–
Ammiraglio Qvatten! –
Il
Kerrabbia interrompe la lettura di Non lasciarmi di
Charlotte Qammalyn, si asciuga furtivo una lacrimuccia ed accende il
Com della sua cabina.
– Keccé?
– Un fax intersistemi con la sentenza. Abbiamo vinto!
Annuncia
l’ufficiale Kerrabbia dal grande schermo illuminato. – Il Governo
di Sirio deve riprendere i pagamenti.
– Ah, bene. – Commenta l’Ammiraglio, la mente tuttora vagante
per le fredde brughiere alla ricerca del cadavere della sua amata. –
Provveda ad informare gli altri comandanti della flotta: riunione tra
diciamo … – Exilir Qvatten fissa il suo cronografo di palladio,
omaggio di un gruppo di ammiratori. – … un’ora a bordo della Agonia.
–
Sissignore. – L’ufficiale toglie la comunicazione.
Appena
certo di essere tornato alla sua amata solitudine l’Ammiraglio
estrae il volume da sotto il cuscino, si compiace con se stesso del
tempo concessosi e riprende la lettura.
«…Emma, oh mia dolce Emma! – Gridò David alla crudele notte
silenziosa. – Perduta per sempre, per sempre! – E si torceva le
dita, il povero giovane, lanciando tristi richiami al fantasma di una
luna fasciata di brume che illuminava il bosco avito e la facciata
coperta di edera della sua villa, la villa che aveva conosciuto la
sua grande felicità, ed era ora il teatro della più nera
disperazione. – Che ne é stato di te, dolce Emma? Quale orribile
destino ti ha strappato a me?
Un
moto improvviso, un debole oscillare di un ramo di rampicante
risvegliò i sensi ottenebrati di David, spingendolo a volgere il
capo di scatto.
Quale
non fu il suo orrore ed insieme la bruciante esaltazione nel veder
venire verso di lui, attraverso il grande terrazzo, la forma a lui
più nota e cara.
–
Emma! – Le sue labbra incredule formarono quel nome mille volte
sussurrato nell’abbandono dell’amore…»
–
Ammiraglio Qvatten!
Il Kerrabbia invia un pensiero tutt’altro che pio a Dhurawak, Gran
Dio della Gloriosa Morte Violenta, nasconde nuovamente il romanzo
sotto le coperte ed accende il comunicatore.
–
Eh?
–
Ho ricevuto conferma dagli altri comandanti, Ammiraglio. Riunione
confermata tra cinquantatre minuti standard unificati nella sua
cabina.
–
D’accordo.
–
Ci sono altri ordini Signore?
Qvatten lo fissa con espressione omicida e scuote la testa poderosa.
– No.
–
Allora posso sospendere il collegamento.
–
Sì. Puoi.
–
Arrivederci.
–
‘Rci.
«…Ella
indossava un abito bianco, leggero come un raggio di luce lunare,
delicatamente mosso da una debole brezza e procedeva con ritegno alla
sua volta, il dolce volto nascosto dall’ampia ala del cappello…»
–
Ammiraglio Qvatten!
L’ammiraglio
Exilir Torrismond Qvatten emette un ruggito e accende con un pugno il
com. – Makkevvuoi? Cos’altro succede?– Urla al viso impassibile
del giovane ufficiale.
–
Il Ministro della Difesa di Sirio Gondola Blomberg desidera parlare
con lei.
–
Non c’é il mio pubbliche relazioni? – Ulula l’Ammiraglio. –
Possibile che in questa flotta debbano sempre rompere gli organi a
me?
–
Il suo PR, Ammiraglio, si trova in licenza a Torre Tortura per
visitare i sepolcri dei suoi antenati. – Puntualizza l’ufficiale.
– Cosa devo dire al ministro?
«Che
può andare ad impiccarsi.» Vorrebbe rispondere Exilir, ma si
limita ad un: – Passamela. – Carico di amarezza.
