Siamo al terzo - o, contando anche i due Urania presentati nel post sulla fantascienza, al quarto intervento relativo alle mie letture estive.
Tre saggi relativi all'attualità scientifica - quasi un obbligo vista la mia fissazione narrativa sulla sf - un giallo di autore cinese e un paio di libri giunti in omaggio direttamente dall'autrice.
Il giallo, acquistato frettolosamente alla Feltrinelli di P.zza CLN dopo non poche inutili ricerche presso altre librerie di catena, è La ragazza che danzava con Mao di Qiu Xialong, docente universitario di letteratura cinese presso la Washington University di Saint Louis. Un giallo piacevole, anche certamente non definibile come «divertente», che - detto per inciso - mi dispiace di non aver acquistato presso una libreria indipendente. L'ispettore Chen Cao, della polizia di Shangai - e poeta di vaglia - viene incaricato di condurre un'indagine particolarmente discreta su una giovane donna, Jiao, nipote di una delle favorite di Mao. Come da manuale, parlando di un buon poliziesco, l'indagine lo metterà in contatto con soggetti di ogni genere: neo-ricchi della Cina contemporanea, anziani proletari rabbiosamente nostalgici della Cina maoista, artisti epurati dalla rivoluzione culturale, languidi aficionados alla Shangai dimenticata degli anni '30. Uno sguardo d'insieme sulla Cina contemporanea e sulle interminabili lotte di potere che hanno segnato la sua storia negli ultimi sessant'anni, tenendo lo sguardo fisso - e inevitabilmente amaro - sulla figura reale del Grande Timoniere, che emerge come uomo fin troppo comune.
I due libri inviati dall'autrice sono Volevo solo essere adorata e Tarli senza cornici, di Marcella Andreini.
Piccoli libri - che non significa necessariamente libri piccoli -, la biografia/ritratto di una ragazza - in filigrana ritratto dell'autrice - e il buffo e insieme folle racconto/atto unico protagonista Giuseppe, padre putativo di Gesù Cristo. Due libri consigliabili?
Calma, andiamo con ordine.
Esiste una categoria di libri che sono essenzialmente testimonianze di fiducia nella parola, nel contatto tra diversi da sé, nel racconto di se stessi e del mondo visto attraverso i propri occhi. Libri di giudizio piuttosto che di espressione. Libri e storie che sono testimonianze di esistenza, sfide lanciate al mondo e alla realtà, storie/non storie che vivono di affermazioni, osservazioni e riflessioni, di immagini riflesse e riprese, di rabbie stralunate, melanconiche riflessioni, veglie interminabili e sguardi obliqui. Libri che suonano come rabbiose confessioni, che creano una vicinanza torrida ed eccessiva, che è impensabile credere di poter ridurre a una vicenda o a pochi episodi. Una sostanza più netta e tagliente nel primo, Volevo sole essere adorata, ma presente e narrativamente più efficace - anche se fatalmente meno nitida - nel secondo, Tarli senza cornici.
Due ritratti ottenuti con il fuoco, che nessun editore può prendere in considerazione, pena il suicidio economico [1].
La narrativa è necessariamente altro, è racconto, immaginazione, descrizione e ricordo, un luogo ideale dove i personaggi possono sì vivere passioni incoerenti e sogni disperati ma con i lunghi intervalli che una narrazione comporta. Qui l'autrice se ne frega, lancia interamente il proprio rovente messaggio, costringendo le parole a una vicinanza eccessiva, a un'imbarazzante prossimità con il lettore, obbligandolo a rallentare, a riflettere, a interrogarsi. Un'esperienza non troppo dissimile fu per me quella di leggere Il libro dell'Inquietudine, di Fernando Pessoa, un interminabile gioco e un personalissimo duello con le parole, non a caso il modo di scrivere - non di raccontare né di narrare - di un poeta. Non so se Andreini ha velleità da poetessa ma certamente la sua prosodia si candida a essere un primo passo in questa direzione, una sorta di possibile «Libro del disagio».
«Sì, insomma, un libro troppo breve per passioni troppo intense», mormora il mio superIo.
Va bene, si può anche presentare così, ma scrivere non è soltanto narrare. E tratteggiare un personaggio non è soltanto descriverlo. Se non ti ricordavi che cos'era, puoi sempre rileggerlo.
Lei e Pessoa.
«Già, vabbé»
...
Si è fatta una cert'ora. Temo che per questa volta non riuscirò a parlare dei tre libri di scienza. Temo che dovrò dare vita una quarta o quinta puntata. Interessante, credo, perché si tratta di libri importanti per chi perde tempo a baloccarsi con altri mondi e altri orizzonti. A presto!
[1] D'altro canto se non rischiasse quotidianamente il fallimento non avrebbe senso la sua esistenza. E su questa definizione di editore penso di essere in drammatica solitudine.
4 commenti:
Vabbè, l'editoria si è suicidata anche senza di me, dai; non ricordo che rapporto avesse Pessoa con gli editori. E' vero non mi piace narrare; mi piace molto parlare con i pittori, poco con gli scrittori; i pittori li sento, li capisco, gli scrittori no. Ho scritto una raccolta di poesie dal titolo "La vita sadica". Grazie Max è come se tu mi stessi spingendo sull’altalena, il libro del disagio… il libro dell’inquietudine … lei …Pessoa. Grazie mille!
@Marcella Andreini: è stato quasi un caso, ho recuperato il libro di Pessoa in questi giorni, stimolato da un post letto da qualche parte, e mi sono messo a sfogliarlo. Non è facile, Pessoa, e ho riprovato la stessa curiosa sensazione di fatica e di piacere provata molti anni fa, alla mia prima lettura. Come una lunga, interminabile passeggiata in montagna. Il fatto che mi siano ritornati in mente i tuoi libri può essere anche solo un caso, certo, però, però...
però, però quel post dove c'è una citazione di Pessoa credo sia proprio il mi,o se così fosse sono riuscita a farti riprendere Pessoa, però! Spero che i miei libri non ti saltino mai alla mente leggendo Baricco...
@Nessun problema, ho dimenticato anche la semplice esistenza di Baricco in qualità di scrittore. Può venirmi in mente soltanto mentre svuoto la pattumiera o dispongo le piastrine anti-zanzare.
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