27.12.19

Il Mare Obliquo 48

Al ritorno da Verhida i rapporti tra Teardraet e Maldanea sono nettamente peggiorati. Il Conte-mago si tormenta cercando di capire che cosa li attende mentre il Cambiamento minaccia la sua stessa residenza. Ma Maldanea è pronta a giocare la vita per seguirlo.
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Una quiete innaturale è caduta sulla Residenza di Teardraet. I servitori, le guardie e i membri della minuscola corte del Conte-Mago ostentano modi gravi e parlano con voce controllata. Maldanea, ancora colpita da ciò che ha appreso a Verhida, ha notato questo cambiamento che è andato a rafforzare la sottile sensazione di panico che l'assale ogni sera, quando abbandona il mondo sensibile per sprofondare nel sonno. Ha finito anch'ella per adeguarsi al nuovo clima, per scegliere abiti scuri, poco appariscenti e trascorrere gran parte del suo tempo sulle terrazze a sud, fissando la remota linea dell'orizzonte per essere la prima a riconoscere i segni della malattia del mondo che li obbligheranno ad abbandonare le isole.
Incontra Teardraet anche meno di prima: da poco egli ha cominciato a disertare anche i loro pasti, un tempo l'unica occasione per la giovane Wessiun di incontrarlo. Ma forse Maldanea non ha provato né stupore né dolore: il gelo che avanza ha messo salde radici anche nel suo cuore e sempre di più ella si sorprende ad osservare le cose con il distacco del viaggiatore.
La piccola Difiduanna e Dama Pascalina osservano con pena questa metamorfosi della loro amica e protetta, ma seppure dedichino ore ed ore delle sempre più brevi giornate del nord a cercare nuovi modi per scuoterla, per averla nuovamente accanto a loro, si sentono depresse e tristi, come giocattoli dimenticati.
– È forse l'amore. – Ipotizza Difiduanna, deplorando in cuor suo che anche Debah sia caduta vittima di un sentimento tanto assurdo.
– Non partecipa più neppure ai suoi pasti, si incontrano per pochi minuti nella Sala delle Udienze, per vestire i panni dei Reggitori di Baran e Verhida, ma null'altro: la porta di T rovesciata resta chiusa per lei.
– Se devo essere sincera, Pascalina, anche il Conte-Mago non mi sembra di ottimo umore di questi tempi. – Osserva la piccola civetta.
Pascalina si stringe platealmente nelle spalle. – Con tutti gli strani pensieri che cova in quella testa di rame e tutte le manovre che passa il tempo a combinare… qualcosa gli sarà andato storto.
– Non so. Passa molto tempo nel suo laboratorio e comunica con quel generale che ha mandato nelle Terre Tiepide, quel Nivel'Iun dell'Isola del Tramonto.
– Persino gente dell'Isola del Tramonto. – Sbuffa Pascalina. – Ma è chiaro: tutti i matti dell'Orlo del Mondo stanno all'ombra delle bandiere di T Rovesciata.
– Questo ci riguarda assai poco. – Difiduanna si sente così saggia e pacata che per un attimo ha il dubbio che sia stato qualcun altro a parlare. – Ciò che ci preme è fare sì che Maldanea ritorni ad essere se stessa.
– E quel tipo strano, quel Mastro Nerubavel? Debah lo considera con molta stima e affetto.
– È partito per una missione per conto di Teardraet, non so né dove né a fare che. – La civetta ostenta molto scetticismo, ma d'altro canto è per lei virtualmente impossibile prendere sul serio la bizzarra creatura che ha conosciuto a Baran, con quell'odore così appetitoso addosso e con quell'accento impossibile.


– Peccato. Forse Maldanea l'avrebbe ascoltato.
Difiduanna chiude gli occhi e scarruffa le piume…bei consiglieri si sceglie la giovane Wessiun. – No, Pascalina: dobbiamo prendere il toro per le corna: devi andare a parlare con il Conte-Mago e ricordargli i suoi doveri di sposo. E se le cose non dovessero cambiare neppure così salirò sulla prima nave diretta verso Dharlemhiun per riferire al Padre-Zio Wessiun, che certo non ne sarà felice.
