23.6.08

La fine del progresso

Certo.
Con il lavoro - i tre o quattro lavori - che faccio dovrei evitare di affrontare il discorso.
Mediamente lavoro per un cinquanta / sessanta ore settimanali. Se sono in chiusura di un numero di LN, di uno dei libri di CS_libri o di un (mio) testo - romanzo o racconto - arrivo facilmente a settanta / ottanta. Non mi considero uno sfruttato. Al massimo un autosfruttatore. Nessuno mi impone nulla, soltanto so che se non viaggiamo a questi ritmi non rispettiamo i tempi promessi ai nostri sedici lettori e per editori delle nostra dimensioni farsi la fama di gente che riposa sugli allori non aiuta per nulla.
Ma se nel mio caso si tratta di un lavoro poco o pochissimo redditizio ma di grande soddisfazione umana e intellettuale, non altrettanto penso si possa dire per tutti coloro che lavorano molto di più di quanto è previsto dal contratto e dal buon senso, soltanto per non arretrare nella gerarchia sociale. Fare straordinari è ormai divenuto addirittura un dovere civico verso la Nostra Patria (la povera patria cantata da Battiato), una dimostrazione che il lombardo/veneto way-of-life è l'unico possibile per stare nel mondo globalizzato.
I cinesi lavorano venti ore al giorno. Gli indiani lo stesso.
Persino i brasiliani lavorano venti ore al giorno.
Il mondo è pieno di gente che superlavora e se non fai lo stesso resti indietro... indietro... ... indietro.
Tutti lavorano letteralmente come pazzi trascurando allegramente la famiglia, i propri interessi, la propria cultura, se stessi. Una maledizione che letteralmente si respira e che rende chiunque sia un po' meno invasato un fanegottone indegno di considerazione.
Ma come ci siamo arrivati?
Com'è possibile che non solo si sia digerita l'etica capitalista del superlavoro ma che la si difenda , striduli e paonazzi, ululando istericamente contro tutti «quei là» che vanno a prendersi il caffé a metà mattina.
Gli statali.
Ah, gli statali.
Che orrore, gli statali.
Son quasi come i pedofili.
Son PEGGIO dei pedofili.
Sono dei vampiri, gli statali.
Non si sa di che cosa si parla, ma si parla lo stesso.
Ovunque, a tutte le ore.
«Qui si chiacchiera, non si lavora».
Le vittime del superlavoro non cercano giustizia, ma cercano altre vittime.
Idioti.
Chi ha detto che dare il sangue all'impresa - che in genere ricambia precarizzando e delocalizzando - sia giusto e bello?
Com'è successo che non si pensi più, nemmeno per sbaglio, che «lavorare tutti, lavorare meno» possa essere persino giusto?
Sono cresciuto in anni nei quali si potevano leggere buffe previsioni in genere scritte da non meglio definiti «scienziati americani» che profetizzavano: «Nel 2000 lavoreremo non più di due ore al giorno. Ci saranno i robot, ci sarà questo, ci sarà quello e potremo dedicarci agli affetti, alla musica, alla cultura. Diventare persone migliori, avere un eloquio affascinante, dedicarci ai nostri interessi e a far del bene agli svantaggiati.»
Che cos'è che non ha funzionato?
Com'è che invece lavoriamo dieci ore al giorno- sabato compreso - litighiamo con tutti, abbiamo un vocabolario fatto di 500 parole (per metà insulti o sinonimi di «pene» e «vagina»), disprezziamo i libri, la cultura e i poveracci, troviamo che il coniuge sia un cretino rompiballe e i figli degli insopportabili scassacazzi, ascoltiamo un musica che non è mediamente più complessa del ritmo di voga a bordo di una galea e una volta giunti a casa non sappiamo più bene che cosa fare oltre che accendere la TV?
E com'è che i robot non sono non solo non ci hanno sostituito, ma sono diventati complici della proprietà nel dettare ritmi di lavoro insostenibili?
Com'è che c'è un sacco di gente che crepa al lavoro invece che invecchiare felicemente?
Perché ci siamo abituati a pensare che il nostro passaggio in questo mondo debba per forza essere frettoloso e isterico?
Nasci, lavora e crepa.
Non riesco a capirlo, sinceramente. E non riesco a capire bene che cosa sia accaduto. Potrei usare la parola «capitalismo», a questo punto. Ma non sono Tremonti e potrei persino passare per comunista.
I comunisti son quella gente che parla di sfruttamento a bordo di uno yacht, con in mano l'ennesimo Martini.
Sono astemio e non ho amici con lo yacht. Quindi a rigore non posso essere comunista.
E poi lavoro parecchio.
Quindi devo essere matto.
E anche un po' cretino, visto che lavoro molto ma non mi faccio i soldi.
Dalla politica alla psicopatologia.
È già successo in URSS di transitare da una categoria all'altra.
Il manicomio lì lo pagava lo stato, se non altro.
Qui rischi di finire in una clinica convenzionata con la Regione Lombardia.

