Una domanda che da giovinciello non mi facevo: credevo in buona fede che la sf avrebbe gradualmente conquistato il mondo, persino qui, in questa terra di Santi, Poeti e Navigatori. La parola «Navigatori», per dire, sembrava perfetta per indicare una tendenza naturale al vagare, al conquistare nuove terre e girare per la galassia. Il fatto è che i navigatori in questione erano praticamente TUTTI navigatori per conto terzi, vivevano fuori dall'Italia e i pochi che si ostinavano a vivere in Italia non godevano di troppa popolarità. Avete presente Marco Polo?
In sostanza non siamo un popolo di S, P & N ma, con buona approssimazione, un popolo di furbetti, parcheggiatori in doppia fila e finti tonti. Di analfabeti di ritorno, vecchi sospettosi, giovani selfisti, finti professionisti e cinquantenni col SUV, con una buona quota di immigrati che hanno senz'altro un motivo per non leggere in italiano, tanto più che non è proprio che si trovino in una biblioteca.
Insomma, gente così.
«Ma c'è di meglio, perdinci!».
Certo, almeno 15 milioni di persone* sono meglio della media ma non molte di più. Ma viviamo in tempi nei quali il Futuro gode di poca fortuna. Per molti il futuro è semplicemente il momento nel quale si smetterà di vivere il che, certo, non lo rende particolarmente interessante.
Col tempo e lavorando in una libreria, ovvero in un settore condannato – più o meno come avere una bancarella di piadine dietro l'angolo dove c'è McDonald's – ho saputo che i forti lettori in Italia sono 4 milioni scarsi di persone. Dei quali 2,5 milioni sono donne. Detto per inciso, tra le donne gli amanti della sf sono una netta minoranza. E man mano emergeva inoppugnabile il dato di fatto che la sf è sì una forma di letteratura – anche se molti «critici» o presunti tali non saranno d'accordo –, ma che i suoi possibili fan erano dannatamente pochi. Mi bastava constatare che tra i clienti più affezionati della libreria gli appassionati di sf erano uno ogni tre/quattro.
Ed erano uomini, quattro volte su cinque.
Ed erano, in genere, non giovanissimi.
Ed erano, una volta su due, affezionati agli autori anni '50 e '60, mentre diffidavano dei nuovi autori.
Sono arrivato al punto di poter scrivere direttamente ai clienti meno conservatori, uno ad uno, per avvisarli che era uscito Ballard o Bester, Sheri Tepper o C.J.Cherryh.
In tutto ciò scrivevo sf. Con qualche pretesa di novità e di scarsa convenzionalità.
A suo tempo inviai i miei scritti alla Nord – in forma di riassunto, non avevano tempo per leggere un libro intero – e dopo qualche mese mi risposero che il libro in oggetto era probabilmente più adatto a un editore non di genere.
Mi resi conto che non scrivevo nella maniera giusta per un editore di sf. Ma qual'era la maniera giusta?
Ma il sogno di essere uno scrittore di sf non mi abbandonava. Scrivevo anche altro, racconti di fantastico senza ulteriori definizioni e altre strane cose: calchi, parodie, intrattenimenti, cose nate quasi per scherzo. Non le mandai a nessuno ma nel 2007 ne selezionai alcune e le pubblicai con la casa editrice messa su dalla libreria. Ne vendetti poche centinaio di copie, organizzai presentazioni, mi capitò di dover inventare dediche per gli acquirenti. Collezionai recensioni, segnalazioni, pacche sulle spalle.
Ma non era sf, maledizione.
Imparai che nelle presentazioni non dovevo far cenno alla mia passione per la fantascienza, per evitare smorfie o strane facce o occhi al cielo. Ero un autore di fantastico, bòn, basta così.
La sf non è molto amata in Italia.
L'Italia deve essere, in fondo, un paese abitudinario, pantofolaio, quasi panciafichista. Che non concepisce il futuro se non in termini di liquidazione, pensione seguita da buona salute o salute malferma fino all'exitus.
Per esistere, esistono gli appassionati, ma sono pochi, pochissimi e sono gelosi della propria vessata e disprezzata creatura. Gelosi, ma ci rendiamo conto?
Se per il mondo editoriale "serio" la sf è stata un disonore per molto tempo – con autori costretti a firmarsi con nomi stranieri e Moravia che tuonava contro la sf, accusando Luce D'Eramo di «permettersi scivolate nella letteratura popolare» – ultimamente tale qualifica è diventata sostanzialmente una bestemmia, con i romanzi stranieri di sf pubblicati presentati come «thriller», «una vicenda epica», «di inconsueta e curiosa ambientazione» e via dicendo.
