23.10.18

Calibano: letture disperate e altre chiacchiere


L’abitazione di Thinbam e Fontainbleau è un minuscolo cottage dal tetto coperto di paglia che sorge su un’isola coperta di boschi, separata dalla costa da un breve braccio di mare.
All’interno l’aria è tiepida, i pavimenti resi morbidi dai tappeti multicolori, le pareti quasi interamente occupate dalla collezione di calendari del filosofo e da scaffali di legno carichi di romanzetti gialli da pochi soldi scritti da esponenti delle più strampalate e periferiche razze della Galassia.
Il robot svolge alcune piccole incombenze casalinghe, mette in caldo la cena e si siede in poltrona in compagnia di un giallo. Comincia a leggere poi alza gli occhi dal libro e prende gli occhiali. Non è una svista: gli occhiali servono a rallentare la sua velocità di percezione ad una pagina ogni 44 secondi circa in modo da non consumare l’intera biblioteca di casa in meno di un’ora.
Silenzio. Pace. Serenità. Una scena da pubblicità di un piumone o di una camomilla.
Durata totale del quadretto familiare: dieci minuti terrestri.
Ovviamente è Thinbam, intento a restaurare un vaso di artigianato locale volato in mille pezzi nel corso del suo turno di pulizie casalinghe, che ricomincia a chiacchierare:
– L’assassino è Pulverson, l’erede più giovane dell’antiquario Hactar.
Il robot solleva il capo con meditata lentezza dalle pagine, fissa con espressione severa il filosofo, apparentemente di nuovo immerso nel suo restauro, chiude il libro di scatto e si alza a prenderne un altro.
– Questo l’hai letto?
Cenno di diniego.
Seguono altri dieci minuti di lettura, nuovamente interrotti dalla voce dell’autore di Riflessioni Pandiekttiane seduto ad un caffè di Pandiektt.
– L’assassino è l’impiegato, Daint’è, ricattato dalla moena segretaria dell’avvocato Belmont.
Fontainbleau sbuffa: – Non hai detto che non l’hai letto?
– Tiravo ad indovinare.
Il robot consulta le ultime pagine del volume e lo guarda con robotico livore. – Thinbam, non si dicono le bugie.
– Perché hai guardato, Fontainbleau? Se non avessi guardato le diverse possibilità sarebbero rimaste inespresse e quel libro sarebbe stato virtualmente infinito. Tra l’altro, non credo che Pulverson fosse l’assassino.


Il robot guarda il soffitto in legno del cottage, stringe le mascelle, prova lo spasmodico desiderio di urlare o curiosamente di accendersi una sigaretta pur essendo sprovvisto di un apparato respiratorio da deteriorare. Amaro, puntualizza: – Non è divertente non terminare i gialli.
– Dipende. Un giallo senza omicidi…
– Non è un giallo.
– Aspetta, un giallo senza assassinii, ma letto nella convinzione che un omicidio debba esserci… Un romanzo nel quale tu, lettore, attendi un evento rimandato di pagina in pagina ma sempre imminente, un giallo nel quale tutti possano essere vittime e tutti abbiano motivi per uccidere…
Il robot si toglie gli occhiali e guarda il filosofo che tenta inutilmente di staccare le dita incollate ad un frammento del vaso. – Non è un giallo. – Insiste il manufatto prodotto di una tecnologia superiore.
– Non è un giallo lineare, Fontainbleau, è un giallo polirelazionale.
– Nossignore. Il delitto deve avvenire e per motivi intelleggibili e gravi, altrimenti niente giallo e niente pubblicazione.
Thinbam riesce infine a staccare la mano destra dal coccio per contemplare un istante dopo, desolato, la mano sinistra salvatrice tenacemente avvinta al frammento di terracotta decorato con motivi geometrici.
– Ciò che accade nella realtà e nella buona letteratura ha sempre molti motivi, alcuni dei quali decisamente futili. Nel giallo tradizionale l’assassino forma un sistema lineare con la vittima, un campo elementare nel quale vale un unico tipo di relazione. Il rapporto tra il colpevole e coloro che lo ricercano è altrettanto lineare, è un altro sottosistema nel quale valgono relazioni ben definite…
– Ma… – Fontainbleau guarda la copertina colorata del volume, dove una moena (umanoide del pianeta Moe) in camicia da notte trasparente e reggicalze rosso punta una pistola in direzione del lettore. Relazione letale è scritto in alto sulla copertina. Parte della lettera “n” si nasconde dietro la chioma azzurro cielo della creatura, in possesso di enormi pupille scure che occupano l’intera iride.
Il robot pensa: filogeneticamente i moe evolvettero da creature crepuscolari.
E questo è proprio un pensare da robot.
Appoggia il libro di fianco alla poltrona con un sospiro chiedendosi se mai riuscirà a finirne uno senza che Thinbam interferisca.
– Mi segui, Fontainbleau?
– Sì.
– Allora, aldilà di un gruppo di sistemi e sottosistemi lineari, facilmente riassumibili in uno schema o in una formula, cosa abbiamo?
“Il resto dell’universo. E Fontainbleau che tenta di finire almeno un libro” sarebbe la risposta del robot, che però si limita ad un educato e costruttivo: – Infiniti altri sistemi e sottosistemi, immagino. 

