirare la coppa e i modi entusiasti di un altro membro della giuria a consegnarmela.
Ciò che mi avvenne è un meccanismo ahimé tipico di alcuni concorsi dove la giuria è formata da un gruppo di associati a qualcosa - dal Circolo «Amici della Cultura» di Barambate Scalo al gruppo letterario «L'Anforisco» di Tirrenica Marina alla ProLoco di Uggiaia Pietricola - che non vantano una particolare competenza in tema letterario, che allinea un paio di insegnanti - preferibilmente anche se non necessariamente di italiano - e che giudica i racconti secondo un criterio più o meno personale. Tra costoro è immancabile un individuo - che potremmo definire "L'Oscuro" - pronto a trovare intollerabile qualcosa.
Una cosa tipo:
- un protagonista omosessuale,
- un'ambientazione urbana,
- l'indiretto libero («non si capisce chi è il protagonista»)
- il fantastico declinato in ogni forma
- i racconti con troppi ritorni a capo
- i racconti con pochi avverbi
- eccetera
Con simili soggetti la discussione per la scelta dei racconti vincenti diventa una singolar tenzone, soprattutto se sono due i soggetti di questo genere in giuria. Risultato finale: la scelta di racconti che non irritino nessuno, con protagonisti rigorosamente casti e solitari, ambientati in campagna sotto il fascismo, con un narratore onnipotente che racconti la sua storia - rigorosamente realista - con pochi ritorni a capo e un numero insondabile di avverbi.
Ciò che è avvenuto è stato eliminare tutti i racconti in qualche modo innovativi, strani, particolari e inconsueti o relegarli alla semplice, inutile, segnalazione [*].
Per quel che mi è stato dato vedere questo meccanismo funziona indipendentemente dalle dimensioni del premio e dell'ente che lo organizza. In un premio dedicato a un grande autore italiano del '900, al quale ho partecipato in tutto quattro volte e due volte con lo stesso testo in fasi diverse di revisione, ho ricevuto sul medesimo romanzo pareri diametralmente opposti: il primo incoraggiante (alla prima stesura) il secondo rabbioso (alla seconda stesura).
Difficile credere non ci fosse un Oscuro tra i lettori del premio.
La stessa cosa è accaduta nella selezione di un altro romanzo, giudicato «insopportabilmente allegro per un tema tanto grave», parere dell'Oscuro di turno (e confidenza di un altro membro della giuria).
In un'occasione nella quale riuscii a vincere uno degli Oscuri in giuria mi ha fatto notare a muso duro che «Quel racconto io non lo avrei mai premiato», tanto perché lo sapessi.
Per conto mio ho fatto parte di giurie e ho faticato non poco a promuovere almeno uno dei racconti che avevo apprezzato. Anche in quelle giurie c'era un Oscuro - o magari due - che mi hanno creato sbalzi di pressione e cadute di glicemia per la lunghezza delle riunioni.
Unica eccezione a questo genere di meccanismi è stato il concorso di Fata Morgana, ma qui andiamo sui ricordi personali e non mi pare il caso.
Il vero problema dei concorsi è quello di aver a che fare con persone armate di buona volontà, di un certo numero di pregiudizi e, se va bene, di competenza. Il vero guaio è quello di incontrare qualcuno che, magari almeno in parte competente, è apoditticamente convinto di fare il bene della cultura così-come-l'abbiamo-conosciuta [**] ed è pronto a impiccare sua madre piuttosto di ammettere che anche il racconto X non è poi tanto male [***]. La piccola autorità fornitagli dall'essere membro di una giuria gli dà alla testa e lo spinge a fornire pareri anche se non richiesti e a perorare ferocemente la causa di alcuni racconti perché aderenti alla sua weltanshauung.
E utilizzare un termine nato sotto il nazismo risulta perfettamente adeguato.
Come difendersi da questo genere di concorsi?
Beh, è impossibile.
L'unica via è quella di partecipare a molti concorsi.
O, in alternativa, a nessuno.
Il peggio è partecipare solo ad alcuni e prendere il loro parere per oro. Può essere vero, certo, ma sia che abbiate vinto sia che abbiate perso non ne saprete molto di più sulla vostra scrittura.
Ed è questo il vero problema.
[*] con ciò non intendo affatto autoelogiarmi. Il valore dei miei testi è per me insondabile. Ciò che vorrei è far capire a chi mi legge perché un discreto racconto - vostro o di un amico - non ha vinto nulla di nulla nonostante buoni pareri ottenuti da qualcuno che non sia il ragazzo, la moglie o la mamma.