14 commenti:

Davide Mana ha detto...

Massimo.
Quel "Che cos'è che non ha funzionato?" è una domanda che mi tormenta, seriamente, dal primo di gennaio del 2000 - quando il TG1 tagliò corto un servizio sui nuovi modelli di sonda per Marte per dare la linea a Pippo Baudo.

Come sai - come forse ti ho detto, o come hai intuito da certi miei post sul mio blog e altrove, o forse lo sai perché sei il mio editore e certe cose le devi sapere e basta - comunque da un po' di anni leggo e rileggo i vecchi libri che, fra anni '60 e '70, ci promettevano un futuro che non si è concretizzato.
E mi chiedo cosa non abbia funzionato.
E credo anche di averlo capito.

È complicato, è odioso, è lungo.
In breve, in brevissimo
a . da una parte ci aspettavamop che il futuro capitasse senza che noi ci dovessimo dare da fare per averlo; qualcuno ce lo avrebbe regalato
b . la cima della piramide non aveva nessuna voglia di avere più concorrenza, più vicini di casa, più ombrelloni sulla spiaggia privata; un pianeta di ricchi intellettuali significa la scomparsa delle elite. E le elite ci tengono, a restare al proprio posto.

E quindi si è tenuta buona la popolazione e si è presa una strada diversa.

Siamo stati tutti responsabili.
Ma alcuni sono stati più responsabili di altri.

Vorrei un giorno scriverci qualcosa, ma per ora non ci riesco perché sono troppo coinvolto.
Ma chissà, con la vecchiaia...

Esiste poi per me una seconda parte del problema, più urgente e più interessante, che fa più o meno "Come facciamo a riprenderci il futuro che ci hanno rubato?"
Ed anche qui di risposte consolatorie ne ho trovate ben poche.

Massimo Citi ha detto...

Sinceramente è difficile immaginare come ci si possa riprendere ciò che si è perduto e che, probabilmente, non ci è mai stato davvero promesso. È terribilmente difficile e complicato riflettere seriamente, questo è vero.
Sicuramente il fatto che la guerra fosse ancora nei ricordi vivi di molta gente era molto importante nel suscitare l'ansia e il desiderio di cambiare molto presto e definitivamente il mondo che aveva permesso che un tale orrore avvenisse. Aggiungici la necessità di contrapporre al modello di società socialista un modello migliore, più aperto, grandioso, libero. La fine della speranza è venuta con la caduta del Muro. Sembra un paradosso, ma non lo è. La fine del comunismo sovietico è stata la dimostrazione che esiste un solo modello di vita possibile: QUESTO.
Le missioni lunari o marziane sono divenute un lusso inutile più o meno come la giustizia sociale o le 35 ore settimanali. Viviamo in un mondo che ha cancellato il futuro, dove le élite lo sono sempre di più e i poveracci debbono litigare per la proprietà di un osso già spolpato. Possiamo consolarci pensando che ciò che ci era stato promesso, in fondo, era soltanto propaganda. Ma questa saggezza è davvero amara.

Bruno ha detto...

@davide mana: certe volte la penso come te. Ma tante cose succedono perché succedono, e succedono per un casino di motivi, non semplicemente perché ci sia un complotto per farle succedere.

Comunque sia io persi la possibilità di diventare uno statale fancazzista D.O.P. (il concorso l'avevo passato) perché la cosa nel mio sistema di valori non mi tornava.
Ergo, devo stare un po' più attento a quello che mi racconta il mio sistema di valori...

Davide Mana ha detto...

Io non penso nepure ad una cospirazione.,
Le cospirazioni sono artificiose.

