22.4.19

Il Mare Obliquo 3


Con un ampio movimento delle ali Maestro Selestin, già primo violino di Kerfilluan, dà inizio all'esecuzione. All'inizio si ode soltanto un lievissimo ronzio appena udibile, confuso con lo stormire delle fronde delle grandi querce e dei castagni della foresta. Lentamente, quasi impercettibilmente il ronzio cresce fino a farsi un lievissimo tema eseguito da un violino solista, più volte ripetuto, come una domanda sospesa. Dopo un'ultima invocazione, rimasta senza risposta per alcune battute sono i bassi ed i baritoni a riproporre lo stesso tema, che, arricchito dei bassi profondi dei legni, diviene simile ad un infinito fluire di nubi o alla lenta marcia di una foresta.
Il Boldhovin guarda nel gruppo dei bassi: Basso Okme, con il becco aperto, lo vede e fa un breve movimento con la testa per salutarlo. Klog restituisce il saluto e si accomoda meglio sulla poltrona foderata di muschio che gli stata offerta dagli uccelli di legno. Tormenta nelle mani il suo piccolo flauto d'argento a tratti chiedendosi come farà ad inserirsi nell'esecuzione senza sfigurare.
Mentre ascolta le lente volute della musica, battendo senza accorgersene un tempo di tre quarti molto largo, nella sua mente scorrono molteplici immagini, probabilmente create dalla sostanza magica di quella musica e dei suoi stupendi esecutori. Vede montagne coperte di neve, illuminate dalla luce della luna, una luna nitidissima, così ampia da coprire un quarto del cielo, che si muove lentissima danzando sulle vette delle montagne. Nel buio delle valli si accendono leggeri luci vermiglie, dapprima esili ed incerte, velate dalla lontananza, che a poco a poco acquistano forza, caricandosi di riflessi turchini, smeraldo, celesti e viola. Le luci sembrano correre le une verso le altre ed il fiore di luce si compone davanti a lui, proiettando una colonna di luminoso cristallo che giunge fino al cielo, infiammando il ventre delle nubi e facendo impallidire la morbida luce della luna.
Klog, abbracciato alle sue ginocchia, dimentica il suo piccolo flauto d'argento. Davanti a lui Maestro Selestin con piccoli tocchi di bacchetta dirige l'orchestra degli uccelli di legno, ma il Boldhovin non lo vede più: davanti ai suoi occhi c' una pioggia sottile, ed il suo corpo riesce a sentirla: un piacevole solletico che allontana da lui ogni paura ed ogni stanchezza. Klog si sente nuovamente un bambino e davanti a lui si accende l'immagine di verdissimi prati fasciati di bruma, dove correre a perdifiato fino a confondere il cielo grigio madreperla con il caldo odore della terra. Sente il corpo leggerissimo, come mai lo è stato e cosa può fare una persona con un corpo così leggero se non danzare, danzare e ancora danzare, gettando in alto il cappello e facendo capriole? La danza termina all'improvviso. Gli uccelli-timpano e gli uccelli-tamburo seguono ancora il tempo della danza, ma il loro ritmo è già cambiato ed ancor più cambia con il passare dei secondi. Sotto un cielo d'acciaio un infinito esercito marcia lento su una terra scabra e fredda. I mantelli, le bandiere sono stracciati, senza più colori, e dalla massa degli uomini sale un coro simile al canto di un mare senza vita né luce.
Klog guarda la scena impietrito, incapace di muovere anche solo un muscolo. Grandi crepacci si aprono sotto i piedi degli uomini, ma nessuno sembra vederli e interi gruppi di persone vi precipitano dentro con cavalli, carri e bandiere senza un urlo o un lamento. Il Boldhovin vorrebbe urlare, correre ad avvertirli ma il suo corpo si è fatto della stessa terra minerale sulla quale sfilano le ombre dei soldati. Vorrebbe chiudere gli occhi ma anche quel semplice gesto divenuto per lui impossibile. All'orizzonte un orlo spezzato segna il limite della Terra, oltre il quale ci sono gli abissi infiniti dell'increato, sul quale il loro mondo galleggia come una zattera alla deriva. E già le prime file dell'immenso esercito sono prossime a quel limite quando uno scintillante rumore di trombe rompe la cupa desolazione della scena. Gli uomini alzano la testa al cielo dove colonne di luce multicolori, come un coro di luci, illuminano il loro cammino. E dagli scheletri degli alberi, dal fango grigio ed untuoso, dai bordi dei crepacci nascono fiori e foglie ed i loro colori si riflettono nel cielo come in un immenso specchio, come se tutto il mondo fosse divenuto un'immensa serra, in attesa del riposo dell'autunno… 

