12.12.19

Il Mare Obliquo 46

Nel frattempo continua il viaggio di Klog e dei suoi amici nella grande caverna della foresta sotterrata. E non mancheranno di fare nuovi incontri. 
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Lo stretto passaggio scavato nei tempi in cui l'Orlo del Mondo era ancora giovane ha lasciato il posto ad un ampio sistema di caverne comunicanti, talune ampie come cattedrali, altre più basse, strette e ricche di acqua. Mentre percorrono la loro strada verso profondità maggiori alcuni fischi delicati, appena udibili li accompagnano.

– Cosa vogliono ancora da noi quelle creature? – Brontola Plinio, innervosito da quel movimento instancabile.

– Vorranno controllare che ce ne andiamo davvero. – Matushka fissa per un momento la solida oscurità nella quale gli Aloq si muovono silenziosi come pesci sul fondo di un lago notturno. – O forse sono solo curiosi di noi. In fondo non penso che siano molti i visitatori di questi luoghi.

– Lo credo bene. – Sussurra Klog che cammina tenendo stretta sul petto la borsa con la Pietragemella. – Solo un matto di mezzo Notturno può davvero… – Il Boldhovin si interrompe di scatto ricordando il portentoso udito della loro guida. – Volevo dire… – Ricomincia dopo un attimo ma una risata di Gudre Yinnu lo convince a lasciar perdere.

– Ma in fondo non è così brutto questo posto.

Klog ed i due familiari della Fata Sibiell fissano stralunati Basso Okme, autore di quella singolare osservazione.

– Mi ispira, ecco. In fondo nella mia vita non ho visto altro che albe, chiazze di luce del sole tra le fronde della foresta, tramonti estivi ed invernali, danze di fate ed Erbani, arcobaleni e tiepidi autunni. Alla fin fine ci si stanca anche del paradiso, non credete?

Nessuno trova nulla da replicare all'Uccello-di- Legno che procede fermandosi spesso per prendere appunti su un libretto a pentagramma che non abbandona mai.

"Chissà come fa a scrivere con questo buio pesto" Rumina tra sè Klog, dal canto suo intento a canticchiare mentalmente tutte le canzoni che conosce, tanto per non sentire i fischi insistenti degli Aloq.

"Già, ma come fa?" Il Boldhovin si volta di scatto verso l'uccello-di-legno, ancora una volta rimasto indietro di qualche passo. Una delicata luce argentea lo circonda: la luce morbida di un chiaro di luna. "Magia", decide, per accorgersi un istante dopo che tutti loro sono circondati dalla medesima delicata luminiscenza, che discende liquida dalle alte pareti dell'ultima caverna nella quale sono penetrati.

Afferrato da un timore superstizioso il Boldhovin solleva lo sguardo verso il soffitto della sala ipogea per scoprire che i suoi occhi, per quanto buoni, non riescono a scorgere altro che quella morbida luce nella quale scompare la volta della titanica caverna.

– Siamo giunti. – La voce sonora del Neek lo fa sobbalzare come un tuono improvviso. – Queste sono le foreste sotterrate.

– Notevoli. – Il solo Fahgön non sembra impressionato da quella visione. Calmo estrae alcuni fili d'erba dalla borsa che gli pende dal fianco e li mastica con flemma. La lunga fila che ha attraversato il passaggio creato dai Gu'Hijirr Bruni si trasforma in un semicerchio di creature tutte ugualmente rapite dalla strano spettacolo che li attendeva paziente.

– Ma questi alberi sono… d'argento? – Chiede Matuschka fissando l'enorme foresta che si stende davanti a loro fino al limite dell'orizzonte, schierata come un'infinita armata sulle morbide alture che formano il pavimento della gigantesca caverna.

– No, non sono d'argento. – Spiega Gudre-Yinnu. – Queste piante hanno subito una metamorfosi e provvedono da se stesse a produrre la luce della quale abbisognano. Se esposte alla luce del sole perdono questa caratteristica e ritornano ad essere normali faggi, querce, castagni e betulle.