Pascalina sbarra gli occhi e si porta una mano al petto. – Devo…
– Proprio così. Vuoi che sia io a chiedere di conferire con il Conte-Mago? Ti sembra serio?
– No, non credo. – Ammette Pascalina.
– Bene, allora vai.
– Come vai?
– E quanto vuoi aspettare? Se non vai ora, nel momento nel quale più forte e convinta è la tua – la nostra – indignazione, vuoi farlo quando la mente sarà tornata fredda e prudente?
– Ma forse…
– Vai, Dama Pascalina. Chiama l'addetto di Teardraet e fatti condurre senza indugio, capito? "Senza Indugio!", al suo cospetto.
Pascalina, ancora stordita per l'inaspettata piega che ha preso la conversazione allunga una mano per afferrare il cordone del campanello per chiamare Ghiza, il Boldhovin.
Lo sottile creatura compare all'improvviso e senza rumore come sua abitudine, e come il solito fa sobbalzare la Dama.
– Devo vedere il Conte-Mago. – Dichiara l'anziana Syerdwin. E un attimo dopo. – Senza indugio.
Il servitore si inchina. – Vi prego di seguirmi.
Pascalina lancia un'ultima occhiata a Difiduanna e abbandona il proprio appartamento con lo sguardo ed il passo di chi si reca al patibolo. La civetta la guarda scuotendo il capo e vola sul più alto scaffale della biblioteca di Maldanea. "Dovrò vedere il Conte Gast, temo." Conclude con un lungo sospiro.
– Il Conte-Mago si trova nella Sala dell'Arcobaleno.– Le comunica il boldhovin indicando la grande tenda che conclude il breve corridoio dalle pareti di vetro bianco. – Attendete un attimo e vi annuncerò.
Pascalina annuisce, resistendo alla tentazione di dire "Se non può non importa." Ormai si trova lì e quindi tanto vale portare a termine la sua missione, "In fondo certo non mi ammazzerà." Mormora a se stessa, come a convincere una parte di sé per la quale quella possibilità non è poi così remota.
– Il Conte-Mago vi attende. – La ricomparsa di Ghiza la fa sobbalzare anche più del solito e Pascalina si affretta ad entrare con improvvisa determinazione.
– Non è tollerabile né onesto, Liest Teardraet. Voi venite meno al patto sottoscritto privando Lie Maldanea della considerazione e dell'affetto che ella merita! – Pascalina è vagamente conscia della meravigliosa bellezza del luogo ove Teardraet conduce i propri esperimenti, ma non perde tempo, non riprende neppure il fiato, prima che il timore la freni. – Maldanea ha fiducia in voi e vi ama e come la compensate? Negandole anche la povera compagnia di un pasto consumato insieme! È forse costume dei Moeld trascurare così vergognosamente la propria Id'Iun o è costume delle Terre Fredde? Eppure avete avuto parole d'affetto e di simpatia per lei, le avete forse dimenticate o è vostro abitudine regalare parole come abiti smessi, senza riflettere e senza sentimento? Se non potete rinunciare alla vostra solitudine perché trascinare qui anche Maldanea a condividerla, lei che, sciagurata, ha tanta considerazione per i vostri pensieri? Perché farla soffrire, lei è innocente e curiosa come un cucciolo e come un cucciolo ama gli scherzi e le carezze. Non permetterò che voi le facciate conoscere prima del momento fissato il dolore del tempo che scorre troppo veloce!
Teardraet, seduto, il libro dei Messaggi aperto sulle ginocchia, ha ascoltato immobile la sfuriata di Pascalina, senza che il suo volto lasciasse trasparire né ira né stupore.
Quando la dama Syerdwin ha terminato china il capo sul libro, come se volesse tornare a leggere.


– Queste parole vi fanno onore, Dama Pascalina di Rocca Wessiun. – Commenta dopo qualche attimo di silenzio. – Ma il dolore che sente Maldanea ha molte radici ed affonda profondamente nel suo cuore. Neppure io posso strapparla dalla contemplazione del mare reso grigio dall'inverno e dai suoi tristi pensieri.
