Calma, il blog non ha cessato di esistere come entità al di fuori del romanzo che sto lentamente pubblicando. Sotto Natale siamo arrivati più o meno alla metà del testo e mi sembrava il caso di dare un po' di respiro a coloro che lo seguono dall'inizio che, non lo dico per farmene un vanto, dal momento che non ci guadagno un picco (tor.se: un becco di un quattrino), esistono. In ogni caso il capitolo Vigesimo Terzo di Calibano uscirà il giorno successivo a questo post.
Il fatto è che vorrei spiegare cosa mi è capitato in questo ultimo mese o giù di lì e perché sono praticamente scomparso dal tracciato dei radar di tutti i miei amici, reali o virtuali.
Primo dato: non mi è accaduto nulla di male in termini economici (beh, oddio, quasi), fisici, patologici, caratteriali, comportamentali, emotivi eccetera. Semplicemente si sono sommati, incontrati, tagliati la strada, sovrapposti e intersecati una quantità impressionante di impegni, corvées, sgobbi, fatiche, imprevisti e responsabilità.
Insieme e a brevisssimo termine mia madre ha dovuto sostituire la sua badante, dal momento che sua precedente – un'ottima filippina – se n'è tornata in patria. Per la sostituta, una gentile signora di nome Carmina (e non cominciate a fare gli spiritosi tirando in ballo Karl Orff) ho dovuto provvedere a metterla in regola (in famiglia siamo così: onesti fino alla pirlaggine, quindi assai poco italici). In secundis il fuochista/idraulico/ tuttofare ha provveduto a installare la caldaia a pellet nella nuova casa di montagna (la vecchia è andata a mia figlia, in omaggio a un curioso testamento in vita), il che ha significato numerosi viaggi su e giù dalla seconda casa per motivi che non sto a spiegare perché ultraburocratici e assai poco interessanti per gli astanti, ma che ci hanno sballotato non poco da un punto di vista organizzativo e nella vita quotidiana.
A questo punto è meglio chiarire che la «seconda casa» è una casa in realtà acquistata per un prezzo decisamente economico e che i precedenti proprietari non ne curavano il mantenimento se non in maniera casuale ed estemporanea negli ultimi dieci anni o giù di lì. Il che significa che dovremo sostituire o riparare gli infissi, le porte, il portone del garage, gli scuri, stuccare e ridipingere le pareti della cantina, sostituire il boiler, otturare gli innumerevoli spifferi ecc. ecc. E mi fermo qui per carità di patria.
Terzo elemento, la neocasa della mia ottima figlia è stata allagata (la parola giusta sarebbe i*****ata, ma ci tengo a mantenere un minimo di forma) dalla rottura di una tubatura nella colonna delle acque nere. Volete una descrizione precisa e documentata dell'evento o vi basta un accenno?
Tutto ciò significa, in ogni caso, che è da un tempo immemorabile che non lavoro all'antologia che dovrebbe uscire a fine marzo, che non leggo i testi propostimi da altri autori (grave, gravissimo, lo so), che non aggiungo una riga al romanzo al quale lavoro da tempo, che non scrivo una recensione e mi dimentico di pubblicare quelle scritte a suo tempo, che non progetto alcun intervento né alcun racconto – per quanto le idee in proposito non mi manchino – e, dulcis in fundo, non partecipo alla vita sui social.
Lo so, questo elemento di per sé non avrebbe nulla di inquietante, ma la mia vita sui social non si è mai basata sulla partecipazione a tutti costi («hai visto che belle le mie uova allo zafferano? Lo sai che i vaccini inducono alla masturbazione reciproca in luogo pubblico? Gli immigrati hanno telefonini col trucco che quando telefonano in patria il conto arriva a un disgraziato pensionato di Tortona. Condividi!!! La terra non è rotonda ma ha la forma di una stella di Natale col gancetto o è a icosaedro irregolare!») quanto su interventi mirati e adesione a campagne che, per l'appunto, impediscano agli innumerevoli idioti e ai loro cinici capi che popolano la rete di fare troppi danni.