– Ma sono enormi. – Klog si avvicina alla base di un faggio cresciuto isolato al limite della foresta, dal tronco contorto e tanto largo che ci vorrebbero almeno una dozzina di boldhovin per abbracciarlo. – Sarà alto almeno un centinaio di braccia. – Aggiunge alzando il capo. – Di faggi come questi non ne ho mai veduti. –

– Non so cosa dirti, Klog. Questa è l'altra caratteristica di questa singolare selva. Io ho ricevuto da un negromante Gu'hijirr di nome Hawait alcune foglie e rami provenienti da queste piante, ma sono ben presto ritornate ad essere normali foglie e rami. Qualche altro tipo di creaturine invisibili deve vivere dentro la caverna, donando agli alberi queste caratteristiche. Di più non sono riuscito ad appurare.

– Ci vive qualcun altro qui dentro? – Chiede Plinio. – Non so se lo avete notato ma gli Aloq ci hanno abbandonato, come se non volessero passare un confine.

– Ignoro anche questo. Un altro negromante, Duniselle, mi ha raccontato che tra questi alberi vivono gli ultimi discendenti degli ormai scomparsi Gu'hijirr Bruni, mentre un mago della Terra del Tramonto mi ha giurato che qui vivono dimenticati i popoli delle Città dei ghiacci.

– Non erano quelli che gli dei hanno fatto sprofondare per la loro empietà? – Chiede simulando indifferenza Klog.

– Proprio loro.

– Ah.– Il Boldhovin si volta verso le caverne che hanno appena lasciato, come se sentisse un'improvvisa nostalgia per i fischi degli Aloq. "Dalla padella alla brace" pensa tra sé.

Avanzare nella luce priva di ombre che scende dagli alberi si rivela ben presto molto più faticoso del previsto. La sensazione di mancanza di profondità li induce spesso in errore, provocando rovinose cadute e frequenti soste impreviste. 

 

– Sembra di camminare dentro il disegno di un bimbo particolarmente stupido. – Commenta Plinio dopo aver inciampato per l'ennesima volta in una radice molto più sporgente dal terreno del previsto. – Le buche ci sono ma non sembrano pericolose e le radici sembrano piatte come il disegno di una carota! Se anche qualcuno vive in questo posto incredibile sarà già parecchio rimbambito.

Matushka annuisce, le orecchie tese. Nella grande foresta regna un silenzio soprannaturale, non vi sono venti a disturbare la quiete delle fronde, né si odono canti di uccelli o urla di selvatici. Dopo un paio d'ore di marcia tutt'altro che confortevole un segnale di Gudre-Yinnu, che avanza alla testa della piccola compagnia insieme a Fahgön, ordina la sosta sulle rive di un piccolo specchio d'acqua.

– Possiamo riempire borracce ed otri. L'acqua delle Foreste Sotterrate è pura e delicata come nessun altra.

Klog lancia uno sguardo sospettoso prima al Neek poi alla calma superficie delle acque, simile ad una immobile polla di mercurio naturale.

I Cervi si chinano a bere presto imitati con una certa riluttanza da Plinio e Matushka.

– Com'è? – Chiede Klog con un soffio al gatto intento a forbirsi la barba con la manica.

– Deliziosa.

– Ha strani odori o uno strano sapore? E come ti senti ora? Provi brividi, sudori freddi, capogiri, nausea?

– Nulla di tutto ciò.

– L'hai bevuta da troppo poco tempo, non puoi affermare di stare bene.

– Questo è vero. Ma se anche l'acqua fosse orrendemente avvelenata e noi tutti destinati a morire tra atroci sofferenze, cosa faresti tu rimasto solo in questo singolare luogo?

Il Boldhovin interdetto corruga la fronte. – Siete stati troppo precipitosi. Tutti quanti. – Lancia uno sguardo di sfida alle linee circolari prodotte sul pelo dell'acqua dai cervi ancora intenti a bere. – E guarda come si ingozzano quei maledetti Grandi-rami, hanno così fretta di morire?

