Con
un ampio movimento delle ali Maestro Selestin, già primo violino di
Kerfilluan, dà inizio all'esecuzione. All'inizio si ode soltanto un
lievissimo ronzio appena udibile, confuso con lo stormire delle
fronde delle grandi querce e dei castagni della foresta. Lentamente,
quasi impercettibilmente il ronzio cresce fino a farsi un lievissimo
tema eseguito da un violino solista, più volte ripetuto, come una
domanda sospesa. Dopo un'ultima invocazione, rimasta senza risposta
per alcune battute sono i bassi ed i baritoni a riproporre lo stesso
tema, che, arricchito dei bassi profondi dei legni, diviene simile ad
un infinito fluire di nubi o alla lenta marcia di una foresta.
Il
Boldhovin guarda nel gruppo dei bassi: Basso Okme, con il becco
aperto, lo vede e fa un breve movimento con la testa per salutarlo.
Klog restituisce il saluto e si accomoda meglio sulla poltrona
foderata di muschio che gli stata offerta dagli uccelli di legno.
Tormenta nelle mani il suo piccolo flauto d'argento a tratti
chiedendosi come farà ad inserirsi nell'esecuzione senza sfigurare.
Mentre
ascolta le lente volute della musica, battendo senza accorgersene un
tempo di tre quarti molto largo, nella sua mente scorrono molteplici
immagini, probabilmente create dalla sostanza magica di quella musica
e dei suoi stupendi esecutori. Vede montagne coperte di neve,
illuminate dalla luce della luna, una luna nitidissima, così ampia
da coprire un quarto del cielo, che si muove lentissima danzando
sulle vette delle montagne. Nel buio delle valli si accendono leggeri
luci vermiglie, dapprima esili ed incerte, velate dalla lontananza,
che a poco a poco acquistano forza, caricandosi di riflessi turchini,
smeraldo, celesti e viola. Le luci sembrano correre le une verso le
altre ed il fiore di luce si compone davanti a lui, proiettando una
colonna di luminoso cristallo che giunge fino al cielo, infiammando
il ventre delle nubi e facendo impallidire la morbida luce della
luna.
Klog,
abbracciato alle sue ginocchia, dimentica il suo piccolo flauto
d'argento. Davanti a lui Maestro Selestin con piccoli tocchi di
bacchetta dirige l'orchestra degli uccelli di legno, ma il Boldhovin
non lo vede più: davanti ai suoi occhi c' una pioggia sottile, ed il
suo corpo riesce a sentirla: un piacevole solletico che allontana da
lui ogni paura ed ogni stanchezza. Klog si sente nuovamente un
bambino e davanti a lui si accende l'immagine di verdissimi prati
fasciati di bruma, dove correre a perdifiato fino a confondere il
cielo grigio madreperla con il caldo odore della terra. Sente il
corpo leggerissimo, come mai lo è stato e cosa può fare una persona
con un corpo così leggero se non danzare, danzare e ancora danzare,
gettando in alto il cappello e facendo capriole? La danza termina
all'improvviso. Gli uccelli-timpano e gli uccelli-tamburo seguono
ancora il tempo della danza, ma il loro ritmo è già cambiato ed
ancor più cambia con il passare dei secondi. Sotto un cielo
d'acciaio un infinito esercito marcia lento su una terra scabra e
fredda. I mantelli, le bandiere sono stracciati, senza più colori, e
dalla massa degli uomini sale un coro simile al canto di un mare
senza vita né luce.
