A quanto pare siamo alla fine degli incontri e dei tentativi di trovare un accordo. Davanti ai ministri della cultura e della scuola le due delegazioni, torinese e milanese, hanno concluso il loro inutile incontro con un nulla di fatto. Che poi esistesse anche solo una vaga possibilità di trovare un accordo era presumibilmente da escludere. La delegazione dell'AIE aveva già fissato la presentazione del Salone di Rho per il 5 di ottobre, cosa che dà l'idea della loro buona volontà.
In realtà l'AIE già da tempo ha deciso di puntare su un salone del libro di tipo diverso, dove i grandi editori potranno presentare i propri libri davanti a un pubblico più ampio – l'area milanese da sola acquista poco meno del 20% dei libri venduti in Italia – e focalizzando la manifestazione sul suo valore esclusivamente commerciale, senza perdere tempo e denaro in un'organizzazione che non controlla. In sostanza gli editori – i grandi, capeggiati da Mondadori e dalla GEMS (Longanesi, Guanda, TEA ecc.) – hanno deciso di fare da soli, creando una fiera del libro che abbia come primo e fondamentale elemento la vendita, sia pure cercando di non rinunciare all'eventuale sostegno del ministero della cultura.
La proposta fatta alla delegazione torinese e alla Fondazione per il libro, guidata da Massimo Bray – un Salone in minore organizzato esclusivamente dai librai – aveva un sapore sottilmente macabro, tanto più tenendo conto del numero di librerie che hanno chiuso negli ultimi 2-3 anni. In realtà è semplicemente accaduto ciò che si preparava da tempo: la fuga da Torino e l'autorganizzazione da parte dell'AIE.
Personalmente, e non è la prima volta che lo scrivo, non ho mai avuto particolare simpatia per la manifestazione locale e non posso nemmeno dirmi stupito dell'iniziativa dei grandi editori, preoccupati in primo luogo delle vendite e del ritorno in termini economici di un'iniziativa nazionale, ma diciamo che c'è modo e modo per affermare la propria volontà. Diciamo che lo stile mondadoriano, che ho potuto apprezzare in diverse occasioni in qualità di libraio, fatto di tracotanza, sicumera e scarsa considerazione per gli interlocutori, ha avuto la sua parte nell'incontro fallito.
La sorte dei piccoli e medi editori è ovviamente l'elemento che costituisce il discrimine profondo tra le due possibili manifestazioni. Nel corso del mese di luglio una serie di medi editori ha firmato una lettera di sostegno al Salone di Torino, dichiarando la propria sostanziale contrarietà al Salone di Milano:
Gentile Fondazione per il libro, la musica e la cultura, abbiamo appreso
con sollievo in questi giorni la forte determinazione di Regione
Piemonte, Comune di Torino, Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo a proseguire
nell’esperienza del Salone del libro. La fiera torinese
è a tutti gli effetti un patrimonio culturale italiano, percepita
sempre più anche dagli operatori editoriali stranieri come momento
significativo di incontro, confronto e lavoro comune…
(Da «La Stampa»)
(Da «La Stampa»)
La lettera è stata firmata da Laterza, Sellerio, E/O, Bao, Voland e altri. In sostanza a questo punto la palla rimane in mano a Sanpaolo Intesa, al comune di Torino, alla regione Piemonte e al ministero.
Dalle reazioni degli enti locali, Chiamparino e Appendino in prima fila e dal sostegno dichiarato del Sanpaolo Intesa parrebbe che il Salone di Torino si terrà comunque. E, in quanto operatore nel settore non posso che dirmene soddisfatto.
In fondo si tratta di un tema che ho, in forma diversa, già affrontato centinaia di volte: il problema della bibliodiversità nel mondo del libro, un problema che i grandi editori non si sono mai posti e che risulta a loro del tutto estraneo. È ovvio che è l'esistenza di un settore editoriale librario ricco e diversificato a permetterci di leggere libri nuovi e sorprendenti, ben diversi dalla produzione midcult dei grandi marchi. Scopo del Salone di Rho non è questo, non è quello di sostenere la cultura ma unicamente i bilanci dei grandi editori. Non resta che sperare che il nuovo Salone di Torino – nella speranza che sopravviva – possa qualificarsi come un vero Salone del Libro futuro. Non ci credo, ma sono disposto a scommettere. E conto di essere presente alla XXX edizione del Salone.
Ultimissima cosa: l'elezione di Appendino ha portato con sé molto polemiche, particolarmente da parte di Fassino che ha ritenuto di essere stato ingiustamente punito dall'elettorato. Ma finora non posso che dirmi soddisfatto della nuova sindaca di Torino [*].
[*] anche per il blocco delle varianti al piano regolatore proposte della precedente giunta.
6 commenti:
Cosa dire? Ci si è riusciti a farsi del male anche stavolta.
@Nick: è un principio ovvio, ognuno cerca di lavorare per i propri interessi senza preoccuparsi delle conseguenze con gli esiti che si possono vedere. Per il lato torinese della vicenda, comumque, spero in un finale non così drammatico ma che renda il Salone di Torino più aperto e "nuovo". Sono un illuso? Probabile.
Dopo quasi vent'anni sarà la volta che tornerò al "Salone del Libro" (di Torino)?
Spero di sì.
p.s. La sindaca è simpatica anche a me e, a mio parere, sta cominciando bene. Teniamo le dita incrociate :)
@Orlando: lo spero anchio, un Salone del Libro attento alla piccola e media editoria può essere una buona soluzione oltre che una novità. Quanto alla sindaca condivido, mi capita persino di dimenticare che è una del M5S...
Sono proprio curiosa di vedere come andrà... però non ho grandi aspettative positive.
Spero di sbagliarmi!
@Romina: sono curioso anch'io, anche se condivido il tuo pessimismo. Il rischio è che due Saloni del libro facciano in tutto un mezzo salone.
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