Io penso ad una qualità emergente del sistema in cui viviamo - nel momento in cui hai un sistema abbastanza complesso, questo genera delle forze che non erano previste nel progetto originario.
Come la coscienza è un prodotto collaterale della complessità del nostro cervello, una leadership sociopatica ed autodistruttiva è un prodotto collaterale della complessità del nostro sistema economico-politico.

Bisognerebbe metterci una pezza.

S_3ves ha detto...

ciao,
dunque, Maxciti, se tu sei un matto autosfruttatore (e se è matto anche Bruno che ha rifiutato di diventare statale fancazzista) nemmeno io scherzo: io sono uno statale che, follemente, non solo lavora mica poco da statale ma prende anche parte gratis insieme ad altri autosfruttatori ad imprese (editoriali) nobili e disperate. Per ritornare nel novero dei normali dovremmo dire che noi non lavoriamo ma coltiviamo hobby e, si sa, gli hobby non rendono e sono premio a se stessi.
Leggendoti mi sono venuti in mente alcuni libri di sociologi vari che, solo pochi anni fa, predicevano un futuro nel quale un'élite intellettuale e professionale - diciamo un 20% della popolazione - lavorava sodo e prendeva decisioni e il rimanente 80% della popolazione attiva veniva mantenuto con sussidio statale per consumare (poco, visti i mezzi esigui) e per non combinare guai.
Be', possiamo essere contenti: lungo la nostra linea temporale, nel futuro - cioè nel nostro presente - l'élite che sgobba sodo si è allargata a dismisura, è diventata maggioranza. E c'è chi nutre sfiducia nel progresso... Dipenderà dal fatto che quanto a decisioni questa grande élite non conta un bottone?
La piramide sociale è sempre più rastremata e ripida. E le nostre gloriose rappresentanze sindacali (nei settori in cui ci sono, perché i disgraziati dei call center non devono essere molto rappresentati!) oltre a minacciare sfracelli in un ramo irraggiungibile del futuro che chiamano immancabilmente "autunno", che cosa dicono in proposito? Bisognerà attendere l'avvento dei sindacati ombra?

Massimo Citi ha detto...

A giudicare dagli esiti nella tutela del potere d'acquisto direi che i sindacati sono già «ombre» di loro stessi. Temo che la principale funzione dei sindacati medesimi - in Italia ma non solo - sia quella di autoconservarsi. Appena normale. D'altro canto se è venuta meno la parità di condizione sociale (io sono un operaio, tu un operaio, i nostri interessi sono comuni) sostituita da un infinito spezzettamento di ruoli, mansioni e retribuzioni, non c'è molto da stupirsi se poi non esistono cause comuni se non in senso puramente corporativo.
Il modello al quale fa riferimento S_3ves è in realtà operante nel Nord Europa, dove esistevano - e forse esistono ancora - assegni sociali per i giovani in cerca di occupazione. Tali assegni sono stati alla base di fenomeni culturali e artistici come la Londra degli anni '80 e la Berlino degli ultimi due decenni. Qui niente assegno sociale, la famiglia pensa a tutto e abbiamo un popolo di giovani minchioni che si schiantano con la macchinona del babbo o accoppano qualcuno alla guida della medesima, strafatti di tutto ciò che esiste di proibito.
Gli unici a tirare fuori l'utilità dell'assegno sociale (o salario di cittadinanza) negli ultimi anni sono stati quelli di Rifondazione. Ma sappiamo tutti com'è andata. Evidentemente nessuno l'ha considerata una priorità.
Con questo non voglio dire che l'assegno di cittadinanza sia la panacea d'ogni male. Ma almeno pensarci seriamente non sarebbe poi stata una cattiva idea. Già, però si parlava di paesi civili...

Bruno ha detto...

@ s_3ves: si era parlato della fine del lavoro, in effetti. Ma credo che faccia molto più comodo che la gente abbia lavoro, problemi, pochi soldi e troppe preoccupazioni. E' stato un piano (forse) escogitato dalle menti dei potenti, è stata una dinamica inevitabile, è stato che è andata così, è stato che il mondo era più grande di quello che si pensava e tanti popoli nuovi ed estremamente competitivi sono venuti a reclamare una fetta della torta, è stato che a quel punto ci si è accorti che la torta era molto piccola e si stava riducendo a vista d'occhio e quindi bisognava tagliare fette per molto pochi...
E' stato tante cose, dubito che le capiremo veramente tutte, chi riuscirà a farlo e a spiegarcele sarà molto bravo, ma secondo me questo è uno di quei quesiti su cui gli stessi storici fra cento anni si accapiglieranno in qualche aula magna semivuota.
Nel frattempo, il petrolio va a 1,39 al barile e la mia utilitaria per incanto beve soldi come un SUV...
Ma scusatemi, sto divagando.