 

– Klog, Mastro Klog! – Il Boldhovin apre gli occhi e sbatte un paio di volte le ciglia. Selestin e Basso Okme sono di fronte a lui, il primo impettito nel suo abito nero e lucido, il secondo con gli occhi nerissimi che sembrano brillare di luce propria.
– Bella… – Sussurra il Boldhovin.
Maestro Selestin annuisce gravemente. – Era da… Vediamo… trentasette anni che non eseguivamo più la Sinfonia delle Antiche Fronde. Direi che non stata una cattiva esecuzione… Anche se nel Secondo movimento i Fringuelli-Flauti bassi e gli Scriccioli- ottavini hanno perso un paio di battute…
– Ci HANNO fatto perdere due battute. – Strillano un gruppo di piccole creature dal corpo di metallo argenteo, volando dal loro settore fin davanti al podio del Maestro Selestin. – Sono state le Gazze-timpano che hanno esitato nella quarta misura.
– Ed i Corvi- contralti, allora, che hanno SALTATO una misura? – È la volta dei Corvi-Contralti e delle Gazze-Timpano, dal grande corpo bianco e nero e dalle lunghe code a volare davanti al Maestro per accusare e difendersi.
– Vieni, Klog. Al termine di ogni esecuzione ci sono sempre queste discussioni. Sembra che in fondo, anche se non siamo realmente vivi, un po' della litigiosità degli uccelli sia entrata in qualche modo in noi. – Basso Okme apre il becco leggermente, riuscendo a dare la sensazione di sorridere.
– È la magia, vero? – Dice Klog.
– Cosa?
– Dico che è stata la magia di Kerfilluan a farmi vedere tutte quelle… cose. Insomma tutto quello che ho visto.
– Nessuno vede mai le stesse cose, caro Klog. Tu stesso se riascoltassi questa musica tra qualche giorno non rivedresti le stesse… cose. È forse il motivo per il quale un tempo, quando ancora qualcuno passava per la selva di Canddermyn, i viaggiatori rimanevano qui a lungo, e alcuni finivano per non ripartire più. La nostra musica è praticamente infinita.
– Ma… – Il Boldhovin vorrebbe chiedere a Basso Okme come possibile che quella musica, nata da creature di legno e metallo, possa evocare emozioni così profonde, ma sospetta che farlo sarebbe come riaprire una vecchia ferita. Ancora preda delle suggestioni nate dalla Sinfonia delle Antiche Fronde cammina a fianco del grande uccello di legno che intanto ha ripreso a parlare.
– …Maestro Selestin è un grande conoscitore di musiche e trascorre tutti i giorni molte ore nella Biblioteca Musicale della Villa di Kerfilluan. Disgraziatamente l'umidità ha rovinato molte partiture, alcune di un'antichità inconcepibile, scritte in Unilineare, in Pre-Silibiano annotato o in una grafia musicale mai vista, che crediamo possa risalire al tempo dei Notturni o addirittura degli Antichi Primi. Selestin e Verglan, il suo assistente stanno cercando di interpretarla, ma mancano partiture a doppia notazione e non si riescono ad immaginare gli strumenti…


