Nel frattempo continua il viaggio di Klog e dei suoi amici nella grande caverna della foresta sotterrata. E non mancheranno di fare nuovi incontri. |
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Lo
stretto passaggio scavato nei tempi in cui l'Orlo del Mondo era
ancora giovane ha lasciato il posto ad un ampio sistema di caverne
comunicanti, talune ampie come cattedrali, altre più basse, strette
e ricche di acqua. Mentre percorrono la loro strada verso profondità
maggiori alcuni fischi delicati, appena udibili li accompagnano.
–
Cosa vogliono ancora da noi quelle creature? – Brontola Plinio,
innervosito da quel movimento instancabile.
–
Vorranno controllare che ce ne andiamo davvero. – Matushka fissa
per un momento la solida oscurità nella quale gli Aloq si muovono
silenziosi come pesci sul fondo di un lago notturno. – O forse sono
solo curiosi di noi. In fondo non penso che siano molti i visitatori
di questi luoghi.
–
Lo credo bene. – Sussurra Klog che cammina tenendo stretta sul
petto la borsa con la Pietragemella. – Solo un matto di mezzo
Notturno può davvero… – Il Boldhovin si interrompe di scatto
ricordando il portentoso udito della loro guida. – Volevo dire… –
Ricomincia dopo un attimo ma una risata di Gudre Yinnu lo convince a
lasciar perdere.
–
Ma in fondo non è così brutto questo posto.
Klog
ed i due familiari della Fata Sibiell fissano stralunati Basso Okme,
autore di quella singolare osservazione.
–
Mi ispira, ecco. In fondo nella mia vita non ho visto altro che albe,
chiazze di luce del sole tra le fronde della foresta, tramonti estivi
ed invernali, danze di fate ed Erbani, arcobaleni e tiepidi autunni.
Alla fin fine ci si stanca anche del paradiso, non credete?
Nessuno
trova nulla da replicare all'Uccello-di- Legno che procede fermandosi
spesso per prendere appunti su un libretto a pentagramma che non
abbandona mai.
"Chissà
come fa a scrivere con questo buio pesto" Rumina tra sè Klog,
dal canto suo intento a canticchiare mentalmente tutte le canzoni che
conosce, tanto per non sentire i fischi insistenti degli Aloq.
"Già,
ma come fa?" Il Boldhovin si volta di scatto verso
l'uccello-di-legno, ancora una volta rimasto indietro di qualche
passo. Una delicata luce argentea lo circonda: la luce morbida di un
chiaro di luna. "Magia", decide, per accorgersi un istante
dopo che tutti loro sono circondati dalla medesima delicata
luminiscenza, che discende liquida dalle alte pareti dell'ultima
caverna nella quale sono penetrati.
Afferrato
da un timore superstizioso il Boldhovin solleva lo sguardo verso il
soffitto della sala ipogea per scoprire che i suoi occhi, per quanto
buoni, non riescono a scorgere altro che quella morbida luce nella
quale scompare la volta della titanica caverna.
–
Siamo giunti. – La voce sonora del Neek lo fa sobbalzare come un
tuono improvviso. – Queste sono le foreste sotterrate.
–
Notevoli. – Il solo Fahgön non sembra impressionato da quella
visione. Calmo estrae alcuni fili d'erba dalla borsa che gli pende
dal fianco e li mastica con flemma. La lunga fila che ha attraversato
il passaggio creato dai Gu'Hijirr Bruni si trasforma in un
semicerchio di creature tutte ugualmente rapite dalla strano
spettacolo che li attendeva paziente.
–
Ma questi alberi sono… d'argento? – Chiede Matuschka fissando
l'enorme foresta che si stende davanti a loro fino al limite
dell'orizzonte, schierata come un'infinita armata sulle morbide
alture che formano il pavimento della gigantesca caverna.
–
No, non sono d'argento. – Spiega Gudre-Yinnu. – Queste piante
hanno subito una metamorfosi e provvedono da se stesse a produrre la
luce della quale abbisognano. Se esposte alla luce del sole perdono
questa caratteristica e ritornano ad essere normali faggi, querce,
castagni e betulle.