@ Maxciti: l'assegno di cittadinanza per sue caratteristiche fisiche non scende sotto il 46mo parallelo. Pertanto non avremo la fortuna di vedere nulla di simile da queste parti.

Davide Mana ha detto...

... anche perché in un paese in cui i segretaricomunali incassano le pensioni dei defunti emigrati in Argentina, figurati cosa capiterebbe col sussidio per i disoccupati...

Incidentalmente, il modello a cui fa riferimento silvia (20% che lavora, 80% di sfaccendati consumatori) è già piuttosto distropico.
Ma in effetti era stato postulato.

Io faccio invece riferimento alla sostituzione della piramide con un diamante - ampio alla sommità e che si restringe verso il basso.
Con la maggioranza libera dalla incombenza di lavorare per pagare i debiti, e libera di dedicarsi all'attività che preferisce.
Non sarebbe difficile.
Basterebbe volerlo.
Ma naturalmente....

Si parlava ieri proprio con silvia della ragazzina Rom che da grande vorrebbe fare la veterinaria.
L'ovvia risposta è.... Perché no?
Ecco - rispondere al "perché no" significa portare in evidenza i problemi da risolvere.
Ma oggi non ho voglia di parlare di politica...

Massimo Citi ha detto...

Confondere una situazione con un destino è diventata normalità. Ma una situazione può essere transitoria e questo genere di confusione può essere un epitaffio, personale e collettivo.
Finché qualcuno si chiederà «perché» c'è speranza.
Sulla disonestà degli italiani... beh, esiste, non c'è dubbio. È - tradizionalmente - la disonestà di chi diffida del Signore (feudatario o vescovo) perché lo sa altrettanto ladro ma in più ipocrita. È il «familismo amorale» del quale parlano gli antropologi culturali. Eppure... da qualche parte bisogna cominciare a rompere il cerchio. CS_libri spedisce le proprie edizioni in giro per l'Italia da qualche anno. Abbiamo ormai fatto qualche migliaio di invii e non usiamo il pagamento contrassegno ma il bollettino di c/c postale. Il lettore riceve il libro e il mezzo per pagarlo. Ci è capitato in tutto 3 volte (tre) che chi aveva ricevuto il libro non abbia poi pagato. Sono piccole cifre, certo, qualche volta ci capita di dover sollecitare, ma la società in questo modo ha evitato di regalare alle Poste centinaia di euro delegando a loro il potere coattivo di incassare al nostro posto. Il contrassegno, infatti, costa mediamente il quadruplo di una normale spedizione.
Una piccola cosa, ma anche un esempio di circolo virtuoso. La gente esita se deve tradire la fiducia che riceve. Non è una formula che si possa praticare a tappeto, ma pensare che gli altri ti vogliano comunque fregare è un principio costoso e alla lunga impraticabile.

Anonimo ha detto...

credo che quello che sia cambiato dagli anni 70-80 ad oggi sia più che altro la terminologia. negli anni 70-80 si promettevano mari e monti. Ma vi ricordate che negli anni 80 i pubblicitari dettavano il linguaggio e lo stile dalla letteratura, ai film alla politica?
Siamo stati la cina del mondo, altro che made in italy, noi esportavamo roba scadente a poco prezzo.
c'erano tempi in cui una nazione piccola e insignificante come taiwan produceva tutto, e dico proprio tutto.
poi la cina e l'india si sono finalmente svegliate e lì la vita non vale un cazzo.
noi attacchiamo gli stati uniti, però compriamo roba dalla cina (che è una dittatura, ve ne siete scordati?) e dall'india (che si fonda sulle caste... e se non ci credete, guardate un pò di programmi sul satellite... le tv indiane parlano inglese e quindi non ci sono scusanti per le nostre fette di prosciutto sugli occhi)
ergo: compriamo da paesi di merda, la nostra vita diventa di merda.
non ne faccio un discorso moralista, non me ne frega una minchia del tibet (anche se la cosa non mi fa piacere, come leggere su internet che in realtà i tibetani sarebbero di razza han... insomma, questo è prendere per il culo) e scusate se semplifico troppo, lo so.
ricordate quando in italia tutti e dico tutti - partiti e sindacati - votarono contro l'estensione dell'art. 18 statuto dei lavoratori?
fu l'ammissione che era un privilegio e i privilegiati (tra cui anche gli stakanovisti statali) si tennero caro l'istituto.
fa più comodo attaccare la riforma biagi...
tant'è, ognuno tira acqua al proprio mulino.
ma se avete letto il mulino del Po, dovreste sapere che i mulini non stanno in piedi per sempre...
adesso scusate, ma Flavio mi aspetta al Bilionaire.