[**] Esiste anche l'Oscuro new age che difende i racconti e gli autori nuovisti, indipendentemente dalla loro qualità. Altrettanto pericoloso, se non di più per il sottile ricatto, «Tu-non-puoi-capire».
[***] Ovviamente anch'io sono in qualche occasione caduto in questo genere di loop. Che poi è una variante del famoso detto: «Mi piace solo ciò che è bello», ovvero una nobile e dissennata associazione tra tracotanza, superficialità e amordisestessi. L'unica salvezza, in questi casi, è stato un po' di humour e un po' di autoironia. I veri Oscuri ne sono completamente sprovvisti.
Passò altro tempo e ci vollero altre esperienze negative perché decidessi che, semplicemente, c'era stato qualcuno nella giuria che aveva deciso che un racconto di narrativa fantastica (non di fantascienza, specifico) non avrebbe potuto vincere il concorso né piazzarsi tra i primi.
C'è qualcuno che odia il fantastico, là fuori.
A posteriori questo spiegò anche i modi freddi di un membro della giuria nell'invitarmi a ritirare la coppa e i modi entusiasti di un altro membro della giuria a consegnarmela.
Ciò che mi avvenne è un meccanismo ahimé tipico di alcuni concorsi dove la giuria è formata da un gruppo di associati a qualcosa - dal Circolo «Amici della Cultura» di Barambate Scalo al gruppo letterario «L'Anforisco» di Tirrenica Marina alla ProLoco di Uggiaia Pietricola - che non vantano una particolare competenza in tema letterario, che allinea un paio di insegnanti - preferibilmente anche se non necessariamente di italiano - e che giudica i racconti secondo un criterio più o meno personale. Tra costoro è immancabile un individuo - che potremmo definire "L'Oscuro" - pronto a trovare intollerabile qualcosa.
Una cosa tipo:
- un protagonista omosessuale,
- un'ambientazione urbana,
- l'indiretto libero («non si capisce chi è il protagonista»)
- il fantastico declinato in ogni forma
- i racconti con troppi ritorni a capo
- i racconti con pochi avverbi
- eccetera
Con simili soggetti la discussione per la scelta dei racconti vincenti diventa una singolar tenzone, soprattutto se sono due i soggetti di questo genere in giuria. Risultato finale: la scelta di racconti che non irritino nessuno, con protagonisti rigorosamente casti e solitari, ambientati in campagna sotto il fascismo, con un narratore onnipotente che racconti la sua storia - rigorosamente realista - con pochi ritorni a capo e un numero insondabile di avverbi.
Ciò che è avvenuto è stato eliminare tutti i racconti in qualche modo innovativi, strani, particolari e inconsueti o relegarli alla semplice, inutile, segnalazione [*].
Per quel che mi è stato dato vedere questo meccanismo funziona indipendentemente dalle dimensioni del premio e dell'ente che lo organizza. In un premio dedicato a un grande autore italiano del '900, al quale ho partecipato in tutto quattro volte e due volte con lo stesso testo in fasi diverse di revisione, ho ricevuto sul medesimo romanzo pareri diametralmente opposti: il primo incoraggiante (alla prima stesura) il secondo rabbioso (alla seconda stesura).
Difficile credere non ci fosse un Oscuro tra i lettori del premio.
La stessa cosa è accaduta nella selezione di un altro romanzo, giudicato «insopportabilmente allegro per un tema tanto grave», parere dell'Oscuro di turno (e confidenza di un altro membro della giuria).
In un'occasione nella quale riuscii a vincere uno degli Oscuri in giuria mi ha fatto notare a muso duro che «Quel racconto io non lo avrei mai premiato», tanto perché lo sapessi.
Per conto mio ho fatto parte di giurie e ho faticato non poco a promuovere almeno uno dei racconti che avevo apprezzato. Anche in quelle giurie c'era un Oscuro - o magari due - che mi hanno creato sbalzi di pressione e cadute di glicemia per la lunghezza delle riunioni.
Unica eccezione a questo genere di meccanismi è stato il concorso di Fata Morgana, ma qui andiamo sui ricordi personali e non mi pare il caso.
Il vero problema dei concorsi è quello di aver a che fare con persone armate di buona volontà, di un certo numero di pregiudizi e, se va bene, di competenza. Il vero guaio è quello di incontrare qualcuno che, magari almeno in parte competente, è apoditticamente convinto di fare il bene della cultura così-come-l'abbiamo-conosciuta [**] ed è pronto a impiccare sua madre piuttosto di ammettere che anche il racconto X non è poi tanto male [***]. La piccola autorità fornitagli dall'essere membro di una giuria gli dà alla testa e lo spinge a fornire pareri anche se non richiesti e a perorare ferocemente la causa di alcuni racconti perché aderenti alla sua weltanshauung.