–
Ma sono enormi. – Klog si avvicina alla base di un faggio cresciuto
isolato al limite della foresta, dal tronco contorto e tanto largo
che ci vorrebbero almeno una dozzina di boldhovin per abbracciarlo. –
Sarà alto almeno un centinaio di braccia. – Aggiunge alzando il
capo. – Di faggi come questi non ne ho mai veduti. –
–
Non so cosa dirti, Klog. Questa è l'altra caratteristica di questa
singolare selva. Io ho ricevuto da un negromante Gu'hijirr di nome
Hawait alcune foglie e rami provenienti da queste piante, ma sono ben
presto ritornate ad essere normali foglie e rami. Qualche altro tipo
di creaturine invisibili deve vivere dentro la caverna, donando agli
alberi queste caratteristiche. Di più non sono riuscito ad appurare.
–
Ci vive qualcun altro qui dentro? – Chiede Plinio. – Non so se lo
avete notato ma gli Aloq ci hanno abbandonato, come se non volessero
passare un confine.
–
Ignoro anche questo. Un altro negromante, Duniselle, mi ha raccontato
che tra questi alberi vivono gli ultimi discendenti degli ormai
scomparsi Gu'hijirr Bruni, mentre un mago della Terra del Tramonto mi
ha giurato che qui vivono dimenticati i popoli delle Città dei
ghiacci.
–
Non erano quelli che gli dei hanno fatto sprofondare per la loro
empietà? – Chiede simulando indifferenza Klog.
–
Proprio loro.
–
Ah.– Il Boldhovin si volta verso le caverne che hanno appena
lasciato, come se sentisse un'improvvisa nostalgia per i fischi degli
Aloq. "Dalla padella alla brace" pensa tra sé.
Avanzare
nella luce priva di ombre che scende dagli alberi si rivela ben
presto molto più faticoso del previsto. La sensazione di mancanza di
profondità li induce spesso in errore, provocando rovinose cadute e
frequenti soste impreviste.
–
Sembra di camminare dentro il disegno di un bimbo particolarmente
stupido. – Commenta Plinio dopo aver inciampato per l'ennesima
volta in una radice molto più sporgente dal terreno del previsto. –
Le buche ci sono ma non sembrano pericolose e le radici sembrano
piatte come il disegno di una carota! Se anche qualcuno vive in
questo posto incredibile sarà già parecchio rimbambito.
Matushka
annuisce, le orecchie tese. Nella grande foresta regna un silenzio
soprannaturale, non vi sono venti a disturbare la quiete delle
fronde, né si odono canti di uccelli o urla di selvatici. Dopo un
paio d'ore di marcia tutt'altro che confortevole un segnale di
Gudre-Yinnu, che avanza alla testa della piccola compagnia insieme a
Fahgön, ordina la sosta sulle rive di un piccolo specchio d'acqua.
–
Possiamo riempire borracce ed otri. L'acqua delle Foreste Sotterrate
è pura e delicata come nessun altra.
Klog
lancia uno sguardo sospettoso prima al Neek poi alla calma superficie
delle acque, simile ad una immobile polla di mercurio naturale.
I
Cervi si chinano a bere presto imitati con una certa riluttanza da
Plinio e Matushka.
–
Com'è? – Chiede Klog con un soffio al gatto intento a forbirsi la
barba con la manica.
–
Deliziosa.
–
Ha strani odori o uno strano sapore? E come ti senti ora? Provi
brividi, sudori freddi, capogiri, nausea?
–
Nulla di tutto ciò.
–
L'hai bevuta da troppo poco tempo, non puoi affermare di stare bene.
–
Questo è vero. Ma se anche l'acqua fosse orrendemente avvelenata e
noi tutti destinati a morire tra atroci sofferenze, cosa faresti tu
rimasto solo in questo singolare luogo?
Il
Boldhovin interdetto corruga la fronte. – Siete stati troppo
precipitosi. Tutti quanti. – Lancia uno sguardo di sfida alle linee
circolari prodotte sul pelo dell'acqua dai cervi ancora intenti a
bere. – E guarda come si ingozzano quei maledetti Grandi-rami,
hanno così fretta di morire?
