Come è inevitabile e fatale, alla prima parte segue inevitabilmente una seconda. E non è escluso ne segua una terza.
Questa volta non presenterò i libri letti in un modo in qualche modo unitario – per editore, ad esempio – ma esattamente come li ho letti: disordinatamente.
Ad aprire l'elenco uno strano libro, Shikasta, scritto da Doris Lessing nel 1979, il primo di una pentalogia, Canopus in Argos. Fantascienza? Non proprio, non esattamente. Doris Lessing lo definì una Space Fiction, categoria da lei coniata per raccontare in forma di mito le origini e lo sviluppo della specie umana. Ovviamente questa parte della sua produzione non incontrò un particolare favore da una parte della critica, tanto che si sussurrò che fu proprio per i suoi romanzi di "fantascienza" che dovette attendere fino al 2007 per aggiudicarsi il Premio Nobel per la Letteratura.
In Italia sono a suo tempo usciti per Fanucci i primi quattro dei cinque romanzi del ciclo, ma con esiti non del tutto soddisfacenti. Presumibilmente poco graditi alla maggioranza delle lettrici, non hanno intercettato il pubblico più "classico" della sf.
Ma com'è Shikasta?
Beh, si tratta di un volume di 488 pagine, diviso in... oddio, non esiste indice... vabbè, ci saranno dei motivi. Andremo in ordine. Il libro si apre con gli Archivi di Canopus in Argos, ovvero dell'Impero di Canopo. Shikasta, all'epoca dei primi archivi tenuti da Johor nel «Periodo degli ultimi giorni», è ovviamente la Terra – all'epoca denominata dai canopiani come Rohanda (la Fruttifera) –, dove la specie dominante – nei documenti i Nativi – è accompagnata verso la civiltà da una stirpe di giganti (statura intorno ai cinque-sei metri).
Ma il maligno influsso di Shammat, un impero interstellare nemico sia di Canopo che di Sirio – entità politica che condivide il possesso della Terra con i canopiani – riesce infine a colpire Rohanda facendone regredire il grado di civiltà, rendendola definitivamente un pianeta perduto, rendendola, in una parola, Shikasta.
Il testo del romanzo è in sostanza fatto dalle relazioni di Johor il canopiano, testimone e in qualche momento agente attivo – nei panni di George Sherban – per riportare la Terra a una rinascita morale, etica e civile. Altri elementi che lo compongono sono sezioni di diari personali – particolarmente struggente quello di Rachel Sherban –, relazioni, rapporti, lettere, selezioni storiche che raccontano buona parte della nostra storia del XX secolo visto da una specie semiimmortale e profondamente civile.
Così lo descrive una sua ammiratrice, che ha pubblicato un breve articolo sulla pentalogia di Doris Lessing:
The first novel, Re: Colonised Planet 5, Shikasta, encompasses millions of years of Earth's evolution and uses several contrasting styles and manners to do it, from the manic stupidities of "the Devil," to the lofty ruminations of "the Gods," but Lessing is also able to write the simple and sorrowful story of a single teen-age girl, whirled out of her little limitations by the world's cataclysms.
Il primo romanzo, Shikasta, comprende milioni di anni dell'evoluzione della Terra e utilizza molti stili contrastanti e diverse maniere per farlo, dalla frenetica stupidità del "Diavolo" all'altezzosa ruminazione degli "Dei", ma Lessing è anche in grado di scrivere la semplice e dolorosa storia di un'adolescente, catapultata oltre i suoi limiti dai cataclismi che colpiscono il mondo.
Dire molto di più sulla trama non è facile, anche perché la Lessing intende dipingere un vasto quadro della vita umana nel XX secolo e, letteralmente, qualunque strumento scritto si rivela adatto a questo compito.
Un romanzo non facile proprio per il materiale spezzato, contraddittorio, personale o impersonale che rende complesso seguire le vicende raccontate. In ultima analisi non posso dire di aver particolarmente compreso la convinzione dell'autrice di poter raccontare il punto di vista di un membro di una razza superiore, anche se le concedo abbondantemente e molto volentieri la fantasia inesauribile, la sensibilità e l'attenzione di un grande scrittore nel raccontare dozzine di storie diverse utilizzando diversi stili e diversi strumenti. Ed è stato propria questa capacità a spingermi a leggere l'intero volume e, suppongo, a ordinare i volumi restanti.