Ma una volta terminato il lavoro di Sisifo sulla casa di montagna che cosa ne farò? Beh, dal momento che sono nato nel 1955 – un anno che sembra sempre di più parte di un testo di storia – e che in città si vive male, o perlomeno, si respira male, posso anche progettare una vecchiaia (Serena? Bah, può darsi, anche se comunque è una storia che finisce con la morte del protagonista) in montagna, anche tenendo conto che il clima del pianeta va verso il riscaldamento globale, alla faccia di Mr. Trump, e che personalmente non sopporto il caldo.
Ma la domanda principale, una volta, chiariti questi punti, è che cosa farò oltre a ben respirare, vedere poca gente e dormire in un silenzio assoluto. Semplice: nonostante l'impegno degno di miglior causa profuso da alcuni a cercare di scoraggiarmi penso che scriverò, almeno finché la vista, il cervello e tutto il resto funzionano.
Non mi sono mai (ripeto: mai) ritenuto un grande scrittore, la massimo un discreto mestierante capace, nell'ipotesi migliore, di divertire un certo numero di persone. Sicché ho tutta l'intenzione di continuare. Non cerco né cercherò editori: a sbagliare sono bravissimo da me, come canta Ligabue e anche se i miei incassi ricordano una raccolta fondi a sostegno della sopravvivenza del ragno gigante carnivoro di Celebes, non ho (quasi) bisogno di soldi, soprattutto da quando potrò contare sulla mia lussuosa pensione da ex-commerciante, cioè più o meno dal 2023.
In quanto a ciò su cui sto lavorando (o sul quale starei lavorando se non eccetera) posso ricordare i due racconti nati dall'incontro con il gruppo di DiveRgender, – uno troppo lungo, l'altro troppo strano – che andranno dritti filati nell'antologia Seguendo la Corrente, sette racconti sette interamente ambientati nell'universo de Il Settimo Clone.
Il racconto lungo è poi diventato un romanzo breve, Civette e Ippogrifi, più o meno sessanta pagine e novantaduemila caratteri, mentre il racconto «strano» o fuori tema si chiama Le fate di Venere e sono 32.000 caratteri. La cosa curiosa è che tutto questo movimento in senso sia virtuale che fisico mi ha risvegliato un'idea per l'antologia di DiveRgender, un'idea che si è arricchita e sviluppata – in senso puramente virtuale: non prendo mai appunti e quando li prendo non ricordo più a cosa servivano. Se troverò qualche momento di pace proverò a buttarla giù. D'altro canto non c'è il due senza il tre, anche se è probabile che arriverò in ritardo, giungendo a una specie di record nell'autoeliminazione: uno troppo lungo, uno fuori tema e uno fuori tempo massimo.
Appena possibile – cioè entro la prossima settimana – leggerò i testi che mi aspettano ringhiando e scriverò perlomeno la recensione al libro del buon Gouthama Siddhartan al quale l'ho promessa un eone fa.
Poi…
No, basta, niente promesse, impegni o giuramenti. Diciamo che entro aprile usciranno tre nuovi Arcipelago ALIA e che la raccolta dei materiali per ALIA Evo 4.0 inizierà il prossimo autunno.
…
Un'ultima riflessione sulla situazione politica europea e italiana.
…
…
No, davvero, non trovo parole per esprimermi.
Della Lega non dirò nulla. Una volta detto che sostanzialmente formano un NSDAP(2), altrettanto corrompibile e altrettanto feroce ho finito i miei argomenti. Almeno quelli che non fanno appello al turpiloquio.
Mi duole constatare che la ditta Pentaimbecilli & Furbacchiotti nasce da una costola della cosiddetta sinistra italiana e infatti il pressapochismo, la piccola astuzia, la stupida presunzione, l'incapacità di vedere e di informarsi, il silenzio nel momento sbagliato e il chiacchiericcio a vuoto in occasione di un evento importante, l'incapacità di pentirsi e di chiedere scusa, la superficialità in tema di economia, scienza, tecnologia e praticamente su tutto il resto ne fanno dei perfetti replicanti degli ex-militonti della sinistra extraparlamentare e li rende ottimi schiavetti del neo-NSDAP, pronti a piegarsi a qualsiasi compromesso pur di continuare ad essere eletti e parlare a vuoto.