– Bevi Klog e finiscila con questa manfrina. – Interviene Matushka. – Chiacchieri troppo per non bagnarti spesso l'ugola.

– E sta bene, berrò, berrò. – Il Boldhovin si avvicina alla riva spoglia della pozza e svita il tappo della borraccia ormai quasi vuota. Con un movimento nervoso la immerge, contemplando il piccolo gorgo che si forma intorno all'imboccatura. Un risucchio simile ad un profondo ululato accompagna quel gesto. Klog ne è stupito per un solo istante, il tempo necessario a Gudre-Yinnu per afferrarlo e trarlo lontano dalla riva.

Con un unico rapido movimento la creatura lascia emergere un'estremità sottile e levigata, dell'apparenza simile a quella del metallo, e l'abbatte sulla riva nel punto dove, fino ad un attimo prima il Boldhovin stava riempiendosi la borraccia.

Il rumore della Ejiri snudata dal Neek sembra spaventarla e, scavando la terra con unghie simili a pugnali ricurvi, si affretta a scomparire.

Pochi attimi di silenzio seguono quell'apparizione, talmente rapida da non essere pienamente afferrata.

– Avevo ragione io che non volevo bere! – Klog è il primo a ritrovare la voce, sia pure stridula ed incerta come quella di un ubriaco.

– In un certo senso… – Ammette Gudre-Yinnu, con un sorriso assai poco spontaneo. – Ho sentito i movimenti di quel mostro solo un istante prima che attaccasse. Probabilmente ha la tana proprio qui.

Con un movimento concorde, quasi fosse stato ordinato da un maestro di ballo, i custodi della Pietragemella si chinano a fissare la terra sotto i piedi, quasi aspettassero di vederla spaccarsi.

– Forse è il caso di riprendere la nostra strada, qualunque essa sia. – È il consiglio pronunciato a con voce appena udibile da Basso-Okme.

– Non posso che concordare.

– Ma cos'era quel coso? – Chiede Matushka, prudentemente arretrata di una ventina di passi.

Il Neek scuote il capo. – Nelle Memorie del Negromante Tursanìte, che sostiene di aver passato nelle Foreste Sotterrate più di un anno della propria vita non vi è una sola riga dedicata ad incontri come questo. – Il quasi-Notturno non nasconde un imbarazzo venato di timore. – Devo ammettere che comincio a dubitare della genuinità del racconto. Ma forse Tursanìte ha solo avuto più fortuna di noi.  


– Già forse non ha mai bevuto a questa pozza d'acqua. – Commenta Klog. "O forse non si è mai mosso da una comoda poltrona accanto al fuoco" Aggiunge tra sè.

Quasi che l'apparizione del primo essere vivente abbia risvegliato tutti gli altri, la quiete della grande caverna è ben presto turbata da profondi brontolii, fruscii che si interrompono di colpo come ubbidendo ad un comando, bisbigli dotati di una risonanza metallica, come se chi li emette parlasse dentro un tubo di latta, ed altri rumori altrettanto bizzarri o inconsueti per una foresta.

– Mi piaceva di più quando sembrava un mortorio. – Osserva a bassa voce Matushka. – Adesso ho la sensazione che tutto resti immobile solo quando lo guardo, ma si muova non appena volto il viso.

– È più o meno ciò che provo anch'io. Ma forse si tratta solo dei nostri nervi scossi. – Prova a rassicurarla Plinio.

La piccola volpe scuote la testa. – Qui ci abita qualcuno. E nemmeno gli Aloq si azzardano a sfidarli.

– Gli Aloq sono leggeri e sottili come carta velina… – Inizia a dire Klog che si interrompe di scatto ricordando che sono state proprio quelle impalpabili creature a salvarli dalle Marionette.

– Saranno ancora gli Oom? – Chiede Basso Okme, come se avesse seguito lo stesso filo dei suoi pensieri.

– No. Gli Aloq ci hanno scortato fino all'inizio delle foreste. – Og il cervo scuote il grande parco di corna. – Non sono rimasti altri Oom alle nostre spalle.