Con l'eccezione di Evangelisti, gli autori italiani di sf hanno condotto una vita grama, faticosa, essendo scrittori con una sola mano, raramente o mai riconosciuti nell'ambiente letterario.
«E tu vuoi scrivere sf?».
Già.
Non è una buona idea, lo so.
Ma ho una formazione scientifica, sono un razionalista, ateo, tollerante, politicamente progressista. Non insulto chi tenta di passarmi davanti in coda, non sono tentato di fare del male – o perlomeno ci provo — a chi crede nei maghi, negli oroscopi e nelle potenze oscure e non minaccio rappresaglie a chi legge «Libero», «Il Giornale» o «Il Borghese». Non mi incanto a narrare dei miei primi amori né a raccontare per filo e per segno che cosa avvenne quella notte in cui il vicino di casa stuprò e uccise una ragazzina.
Scrivo anche fantascienza e presumibilmente ne scriverò anche in tarda età.
Siete avvisati.
Secondo l'autore dell'articolo citato in apertura, scrivendo sf in Italia si sconfina in atteggiamento religioso. O almeno mistico.
Un po' come aspettare l'Avvento del Grande Cocomero.
C'è di peggio, nella vita.
Col tempo e lavorando in una libreria, ovvero in un settore condannato – più o meno come avere una bancarella di piadine dietro l'angolo dove c'è McDonald's – ho saputo che i forti lettori in Italia sono 4 milioni scarsi di persone. Dei quali 2,5 milioni sono donne. Detto per inciso, tra le donne gli amanti della sf sono una netta minoranza. E man mano emergeva inoppugnabile il dato di fatto che la sf è sì una forma di letteratura – anche se molti «critici» o presunti tali non saranno d'accordo –, ma che i suoi possibili fan erano dannatamente pochi. Mi bastava constatare che tra i clienti più affezionati della libreria gli appassionati di sf erano uno ogni tre/quattro.
Ed erano uomini, quattro volte su cinque.
Ed erano, in genere, non giovanissimi.
Ed erano, una volta su due, affezionati agli autori anni '50 e '60, mentre diffidavano dei nuovi autori.
Sono arrivato al punto di poter scrivere direttamente ai clienti meno conservatori, uno ad uno, per avvisarli che era uscito Ballard o Bester, Sheri Tepper o C.J.Cherryh.
In tutto ciò scrivevo sf. Con qualche pretesa di novità e di scarsa convenzionalità.
A suo tempo inviai i miei scritti alla Nord – in forma di riassunto, non avevano tempo per leggere un libro intero – e dopo qualche mese mi risposero che il libro in oggetto era probabilmente più adatto a un editore non di genere.
Mi resi conto che non scrivevo nella maniera giusta per un editore di sf. Ma qual'era la maniera giusta?
Ma il sogno di essere uno scrittore di sf non mi abbandonava. Scrivevo anche altro, racconti di fantastico senza ulteriori definizioni e altre strane cose: calchi, parodie, intrattenimenti, cose nate quasi per scherzo. Non le mandai a nessuno ma nel 2007 ne selezionai alcune e le pubblicai con la casa editrice messa su dalla libreria. Ne vendetti poche centinaio di copie, organizzai presentazioni, mi capitò di dover inventare dediche per gli acquirenti. Collezionai recensioni, segnalazioni, pacche sulle spalle.
Ma non era sf, maledizione.
Imparai che nelle presentazioni non dovevo far cenno alla mia passione per la fantascienza, per evitare smorfie o strane facce o occhi al cielo. Ero un autore di fantastico, bòn, basta così.
La sf non è molto amata in Italia.
L'Italia deve essere, in fondo, un paese abitudinario, pantofolaio, quasi panciafichista. Che non concepisce il futuro se non in termini di liquidazione, pensione seguita da buona salute o salute malferma fino all'exitus.
Per esistere, esistono gli appassionati, ma sono pochi, pochissimi e sono gelosi della propria vessata e disprezzata creatura. Gelosi, ma ci rendiamo conto?
Se per il mondo editoriale "serio" la sf è stata un disonore per molto tempo – con autori costretti a firmarsi con nomi stranieri e Moravia che tuonava contro la sf, accusando Luce D'Eramo di «permettersi scivolate nella letteratura popolare» – ultimamente tale qualifica è diventata sostanzialmente una bestemmia, con i romanzi stranieri di sf pubblicati presentati come «thriller», «una vicenda epica», «di inconsueta e curiosa ambientazione» e via dicendo.
Con l'eccezione di Evangelisti, gli autori italiani di sf hanno condotto una vita grama, faticosa, essendo scrittori con una sola mano, raramente o mai riconosciuti nell'ambiente letterario.