Un
secondo dopo il viso del Guardiamarina Kerrabbia é sostituito da
quello della bella siriota dal pelo color miele.
–
Buongiorno Ammiraglio, é un vero piacere.– Intona con gradevole
voce da contralto il pezzo grosso del governo di Sirio. – Come
sta?– – Bene, bene. A cosa devo? – Taglia corto Qvatten, molto
più interessato alla sorte di David Elmfield e di Emma Grant che a
quella di tutti i sirioti dell’universo.
–
Volevo solo cercare di chiarire il motivo dell’equivoco sorto tra
noi, felicemente sciolto dalla sentenza di Principe del Foro IV.
L’ammiraglio,
pur distratto e ansioso, non riesce a resistere alla tentazione di
sorridere nel modo tipico della sua razza, provocando un ancestrale
moto di allarme nel Ministro della Difesa. – Si chiama tirare sul
prezzo il suo equivoco, madame. Comunque adesso procederemo nella
nostra missione, a Dhurawak piacendo, e Foxtrot sarà distrutta entro
un settimana standard. –
–
Com’é brutale, ammiraglio. – Ride la Siriota. – Ma la cosa può
anche avere i suoi pregi, a tempo e luogo.
–
Prego? – Chiede Qvatten che, come tutti quelli della sua razza,
ignora in modo assoluto le finezze della seduzione e il gusto della
schermaglia amorosa.
–
Nulla, nulla. – La siriota si produce in un altro dei suoi sorrisi
maliardi. – Nei prossimi giorni potrà, in caso di necessità,
comunicare con il mio capo di Gabinetto Japo Varady. Io ed il Premier
Verex Tango dobbiamo allontanarci da Sirio per una missione urgente.–
Exilir
Qvatten annuisce con uno scatto del capo. – Non ci sarà
necessità.– Replica secco.
–
Siete dei bei tipi, voialtri: duri, materiali, implacabili, senza un
pizzico di fantasia o di romanticismo. – Ride il Ministro. –
Arrivederci, Ammiraglio. –
–
Il dovere é dovere. – Mormora Qvatten con voce soffocata,
improvvisamente timoroso che la Siriota abbia saputo in chissà quale
modo della sua piccola debolezza e lo stia prendendo in giro.
–
Non c’é solo il dovere nella vita, Ammiraglio Qvatten. La saluto.
–
Arrivederci.
Lo
schermo si spegne lasciando il Kerrabbia torvo come un bambino
sbeffeggiato e di umore ormai del tutto inadatto a continuare la
lettura.
–
Guardiamarina Gheinsen! – Urla un attimo dopo al Com.
Il giovane ufficiale fissa lo schermo accesosi all’improvviso con
espressione colpevole e tenta di nascondere qualcosa sotto il piano
della scrivania.
–
Cos’hai lì? – Chiede l’Ammiraglio con un tono da maestro di
inizio secolo.
–
Io? – Si schermisce il povero Guardiamarina che poi, di fronte allo
sguardo omicida dell’Ammiraglio appoggia sulla scrivania un libro.
–
Cos’é? –
–
Ecco… –
–
Ho detto cos’è. – Ripete Qvatten.
L’ufficiale
non risponde ma solleva il volume perchè l’Ammiraglio ne possa
leggere il titolo: «Tua per sempre» di Charlotte Qammalyn.
–
Ah. – Commenta l’Ammiraglio, sicuro di non averlo ancora letto.
–
Devo togliermi la vita? – Chiede il giovane Gheinsen ponendo mano
alla spada che gli ufficiali Kerrabbia continuano anacronisticamente a
trascinarsi dietro .
–
No.
–
Provvedo a distruggere il volume?
–
Eh? No, no. – L’Ammiraglio esita un istante. – Fammi avere
immediatamente quel… libro. – Qvatten pronuncia quella parola con
evidente pena e disgusto. – Una volta che l’avrò esaminato
saprai quale sarà la tua punizione.