Quanto al rapporto di Doris Lessing con la sf, diciamo che si tratta di un falso problema, nel senso che l'autrice dà un valore praticamente nullo alla scienza e alla tecnologia e, in realtà, ci racconta una Storia dell'Umanità dal lontano passato fino al futuro, con osservazioni desunte dalla sua esperienza personale, dal suo passato non facile, dalla sue speranze e paure. In realtà molto più simile a un conte philosophique che a una space opera, Shikasta si lascia apprezzare proprio per la sua intrinseca, profonda singolarità, per il suo essere un romanzo curiosamente quasi ottocentesco, un I Viaggi di Gulliver più personale, amaro e drammatico.
I commenti all'opera sono stati diversi e tra questi merita ricordare quello di Gore Vidal che, pur apprezzando la talentuosa immaginazione dell'autrice, la accusò di aver drasticamente ridotto il libero arbitrio umano nel suo testo, giungendo a paragonare la sua visione dell'umanità a quella di Scientology. Un commento più moderato si può trovare in questo testo di George Stade, giornalista del New York Times:
Resta soltanto da aggiungere che Doris Lessing alla domanda su quale fosse il suo testo più amato rispose: «Canopus in Argos».
...
Visto lo spazio preso da Shikasta, temo che riuscirò al massimo a parlare solo di un altro libro. La scelta – non facile – è tra due libri: Terrore dagli abissi di William Hodgson (Hypnos, 2015) e La tormenta di Vladimir Sorokin (Bompiani, 2016). Diciamo che scegliendo Sorokin non sono obbligato a raccontare almeno in parte la biografia di Hodgson, un autore non abbastanza noto in Italia, e a narrare il periodo in cui nacquero le sue storie.
Vladimir Sorokin è l'autore di due romanzi pubblicati in Italia, La Coda e Ghiaccio, (i link sono alle recensioni dei due libri su LN-LibriNuovi) è nato nel 1955 (come me) ed è considerato uno dei maggiori scrittori russi di oggi (io no).
La vicenda si svolge in una Russia iperletteraria, su uno sfondo che si suppone pre-rivoluzionario, con un medico – il dottor Palton Il'ic Garin – chiamato a consegnare un vaccino nel villaggio di Dolgoe per fermare un'epidemia mortale. Il problema è che una tormenta di dimensioni drammatiche lo appieda e lo obbliga ad assoldare un trasportapane, Raspino, con la sua propulsoslitta da cinquanta cavallini, ovvero un genere di veicolo piuttosto particolare.
Raspino e Garin partono nell'infuriare della tormenta, ma dopo poco perdono la strada; la propulsoslitta si rovina un pattino e devono fare non poca fatica per ripararlo; fanno incontri singolari, si ubriacano e Garin riesce persino ad avere un'avventura galante, sia pure dai tratti perlomeno curiosi. Dolgoe è sempre «appena dopo il ponte» o «subito dietro la montagna» ma intanto i giorni e le sere si susseguono, fino a giungere ad una conclusione indubbiamente sorprendente.
Un romanzo fresco, brillante, vivace e nel contempo onusto di antiche glorie letterarie e che riesce a suscitare l'illusione di leggere Puskin, Cechov o Tolstoi, sia pure non del tutto sobri. L'apporto di fantastico alla vicenda è sempre tenuto a freno ma è comunque costante e soprattutto crescente, come se l'essersi abbandonati alla tormenta trasportasse Raspino e Garin in una mondo sempre meno simile al nostro, anche se stranamente familiare e profondamente russo.
Un romanzo che non posso che consigliare a chi ama la narrativa russa e a chi ama un fantastico sornione, quotidiano, quasi – ma solo quasi – normale.
...
A questo punto è evidente che seguirà una terza parte alle due finora scritte. Dovrei perdere l'abitudine a leggere, lo so, ma è peggio del vizio del fumo...