Interessante notare, comunque, che uno degli elementi centrali del pensiero di Serge Latouche, ovvero la necessità di fornire risorse a chiunque sia stato eliminato dal mondo della produzione robotizzata, sia divenuto Á l'italienne una mancetta per coloro che si ostineranno a votare per i Cinqueballe.
«E il PD?»
No, non mi interessano i Partiti Defunti.
A presto!
Insieme e a brevisssimo termine mia madre ha dovuto sostituire la sua badante, dal momento che sua precedente – un'ottima filippina – se n'è tornata in patria. Per la sostituta, una gentile signora di nome Carmina (e non cominciate a fare gli spiritosi tirando in ballo Karl Orff) ho dovuto provvedere a metterla in regola (in famiglia siamo così: onesti fino alla pirlaggine, quindi assai poco italici). In secundis il fuochista/idraulico/ tuttofare ha provveduto a installare la caldaia a pellet nella nuova casa di montagna (la vecchia è andata a mia figlia, in omaggio a un curioso testamento in vita), il che ha significato numerosi viaggi su e giù dalla seconda casa per motivi che non sto a spiegare perché ultraburocratici e assai poco interessanti per gli astanti, ma che ci hanno sballotato non poco da un punto di vista organizzativo e nella vita quotidiana.
A questo punto è meglio chiarire che la «seconda casa» è una casa in realtà acquistata per un prezzo decisamente economico e che i precedenti proprietari non ne curavano il mantenimento se non in maniera casuale ed estemporanea negli ultimi dieci anni o giù di lì. Il che significa che dovremo sostituire o riparare gli infissi, le porte, il portone del garage, gli scuri, stuccare e ridipingere le pareti della cantina, sostituire il boiler, otturare gli innumerevoli spifferi ecc. ecc. E mi fermo qui per carità di patria.
Terzo elemento, la neocasa della mia ottima figlia è stata allagata (la parola giusta sarebbe i*****ata, ma ci tengo a mantenere un minimo di forma) dalla rottura di una tubatura nella colonna delle acque nere. Volete una descrizione precisa e documentata dell'evento o vi basta un accenno?
Tutto ciò significa, in ogni caso, che è da un tempo immemorabile che non lavoro all'antologia che dovrebbe uscire a fine marzo, che non leggo i testi propostimi da altri autori (grave, gravissimo, lo so), che non aggiungo una riga al romanzo al quale lavoro da tempo, che non scrivo una recensione e mi dimentico di pubblicare quelle scritte a suo tempo, che non progetto alcun intervento né alcun racconto – per quanto le idee in proposito non mi manchino – e, dulcis in fundo, non partecipo alla vita sui social.
Lo so, questo elemento di per sé non avrebbe nulla di inquietante, ma la mia vita sui social non si è mai basata sulla partecipazione a tutti costi («hai visto che belle le mie uova allo zafferano? Lo sai che i vaccini inducono alla masturbazione reciproca in luogo pubblico? Gli immigrati hanno telefonini col trucco che quando telefonano in patria il conto arriva a un disgraziato pensionato di Tortona. Condividi!!! La terra non è rotonda ma ha la forma di una stella di Natale col gancetto o è a icosaedro irregolare!») quanto su interventi mirati e adesione a campagne che, per l'appunto, impediscano agli innumerevoli idioti e ai loro cinici capi che popolano la rete di fare troppi danni.
Ma una volta terminato il lavoro di Sisifo sulla casa di montagna che cosa ne farò? Beh, dal momento che sono nato nel 1955 – un anno che sembra sempre di più parte di un testo di storia – e che in città si vive male, o perlomeno, si respira male, posso anche progettare una vecchiaia (Serena? Bah, può darsi, anche se comunque è una storia che finisce con la morte del protagonista) in montagna, anche tenendo conto che il clima del pianeta va verso il riscaldamento globale, alla faccia di Mr. Trump, e che personalmente non sopporto il caldo.