–
Bevi Klog e finiscila con questa manfrina. – Interviene Matushka. –
Chiacchieri troppo per non bagnarti spesso l'ugola.
–
E sta bene, berrò, berrò. – Il Boldhovin si avvicina alla riva
spoglia della pozza e svita il tappo della borraccia ormai quasi
vuota. Con un movimento nervoso la immerge, contemplando il piccolo
gorgo che si forma intorno all'imboccatura. Un risucchio simile ad un
profondo ululato accompagna quel gesto. Klog ne è stupito per un
solo istante, il tempo necessario a Gudre-Yinnu per afferrarlo e
trarlo lontano dalla riva.
Con
un unico rapido movimento la creatura lascia emergere un'estremità
sottile e levigata, dell'apparenza simile a quella del metallo, e
l'abbatte sulla riva nel punto dove, fino ad un attimo prima il
Boldhovin stava riempiendosi la borraccia.
Il
rumore della Ejiri snudata dal Neek sembra spaventarla e, scavando la
terra con unghie simili a pugnali ricurvi, si affretta a scomparire.
Pochi
attimi di silenzio seguono quell'apparizione, talmente rapida da non
essere pienamente afferrata.
–
Avevo ragione io che non volevo bere! – Klog è il primo a
ritrovare la voce, sia pure stridula ed incerta come quella di un
ubriaco.
–
In un certo senso… – Ammette Gudre-Yinnu, con un sorriso assai
poco spontaneo. – Ho sentito i movimenti di quel mostro solo un
istante prima che attaccasse. Probabilmente ha la tana proprio qui.
Con
un movimento concorde, quasi fosse stato ordinato da un maestro di
ballo, i custodi della Pietragemella si chinano a fissare la terra
sotto i piedi, quasi aspettassero di vederla spaccarsi.
–
Forse è il caso di riprendere la nostra strada, qualunque essa sia.
– È il consiglio pronunciato a con voce appena udibile da
Basso-Okme.
–
Non posso che concordare.
–
Ma cos'era quel coso? – Chiede Matushka, prudentemente arretrata di
una ventina di passi.
Il
Neek scuote il capo. – Nelle Memorie del Negromante Tursanìte, che
sostiene di aver passato nelle Foreste Sotterrate più di un anno
della propria vita non vi è una sola riga dedicata ad incontri come
questo. – Il quasi-Notturno non nasconde un imbarazzo venato di
timore. – Devo ammettere che comincio a dubitare della genuinità
del racconto. Ma forse Tursanìte ha solo avuto più fortuna di noi.
–
Già forse non ha mai bevuto a questa pozza d'acqua. – Commenta
Klog. "O forse non si è mai mosso da una comoda poltrona
accanto al fuoco" Aggiunge tra sè.
Quasi
che l'apparizione del primo essere vivente abbia risvegliato tutti
gli altri, la quiete della grande caverna è ben presto turbata da
profondi brontolii, fruscii che si interrompono di colpo come
ubbidendo ad un comando, bisbigli dotati di una risonanza metallica,
come se chi li emette parlasse dentro un tubo di latta, ed altri
rumori altrettanto bizzarri o inconsueti per una foresta.
–
Mi piaceva di più quando sembrava un mortorio. – Osserva a bassa
voce Matushka. – Adesso ho la sensazione che tutto resti immobile
solo quando lo guardo, ma si muova non appena volto il viso.
–
È più o meno ciò che provo anch'io. Ma forse si tratta solo dei
nostri nervi scossi. – Prova a rassicurarla Plinio.
La
piccola volpe scuote la testa. – Qui ci abita qualcuno. E nemmeno
gli Aloq si azzardano a sfidarli.
–
Gli Aloq sono leggeri e sottili come carta velina… – Inizia a
dire Klog che si interrompe di scatto ricordando che sono state
proprio quelle impalpabili creature a salvarli dalle Marionette.
–
Saranno ancora gli Oom? – Chiede Basso Okme, come se avesse seguito
lo stesso filo dei suoi pensieri.
–
No. Gli Aloq ci hanno scortato fino all'inizio delle foreste. – Og
il cervo scuote il grande parco di corna. – Non sono rimasti altri
Oom alle nostre spalle.