E utilizzare un termine nato sotto il nazismo risulta perfettamente adeguato.
Come difendersi da questo genere di concorsi?
Beh, è impossibile.
L'unica via è quella di partecipare a molti concorsi.
O, in alternativa, a nessuno.
Il peggio è partecipare solo ad alcuni e prendere il loro parere per oro. Può essere vero, certo, ma sia che abbiate vinto sia che abbiate perso non ne saprete molto di più sulla vostra scrittura.
Ed è questo il vero problema.
[*] con ciò non intendo affatto autoelogiarmi. Il valore dei miei testi è per me insondabile. Ciò che vorrei è far capire a chi mi legge perché un discreto racconto - vostro o di un amico - non ha vinto nulla di nulla nonostante buoni pareri ottenuti da qualcuno che non sia il ragazzo, la moglie o la mamma.
[**] Esiste anche l'Oscuro new age che difende i racconti e gli autori nuovisti, indipendentemente dalla loro qualità. Altrettanto pericoloso, se non di più per il sottile ricatto, «Tu-non-puoi-capire».
[***] Ovviamente anch'io sono in qualche occasione caduto in questo genere di loop. Che poi è una variante del famoso detto: «Mi piace solo ciò che è bello», ovvero una nobile e dissennata associazione tra tracotanza, superficialità e amordisestessi. L'unica salvezza, in questi casi, è stato un po' di humour e un po' di autoironia. I veri Oscuri ne sono completamente sprovvisti.
5 commenti:
Un concorso può essere una delusione solo se non si vede con oggettività il proprio lavoro: essere "bocciati" e capire perché è motivo di crescita. Essere affossati da un Oscuro forse è inutile ai fini didattici, ma fa sempre curriculum e sempre meglio venire scartati così, che premiati per lo stesso motivo :)
Personalmente decisi a suo tempo che non vale la pena partecipare a concorsi di alcun genere. Piccoli o grandi che siano.
Lo feci più per la mia tracotanza e l'autocelebrazione di me stesso che per il resto.
Nel 2012, quando decisi di mettermi a scrivere anche "per essere pubblicato" e non più solo per me stesso, pensai che forse valeva la pena tentare qualcosa come il premio urania... ma sinceramente non ho mai trovato utile neanche quello, non per ciò che mi piace e io (da bravo edonista) non faccio qualcosa perché "conviene" farla, se non ne trovo piacere!
@Menestrello: non è facile dare un giudizio oggettivo sui propri testi. Talvolta può essere possibile ma si rischia di essere troppo severi o ingiusti. Molti autori hanno distrutto pagine e pagine in preda a questo "sacro fuoco". Gli oscuri sono pericolosi perché giudicano l'opera dell'autore secondo criteri "esterni" al testo, condannandone aspetti centrali - l'ispirazione, il tema, il genere - che non possono essere emendati pena la chiusura di ogni attività.
Ti capisco. Anch'io ho rinunciato alla partecipazione a ogni genere di concorso. In questo mi ha aiutato l'essere "bocciato" di recente in un concorso davvero trascurabile... Ricordo che decisi che non meritava far leggere le proprie cose a soggetti che hanno in mente un'idea di narrativa così evidentemente diversa e con un concetto di professionalità molto personale.
Quanto, infine, al premio Urania, si tratta in realtà di una prova di uniformità. O sei vendibile secondo i loro criteri oppure niente. Ho partecipato un paio di volte ma senza esiti. Ci sono rimasto male ma sono sopravvissuto XD
Beh ma l'essere ingiusti o l'essere preda del sacro fuoco sono subordinati all'esperienza. Ho sempre trovato "difetti" nei miei scritti perché andavo cercandoli, ma a distanza di tempo ho letto cose che invece sono rimaste inalterate.
Poi ripeto, mi piace indugiare nell'autocelebrazione, per questo m'impongo una profonda autocritica su ogni cosa!
Il punto del premio urania è che non rappresenta ciò che la collana dovrebbe rappresentare, ma è un sentimento che prendeva anche Viviani: si deve vendere.
Io sono stata nella giuria di alcuni premi letterari e devo dire che a volte ci sono scelte da fare che sono, per così dire, "discutibili".
Ci sono le griglie e ci sono pareri discordanti e spesso chi meriterebbe di vincere non vince...
@Romina: il tuo è un parere molto, molto delicato. Succede spesso nelle giurie che a vincere sia «quello che non disturba nessuno» che ovviamente non è né il migliore né il più interessante. Personalmente ho smesso di partecipare a giurie proprio per non trovarmi a festeggiare l'autore più piatto e più ovvio.
Posta un commento