 
– Soprattutto abbiamo molti altri metasistemi o sovrasistemi nei quali non valgono relazioni lineari o cronologie precise. Come possiamo definire il rapporto che lega il ricordo della crocchia della zia nubile dell’assassino – ricordo che suscita in lui rancore ed angoscia – e la scultura di filo di ferro che la vittima tiene sulla scrivania?
Fontainbleau perplesso butta un’occhiata fuggevole al libro sdraiato per terra. – Ma la scultura era di pietra ed è con quella che…
Thinbam picchia il pugno sul tavolo e centra il tubetto della colla aperto. Esito previsto e prevedibile: piano del tavolo allagato da “PRONTOSALDO, la colla dei professionisti”. – Non parlo proprio di QUEL libro, parlo di un libro qualunque!
– Dove vuoi arrivare, Thinbam?
– A due conclusioni: la prima è che un giallo perfetto può essere scritto solo ignorando tutti i sistemi non lineari ed ogni forma di relazione che una volta rotta, come quel vaso, non sia maledettamente difficile da rimettere insieme. Più o meno un giallista si comporta come i miei colleghi della sezione di Biologia Competitiva, che ogni giorno replicano il loro duello solitario con una molecola alla volta, aggiustano i risultati per maggior gloria della scienza e propria, e anche quando si masturbano – per non perdere tempo prezioso – leggono la relazione presentata a congresso da un concorrente, convinti che l’universo sia un giallo molto ben scritto ma completamente prevedibile per una mente addestrata e risoluta. Tanto varrebbe che si dessero ai puzzle 3D o ai multirebus.
– La seconda.
– La seconda che?
– Hai detto DUE conclusioni.
– Ah già. Siccome non riesco mai ad azzeccare il colpevole perché mi appassiono della vita dei personaggi o dei dialoghi o dello stile o dell’ambientazione, guardo subito chi è l’assassino…
– I gusti sono gusti. – Fontainbleau scuote la testa. – Ma questa non è una conclusione.
– Lasciami finire. Il fatto è che così facendo scopro la non-complessità del giallo, il suo essere artificioso e limitato dalle categorie causali più banali. Se la zia nubile non avesse portato la crocchia, per esempio?
– Eh?
– Sì la zia nubile, la nonna, la governante, chi ti pare insomma.
Fontainbleau fa ruotare un paio di volte le minuscole antenne circolari della zona temporale. – Ah, sì. – Si stringe nelle spalle. – Avrebbe ucciso la vittima con meno gusto, suppongo.
– O forse non avrebbe commesso nessun omicidio, limitandosi a detestare la vittima potenziale. Lo vedi dove ci porta introdurre categorie probabilistiche o sistemi non lineari? L’assassino avrebbe potuto anche avere una relazione sessuale con la vittima e…
– Dati insufficienti. Xenossuale, omosessuale, eterosessuale, carbosessuale o silicosessuale? La vittima in Relazione letale è un ispettore catastale meteorico, ex- tennista, mentre il colpevole é la Moena, ma sono possibili numerose altre combinazioni.
Thinbam allarga le braccia mandando il frammento di vaso tuttora allegato alla sua mano sinistra a schiantarsi contro il muro.
– Questi sono solo particolari. – Protesta, poi osserva malinconico il coccio multicolore trasformatosi in un insieme incoerente di briciole biancastre sparse sul tappeto.
Fontainbleau insiste. – Resta il fatto che in quel caso l’autore non avrebbe scritto un giallo ma un romanzo qualunque che sarebbe costato tre volte tanto e che io non avrei comprato.
Il filosofo sembra aver esaurito le cartucce e il robot ne approfitta per estrarre dalla tasca della giacca da camera un foglio azzurro ripiegato. 