– Alle nostre spalle no, ma davanti? – Non che Klog creda davvero a questa ipotesi ma sarebbe pronto a giurare il falso pur di scalfire un poco la rigida sicurezza dei Grandi-Rami.

– No. Ci avrebbero assalito all'abbeverata prendendoci come polli nella stia.

Il Boldhovin decide che non merita tentare di smontare la convinzione del cervo, anche solo con la domandina:"Ma se semplicemente ci avessero messo un po' di più per trovarci?". Chissà cosa avrebbe escogitato a quel punto Og per contraddirlo.

– Bene. Se pure non si tratta di Oom questo non basta a rassicurarmi.

– Se necessario ci batteremo. – Puntualizza il cervo e con un breve galoppo va a raggiungere gli altri tre alla testa del piccolo gruppo.

La marcia già incerta e disagevole dopo quell'incidente si è fatta ancor più lenta e penosa. Ognuno di loro solleva spesso il capo verso le inafferabili fronde cercando di scorgere nei loro riflessi sopiti, come d'argento appannato da un respiro, forme di creature estranee o volti raccapriccianti e minacciosi.

–… Se c'è un piccolo corso d'acqua ce ne saranno anche di un pochino più grandi, e questi ultimi dovranno pur gettarsi in qualche luogo… a meno che queste acque sgorghino e ritornino alle profondità senza dare luogo ad altri corsi d'acqua, cosa che appare se pur possibile, non del tutto credibile…

– Cosa borbotti uccellaccio?

Basso Okme sembra a malapena accorgersi dell'interruzione scortese del Boldhovin e si stringe nelle spalle. – … Quindi è probabile che ben presto sulla nostra strada incontreremo un fiume o fiumicello, un torrente, un ampio ruscello o un lago. E dove si trova facilmente acqua si trovano altrettanto facilmente abitanti di quella felice plaga, dediti a coltivare, riprodursi e passare il tempo con giochi e musiche…

Klog, che ha ascoltato con pazienza e degnazione ciò che almeno all'inizio sembravano solo cervellotiche riflessioni di un'ancor più bizzarra creatura, si rende conto con una punta di sgomento che ancora una volta il trasognato corvo di legno ha probabilmente visto più lontano e meglio di loro.

"Magari è persino contento, questo violoncello ambulante , di incontrare degli ipotetici abitanti." Il Boldhovin alza gli occhi verso l'invisibile cupola di roccia che forma il loro cielo. "Io invece non ho nessuna curiosità in proposito e ritornerei più che di corsa sotto un cielo purchessia anche nuvoloso e bigio come il pelo di Plinio."



Ma il terreno davanti a loro ha già iniziato quasi insensibilmente a discendere ed un nuovo suono si è aggiunto al concerto stridente che li accompagna da almeno un'ora.

– Piove, mi sembra. – Annuncia con tono lugubre Plinio, allergico al contatto con l'acqua anche in vesti umane.

I viaggiatori si fermano di colpo.

– Effettivamente l'aria si è fatta più umida, ma non direi che si tratti di pioggia. Piuttosto… – Inizia a dire il Neek, interrotto dalla voce baritonale di Fahgön. – Guardate il cielo! –

– Oh, bella, sembrerebbero nuvole. – Commenta quasi divertito Gudre-Yinnu, fissando in alto davanti a loro un fronte di nubi simile ad una grande onda di mare sospesa a poche decine di metri da terra.

– Dev'essere veramente enorme questa caverna se può ospitare dentro di sé nuvole, pioggia e chissà, forse bufere e tempeste!

– E questo rumore lo sentite? – Insiste il grande cervo. – Non sembra forse il lontano rombo di un tuono?

– Proprio così. – Il viso del Neek, solitamente pallido e quasi pergamenaceo si accende di colpo di colore, rendendolo molto più simile alla schiatta della Gente Nuova. – Il rumore viene da quella direzione, andiamo a vedere, presto!