Ma la domanda principale, una volta, chiariti questi punti, è che cosa farò oltre a ben respirare, vedere poca gente e dormire in un silenzio assoluto. Semplice: nonostante l'impegno degno di miglior causa profuso da alcuni a cercare di scoraggiarmi penso che scriverò, almeno finché la vista, il cervello e tutto il resto funzionano.
Non mi sono mai (ripeto: mai) ritenuto un grande scrittore, la massimo un discreto mestierante capace, nell'ipotesi migliore, di divertire un certo numero di persone. Sicché ho tutta l'intenzione di continuare. Non cerco né cercherò editori: a sbagliare sono bravissimo da me, come canta Ligabue e anche se i miei incassi ricordano una raccolta fondi a sostegno della sopravvivenza del ragno gigante carnivoro di Celebes, non ho (quasi) bisogno di soldi, soprattutto da quando potrò contare sulla mia lussuosa pensione da ex-commerciante, cioè più o meno dal 2023.
In quanto a ciò su cui sto lavorando (o sul quale starei lavorando se non eccetera) posso ricordare i due racconti nati dall'incontro con il gruppo di DiveRgender, – uno troppo lungo, l'altro troppo strano – che andranno dritti filati nell'antologia Seguendo la Corrente, sette racconti sette interamente ambientati nell'universo de Il Settimo Clone.
Il racconto lungo è poi diventato un romanzo breve, Civette e Ippogrifi, più o meno sessanta pagine e novantaduemila caratteri, mentre il racconto «strano» o fuori tema si chiama Le fate di Venere e sono 32.000 caratteri. La cosa curiosa è che tutto questo movimento in senso sia virtuale che fisico mi ha risvegliato un'idea per l'antologia di DiveRgender, un'idea che si è arricchita e sviluppata – in senso puramente virtuale: non prendo mai appunti e quando li prendo non ricordo più a cosa servivano. Se troverò qualche momento di pace proverò a buttarla giù. D'altro canto non c'è il due senza il tre, anche se è probabile che arriverò in ritardo, giungendo a una specie di record nell'autoeliminazione: uno troppo lungo, uno fuori tema e uno fuori tempo massimo.
Appena possibile – cioè entro la prossima settimana – leggerò i testi che mi aspettano ringhiando e scriverò perlomeno la recensione al libro del buon Gouthama Siddhartan al quale l'ho promessa un eone fa.
Poi…
No, basta, niente promesse, impegni o giuramenti. Diciamo che entro aprile usciranno tre nuovi Arcipelago ALIA e che la raccolta dei materiali per ALIA Evo 4.0 inizierà il prossimo autunno.
…
Un'ultima riflessione sulla situazione politica europea e italiana.
…
…
No, davvero, non trovo parole per esprimermi.
Della Lega non dirò nulla. Una volta detto che sostanzialmente formano un NSDAP(2), altrettanto corrompibile e altrettanto feroce ho finito i miei argomenti. Almeno quelli che non fanno appello al turpiloquio.
Mi duole constatare che la ditta Pentaimbecilli & Furbacchiotti nasce da una costola della cosiddetta sinistra italiana e infatti il pressapochismo, la piccola astuzia, la stupida presunzione, l'incapacità di vedere e di informarsi, il silenzio nel momento sbagliato e il chiacchiericcio a vuoto in occasione di un evento importante, l'incapacità di pentirsi e di chiedere scusa, la superficialità in tema di economia, scienza, tecnologia e praticamente su tutto il resto ne fanno dei perfetti replicanti degli ex-militonti della sinistra extraparlamentare e li rende ottimi schiavetti del neo-NSDAP, pronti a piegarsi a qualsiasi compromesso pur di continuare ad essere eletti e parlare a vuoto.
Interessante notare, comunque, che uno degli elementi centrali del pensiero di Serge Latouche, ovvero la necessità di fornire risorse a chiunque sia stato eliminato dal mondo della produzione robotizzata, sia divenuto Á l'italienne una mancetta per coloro che si ostineranno a votare per i Cinqueballe.
«E il PD?»
No, non mi interessano i Partiti Defunti.
A presto!
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