–
Sissignore.
Un
istante dopo, attraverso il teletrasmettitore, il volume incriminato
giunge nelle mani dell’Ammiraglio che lo accarezza meditabondo e lo
nasconde in un armadietto insieme ad un’altra trentina della stessa
autrice, già pregustando la lettura che lo attende.
Non
visti da occhio umano
Satan
e Soci in compagnia di Doppio Kuemmel e del suo tecnico fotografico,
Eisenstein, un lemuroide di Goodwana, hanno raggiunto il Sistema di
Foxtrot e osservano la flotta al soldo di Sirio pronta all’assalto
finale.
I
cattivissimi (o quasi) Kerrabbia per non farsi avvistare da eventuali
velivoli terrestri, se ne stanno immersi in un campo di
impercettività Godemichè. Lo stesso fanno le navi del società
Satanica e la flotta dei Mangiasabbia.
Due
delle tre flotte, immobili nella Nube di Oort oltre l’orbita di
Plutone, lucidano lanciasiluri, preparano missili, sussurrano dolci
parole agli ipercannoni antimateria in attesa dello scontro decisivo
e respirano l’aria esaltante ed elettrica della battaglia
imminente.
La
terza, quella di Satan, non fa nulla del genere, sia per difetto di
armamento che per assenza di spirito guerriero, limitandosi ad
attendere di poter giocare le proprie poche carte.
Qualcuno
si starà chiedendo: «Ohibò, e che cos’é mai un campo di
impercettività Godemichè?»
Per rispondere a questa domanda bisogna tornare ai tempi nei quali la
Galassia era giovane e selvaggia e i popoli che l’abitavano vivevano
un esaltante clima di frontiera.
In
quei giorni, quando la legge era scritta dal fuoco dei vecchi
disintegratori Hazet, viveva Kaspar Godemichè, capo contabile della
Filiale delle Casse Rurali Riunite di Deneb sul pianetino Ghericuper,
nel sistema Dimitritiomkin.
Kaspar,
un denebiano piccolo di statura e piuttosto miope, ha grandi orecchie
a punta, scarpe a punta ed una folta capigliatura corvina ribelle al
pettine.
All'epoca
non si trovava su Ghericuper volontariamente, ma per un incidente.
Era
infatti entrato in banca grazie alle poderosa raccomandazione di
un’importante amico di famiglia, ma un brutto giorno il suo sponsor
era stato pescato a colloquio con il computer centrale della banca,
riluttante ad aggiungere sei zeri al saldo del suo conto.
Fatto
sta che Kaspar, vittima della frana di carriere provocata dal
licenziamento in tronco dell’amico di famiglia, non era affatto
contento del trasferimento, sia perchè l’unico svago dei coloni
era lo sterminio sistematico della popolazione indigena di
Ghericuper, sia perché le rapine quasi quotidiane alla banca di
Gionuein – la cittadina dove viveva e lavorava – mettevano a dura
prova il suo sistema nervoso.
Ma
un bel giorno, mentre come al solito cercava invano la bombetta
(posata esattamente di fronte a lui) ritrovandola solo grazie alla
domestica, Kaspar Godemichè ebbe un’idea.
L’idea
constava di tre punti:
a) In condizioni di stress, fatica, fretta o malumore è praticamente
impossibile per chiunque riconoscere gli oggetti più familiari.
b)
a maggior ragione quando stanno esattamente sotto il naso.
c)
è possibile che questo accada anche ai rapinatori?
Pur
non essendo un uomo d’azione, Kaspar s’inebriò della sua idea e
recandosi al lavoro con la bombetta ben calzata in testa la mise a
punto.
«I
rapinatori sono abituati a trovare il denaro in cassaforte o agli
sportelli» Pensò Kaspar. «Se stipiamo il denaro in grossi sacchi
e li accatastiamo in qualunque angoletto non è ragionevole pensare
che rapinatori e clienti li prenderanno a calci senza vederli?»