Klog
guarda la scena impietrito, incapace di muovere anche solo un
muscolo. Grandi crepacci si aprono sotto i piedi degli uomini, ma
nessuno sembra vederli e interi gruppi di persone vi precipitano
dentro con cavalli, carri e bandiere senza un urlo o un lamento. Il
Boldhovin vorrebbe urlare, correre ad avvertirli ma il suo corpo si è
fatto della stessa terra minerale sulla quale sfilano le ombre dei
soldati. Vorrebbe chiudere gli occhi ma anche quel semplice gesto
divenuto per lui impossibile. All'orizzonte un orlo spezzato segna il
limite della Terra, oltre il quale ci sono gli abissi infiniti
dell'increato, sul quale il loro mondo galleggia come una zattera
alla deriva. E già le prime file dell'immenso esercito sono prossime
a quel limite quando uno scintillante rumore di trombe rompe la cupa
desolazione della scena. Gli uomini alzano la testa al cielo dove
colonne di luce multicolori, come un coro di luci, illuminano il loro
cammino. E dagli scheletri degli alberi, dal fango grigio ed untuoso,
dai bordi dei crepacci nascono fiori e foglie ed i loro colori si
riflettono nel cielo come in un immenso specchio, come se tutto il
mondo fosse divenuto un'immensa serra, in attesa del riposo
dell'autunno…
–
Klog, Mastro Klog! – Il Boldhovin apre gli occhi e sbatte un paio
di volte le ciglia. Selestin e Basso Okme sono di fronte a lui, il
primo impettito nel suo abito nero e lucido, il secondo con gli occhi
nerissimi che sembrano brillare di luce propria.
–
Bella… – Sussurra il Boldhovin.
Maestro
Selestin annuisce gravemente. – Era da… Vediamo… trentasette
anni che non eseguivamo più la Sinfonia delle Antiche Fronde. Direi
che non stata una cattiva esecuzione… Anche se nel Secondo
movimento i Fringuelli-Flauti bassi e gli Scriccioli- ottavini hanno
perso un paio di battute…
–
Ci HANNO fatto perdere due battute. – Strillano un gruppo di
piccole creature dal corpo di metallo argenteo, volando dal loro
settore fin davanti al podio del Maestro Selestin. – Sono state le
Gazze-timpano che hanno esitato nella quarta misura.
–
Ed i Corvi- contralti, allora, che hanno SALTATO una misura? – È
la volta dei Corvi-Contralti e delle Gazze-Timpano, dal grande corpo
bianco e nero e dalle lunghe code a volare davanti al Maestro per
accusare e difendersi.
–
Vieni, Klog. Al termine di ogni esecuzione ci sono sempre queste
discussioni. Sembra che in fondo, anche se non siamo realmente vivi,
un po' della litigiosità degli uccelli sia entrata in qualche modo
in noi. – Basso Okme apre il becco leggermente, riuscendo a dare la
sensazione di sorridere.
–
È la magia, vero? – Dice Klog.
–
Cosa?
–
Dico che è stata la magia di Kerfilluan a farmi vedere tutte quelle…
cose. Insomma tutto quello che ho visto.
–
Nessuno vede mai le stesse cose, caro Klog. Tu stesso se riascoltassi
questa musica tra qualche giorno non rivedresti le stesse… cose. È
forse il motivo per il quale un tempo, quando ancora qualcuno passava
per la selva di Canddermyn, i viaggiatori rimanevano qui a lungo, e
alcuni finivano per non ripartire più. La nostra musica è
praticamente infinita.
–
Ma… – Il Boldhovin vorrebbe chiedere a Basso Okme come possibile
che quella musica, nata da creature di legno e metallo, possa evocare
emozioni così profonde, ma sospetta che farlo sarebbe come riaprire
una vecchia ferita. Ancora preda delle suggestioni nate dalla
Sinfonia delle Antiche Fronde cammina a fianco del grande uccello di
legno che intanto ha ripreso a parlare.
–
…Maestro Selestin è un grande conoscitore di musiche e trascorre
tutti i giorni molte ore nella Biblioteca Musicale della Villa di
Kerfilluan. Disgraziatamente l'umidità ha rovinato molte partiture,
alcune di un'antichità inconcepibile, scritte in Unilineare, in
Pre-Silibiano annotato o in una grafia musicale mai vista, che
crediamo possa risalire al tempo dei Notturni o addirittura degli
Antichi Primi. Selestin e Verglan, il suo assistente stanno cercando
di interpretarla, ma mancano partiture a doppia notazione e non si
riescono ad immaginare gli strumenti…
Klog
annuisce senza capire un'acca del discorso del corvo-di-legno e
finalmente si rende conto che sono diverse ora che non inghiotte più
nulla. Oltre a questo si rende conto che già da diversi minuti si
stanno inoltrando nel bosco seguendo un sentiero che si fa sempre più
stretto e disagevole.