Ad aprire l'elenco uno strano libro, Shikasta, scritto da Doris Lessing nel 1979, il primo di una pentalogia, Canopus in Argos. Fantascienza? Non proprio, non esattamente. Doris Lessing lo definì una Space Fiction, categoria da lei coniata per raccontare in forma di mito le origini e lo sviluppo della specie umana. Ovviamente questa parte della sua produzione non incontrò un particolare favore da una parte della critica, tanto che si sussurrò che fu proprio per i suoi romanzi di "fantascienza" che dovette attendere fino al 2007 per aggiudicarsi il Premio Nobel per la Letteratura.
In Italia sono a suo tempo usciti per Fanucci i primi quattro dei cinque romanzi del ciclo, ma con esiti non del tutto soddisfacenti. Presumibilmente poco graditi alla maggioranza delle lettrici, non hanno intercettato il pubblico più "classico" della sf.
Ma com'è Shikasta?
Beh, si tratta di un volume di 488 pagine, diviso in... oddio, non esiste indice... vabbè, ci saranno dei motivi. Andremo in ordine. Il libro si apre con gli Archivi di Canopus in Argos, ovvero dell'Impero di Canopo. Shikasta, all'epoca dei primi archivi tenuti da Johor nel «Periodo degli ultimi giorni», è ovviamente la Terra – all'epoca denominata dai canopiani come Rohanda (la Fruttifera) –, dove la specie dominante – nei documenti i Nativi – è accompagnata verso la civiltà da una stirpe di giganti (statura intorno ai cinque-sei metri).
Ma il maligno influsso di Shammat, un impero interstellare nemico sia di Canopo che di Sirio – entità politica che condivide il possesso della Terra con i canopiani – riesce infine a colpire Rohanda facendone regredire il grado di civiltà, rendendola definitivamente un pianeta perduto, rendendola, in una parola, Shikasta.
Il testo del romanzo è in sostanza fatto dalle relazioni di Johor il canopiano, testimone e in qualche momento agente attivo – nei panni di George Sherban – per riportare la Terra a una rinascita morale, etica e civile. Altri elementi che lo compongono sono sezioni di diari personali – particolarmente struggente quello di Rachel Sherban –, relazioni, rapporti, lettere, selezioni storiche che raccontano buona parte della nostra storia del XX secolo visto da una specie semiimmortale e profondamente civile.
Così lo descrive una sua ammiratrice, che ha pubblicato un breve articolo sulla pentalogia di Doris Lessing:
The first novel, Re: Colonised Planet 5, Shikasta, encompasses millions of years of Earth's evolution and uses several contrasting styles and manners to do it, from the manic stupidities of "the Devil," to the lofty ruminations of "the Gods," but Lessing is also able to write the simple and sorrowful story of a single teen-age girl, whirled out of her little limitations by the world's cataclysms.
Il primo romanzo, Shikasta, comprende milioni di anni dell'evoluzione della Terra e utilizza molti stili contrastanti e diverse maniere per farlo, dalla frenetica stupidità del "Diavolo" all'altezzosa ruminazione degli "Dei", ma Lessing è anche in grado di scrivere la semplice e dolorosa storia di un'adolescente, catapultata oltre i suoi limiti dai cataclismi che colpiscono il mondo.
Dire molto di più sulla trama non è facile, anche perché la Lessing intende dipingere un vasto quadro della vita umana nel XX secolo e, letteralmente, qualunque strumento scritto si rivela adatto a questo compito.
Un romanzo non facile proprio per il materiale spezzato, contraddittorio, personale o impersonale che rende complesso seguire le vicende raccontate. In ultima analisi non posso dire di aver particolarmente compreso la convinzione dell'autrice di poter raccontare il punto di vista di un membro di una razza superiore, anche se le concedo abbondantemente e molto volentieri la fantasia inesauribile, la sensibilità e l'attenzione di un grande scrittore nel raccontare dozzine di storie diverse utilizzando diversi stili e diversi strumenti. Ed è stato propria questa capacità a spingermi a leggere l'intero volume e, suppongo, a ordinare i volumi restanti.