Detto,
fatto: la mattina di lavoro scivolò via liscia e abbastanza
pacifica. Fecero la loro comparsa un paio di bande di malviventi ma
dovettero limitarsi a rapinare risparmi di vecchiette, gruzzoli di
canuti agricoltori e porcellini di terracotta pieni di nichelini.
Prima di andarsene spararono alle lampade e ai cani, si fecero un
bicchierino al vicino saloon e fregarono un paio di cavalli, ma soldi
in banca niente, non ne trovarono.
Però
quelle interruzioni erano seccanti. Kaspar sapeva di aver trovato la
strada e voleva percorrerla fino in fondo.
Ora
doveva far sparire la banca.
Aggiunse
un punto D al suo ragionamento «Tanta gente guarda ma non vede.
Confonde ciò che ha davanti con cose già viste, ricordi, sogni.»
Se
avesse sistemato un paio di tavolini scassati e una manciata di
vecchietti a leggere in coro la bibbia proprio davanti alla banca,
forse i banditi non sarebbero riusciti a trovarla.
E
così avvenne. Quel giorno stesso Kaspar scrisse nelle sue memorie: «La sfida è già vinta.»
Ben
presto il denebiano scoprì che non erano necessari tavolini e
vecchietti timorati diddio: era sufficiente mettere davanti alla
porta della banca un tavolo, un cappello scuro ed un libro perchè i
banditi tirassero dritto fino al paese successivo.
Naturalmente
non tutto fu così liscio: la banca rischiava di non essere trovata
neppure dai suoi clienti che vagavano smarriti senza vederla. Kaspar
dovette persino fare assumere la sua cameriera come buttadentro, dopo
aver personalmente sperimentato che una volta uscito era
assolutamente incapace di rientrare.
La
Direzione Generale, avuta notizia della sua brillante scoperta, lo
richiamò a Deneb. Un mese più tardi, tuttavia, Kaspar Godemichè
diede le dimissioni dalla carica di direttore della sezione Sicurezza
perché assunto con uno stipendio favoloso dal Centro Studi
Strategici della Marina Spaziale Denebiana.
Le
sue invenzioni valsero a rendere la flotta della patria virtualmente
imbattibile, almeno finchè Kaspar non vendette contemporaneamente ad
un centinaio di sistemi il segreto dell’impercettività Godemichè.
Durante
il processo il denebiano, nonostante il parere contrario dei suoi
legali, dichiarò di aver tradito il suo paese per molto, moltissimo
denaro. Se la cavò con una pena mite ed una piccola multa.
È
istruttivo segnalare che in un universo alternativo
l’ex-capocontabile dichiarò di aver tradito per amore della pace e
fu condannato al massimo della pena, cioè allo squartamento a mezzo
di quattro auto sportive guidate da adolescenti.
Ai
nostri giorni il campo di impercettività Godemiché viene utilizzato
da tutte le flotte spaziali della Galassia, nonché da semplici
cittadini desiderosi di sfuggire ad incontri indesiderati, da società
che vogliono evitare grane per i propri villini abusivi e così via,
mentre un’apposita Fondazione amministra i colossali beni di Kaspar
Godemichè.
Recentemente
la Fondazione ha deciso di costruire un monumento in onore del grande
scopritore, levitante ad un centinaio di metri sulla capitale di
Deneb.
In
poche settimane il monumentone è stato costruito.
Immortala
Kaspar davanti alla specchiera mentre trova la sua bombetta.
Il
perfetto funzionamento del campo é evidente se si constata che tre
flotte spaziali in poche centinaia di miglia cubiche di spazio sono
assolutamente invisibili.
Quella
della Satan e Soci è camuffata da discarica extramondo.