–…
a becco o a doppia ancia sono esclusi, ovviamente, data la mancanza
di labbra. Ma questo si chiama mettere il carro davanti ai buoi, come
si dice, visto che non si riesce a capire neppure cosa sono le linee
curve che…
–
Dove stiamo andando, Basso Okme?
–
…fogliacci…Eh?
–
Ho chiesto dove stiamo andando.
–
Ah già. Ma non te l'ho detto prima?
Klog
scuote la testa con decisione. – Hai parlato solo di musica.
Vecchia. – Puntualizza.
–
È vero. Stiamo andando da Rutger. O da Hollinio. O da Udhlirin,
oppure Vardilien, An-Gord, Etlig, Mouri, Zakdlon, Hourcade, Felimull,
Vrejuomelde, Uiwr, Conn , Lhivarrine…
–
Da CHI stiamo andando? – Ripete Klog esasperato.
–
Eh, un momento! Ti stavo dicendo i nomi. Credi che sia facile
ricordarli tutti? – Il corvo-di-legno ha un'aria offesa. – Ci ho
messo mesi per impararne un po' ed ora questo pivello li vuole tutti
in un batter d'occhio.
–
Ma, nel nome di Gourriol il Grande, quanta gente abita in quel luogo?
E poi che uso dire tutti i nomi degli abitanti di un villaggio? In
genere si dice solo il nome… Beh cos'è quella faccia?
–
Non capisci. Noi stiamo andando da UNA persona sola. E spero che sia
Huizyl o Mondiron e non Sixena o Lliolol, o peggio ancora Ul-Kertiel,
tanto per fare qualche esempio, perché in quel caso niente
ospitalità.
Klog
aggrotta le sopracciglia e poi sospira e scuote la testa. Dopo
qualche minuto il sentiero si allarga nuovamente fino a giungere in
un'ampia radura dove sorge una strana abitazione. Il Boldhovin si
ferma al limitare del bosco per osservarla grattandosi il capo. Il
tetto della casa è di ardesia, di cotto, di assi di legno, di
paglia; è piatto, incurvato, spiovente; i muri sono dipinti di tutti
i colori possibili, ma anche ricoperti di piastrelle, di tessere di
mosaici, di legno, sono di marmo, di vetro, imbiancati a calce,
sporgono, sono inclinati verso l'interno, hanno e non hanno bovindi e
terrazze, balconi e logge, le finestre sono incorniciate da
colonnette a rilievo o da legno scuro o da marmo rosso e hanno vetri
colorati, smerigliati, chiari, con tendine e senza, chiusi da scuri o
da tende.
–
Notevole, vero? – Chiede con aria soddisfatta Basso Okme, come se
quel pasticcio fosse opera sua. – Il fatto che in rapporto al suo
umore ed al suo nome il padrone aggiunge ali e parti alla sua casa,
che, ovviamente, ben raramente vanno d'accordo con il resto.
Klog
annuisce frastornato ed il corvo-di-legno si avvia verso una delle
porte. Quando vi sono di fronte Basso Okme spiega. – Spero sia la
porta giusta. Se non lo è non ci aprirà .
Bussano,
ma nessun rumore, nessuna risposta viene dall'interno della casa.
–
Vedi? Non era la porta giusta. – Spiega Basso Okme.
Dopo
sei tentativi e sei porte il Boldhovin comincia a sospettare che il
padrone di casa semplicemente sia uscito. È solo alla settima porta
che odono provenire dall'interno una voce.
–
Arrivo. Un istante, per favore.
–
Bene, bene. – Dice a bassa voce il Corvo. – Non è sicuramente né
Ur-Keltien né Zakdlon, ma questo non è ancora sufficiente.
Klog
annuisce e guarda con curiosità la porta, preparandosi ad avere a
che fare con un individuo decisamente strano.
Uno
scalpiccio affrettato e la porta si apre lasciando vedere l'unico
abitante della casa.
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