Incredula Pascalina tace per qualche momento. – Ma neppure provate. – Prosegue rinfrancata. – Neppure cercate di distoglierla, di partecipare dei suoi timori.
– Avete ragione, ma condividere certi pensieri lascia ancor più amarezza. Non capite, Dama Pascalina: la stessa Maldanea mi ha chiesto di non dividere più i pasti con lei. Ella sta vivendo in un luogo inaccessibile e tiene lontano da sé chiunque cerchi di avvicinarla. Il mio dolore non è inferiore al vostro.
Pascalina rimane letteralmente senza parole. Sospetta che il Conte-Mago si stia prendendo gioco di lei per allontanarla e cerca di aggrapparsi a quel pensiero con una convinzione che ignora lo sguardo serio e la voce cupa del Liest, testimonianze della sua sofferenza.
– Voi dubitate di me, Dama Pascalina e non riesco a darvi torto. Certo le mie oscillazioni, le mie esitazioni, la mia abitudine alla solitudine hanno fatto molto per condurla a questo punto, ma se ho fallito quando il mio cuore era sgombro e infervorato di sempre nuove passioni come potrò riuscire ora?
Pascalina scuote la testa. Ha la sensazione che esistano le parole per rispondere a Teardraet, che siano a portata di mano e se aspetterà un attimo potrà afferrarle. Ma quell'istante scorre via veloce lasciandola muta e disperata. Si inchina al Conte-Mago e si volta bruscamente per ritornare nei suoi appartamenti.

Appena uscita Dama Pascalina Teardraet cerca nuovamente di immergersi nella lettura, ma come pochi minuti prima, la cosa si rivela impossibile. Pensieri lugubri, preoccupazioni, oscuri presagi hanno profondamente inciso la sua abituale sicurezza, l'acume ironico che è sempre stato la sua ricchezza. Soffre come un giovane dalla pelle ancora di un unico colore e così si sente confuso, impaziente.
Maldanea è riuscita a ferirlo, a spingerlo ad agitarsi inquieto, ad aprire cento libri senza leggerne nessuno, a comporre le prime righe di infinite riflessioni vergate con la calligrafia sottile e inclinata che tutti nei regni dell'Ovest conoscono, senza mai terminarle e senza trovare pace neppure in quel solitario esercizio.
La luce che scende dalla cupola di cristallo è cupa e sembra interrotta da delicati frammenti d'ombra che non riesce a cogliere ma che rendono il suo splendido studio una tetra replica di se stesso.
Chiamare ancora una volta Nivel'Iun è solo un modo per illudersi di controllare pienamente la situazione. Ma è il primo a sapere che la guida del gioco non è nelle sue mani in quel momento.
…Se Artamiro dovesse morire… Se Bartsodesh dovesse prevalere… Se Konstantin avesse la meglio nelle sue manovre di palazzo… Se i Re della Gente Antica di Therrelise, Dharlemhiun e Farsoll abbandonassero il campo dei Cancelli d'Occidente… I re alleati di Artamiro esitano ancora, anche se i suoi emissari tessono instancabilmente la tela del nuovo paesaggio al quale lavora da decine d'anni.
Si è legato alla Casa Wessiun, sa delle manovre di Konstantin nelle terre alle fonti del Drew – che vengono a fare così meravigliosamente il suo gioco – sa dei malumori alla corte di Nyby Ornoll e del disorientamento delle Marrak delle Terre Fredde adesso che il Duca Kwister è scomparso, sperduto tra i deserti e le magie del Sud, ma sente che il suo progetto è insidiato da qualcosa di imponderabile, inafferrabile. La sue insegne sono nuovamente oltre il mare, come era accaduto in un tempo che lui stesso teme di non riuscire più a ricordare, ma sono ben poca cosa quel pugno di soldati e il lavoro di un gruppo di messi a lui fedeli per ricongiungere nelle sue mani il destino dei Popoli Antichi.
Con un moto esasperato scopre la superficie lucida di Andòden. Riconosce il proprio viso nel riflesso e scuote il capo: a quanto pare lo specchio ha deciso di limitarsi alla più banale delle sue facoltà.