Anonimo ha detto...

per Max aggiungerei questo:
è vero che la caduta del muro ha mostrato il re (capitalista) nudo.
Ma la colpa del comunismo è stata quella di impedire anche solo di poter parlare di una vera e seria alternativa al capitalismo. Grazie a quella malattia mentale che si chiama comunismo, i capitalisti hanno potuto giustificare tante porcherie.
ma che cos'è capitalismo? già i romani parlavano di suum cuique tribuere, c'è scritto insieme agli altri due principi dell'honeste vivere e dell'alterum non ledere sul tribunale di milano.
ma il centro di tutto non è tanto se faccio male agli altri o se vivo rettamente, quanto se do il mio contributo, materiale ma anche spirituale, alla società e godo dei frutti.
è questo che si è perso, da cesare ad oggi.
ognuno per se e allora finisce che quando giochiamo a nascondino ci fregano ad uno ad uno.

Massimo Citi ha detto...

Ringrazio Anonimo per i due interventi che, fatalmente, aggiungono altra carne al fuoco. Comincio con una precisazione: quando parlavo di un'«Età delle promesse» mi riferivo agli Anni '60 quando, tanto per dire, c'erano libri dove si scriveva che entro il 1976 ci sarebbe stata la prima missione umana su Marte e che entro il 2000 sarebbe stata varata la prima astronave a propulsione fotonica (?) - qualsiasi cosa questo potesse significare. Dalla propulsione fotonica alle veline e al Billionaire... effettivamente qualcosa si è rotto. Poi, certo, la retorica del futuro era una retorica del futuro americano, non del futuro di noi tutti, ma era comunque più eccitante sperare di passare a miglior vita sotto il cristallo di una città-cupola marziana piuttosto che vicino a una discarica. L'alternativa al sogno americano era il comunismo e l'uomo nuovo. In realtà c'era in entrambe le ideologie un sogno tecnologico scientista e razionalista. Infatti la propaganda rivolta ai giovani aveva «stelle e pianeti negli occhi». Gli anni '70 sono stati anni di profonda rottura ma non ci hanno condotto da - in realtà - da nessuna parte e gli anni '80 hanno visto la caduta del comunismo, travolto dai VHS porno che invadevano il mercato dell'Europa Orientale. Buffo, no, che sia stata l'industria californiana del porno a dare il colpo di grazia al comunismo? C'è qualcosa di molto importante e molto serio in questo. Qualcosa che può spiegare molto bene la nostra situazione. «Dio sta nei particolari», è stato detto.

Davide Mana ha detto...

"By '76 we'll be AOK", cantava Donald Fagen.
Nel 1982.
Essendo Donald Fagen, raccontava in tono post-ironico i sogni intrattenuti da ragazzo.

Eppure non c'è nulla di male nel sognare.
In fondo, non sarebbe corretto dire che un uomo è buono solo quanto lo sono i suoi sogni?
Di chi ti fidi - di uno che sogna di diventare bancario, o di uno che sogna di diventare astronauta?
Io dubbi ne ho pochi.

Il problema è che hanno vinto i bancari(*).
La vecchia storia che i ragazzini della scuola avevano "troppa fantasia" è stata risolta.
Alla radice.
La scuola come omologazione anziché educazione.

[*nota: i bancari vengono qui usati come archetipo dello zombie senza fantasia e senza spirito, felice di girare nella sua ruota-da-criceto fatta di ufficio-palestra-serata-in-disco. Un'esagerazione che offende la categoria, me ne rendfo conto. Ma a volte una generalizzazione serve. Ora andate sui vostri blog a piangere e a dire che non metto gli accenti sulle "i"]

Bruno ha detto...

Ehi! Io sono un bancario e sono contento di aver vinto qualcosa! Era ora!
(ma che cosa ho vinto?)