–
Alle nostre spalle no, ma davanti? – Non che Klog creda davvero a
questa ipotesi ma sarebbe pronto a giurare il falso pur di scalfire
un poco la rigida sicurezza dei Grandi-Rami.
–
No. Ci avrebbero assalito all'abbeverata prendendoci come polli nella
stia.
Il
Boldhovin decide che non merita tentare di smontare la convinzione
del cervo, anche solo con la domandina:"Ma se semplicemente ci
avessero messo un po' di più per trovarci?". Chissà cosa
avrebbe escogitato a quel punto Og per contraddirlo.
–
Bene. Se pure non si tratta di Oom questo non basta a rassicurarmi.
–
Se necessario ci batteremo. – Puntualizza il cervo e con un breve
galoppo va a raggiungere gli altri tre alla testa del piccolo gruppo.
La
marcia già incerta e disagevole dopo quell'incidente si è fatta
ancor più lenta e penosa. Ognuno di loro solleva spesso il capo
verso le inafferabili fronde cercando di scorgere nei loro riflessi
sopiti, come d'argento appannato da un respiro, forme di creature
estranee o volti raccapriccianti e minacciosi.
–…
Se c'è un piccolo corso d'acqua ce ne saranno anche di un pochino
più grandi, e questi ultimi dovranno pur gettarsi in qualche luogo…
a meno che queste acque sgorghino e ritornino alle profondità senza
dare luogo ad altri corsi d'acqua, cosa che appare se pur possibile,
non del tutto credibile…
–
Cosa borbotti uccellaccio?
Basso
Okme sembra a malapena accorgersi dell'interruzione scortese del
Boldhovin e si stringe nelle spalle. – … Quindi è probabile che
ben presto sulla nostra strada incontreremo un fiume o fiumicello, un
torrente, un ampio ruscello o un lago. E dove si trova facilmente
acqua si trovano altrettanto facilmente abitanti di quella felice
plaga, dediti a coltivare, riprodursi e passare il tempo con giochi e
musiche…
Klog,
che ha ascoltato con pazienza e degnazione ciò che almeno all'inizio
sembravano solo cervellotiche riflessioni di un'ancor più bizzarra
creatura, si rende conto con una punta di sgomento che ancora una
volta il trasognato corvo di legno ha probabilmente visto più
lontano e meglio di loro.
"Magari
è persino contento, questo violoncello ambulante , di incontrare
degli ipotetici abitanti." Il Boldhovin alza gli occhi verso
l'invisibile cupola di roccia che forma il loro cielo. "Io
invece non ho nessuna curiosità in proposito e ritornerei più che
di corsa sotto un cielo purchessia anche nuvoloso e bigio come il
pelo di Plinio."
Ma
il terreno davanti a loro ha già iniziato quasi insensibilmente a
discendere ed un nuovo suono si è aggiunto al concerto stridente che
li accompagna da almeno un'ora.
–
Piove, mi sembra. – Annuncia con tono lugubre Plinio, allergico al
contatto con l'acqua anche in vesti umane.
I
viaggiatori si fermano di colpo.
–
Effettivamente l'aria si è fatta più umida, ma non direi che si
tratti di pioggia. Piuttosto… – Inizia a dire il Neek, interrotto
dalla voce baritonale di Fahgön. – Guardate il cielo! –
–
Oh, bella, sembrerebbero nuvole. – Commenta quasi divertito
Gudre-Yinnu, fissando in alto davanti a loro un fronte di nubi simile
ad una grande onda di mare sospesa a poche decine di metri da terra.
–
Dev'essere veramente enorme questa caverna se può ospitare dentro di
sé nuvole, pioggia e chissà, forse bufere e tempeste!
–
E questo rumore lo sentite? – Insiste il grande cervo. – Non
sembra forse il lontano rombo di un tuono?
–
Proprio così. – Il viso del Neek, solitamente pallido e quasi
pergamenaceo si accende di colpo di colore, rendendolo molto più
simile alla schiatta della Gente Nuova. – Il rumore viene da quella
direzione, andiamo a vedere, presto!
I
quattro cervi senza esitare si affrettano a seguire il
mezzo-Notturno, come se non avessero mai coltivato altro sogno che
gettarsi nell'esplorazione del mondo ctonio.