Klog annuisce senza capire un'acca del discorso del corvo-di-legno e finalmente si rende conto che sono diverse ora che non inghiotte più nulla. Oltre a questo si rende conto che già da diversi minuti si stanno inoltrando nel bosco seguendo un sentiero che si fa sempre più stretto e disagevole.
–… a becco o a doppia ancia sono esclusi, ovviamente, data la mancanza di labbra. Ma questo si chiama mettere il carro davanti ai buoi, come si dice, visto che non si riesce a capire neppure cosa sono le linee curve che…
– Dove stiamo andando, Basso Okme?
– …fogliacci…Eh?
– Ho chiesto dove stiamo andando.
– Ah già. Ma non te l'ho detto prima?
Klog scuote la testa con decisione. – Hai parlato solo di musica. Vecchia. – Puntualizza.
– È vero. Stiamo andando da Rutger. O da Hollinio. O da Udhlirin, oppure Vardilien, An-Gord, Etlig, Mouri, Zakdlon, Hourcade, Felimull, Vrejuomelde, Uiwr, Conn , Lhivarrine…
– Da CHI stiamo andando? – Ripete Klog esasperato.
– Eh, un momento! Ti stavo dicendo i nomi. Credi che sia facile ricordarli tutti? – Il corvo-di-legno ha un'aria offesa. – Ci ho messo mesi per impararne un po' ed ora questo pivello li vuole tutti in un batter d'occhio.
– Ma, nel nome di Gourriol il Grande, quanta gente abita in quel luogo? E poi che uso dire tutti i nomi degli abitanti di un villaggio? In genere si dice solo il nome… Beh cos'è quella faccia?
– Non capisci. Noi stiamo andando da UNA persona sola. E spero che sia Huizyl o Mondiron e non Sixena o Lliolol, o peggio ancora Ul-Kertiel, tanto per fare qualche esempio, perché in quel caso niente ospitalità.
Klog aggrotta le sopracciglia e poi sospira e scuote la testa. Dopo qualche minuto il sentiero si allarga nuovamente fino a giungere in un'ampia radura dove sorge una strana abitazione. Il Boldhovin si ferma al limitare del bosco per osservarla grattandosi il capo. Il tetto della casa è di ardesia, di cotto, di assi di legno, di paglia; è piatto, incurvato, spiovente; i muri sono dipinti di tutti i colori possibili, ma anche ricoperti di piastrelle, di tessere di mosaici, di legno, sono di marmo, di vetro, imbiancati a calce, sporgono, sono inclinati verso l'interno, hanno e non hanno bovindi e terrazze, balconi e logge, le finestre sono incorniciate da colonnette a rilievo o da legno scuro o da marmo rosso e hanno vetri colorati, smerigliati, chiari, con tendine e senza, chiusi da scuri o da tende.
– Notevole, vero? – Chiede con aria soddisfatta Basso Okme, come se quel pasticcio fosse opera sua. – Il fatto che in rapporto al suo umore ed al suo nome il padrone aggiunge ali e parti alla sua casa, che, ovviamente, ben raramente vanno d'accordo con il resto.
Klog annuisce frastornato ed il corvo-di-legno si avvia verso una delle porte. Quando vi sono di fronte Basso Okme spiega. – Spero sia la porta giusta. Se non lo è non ci aprirà .
Bussano, ma nessun rumore, nessuna risposta viene dall'interno della casa.
– Vedi? Non era la porta giusta. – Spiega Basso Okme.
Dopo sei tentativi e sei porte il Boldhovin comincia a sospettare che il padrone di casa semplicemente sia uscito. È solo alla settima porta che odono provenire dall'interno una voce.
– Arrivo. Un istante, per favore.
– Bene, bene. – Dice a bassa voce il Corvo. – Non è sicuramente né Ur-Keltien né Zakdlon, ma questo non è ancora sufficiente.
Klog annuisce e guarda con curiosità la porta, preparandosi ad avere a che fare con un individuo decisamente strano.
Uno scalpiccio affrettato e la porta si apre lasciando vedere l'unico abitante della casa.  


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