(«Siamo
sicuri che funziona il campo?» Chiede ogni tanto Ahriman. «Perchè,
fa differenza?» risponde invariabilmente il capo tecnico robot,
Hulq).
La
flotta Kerrabbia è percepita come una raffineria di ioni berillio
grazie ad alcuni elmetti di plastica gialla alla deriva nello spazio.
La flotta Mangiasabbia, infine, è ignorata perché confusa con un
gruppo di boe spaziali pubblicitarie («Bevete Ganga-Cola»
lampeggia l’ammiraglia di Aridomeriggio).
Due
delle tre flotte dispongono di sofisticati meccanismi anti-Godemichè
che finora hanno fatto fiasco.
Ingenti
viceversa sono i danni provocati dai falsi allarmi e dagli
avvistamenti dubbi. Kerrabbia e Mangiasabbia – di più i secondi,
nervosi e dal grilletto facile – hanno finora abbattuto:
–
Alcune pacifiche comete.
–
Tre yacht d’alto spazio intestati a mamme e sorelle di noti evasori
fiscali, che in condizioni normali si sarebbero avvalsi dei loro
influenti appoggi, ma che nell’attuale forma – nube di neutrini
dispersa nell’area di un parsec cubico – hanno qualche problema a
farsi riconoscere.
–
Una dozzina di autentiche boe pubblicitarie di proprietà della
Compagnia Generale di Sicurtà Galattica. “Compagnia di Sicurtà”
era scritto piccolo ma «PENSACI PRIMA, POI SARA’ TARDI» era
stampato con lettere enormi.
–
Una nave carica di Missionari della Chiesa dell’Ultima Possibilità.
–
Alcuni asteroidi erratici.
–
Tutti gli allievi della scuola di Alta Sartoria e Styling del pianeta
Persace, in marcia verso il settore est della Galassia.
–
La squadra di football blindato del pianeta Gogol, diretta a
Metalmango per la finale della Coppa «Pesta o crepa».
Adesso
i cannonieri di Aridomeriggo fanno più attenzione, ma la prospettiva
di scontrarsi con i Kerrabbia li rende rissosi, impulsivi e disposti
a bombardare anche un angelo senza contrassegni.
La
flotta della Satan e Soci, priva di armi e soprattutto di liquido,
dispone unicamente di un soggetto iperpercettivo. Trattasi di un
proteo ceduo dalle sopracciglia esagerate, uno che grida sempre, alza
volentieri il gomito, porta solo canottiere blu di nome fa Gideon e
di scarpe 58. È un lontano discendente della cameriera di Kaspar ma
è lui il primo ad ignorarlo. Comunque è stato l’unico nella
ciurma della Satan & C. ad individuare immediatamente le due
flotte:
«Io
non so, certa gente non vede le cose nemmeno quando le ha sotto il
naso» dixit. Curioso: era esattamente la stessa frase che usava la
sua ava con Kaspar Godemiché.
–
Vala Halla, sei anche tu dei nostri? – Doppio Kuemmel (D.K.) si
inchina galantemente e sfiora con le labbra la mano di Conan. – La
tua partecipazione a questo film mi fa supporre che non si tratterà
di un film per ragazzi. – L’ex-membro della Cattedra di Etico
Cupo sorride. – Anche se, per la verità, io non ho ancora visto la
sceneggiatura, e tu?
La
cultura cinematografica di Conan si limita agli R-movies – drammoni
strappalacrime nei quali eroici robot si sacrificano per salvare
dalla morte stupidi biomorfi – per cui il piccolo robot fa un gesto
di diniego e arrossisce.
–
Beh, il produttore e la protagonista femminile ci sono, il resto si
vedrà. – D. K. strizza l’occhio al simulacro della diva
sadomaso.– Eh, lo so, tu la grinta la tiri fuori sul set, per il
resto vita da monaca…Beh, é un vero piacere lavorare con una
professionista. Adesso devo andare, ci vediamo al primo ciak.