–
Che facciamo, andiamo dietro a quei cinque matti?
–
Tu Matushka cosa ne pensi?
La
piccola volpe scuote la lunga coda di capelli fulvi che le discende
da sotto l'orlo del cappello. – Non penso che ci siano altre
scelte.
–
Ma l'hai visto quell'individuo? Gudre-Yinnu? Ci ha trascinato fin qui
solo per soddisfare un suo capriccio, una futile passione da
studioso. – Klog guarda indispettito il mezzosangue e i cervi che
procedono il più speditamente possibile verso il fronte di nubi in
arrivo.
–
Sono io il portatore della Pietragemella per Fieduin. Dovrei essere
io a comandare! – Sbotta infine il Boldhovin.
–
Già, e chi ti seguirebbe?
–
Chiunque ci tenesse ad arrivare tutto intero alla fine del viaggio,
stupido gatto. Ecco chi.
–
Va bene. E adesso cosa faremo, nostra guida?
Klog
stringe le labbra, chiude gli occhi, volta il viso nella direzione
opposta a quella verso la quale marciano Gudre-Yinnu ed i cervi ed
affonda la mano dentro la tracolla, come se volesse prendere
consiglio dalla Pietragemella.
–
Andremo con loro. – Mormora infine. – Ma solo per l'ultima volta.
–
Alla buonora. Affrettiamoci a seguirli prima di perderli
definitivamente di vista.
Klog
alza un braccio sdegnoso. – Senza correre troppo, comunque.
Una
volta ricostituitasi, la piccola compagnia è ben presto investita da
una pioggia battente ed avvolta da un'oscurità gelida e grigia, come
se l'intera caverna fosse stata inghiottita da una titanica nube di
tempesta.
–
La sentite? – Urla Gudre-Yinnu. – La sentite questa pioggia
meravigliosa? È la prova, la prova!
Nessuno
sa di cosa stia parlando il Neek e comunque al momento la cosa non
riveste per loro troppa importanza. La pioggia ha ulteriormente
rallentato la
loro marcia e persino i cervi cominciano ad nutrire qualche dubbio
sulla guida da loro scelta, o meglio scelta da Fahgön.
–
Cosa aspetti di trovare procedendo in questa direzione? – Chiede
all'improvviso il grande Cervo.
–
Le radici dei grandi Mari. – Spiega il Neek. – O forse lo stesso
Mare Obliquo, "le Acque del Termine" come le chiamano gli
Erbani.
Gudre-Yinnu
è costretto quasi ad urlare per sovrastare lo scroscio incessante
della pioggia. – Probabilmente è proprio qui davanti a noi.
–
E questo come ci conduce più vicino al compimento della missione
affidataci da Sibiell? – Chiede ancora Fahgön.
Il
Neek si picchia un paio di volte sulle orecchie con le mani aperte
come a dire "Non sento!" senza neppure rallentare il passo.
Per
una volta il Grandi-Rami sembra incerto sulla migliore condotta da
seguire. Fissa il Neek che avanza spedito in mezzo alle alte erbe
rese scintillanti dall'umidità, solleva il capo verso il cielo,
guarda ancora la loro guida ed emette un poderoso respiro.
–
Fahgön, dove ci vuole portare? – Urla nella pioggia Matushka.
Il
cervo scuote il capo adorno delle poderose corna come a scacciare un
insetto particolarmente noioso.
–
Non lo so, né voglio saperlo. Senza disciplina non c'è speranza per
nessuno, questo solo so.
–
Ma non capisci? Gudre-Yinnu ci ha condotto qui per qualche suo strano
e bizzarro fine. Non gli importa nulla della nostra missione.
Fahgön
si alza ben ritto sulle quattro zampe e leva alta la testa. –
Questo non puoi saperlo, piccola Ombra fulva. Nel dubbio è meglio
attendere… E non spezzare l'unità del branco.
–
Nulla da fare. Non possiamo che seguirlo. – Matushka cerca
pateticamente di scuotersi di dosso poche gocce d'acqua fermatesi
sulla pettorina di velluto del suo abito.