I quattro cervi senza esitare si affrettano a seguire il mezzo-Notturno, come se non avessero mai coltivato altro sogno che gettarsi nell'esplorazione del mondo ctonio.

– Che facciamo, andiamo dietro a quei cinque matti?

– Tu Matushka cosa ne pensi?

La piccola volpe scuote la lunga coda di capelli fulvi che le discende da sotto l'orlo del cappello. – Non penso che ci siano altre scelte.

– Ma l'hai visto quell'individuo? Gudre-Yinnu? Ci ha trascinato fin qui solo per soddisfare un suo capriccio, una futile passione da studioso. – Klog guarda indispettito il mezzosangue e i cervi che procedono il più speditamente possibile verso il fronte di nubi in arrivo.

– Sono io il portatore della Pietragemella per Fieduin. Dovrei essere io a comandare! – Sbotta infine il Boldhovin.

– Già, e chi ti seguirebbe?

– Chiunque ci tenesse ad arrivare tutto intero alla fine del viaggio, stupido gatto. Ecco chi.

– Va bene. E adesso cosa faremo, nostra guida?

Klog stringe le labbra, chiude gli occhi, volta il viso nella direzione opposta a quella verso la quale marciano Gudre-Yinnu ed i cervi ed affonda la mano dentro la tracolla, come se volesse prendere consiglio dalla Pietragemella.

– Andremo con loro. – Mormora infine. – Ma solo per l'ultima volta.

– Alla buonora. Affrettiamoci a seguirli prima di perderli definitivamente di vista.

Klog alza un braccio sdegnoso. – Senza correre troppo, comunque.

Una volta ricostituitasi, la piccola compagnia è ben presto investita da una pioggia battente ed avvolta da un'oscurità gelida e grigia, come se l'intera caverna fosse stata inghiottita da una titanica nube di tempesta.

– La sentite? – Urla Gudre-Yinnu. – La sentite questa pioggia meravigliosa? È la prova, la prova!

Nessuno sa di cosa stia parlando il Neek e comunque al momento la cosa non riveste per loro troppa importanza. La pioggia ha ulteriormente rallentato la loro marcia e persino i cervi cominciano ad nutrire qualche dubbio sulla guida da loro scelta, o meglio scelta da Fahgön.

– Cosa aspetti di trovare procedendo in questa direzione? – Chiede all'improvviso il grande Cervo.

– Le radici dei grandi Mari. – Spiega il Neek. – O forse lo stesso Mare Obliquo, "le Acque del Termine" come le chiamano gli Erbani.

Gudre-Yinnu è costretto quasi ad urlare per sovrastare lo scroscio incessante della pioggia. – Probabilmente è proprio qui davanti a noi.

– E questo come ci conduce più vicino al compimento della missione affidataci da Sibiell? – Chiede ancora Fahgön.

Il Neek si picchia un paio di volte sulle orecchie con le mani aperte come a dire "Non sento!" senza neppure rallentare il passo.

Per una volta il Grandi-Rami sembra incerto sulla migliore condotta da seguire. Fissa il Neek che avanza spedito in mezzo alle alte erbe rese scintillanti dall'umidità, solleva il capo verso il cielo, guarda ancora la loro guida ed emette un poderoso respiro.

– Fahgön, dove ci vuole portare? – Urla nella pioggia Matushka.

Il cervo scuote il capo adorno delle poderose corna come a scacciare un insetto particolarmente noioso.



– Non lo so, né voglio saperlo. Senza disciplina non c'è speranza per nessuno, questo solo so.

– Ma non capisci? Gudre-Yinnu ci ha condotto qui per qualche suo strano e bizzarro fine. Non gli importa nulla della nostra missione.

Fahgön si alza ben ritto sulle quattro zampe e leva alta la testa. – Questo non puoi saperlo, piccola Ombra fulva. Nel dubbio è meglio attendere… E non spezzare l'unità del branco.

– Nulla da fare. Non possiamo che seguirlo. – Matushka cerca pateticamente di scuotersi di dosso poche gocce d'acqua fermatesi sulla pettorina di velluto del suo abito.