– Mostrami Artamiro, Andòden. – Ordina.
Il suo volto nello specchio oscilla debolmente, come nel riflesso di uno stagno frustato dai rami di un salice. Un attimo dopo vede il suo volto assumere i contorni di una vecchia statua, dai lineamenti usurati dal tempo, sfregiata e segnata dalla pioggia e dal muschio. 

 
– Smettila con i tuoi stupidi scherzi, Andòden. Mostrami Artamiro. – Ma quali sono le terre che mostra ora lo specchio? Quali lande hanno l'erba del colore del cristallo e sono popolate da alti alberi immobili, le foglie di un colore bruno, metallico? Teardraet fissa inorridito il paesaggio inquadrato nella massiccia cornice di Andòden e un brivido improvviso lo scuote come un vecchio. Quelle sono le terre Cambiate, il destino che attende le sue isole e forse l'intero mondo, condannato da un'incomprensibile malattia.
Altre immagini si rincorrono sulla lucida superficie dello specchio: genti in fuga con le proprie povere cose, città abbandonate, silenziose e immobili, congelate da un sottile strato di cristallo scuro, i volti immemori di coloro che sono stati raggiunti dall'onda del Mutamento, schierati in mezzo ai campi e sulle strade che riflettono i raggi della luna, come giocattoli dimenticati.
Quale sarà il mondo che si troverà infine a possedere?
Quell'assurdità immota, tanto simile al Mondo-Tra-Un-Istante che ha conosciuto da Invisibile? Teardraet vorrebbe che qualcuno venisse a interromperlo, anche Dama Pascalina, con le sue preoccupazioni così naturali eppure così patetiche, ma nessuno entra nel suo studio e nessuna voce lo raggiunge. Non può che continuare a perdersi nel riflesso di Andòden e a sentire la sua determinazione spezzarsi mentre la paura mette salde radici nel suo cuore.
Copre nuovamente lo specchio.
Queidhen. Solo lui può inviargli quelle immagini: è l'unico a conoscere davvero gli Specchi Gemelli che i Signori del mondo della Gente Nuova hanno ereditato senza comprenderli. "Sette furono i Gemelli " è scritto nel Libro delle Rupi.
L'Unico vuole fermarlo, anche se è stato pronto ad aiutarlo quando si trattava di colpire Artamiro. Teardraet si alza per camminare. Pochi minuti davanti allo schermo scuro di Andòden l'hanno reso incerto nei movimenti ed esitante come un malato. Come spesso ha fatto cerca di immaginare il gioco di Queidhen, mentre una parte della sua mente gli ripete che cercare di comprendere le Sue azioni è vano e presuntuoso.
Ma il Conte-Mago è troppo stanco e troppo disperato per ubbidire a quella voce. Enumera nella sua mente le mosse dell'Antico Primo, le battaglie combattute dai suoi Oom, le apparizioni, gli incantesimi dei quali è stato complice. Artamiro si trova abbandonato sull'orlo della vita e solo Egmont Rossiter, suo nipote, è davvero pronto a rimanere con lui fino all'ultimo. Che sia questo il disegno di Queidhen?
Sostenere il giovane Duca di Dancemarare? Un debole sorriso fa per un attimo la sua comparsa sul volto del Moeld: dietro la bandiera di Egmont Rossiter viene la pace e la concordia e non può essere quello il Suo disegno.
A meno che egli non voglia condurre fino alla fine la disgrazia della casa d'Occidente, schierare tutti contro tutti nell'ultima battaglia, in un mondo impoverito e assediato dall'Onda del Mutamento. Teardraet esita davanti a quella conclusione, ma i suoi pensieri corrono e si affollano prima di riuscire a controllarli… Cosa sa, cosa ha visto Queidhen nelle sue peregrinazioni nel tempo che verrà? Quale futuro ha conosciuto? Non c'è che un modo per saperlo: seguirlo nel Mondo-Tra-Un-Istante e anche oltre, giungere dove nessuno se non Lui è arrivato.