–
E sta bene, seguiamolo. Attendiamo, come ci insegna Fahgön. Da
qualche parte arriveremo.
Klog
fissa con disgusto Plinio, autore di quell'ultima osservazione e si
sistema meglio sul capo il cappuccio ormai intriso d'acqua.
"…Molte
sono le Vie, Boldhovin. Segui le radici nei loro tortuosi percorsi.
Esistono forse radici diritte?…" Il Boldhovin si volge di
scatto, come se qualcuno inaspettatamente gli avesse appoggiato una
mano sulla spalla. Si ferma per un attimo per sorridere e trarre un
profondo respiro: Quedhe e gli altri Erbani non l'hanno abbandonato
al suo destino.
–
Ma non esiste alcun riparo in questa foresta?
Ormai
sono più di cinque ore che marciano sotto una pioggia che non è
minimamente diminuita di intensità ed anche il passo di Gudre-Yinnu
si è fatto rigido e lento.
–
E cosa speri di trovare, Klog? Una caverna dentro una caverna? –
Ride con una punta di nervosismo il Neek.
–
Chissà? Io non dispero di nulla, gentile Duith-Uinn. – La voce del
Boldhovin ha perso la sua sfumatura litigiosa ed è divenuta salda,
decisa.
–
È meglio cominciare a cercare un rifugio per riposare e tentare di
mangiare qualcosa. – Interviene Fahgön. – Qualunque sia la
nostra meta non si sposterà certo nel tempo di un breve riposo. Non
più di poche ore fa sostenevi che era qui, poco davanti a noi.
Probabilmente i tuoi calcoli erano sbagliati. O sono sbagliate le tue
carte.
–
Va bene, va bene! Se questa è la volontà generale… Indicatemi
soltanto un luogo adatto e sarò ben lieto di seguirvi.
–
Gli alberi qui si sono fatti radi, ma in compenso ancora più enormi.
Io avevo la mia tana dentro l'incavo di un tronco, nel bosco di
Canddermyn. Qui gli alberi sono strani ma non troppo diversi e un
posticino ci sarà pure.
L'idea
della volpe viene subito accolta ed il piccolo gruppo comincia a
spostarsi da un albero all'altro per cercare un'apertura abbastanza
grande da ospitarli tutti.
–
Ehi, venite qui! – Al richiamo di Basso Okme i Custodi della
Pietragemella, si avvicinano di corsa.
–
Ehi, ma è una meraviglia! – Plinio tuffa il capo dentro una grande
spaccatura di un albero gigantesco, un mostro alto almeno trecento
braccia e dal tronco largo come un palazzo di Dancemarare.
–
Passami l'esca, Klog. E possibilmente qualcosa di asciutto da
accendere. Ma questa è una Reggia! Venite, venite, presto.
La
spaccatura, piuttosto stretta all'imboccatura si allarga quasi subito
all'interno divenendo una vasta sala di una decina di metri di
larghezza, dalla volta vagamente ogivale.
–
Qui dentro è asciutto. Siamo sopra il livello delle acque. –
Osserva Basso Okme. – E lì vi sono pezzi di legna secca per
accendere un bel fuoco.
Per
un attimo Klog, che conosce ormai da lungo tempo l'uccello-di-legno,
ha la sensazione che egli stia per aggiungere qualcos'altro, ma il
musicista si interrompe di colpo, come un giocattolo che abbia
esaurito la propria carica.
Ben
presto il fuoco è acceso ed un inaspettato ma graditissimo tiraggio,
invisibile nel soffitto ligneo, si preoccupa di convogliare fuori dal
locale il fumo.
Le
patate trovano il loro posto nella brace in compagnia della pancetta
ed una piccola magia di Matushka ritrasforma in ottimo vino pochi
pizzichi di una polvere bruna. Gli abiti sono stesi ad asciugare nel
delizioso tepore che presto colora l'aria e la cena, arricchita da
alcune pietanze provenienti dalla magica borsa di Kerfilluan, viene
particolarmente ben accolta dagli stomaci contratti ed infreddoliti
dei custodi.
–
Beh, è pur sempre piacevole prepararsi a trascorrere la notte in una
sala dal rivestimento ligneo. Mi sento nuovamente un Signore.–
Scherza Gudre-Yinnu, una volta calmata la fame. – Voi cosa ne dite?