Quanto al rapporto di Doris Lessing con la sf, diciamo che si tratta di un falso problema, nel senso che l'autrice dà un valore praticamente nullo alla scienza e alla tecnologia e, in realtà, ci racconta una Storia dell'Umanità dal lontano passato fino al futuro, con osservazioni desunte dalla sua esperienza personale, dal suo passato non facile, dalla sue speranze e paure. In realtà molto più simile a un conte philosophique che a una space opera, Shikasta si lascia apprezzare proprio per la sua intrinseca, profonda singolarità, per il suo essere un romanzo curiosamente quasi ottocentesco, un I Viaggi di Gulliver più personale, amaro e drammatico.
I commenti all'opera sono stati diversi e tra questi merita ricordare quello di Gore Vidal che, pur apprezzando la talentuosa immaginazione dell'autrice, la accusò di aver drasticamente ridotto il libero arbitrio umano nel suo testo, giungendo a paragonare la sua visione dell'umanità a quella di Scientology. Un commento più moderato si può trovare in questo testo di George Stade, giornalista del New York Times:
But the new unearthly perspective
reduces the size of her earthlings. Their fates too often seem
beneath our concern. And that is sufficient reason in itself to
regret that reality has grown soft for Doris Lessing, whose other
main characters seldom failed to move us, one way or the other. In
describing the outlook of decent humans during the Penultimate Time,
she finds words, I believe, for her own: "Nothing they handle or
see has substance, and so they repose in their imaginations on chaos,
making strength from the possibilities of a creative destruction."
Ma la nuova prospettiva extraterrestre
riduce la dimensione della sua visione dell'umanità. Il destino
umano risulta troppo spesso inferiore al nostro interesse. E questa è una
ragione sufficiente di per sé per rammaricarsi che la realtà si
presenti così tenue per Doris Lessing, i cui personaggi maggiori
raramente falliscono nel commuoverci, in un modo o nell'altro. Nel
descrivere la dignitosa decadenza degli esseri umani durante il
Penultimo Tempo, trova parole, io credo, degne di lei: «Nessuna
materia che essi manipolano o vedono ha sostanza, e così essi
sacrificano la loro immaginazione nel caos, prendendo forza dalla
possibilità di una distruzione creativa.»
Resta soltanto da aggiungere che Doris Lessing alla domanda su quale fosse il suo testo più amato rispose: «Canopus in Argos».
...
Visto lo spazio preso da Shikasta, temo che riuscirò al massimo a parlare solo di un altro libro. La scelta – non facile – è tra due libri: Terrore dagli abissi di William Hodgson (Hypnos, 2015) e La tormenta di Vladimir Sorokin (Bompiani, 2016). Diciamo che scegliendo Sorokin non sono obbligato a raccontare almeno in parte la biografia di Hodgson, un autore non abbastanza noto in Italia, e a narrare il periodo in cui nacquero le sue storie.
Vladimir Sorokin è l'autore di due romanzi pubblicati in Italia, La Coda e Ghiaccio, (i link sono alle recensioni dei due libri su LN-LibriNuovi) è nato nel 1955 (come me) ed è considerato uno dei maggiori scrittori russi di oggi (io no).
La vicenda si svolge in una Russia iperletteraria, su uno sfondo che si suppone pre-rivoluzionario, con un medico – il dottor Palton Il'ic Garin – chiamato a consegnare un vaccino nel villaggio di Dolgoe per fermare un'epidemia mortale. Il problema è che una tormenta di dimensioni drammatiche lo appieda e lo obbliga ad assoldare un trasportapane, Raspino, con la sua propulsoslitta da cinquanta cavallini, ovvero un genere di veicolo piuttosto particolare.
Raspino e Garin partono nell'infuriare della tormenta, ma dopo poco perdono la strada; la propulsoslitta si rovina un pattino e devono fare non poca fatica per ripararlo; fanno incontri singolari, si ubriacano e Garin riesce persino ad avere un'avventura galante, sia pure dai tratti perlomeno curiosi. Dolgoe è sempre «appena dopo il ponte» o «subito dietro la montagna» ma intanto i giorni e le sere si susseguono, fino a giungere ad una conclusione indubbiamente sorprendente.