La conclusione delle sue riflessioni è spaventosa e insieme obbligata: se non avrà la conoscenza dell'Unico non saprà mai, nonostante tutta la sua esperienza e la sua intelligenza. Teardraet si volta involontariamente a fissare il piccolo armadio dove conserva il liquido che gli permette di divenire l'Invisibile.


Non ha mai osato andare oltre le tre gocce, che lo hanno condotto in un mondo freddo e sgradevole, popolato di ombre inquiete e di suoni strascicati e rugginosi Ciò che si propone di fare adesso è passare a dieci, venti gocce, per cercare di raggiungere il Tempo nel quale ciò che ora teme sarà dimenticato. Non più il Mondo-Tra-Un-Istante, ma il Termine.
Chiude gli occhi. Se di follia si tratta spera che sia interamente sua, che nessuna mente sia penetrata nei suoi pensieri per condurlo a quella decisione.
– Mi avete chiamato. – È difficile dire se Maldanea sia infastidita o assolutamente indifferente alla sua richiesta. Il Conte-Mago esita cercando di ritrovare lucidità ed equilibrio.
– Se vi trovate qui… – Inizia a dire senza terminare la frase, disgustato lui per primo dai propri modi.
– Perché desideravate vedermi?
– Maldanea, certo tu sai…– La fissa con pena. Vorrebbe che lei la sentisse ed abbandonasse quei modi tanto freddi e distanti, ma non può perdonarsi di elemosinare così il suo sorriso, la sua comprensione e si fa ironico, sostenuto.
– Sapete quali e quanti sono i problemi che angustiano la mia corona. – Riprende. – Questo mi spinge a prendere iniziative che possono essere fatali anche per me stesso.
Maldanea tiene il suo sguardo fisso davanti a sé come una sentinella o un martire. Annuisce. – Intendete raggiungere Nivel'Iun e marciare di persona alla conquista di Dharlemhiun?
– Dovrò raggiungere un giorno i miei soldati. – Si preoccupa di rassicurarla, quasi temendo che lei possa mal giudicarlo. Sorride: aver vissuto tanti anni non l'ha immunizzato dal più assurdo dei sentimenti. – Ma non si tratta di questo. Temo ciò che il futuro ci nasconde. Il Mutamento assedia le nostre isole.
Un'ombra di emozione attraversa finalmente il volto della Id'Iun. – Ogni giorno temo di scorgere il suo riflesso di cristallo congelare le onde più lontane.
– Anch'io soffrirò quando sarà il momento di abbandonare questa Residenza e queste terre.
Le parole non pronunciate rimangono in equilibrio tra loro, come un etereo arco colorato. Ma i loro sguardi orgogliosi non si incontrano. Un momento prezioso scompare senza essere afferrato, come è accaduto tante volte.
Teardraet sente farsi il vuoto nella sua mente. Ha resistito tante volte alla tentazione di toccarla, di averla, di sentirla respirare accanto a lui ed ora probabilmente è troppo tardi. Lei è giovane e sincera, l'avrebbe trasformato profondamente, avrebbe reso futili tante cose, ne avrebbe arricchite altre che giudica così poco importanti. Ma perché ora brucia così la sofferenza per ciò che non è stato, per i giorni e le notti che hanno soltanto reso più formidabili le rispettive solitudini?
– Dovrò vestire l'Invisibile. – Spiega. – Dovrò vedere il Mondo-Tra-Molti-Istanti per sconfiggere l'Unico. È la sola strada che mi rimane.
– Verrò con voi.
– Lie Maldanea non potete parlare seriamente.
Lei ride senza allegria. – Non ho nulla di meglio da fare.
– Ben pochi hanno tentato di seguire la strada dell'Invisibile. Il prezzo può essere la pazzia ed una morte orribile. – Maldanea non lo ascolta neppure, fissa l'uno dopo l'altro i settori di vetro colorato che formano la Sala Arcobaleno, quasi volesse sceglierne uno. Un'assurda gioia gli impedisce di continuare a parlare: la propria libertà, difesa per tutti quei mesi, è una ben misera ricchezza.

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