«E tu vuoi scrivere sf?».
Già.
Non è una buona idea, lo so.
Ma ho una formazione scientifica, sono un razionalista, ateo, tollerante, politicamente progressista. Non insulto chi tenta di passarmi davanti in coda, non sono tentato di fare del male – o perlomeno ci provo — a chi crede nei maghi, negli oroscopi e nelle potenze oscure e non minaccio rappresaglie a chi legge «Libero», «Il Giornale» o «Il Borghese». Non mi incanto a narrare dei miei primi amori né a raccontare per filo e per segno che cosa avvenne quella notte in cui il vicino di casa stuprò e uccise una ragazzina.
Scrivo anche fantascienza e presumibilmente ne scriverò anche in tarda età.
Siete avvisati.
Secondo l'autore dell'articolo citato in apertura, scrivendo sf in Italia si sconfina in atteggiamento religioso. O almeno mistico.
Un po' come aspettare l'Avvento del Grande Cocomero.
C'è di peggio, nella vita.
* Non a caso il numero di votanti all'ultimo referendum.
10 commenti:
La naturale evoluzione di un popolo conservatore...
La sf ormai è un campo troppo cinematografico e spesso troppo stralunato da assurdità creative. Personalmente non smetterò mai di considerare la fantascienza l'unico vero genere "non di genere" perché un'ambientazione fantascientifica è adatta e si presta molto bene a qualsiasi tipo di disquisizione.
Gli editori la aborrano solo perché a loro che si legga l'ennesima copia delle 50 sfumature o un trattato sulla fisica quantistica non importa un accidente... importa solo che si venda e che faccia guadagnare.
Sarò sintetico: credo che il gioco continui a valere la candela.
Io mi permetto sempre, a obiezioni come quella di Moravia, di far notare che uno dei più importanti romanzi della letteratura del '900, ovvero 1984, è un romanzo di fantascienza.
@Menestrello: che gli italiani siano un popolo conservatore deriva direttamente dalla loro fiducia in un ente superno che risolverà ogni problema. Gli italiani raramente sono stati attivi e in grado di organizzarsi, se non quando - l'8 settembre, per esempio - la situazione era divenuta insostenibile. Il che non ci dà troppe speranze per il futuro, anche se non è bello mettere limiti alla provvidenza. Appunto.
Ls sf più che una letteratura è un modo per mettere sull'avviso sulla situazione in corso. La sf esalta i difetti - in qualche caso i pregi - dello stato delle cose ed è un tipo di esercizio che si dovrebbe fare a scuola... Quanto agli editori ciò che dici è abbastanza vero per i grandi editori, molto meno per i piccoli tra i quali sono molti gli illusi di poter pubblicare qualcosa di importante non solo per i propri interessi ma per il bene di tutti. Ovviamente ho molta considerazione per questo genere di illusi *_*
@NIck: lo penso anch'io. Della serie «chi vive sperando...» etc. D'altro canto se fossimo persone serie e positive non staremmo qui a parlare ma ci faremmo i kz nostri, come tutti.
@Marco: Moravia ti avrebbe risposto che Orwell non era un italiano. Per Moravia - e altri come lui - la letteratura italiana aveva una funzione maieutica verso un popolo stanco e deluso. Il fatto che non comprendesse il senso profondo della sf è una dimostrazione di provincialismo imperdonabile.
La dura realtà con cui noi scrittori di FS dobbiamo scontrarci tutti i giorni...
Il Moro
@Moreno: come diceva il Corvo, non può piovere per sempre. Può anche nevicare, secondo alcuni, ma io non lo credo. In ogni caso è difficile convincerci a smettere, non è vero?
Indubbiamente è difficile smettere di scrivere un genere che di per sé definisce chi lo scrive, noi facciamo domande, siamo curiosi, il "se..." ci intriga.
Se mai in Italia la fantascienza dovesse vivere una sua primavera, probabilmente sarà di nuovi autori d'oltreoceano, noi siamo troppo attaccati alla tradizione, oltre che provinciali come Moravia :P
@Massimo: speriamo che quegli illusi trovino un buon autore che faccia fare loro fortuna allora!
@Menestrello: credo che la capacità - o il vizio - di pensare un «e se...» sia una caratteristica che ci unisce prima di tante altre. Dovevamo perderla una volta cresciuti ma ci è rimasta addosso. Non credo che sia un vantaggio evolutivo ma tant'è. Credo che a rilanciare la fantascienza possano essere elementi estranei come la scoparta di un pianeta simile alla terra o la scoperta di vita su un pianeta del sistema solare o altre cose del genere. Resistiamo: ce la faremo.
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