 
– Lo sai cos’è questo?
– Un sollecito?
– Centro. La Satan e Soci di Gomorra, nella persona del suo amministratore delegato, Ahriman Godetai, ci chiede rispettosamente se siamo giunti a qualche conclusione con quelle registrazioni della TV terrestre che ci ha mandato.
– Certo, sono un popolo di deficienti.
– È un po’ poco. La Satan vuole un sistema per farli smettere. Temono che qualcuno finirà per deteriorare la loro proprietà.
– Di cosa si preoccupano? Tra qualche anno smetteranno da soli, un po’ perché stanno mangiandosi l’atmosfera, un po’ perché le loro trasmissioni stanno raggiungendo un acme di idiozia quasi ipnotica.
– Devo rispondere questo alla Satan e Soci? Credo che volessero da noi qualcosa di più rapido ed efficace.
Thinbam si stringe nelle spalle. – Se vogliono qualcosa di più rapido, quello che serve loro è un’astroflotta da guerra, non un filosofo. Posso ritenere, in base alle due serie di registrazioni che mi hanno mandato, che quella civiltà stia percorrendo la curva di una cuspide catastrofica. – Il filosofo dimentica l’alluvione collosa di poco prima e appoggia la mano sinistra sul tavolo. – Fontainbleau puoi portarmi dell’acqua tiepida, per favore?
Una volta tornato in possesso dell’estremità dell’arto Thinbam prosegue. – I loro programmi sono nati per divertire, istruire e sostenere la posizione dei potenti locali e sono poi cresciuti per diventare un veicolo di vendita. Adesso sono nella loro fase ultima: rappresentano un altro piano di esistenza. È un buon esempio di cosa accade lavorando solo nell’ambito di sistemi lineari, in questo caso produzione – spettacolo – commercio – produzione – eccetera, ignorando i sottosistemi non lineari come il miraggio della felicità o della bellezza eterna. Tra poco saranno arrivati ad un punto di singolarità, cioè ad un livello di ricettività infinita. Sarà una cosa che non apparirà troppo drammatica sul momento, probabilmente sarà una sorta di quiz o di varietà che poco a poco coinvolgerà tutta la popolazione del pianeta. Ci saranno esibizioni di bambini che cantano motivetti su detersivi o deodoranti in compagnia di intere generazioni di personaggi dei cartoni, mentre il presentatore- intrattenitore intervisterà scrittori o campioni sportivi in merito all’astrologia o al loro primo amore in un ambiente decorato con i colori di una marca di caffè. Un comico farà giochi di parole grassocci e sciorinerà battute fiacche sui politici locali che rubano e poi… 

 
– E poi?
– E poi… avanti così! Ci saranno finti incidenti tecnici, una finta diretta dal luogo di una finta rapina, incontri tra amici persi di vista da anni, figli ritrovati, nonni resuscitati, pubblicità di gente felice e ben vestita, la virtù premiata e la malvagità punita, litigi furiosi tra esperti… Ma l’aspetto più interessante della cosa è che il programma non potrà MAI finire, perchè TUTTI o quasi telefoneranno, vorranno partecipare alla grande festa, alla vita in TV, vorranno vincere i miliardi messi in palio dalla grande industria di detersivi… Nessuno vorrà più spegnere la Televisione che avrà raggiunto il punto Omega con I di R di Ricettività infinita, oltre il quale é possibile solo il collasso sociale. Il programma, QUEL programma, non potrà più terminare e ben pochi cercheranno ancora di tornare a vivere in un mondo violento e velenoso, mentre la felicità é davanti a loro, appena oltre una sottile parete di vetro.
– Sei sicuro? – Chiede il robot, suo malgrado scosso.
– No. Ma è un modello ragionevole.
– Devo dire questo alla Satan e Soci?
– Puoi suggerire loro di inscenare qualche apparizione di UFO. Più aumenta il pubblico televisivo piu’ veloce diventa il crollo. Se tutti sono in TV il mondo reale cessa di esistere e la civiltà terrestre scompare. Puf, dopo l’ultimo spot.
– Puf, dopo l’ultimo spot… – Ripete Fontainbleau, mentre un vento gelido fischia all’esterno della piccola casa.

4 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

I gialli nel futuro?
E anche nel futuro andranno meglio della fantascienza?

Orlando Furioso ha detto...

Massimo, non so dirti quanto mi stia divertendo! :)
Non vedo l'ora di leggere il resto.
Bravissimo!
O.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: i gialli sono una costante nella vita di tutti da metà del XIX secolo ai nostri giorni. D'altro canto solo la sf tenta di raccontarci il futuro... nel futuro in senso proprio la sf cesserà di essere narrativa di anticipazione per diventare letteratura d'avventura e il giallo continuerà a uscire, se non altro perché la gente continuerà a commettere gli stessi delitti. In ogni caso Fontainblue è un collezionista di antichità e la sua passione per i gialli antichi può anche essere soltanto sua.

Massimo Citi ha detto...

@Orlando: ne sono davvero felice. In fondo l'ho scritto solo per divertire i lettori. La prossima puntata il prossimo venerdì.