– E sta bene, seguiamolo. Attendiamo, come ci insegna Fahgön. Da qualche parte arriveremo.

Klog fissa con disgusto Plinio, autore di quell'ultima osservazione e si sistema meglio sul capo il cappuccio ormai intriso d'acqua.

"…Molte sono le Vie, Boldhovin. Segui le radici nei loro tortuosi percorsi. Esistono forse radici diritte?…" Il Boldhovin si volge di scatto, come se qualcuno inaspettatamente gli avesse appoggiato una mano sulla spalla. Si ferma per un attimo per sorridere e trarre un profondo respiro: Quedhe e gli altri Erbani non l'hanno abbandonato al suo destino.



– Ma non esiste alcun riparo in questa foresta?

Ormai sono più di cinque ore che marciano sotto una pioggia che non è minimamente diminuita di intensità ed anche il passo di Gudre-Yinnu si è fatto rigido e lento.

– E cosa speri di trovare, Klog? Una caverna dentro una caverna? – Ride con una punta di nervosismo il Neek.

– Chissà? Io non dispero di nulla, gentile Duith-Uinn. – La voce del Boldhovin ha perso la sua sfumatura litigiosa ed è divenuta salda, decisa.

– È meglio cominciare a cercare un rifugio per riposare e tentare di mangiare qualcosa. – Interviene Fahgön. – Qualunque sia la nostra meta non si sposterà certo nel tempo di un breve riposo. Non più di poche ore fa sostenevi che era qui, poco davanti a noi. Probabilmente i tuoi calcoli erano sbagliati. O sono sbagliate le tue carte.

– Va bene, va bene! Se questa è la volontà generale… Indicatemi soltanto un luogo adatto e sarò ben lieto di seguirvi.

– Gli alberi qui si sono fatti radi, ma in compenso ancora più enormi. Io avevo la mia tana dentro l'incavo di un tronco, nel bosco di Canddermyn. Qui gli alberi sono strani ma non troppo diversi e un posticino ci sarà pure.

L'idea della volpe viene subito accolta ed il piccolo gruppo comincia a spostarsi da un albero all'altro per cercare un'apertura abbastanza grande da ospitarli tutti.

– Ehi, venite qui! – Al richiamo di Basso Okme i Custodi della Pietragemella, si avvicinano di corsa.

– Ehi, ma è una meraviglia! – Plinio tuffa il capo dentro una grande spaccatura di un albero gigantesco, un mostro alto almeno trecento braccia e dal tronco largo come un palazzo di Dancemarare.

– Passami l'esca, Klog. E possibilmente qualcosa di asciutto da accendere. Ma questa è una Reggia! Venite, venite, presto.

La spaccatura, piuttosto stretta all'imboccatura si allarga quasi subito all'interno divenendo una vasta sala di una decina di metri di larghezza, dalla volta vagamente ogivale.

– Qui dentro è asciutto. Siamo sopra il livello delle acque. – Osserva Basso Okme. – E lì vi sono pezzi di legna secca per accendere un bel fuoco.

Per un attimo Klog, che conosce ormai da lungo tempo l'uccello-di-legno, ha la sensazione che egli stia per aggiungere qualcos'altro, ma il musicista si interrompe di colpo, come un giocattolo che abbia esaurito la propria carica.

Ben presto il fuoco è acceso ed un inaspettato ma graditissimo tiraggio, invisibile nel soffitto ligneo, si preoccupa di convogliare fuori dal locale il fumo.



Le patate trovano il loro posto nella brace in compagnia della pancetta ed una piccola magia di Matushka ritrasforma in ottimo vino pochi pizzichi di una polvere bruna. Gli abiti sono stesi ad asciugare nel delizioso tepore che presto colora l'aria e la cena, arricchita da alcune pietanze provenienti dalla magica borsa di Kerfilluan, viene particolarmente ben accolta dagli stomaci contratti ed infreddoliti dei custodi.