Un romanzo fresco, brillante, vivace e nel contempo onusto di antiche glorie letterarie e che riesce a suscitare l'illusione di leggere Puskin, Cechov o Tolstoi, sia pure non del tutto sobri. L'apporto di fantastico alla vicenda è sempre tenuto a freno ma è comunque costante e soprattutto crescente, come se l'essersi abbandonati alla tormenta trasportasse Raspino e Garin in una mondo sempre meno simile al nostro, anche se stranamente familiare e profondamente russo.
Un romanzo che non posso che consigliare a chi ama la narrativa russa e a chi ama un fantastico sornione, quotidiano, quasi – ma solo quasi – normale.
...
A questo punto è evidente che seguirà una terza parte alle due finora scritte. Dovrei perdere l'abitudine a leggere, lo so, ma è peggio del vizio del fumo...
6 commenti:
Voglio leggere il ciclo della Lessing da parecchio tempo, nonostante alcune riserve mi pare che il primo volume ti abbia comunque interessato. Terrò conto delle tue osservazioni!
Sorokin lo avevo notato proprio grazie alle recensioni che hai linkato, e anche questo titolo conferma che s'ha da leggere! *_*
@Giò: io credo che lo farò, anche perché i punti di vista cambiano di volume in volume e nell'insieme la vicenda mi sembra abbastanza ricca e curiosa da meritare una lettura. Ovviamente non posso annoverare tali letture nel campo della sf, ma la scrittura della Lessing è notevole e diciamo che si tratta di un omaggio alla sua miracolosa capacità di penetrare i pensieri dei suoi personaggi. Quanto a Sorokin si tratta di un piccolo capolavoro. Probabile, comunque, sia uscito in edizione economica.
Ho dovuto cercare sul dizionario il significato di "onusto", quindi ti ringrazio perché da oggi conosco una "nuova" (per me, s'intende) parola!
Ho letto diversi romanzi di Doris Lessing e li ho molto amati: conoscevo, di nome, questa sua escursione nella "fantascienza" e ho sempre pensato di provare a leggerne, prima o poi. Mi sa che è arrivato il momento. Grazie per la segnalazione e lo stimolo!
(Il secondo libro di cui parli, invece, mi "attira" come un trattato di matematica ^_____^)
Un caro saluto.
p.s. Sempre stato rimandato in matematica e ancora oggi conto sulle dita.
@Orlando: «Onusto» è una parola ottocentesca, inserita - mi illudevo - per rendere meno serio l'articolo. In realtà credo di averla letta per la prima volta in Salgari (!)... Shikasta è uno strano romanzo come, suppongo, siano anche gli altri. Diciamo che l'approccio deve essere necessariamente diverso da quello che si utilizza iniziando un romanzo di sf. Diciamo che l'approccio migliore è quello di chi inizia una lunga e complessa fiaba o la trascrizione di un mito. In ogni caso tieni conto che si tratta di un testo a tratti prolisso, in altri dispersivo. Ma è pur sempre la Lessing. Quanto al povero Sorokin mi rendo conto che esistono delle antipatie impossibili da cancellare, ma è un peccato perché è un romanzo divertente.
Recentemente ci sono state altre polemiche riguardo la Lessing. In molte librerie USA i suoi romanzi sono stati inseriti nel reparto generalista scatenando così le polemiche di molti tra appassionati e tra gli scrittori.
@Nick: esiste forse una tendenza eccessiva a dividere la letteratura per generi, fino a elaborare casistiche degne della cladistica zoologica, cose come post-steampunk-planetary-fantasy-young o necro-bildungsroman-gore-romantico. Personalmente cercavo di dividere i romanzi per autore, sia a scaffale che sul banco. Ho dovuto chiudere ma non per questo (penso). Quanto al parere degli scrittori qualsiasi libraio o editore ti direbbe che il parere degli scrittori è per antonomasia trascurabile *___*
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