Qualcuno
annuisce, qualcuno risponde con un monosillabo, ma nessuno sorride.
Il Neek socchiude le palpebre nascondendo in parte il riflesso verde
chiaro degli occhi e si versa un po' di vino.
–
Stiamo per toccare l'ombelico del Mondo, inutilmente cercato da
decine e decine di maghi e nobili principi. Non credete che sia
questa una grande e meravigliosa impresa?
–
Nessuno ha finora chiesto il nostro parere in proposito. –
Matushka, tornata nella propria pelle e ben sazia, fissa il
quasi-Notturno con finta innocenza. – Non siamo comunque partiti
per cercare nessun ombelico o naso o alluce del mondo. Voi sapete che
dobbiamo fare in modo di fermare il Cambiamento. Come credete di
conciliare questa necessità con i vostri capricci?
–
Non si tratta di capricci. – Se qualcuno si attendeva uno scoppio
d'ira da parte di Gudre-Yinnu rimane deluso. – O forse proprio di
questo si tratta. Nella solitudine della Rocca un'idea nasce debole,
quasi assurda, per diventare un'ossessione.
Il
riflesso degli occhi del quasi-Notturno, chinato a guardare verso il
suolo, cade sui braccialetti di peltro che porta al polso donando
loro un luminosità irreale e rendendoli quasi traslucidi. – Io
devo essere strano, imprevedibile, animato da strane fissazioni e da
ancor più strane passioni. Sono figlio della gente più antica e
della gente più nuova, cos'altro ci si può attendere da me?
Comunque non intendo rinunciare alla possibilità di vedere la
Sorgente Prima. I più saggi savi del Popolo dei Notturni hanno riso
di me e delle mie fiabe ed io devo sapere, solo questo chiedo e
questo farò, con o senza di voi.
–
Perché non ci avete avvisato del vostro intento?
–
Avresti accettato tu, piccolo Erbano? O tu volpe impertinente? O tu
gatto? E tu Fahgön cosa avresti detto?
–
Ovviamente no. – Replica rigido il Grandi-Rami. – Io credo nei
patti celebrati con poche parole, come nei tempi che furono o nella
stagione degli amori. Non capisco la doppiezza dei due-gambe, le loro
infinite chiacchiere e la confusione che regna nelle loro menti. Già
da tempo il nostro popolo avrebbe dovuto dividere la propria sorte
dalla vostra. Questa era un'occasione creata dai pensieri degli
Erbani e dal dolore delle Gwellyniuin, ma l'odio che portate al cielo
ed al destino vi acceca. Attenderò che abbiate coperto il pavimento
di vane parole e di recriminazioni e quindi sarò pronto a muovermi.
–
No, senti Fahgön. Aspetta un attimo…
–
Non intendo spendere altre parole, Erbano. Ciò che ho detto è
sufficiente per chiunque sappia intendere.
Il
Cervo scuote ancora una volta il capo con un moto rapido ed
insofferente e raggiunge l'altra estremità della sala dove si
accuccia a terra chiudendo gli occhi.
Klog
lascia che il proprio sguardo si incanti sulla forma bruna e possente
del Grandi-Rami, fermandosi sui segni dei tanti combattimenti
vittoriosi, dove il riflesso di luce sul pelo cambia bruscamente
direzione.
–
Ha ragione, Fahgön. Ma perchè opporci al tuo inganno, Neek? Potremo
trovare ciò che non attendiamo alla tua Sorgente.
Plinio
e Matushka sussultano alle parole del Boldhovin e si scambiano
un'occhiata perplessa. Il Neek fa un lento cenno di assenso senza
sollevare il capo.
– La
vera natura dell'Orlo del Mondo ci sfugge e questo non può
incuriosire le creature come Fahgön. E forse è giusto così. Non
chiedo a nessuno di seguirmi.
–
E via, messer Gudre-Yinnu, dovremo forse essere noi a pregarvi di
accettarci? – Matushka arriccia il muso come fanno i lupi. –
Andremo a cercare la Sorgente Prima, dovunque essa sia.
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