– Beh, è pur sempre piacevole prepararsi a trascorrere la notte in una sala dal rivestimento ligneo. Mi sento nuovamente un Signore.– Scherza Gudre-Yinnu, una volta calmata la fame. – Voi cosa ne dite?

Qualcuno annuisce, qualcuno risponde con un monosillabo, ma nessuno sorride. Il Neek socchiude le palpebre nascondendo in parte il riflesso verde chiaro degli occhi e si versa un po' di vino.

– Stiamo per toccare l'ombelico del Mondo, inutilmente cercato da decine e decine di maghi e nobili principi. Non credete che sia questa una grande e meravigliosa impresa?

– Nessuno ha finora chiesto il nostro parere in proposito. – Matushka, tornata nella propria pelle e ben sazia, fissa il quasi-Notturno con finta innocenza. – Non siamo comunque partiti per cercare nessun ombelico o naso o alluce del mondo. Voi sapete che dobbiamo fare in modo di fermare il Cambiamento. Come credete di conciliare questa necessità con i vostri capricci?

– Non si tratta di capricci. – Se qualcuno si attendeva uno scoppio d'ira da parte di Gudre-Yinnu rimane deluso. – O forse proprio di questo si tratta. Nella solitudine della Rocca un'idea nasce debole, quasi assurda, per diventare un'ossessione.

Il riflesso degli occhi del quasi-Notturno, chinato a guardare verso il suolo, cade sui braccialetti di peltro che porta al polso donando loro un luminosità irreale e rendendoli quasi traslucidi. – Io devo essere strano, imprevedibile, animato da strane fissazioni e da ancor più strane passioni. Sono figlio della gente più antica e della gente più nuova, cos'altro ci si può attendere da me? Comunque non intendo rinunciare alla possibilità di vedere la Sorgente Prima. I più saggi savi del Popolo dei Notturni hanno riso di me e delle mie fiabe ed io devo sapere, solo questo chiedo e questo farò, con o senza di voi.

– Perché non ci avete avvisato del vostro intento?

– Avresti accettato tu, piccolo Erbano? O tu volpe impertinente? O tu gatto? E tu Fahgön cosa avresti detto?

– Ovviamente no. – Replica rigido il Grandi-Rami. – Io credo nei patti celebrati con poche parole, come nei tempi che furono o nella stagione degli amori. Non capisco la doppiezza dei due-gambe, le loro infinite chiacchiere e la confusione che regna nelle loro menti. Già da tempo il nostro popolo avrebbe dovuto dividere la propria sorte dalla vostra. Questa era un'occasione creata dai pensieri degli Erbani e dal dolore delle Gwellyniuin, ma l'odio che portate al cielo ed al destino vi acceca. Attenderò che abbiate coperto il pavimento di vane parole e di recriminazioni e quindi sarò pronto a muovermi.

– No, senti Fahgön. Aspetta un attimo…

– Non intendo spendere altre parole, Erbano. Ciò che ho detto è sufficiente per chiunque sappia intendere.

Il Cervo scuote ancora una volta il capo con un moto rapido ed insofferente e raggiunge l'altra estremità della sala dove si accuccia a terra chiudendo gli occhi.

Klog lascia che il proprio sguardo si incanti sulla forma bruna e possente del Grandi-Rami, fermandosi sui segni dei tanti combattimenti vittoriosi, dove il riflesso di luce sul pelo cambia bruscamente direzione.

– Ha ragione, Fahgön. Ma perchè opporci al tuo inganno, Neek? Potremo trovare ciò che non attendiamo alla tua Sorgente.

Plinio e Matushka sussultano alle parole del Boldhovin e si scambiano un'occhiata perplessa. Il Neek fa un lento cenno di assenso senza sollevare il capo.

– La vera natura dell'Orlo del Mondo ci sfugge e questo non può incuriosire le creature come Fahgön. E forse è giusto così. Non chiedo a nessuno di seguirmi.

– E via, messer Gudre-Yinnu, dovremo forse essere noi a pregarvi di accettarci? – Matushka arriccia il muso come fanno i lupi. – Andremo a cercare la Sorgente Prima, dovunque essa sia.

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