Il
robot, folgorato da tanta attenzione, vorrebbe sorridere ma proprio
non è capace. Tutto quello che riesce a fare è socchiudere le
labbra e mostrare la punta della lingua.
–
Beh, potremmo vederci anche PRIMA, eh cara? – Propone D.K.
visibilmente accaldato.
Conan
fa un cenno di assenso e mormora roco per l’emozione: – Vivo su
questa nave.
–
Che donna, eh, Eisenstein? – Commenta Doppio Kuemmel non appena la
pornosadomasodiva in facsimile è sparita dalla circolazione. – Mi
fa un effetto…
Il
fotografo si stringe nelle spalle e dichiara: – Le luci qui sono
tutte sbagliate.
–
Vero! Ah, buongiorno. – Doppio Kuemmel saluta Pelagio, E. e
Mirella, reduci da un pasto freddo e triste. – Salve, Pelagio, che
bello rivederti. Loro sono…
Il
pilota di Satan si volta lentamente, indica E. e dice. – E.
Poi
indica Mirella: – Mirella.
–
Molto piacere, io sono Doppio Kuemmel e questo é il mio fotografo di
scena, Eisenstein.
Mentre
i due terrestri si chiedono dove diavolo abbiano già visto baffetto
biondo, questi batte una pacca affettuosa sulle spalle del tartoide.
–
Come te la passi vecchio rudere? È da quando facevi lo stunt in «Battaglia per Vega» che non ci vediamo. Adesso fai il pilota
serio, vedo.
–
Il solito tran-tran aspettando la pensione.
–
Peccato, mi ricordo quella volta che ti sei lanciato con un caccia
stellare in fiamme sulla corazzata Dragone e ti si é inceppato
il seggiolino. Mi chiedo ancora adesso come hai fatto ad uscirne.
Pelagio
si stringe nelle spalle. – Fortuna, pura fortuna.
–
Comunque non abbiamo neppure dovuto rifare la scena. Eh,
professionisti come te ormai ce ne sono pochi e…
–
Richard Harris! Sierra Charriba di Sam Peckimpah! – Urla Mirella.
–
Prego?
–
Niente, niente.
–
È anche lei dei nostri, suppongo. – Si informa cortesemente D.K.
Mirella
vorrebbe rispondere che si trova lì per puro caso e che ha un’idea
molto vaga del loro compito, ma si limita ad un prudente: – Certo.
–
È un bel po’ che sono fuori dal giro, purtroppo. Ha per caso
lavorato in «L’autunno venne tardi», di Olmo Gagerman?
–
Mmmhhh. – Mirella, incerta per la seconda o la terza volta in vita
sua, stringe le labbra senza rispondere.
–
Nella parte della figlia del professore: un’interpretazione
notevole ed intensa. – Sentenzia Eisenstein
Doppio
Kuemmel le stringe vigorosamente la mano. – Sono molto contento di
lavorare con una giovane promessa così dotata. – Poi guarda E.
lisciandosi i baffetti.
–
Lei dev’essere al debutto.
E.
apre la bocca, fa un debole cenno di assenso e si dimentica di
richiuderla.
–
Beh, coraggio, Ahriman é un ottimo produttore. Arrivederci ragazzi.–
Il sosia di Richard Harris si guarda intorno soddisfatto. – Mi pare
che le premesse ci siano tutte. Ahriman non ha lesinato sulle spese,
là fuori ci sono due flotte da guerra da far sembrare «La fine
dell’Impero» un documentario per le scuole. Ci vediamo.
Pelagio,
Mirella ed E., dopo che l’ex- membro della Cattedra se ne é andato
in compagnia dell’inseparabile Eisenstein si guardano perplessi.
–
Ma é solo un film? – Chiede E.
–
No. – Pelagio si passa una mano sullo stomaco per indurlo a
dimenticare il pranzo. – Ma é meglio che Doppio Kuemmel lo pensi.
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